Il preliminare può legittimamente contenere una clausola risolutiva espressa

L'inadempimento richiesto dall'art. 1454 c.c. deve essere grave rispetto al sinallagma contrattuale.

Al fine di individuare l'inadempimento rilevante, occorre verificare che la fattispecie contrattuale corrisponda a quella effettivamente verificatasi nella realtà. È quanto emerge dalla sentenza n. 6786/2014 della Corte di Cassazione, depositata il 21 marzo scorso. Il caso. Una società a responsabilità limitata ed una persona fisica sottoscrivevano un contratto preliminare di compravendita di alloggio destinato a civile abitazione, pattuendo, tra l'altro, pagamento del prezzo in ragione dell'avanzamento dei lavori ed accollo del mutuo a carico del promissario acquirente. Il preliminare prevedeva anche una clausola risolutiva espressa a tenore della quale il contratto si sarebbe risolto in caso di mancato pagamento di uno stato di avanzamento lavori con conseguente diritto del venditore di trattenere - a titolo di penale - le somme sino ad allora versate. Il promissario acquirente otteneva il possesso anticipato dell'immobile. Il promissario venditore contestava formalmente il mancato pagamento del prezzo, inoltre, eccepiva l'indisponibilità dell'acquirente a stipulare il rogito nonché il mancato accollo del mutuo, quindi, si rivolgeva all'autorità giudiziaria affinché fosse dichiarato risolto il contratto preliminare, condannata parte avversa al rilascio del cespite ed affermato il diritto di parte attrice a trattenere per se le somme sino ad allora riscosse. In via gradata, chiedeva fosse dichiarata la risoluzione del contratto preliminare per grave inadempimento di parte convenuta con conseguente condanna al risarcimento dei danni. Parte convenuta si difendeva sostenendo di aver versato tutte le somme dovute, chiedeva che fossero accertati e dichiarati vizi e difetti dell'immobile, infine, chiedeva che ex art. 2932 c.c. parte venditrice fosse condannata al trasferimento coattivo del diritto di proprietà. Il Tribunale accoglieva la domanda formulata da parte venditrice condannando l'acquirente alla immediata restituzione del bene. La Corte d'appello riformava la sentenza di primo grado, condannava parte acquirente a versare alcune somme a titolo di prezzo, riteneva non operativa la clausola risolutiva espressa e non grave l'inadempimento del promissario acquirente. Parte venditrice ha proposto ricorso per cassazione. Clausola risolutiva espressa. Parte ricorrente ha sostenuto che la Corte territoriale aveva deliberatamente escluso l'applicabilità della clausola risolutiva espressa anche in presenza di una conclamata e pure riconosciuta condizione di inadempimento. La S.C., partendo dall'analisi del contratto preliminare e collegando la stessa alle risultanze processuali, ha chiarito che il presupposto per l'attivazione della clausola risolutiva doveva essere individuato nel mancato versamento di uno stato di avanzamento lavori e non poteva corrispondere al mancato versamento di minori somme. Nella fase di merito, mediante c.t.u., era stato accertato che l'importo effettivamente non versato era decisamente minimo. Quanto al mancato accollo del mutuo, i giudici di legittimità, hanno osservato che tale accollo doveva avvenire a fronte dell'effettiva attivazione dello stesso che, però, non era mai intervenuta, quindi, nessun inadempimento poteva eccepirsi. Risoluzione ex art. 1454 c.c. per grave inadempimento. La soluzione di tale punto presuppone l'individuazione e la valutazione della condotta inadempiente. Sotto tale profilo, osserva la cassazione, valgono le stesse considerazioni fatte al punto precedente, utili ad individuare l'irrilevanza quantitativa anche rispetto al contenuto della clausola risolutiva dell'inadempimento. Stessa considerazione vale per la questione mutuo” che, chiarisce la Corte, appare incomprensibile e non documentalmente provata, atteso che neanche si ha certezza circa la tempistica di attivazione e modalità di imputazione dello stesso al costruttore-venditore. Inoltre, dai due gradi di giudizio, è emerso, nota la cassazione, che se pure non in modo sacramentale, il promissario acquirente ha manifestato la piena disponibilità ad adempiere il residuo dovuto pur non incontrando il consenso di parte venditrice. Tanto è sufficiente per escludere la paventata condizione di inadempimento, anzi, individua una situazione di adempimento che esclude responsabilità di sorta ed individua il diritto del promissario acquirente ad ottenere il trasferimento ex art. 2932 c.c. del diritto di proprietà conteso. Con queste ragioni, parte ricorrente ha rigettato tutti i motivi e condannato la ricorrente alla refusione delle spese.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 13 dicembre 2013 – 21 marzo 2014, numero 6786 Presidente Bursese – Relatore Parziale Svolgimento del processo 1. Con atto di citazione notificato il 13 luglio 2000, la Costruzioni Edilsae s.r.l. conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Monza, il sig. G. con il quale in data 13 marzo 1992 aveva concluso un contratto preliminare di compravendita relativo ad un alloggio sito in , per un complessivo corrispettivo di L. 228.000.000 oltre iva. Il contratto prevedeva una serie di versamenti collegati anche all'avanzamento della costruzione, nonché l'accollo da parte del promissario acquirente di un mutuo di L. 130.000.000 che la società costruttrice si accingeva ad accendere. Il contratto prevedeva, altresì, una clausola risolutiva espressa in base alla quale il contratto si sarebbe automaticamente sciolto in conseguenza dell'inadempimento all'obbligo di versare anche una sola delle rate previste, con la previsione del diritto della promettente venditrice di trattenere, a titolo di penale, le anticipazioni ricevute sino alla risoluzione. Il promissario acquirente era immesso nel possesso dell'immobile in data 3 maggio 1995. La società attrice deduceva l'inadempimento del sig. G. rispetto al versamento di una parte delle somme previste quale prezzo dell'immobile, precisando che il promissario acquirente a fronte dei versamenti previsti per L. 98.000.000, aveva corrisposto solo L. 87.800.379 ed in più, nonostante le reiterate richieste in tal senso, non aveva voluto stipulare il rogito, né accollarsi il mutuo acceso presso l'istituto bancario San Paolo di , né provvedere al pagamento delle rate semestrali di mutuo scadute con i relativi interessi di mora per complessive L. 56.203.088, né corrispondere l'ulteriore somma di L. 9.807.332 oltre iva e gli interessi sulle somme pagate in ritardo per un ammontare di L. 5.000.000. Pertanto, la Costruzioni Edilsae s.r.l. domandava la declaratoria di risoluzione del contratto in base alla clausola risolutiva ivi prevista, non avendo il convenuto provveduto ai pagamenti previsti nel contratto preliminare, con conseguente condanna all'immediato rilascio dell'alloggio e con incameramento delle anticipazioni a titolo di penale. In via subordinata, chiedeva di dichiarare risolto il contratto ai sensi dell'articolo 1454, comma 2, c.c. per grave inadempimento del promissario acquirente, con conseguente condanna del medesimo al rilascio dell'immobile ed al risarcimento dei danni per un ammontare di L. 98.167.088, con compensazione di tale importo con i versamenti già effettuati. Si costituiva in giudizio il sig. G. che contestava le pretese attoree, producendo una serie di documenti quanto all'inesattezza delle cifre riportate dalla Costruzioni Edilsae s.r.l., avendo effettuato pagamenti per l'importo di L. 159.667.052, così adempiendo pienamente agli obblighi contrattuali. Inoltre, precisava che alla data in cui aveva preso possesso dell'alloggio, questo risultava mancante di elementi essenziali quali porte, infissi, sanitari, pavimenti, e affetto da vizi e difetti cui aveva dovuto porre rimedio a sue spese. In via riconvenzionale, chiedeva, ai sensi dell'articolo 2932 c.c., il trasferimento della proprietà dell'immobile di cui al preliminare del 13 marzo 1992, eventualmente subordinato al pagamento di quanto ancora dovesse ravvisarsi a suo carico, anche relativamente all'accollo del mutuo. 2. Con sentenza del 13 marzo 2002, il Tribunale di Monza, accoglieva la domanda principale proposta dalla Costruzioni Edilsae s.r.l., accertando l'intervenuta risoluzione del contratto preliminare del 13 marzo 1992 ed il diritto della società attrice a trattenere le somme già versate dal G. , con condanna del convenuto all'immediato rilascio dell'immobile e al pagamento delle spese processuali. Il giudice di prime cure rilevava che, in base alle produzioni documentali, risultavano i numerosi ritardi del promissario acquirente nel versamento degli acconti, nonché il suo inadempimento rispetto all'obbligo di accollarsi il mutuo, espressamente previsto dal contratto. Trattandosi di adempimenti esplicitamente contemplati dalla clausola risolutiva espressa, il contratto era da intendersi risolto di diritto a seguito della comunicazione ritualmente inviata dall'impresa. La documentazione prodotta dal sig. G. era ritenuta inidonea a provare l'effettuazione dei pagamenti. 3. Proponeva appello il soccombente, argomentando che i documenti prodotti nel giudizio di primo grado erano sufficienti a provare i versamenti effettuati per l'ammontare di L. 160.000.000 e che, dunque, la clausola risolutiva espressa non avrebbe dovuto trovare applicazione, mancando il suo inadempimento. In più, deduceva che, in ogni caso, il suo inadempimento non era così grave da giustificare la risoluzione del contratto ai sensi dell'art. 1454, co. 2, c.c. e che il Tribunale non aveva tenuto in alcun conto le spese sostenute per ovviare ai vizi e i difetti dell'immobile riscontrati all'atto della consegna. Nel giudizio d'appello interveniva la Sae Italia s.p.a. che, nelle more aveva acquistato dalla Costruzioni Edilsae s.r.l. l'immobile in oggetto. Veniva inoltre espletata una CTU. 4. La Corte di Milano accoglieva l'appello e, riformando la sentenza di primo grado, disponeva il trasferimento dell'alloggio sito in al sig. G. , condizionato al pagamento della somma di Euro 3.716, 59 e di Euro 67.139,04 anche mediante accollo del mutuo acceso presso il gruppo bancario San Paolo di Torino. Inoltre condannava le soccombenti al pagamento delle spese dei due gradi di giudizio. Il giudice d'appello riteneva che il Tribunale avesse erroneamente considerata operativa la clausola risolutiva espressa prevista dal contratto, che prendeva in considerazione la mancata corresponsione e non già il ritardato versamento di una delle rate previste. In questo senso non vi era prova che il promissario acquirente avesse omesso il pagamento di una di esse, mentre i documenti prodotti dimostravano che i diversi pagamenti effettuati dal 1992 al 1995 erano stati esaustivi delle singole rate non vi erano quindi gli estremi per dichiarare risolto di diritto il contratto e neppure per applicare la connessa penale d'incameramento dei versamenti già eseguiti. Né poteva essere dichiarata la risoluzione ex articolo 1454, comma 2, c.c., chiesta in via subordinata dalla società venditrice, in quanto la norma citata impone la verifica della non scarsa importanza dell'inadempimento che deve essere, altresì, colpevole. Dalle risultanze processuali non emergeva la prova di tali necessarie condizioni, nella misura in cui la differenza tra le somme dovute e le somme effettivamente versate dal G. L. 3.003.750 era da considerarsi di scarsa importanza rispetto al corrispettivo pattuito, ed in più, incolpevole, in quanto giustificato da opere non eseguite o mal eseguite dall'impresa. Neppure con riferimento all'accollo del mutuo era ravvisabile un inadempimento colpevole dell'appellante, in quanto egli non aveva mai manifestato una volontà contraria all'adempimento di tale obbligo in ogni caso, tale accolto sarebbe dovuto avvenire contestualmente alla stipula del rogito, ma i contrasti nel frattempo insorti - tra i contraenti circa i pagamenti effettuati e i vizi dell'immobile - avevano impedito la conclusione del contratto definitivo. 5. Avverso tale sentenza propongono ricorso la EDILMARE già Costruzioni Edilsae s.r.l. e la Sae Italia s.p.a. articolando tre motivi di gravame. Resiste con controricorso il sig. G.G. . Motivi del ricorso 1. I motivi del ricorso. 1.1. Col primo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 1456 cod. civ. in ordine all'art. 360 numero 3 cod. proc. cip. e omessa, insufficiente, contraddittoria motipa%ione sul punto ex art. 360 numero 5 cod. proc. cip. segnatamente in ordine alla non operatività della clausola risolutiva espressa nonché violazione degli artt. 1362 e segg. cod. civ. in relazione all'art. 360 numero 3 cod. proc. civ. in punto interpretazione di detta clausola e della raccomandata a.r. del 13 aprile 1999”. La Corte d'Appello ha errato nell'interpretare l'articolo 4 del contratto preliminare di compravendita, non ravvisando che esso ricollega l'operatività della clausola risolutiva espressa non solo al pagamento dei versamenti ivi contrassegnati dalle lettere maiuscole A , B , C , E ed F , ma anche al pagamento della quota di mutuo di Lire 130 milioni di cui alla lettera G nonché al versamento in conto e/o saldo dei rimborsi per le anticipazioni fatte dalla Promittente per allacciamenti e/o accessorie di mutuo . Così opinando, il giudice d'appello ha tradito l'autentica volontà delle parti quale desumibile dalla formulazione letterale della clausola contrattuale in oggetto, violando, pertanto, il criterio ermeneutico dettato dall'articolo 1362 cc. Il tenore letterale della clausola in esame deve far ritenere, come aveva correttamente argomentato il giudice di prime cure, che la clausola risolutiva espressa era destinata ad operare anche in relazione ai rimborsi e alle anticipazioni fatte dalla promettente società per il mutuo, con conseguente scioglimento automatico del contratto, a fronte dell'inadempimento all'obbligo di rimborsarli entro cinque giorni dall'avvenuta richiesta. La motivazione fornita circa l'inapplicabilità della clausola risolutiva espressa risulta, in ogni caso, insufficiente, tenuto conto che il sig. G. risultava parzialmente inadempiente anche rispetto all'obbligo di effettuare i versamenti previsti dal contratto, come risultava dalla diffida del 25 settembre 1998 con la quale la Edilsae faceva notare che il promissario, a fronte del prezzo pattuito aveva effettuato versamenti per una somma inferiore per L. 10.199.625. Viene formulato il seguente quesito Dica Codesta Suprema Corte se, nel sistema giuridico attuale, l'interpretazione del contratto e/o di una clausola possa affidarsi al mero richiamo contenuto in sentenza ad una sola parte della relativa lettera o non debba, invece, conformarsi a diritto ed estendersi all'intero contenuto per essere poi regolata dalle norme cogenti dettate dagli artt. 1362/1371 cod. civ. Dica ancora se il Giudice possa escludere l'operatività della clausola risolutiva espressa facendo riferimento solo ad uno degli inadempimenti richiamati nella relativa dichiarazione”. 1.2 Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1454, 1460, 2932 e 2697cod civ. e dell'art. 116 cod. proc. civ. in ordine all'art. 360 numero 3 cod. proc. civ. e omessa, insufficiente e/o incongrua motivazione sul punto in relazione all'art. 360 numero 5 cod. proc. civ. violazione degli artt. 1362 e segg. cod. civ. in ordine all'art. 360 numero 5 cod. proc. civ. con riferimento all'interpretazione della clausola 4 del contratto preliminare in atti per aver la Corte escluso che l'obbligazione di rimborsare il mutuo non fosse esigibile prima della stipula del rogito”. Il giudice d'appello ha errato, altresì, nel rigettare la domanda di risoluzione formulata, in via subordinata, ai sensi dell'articolo 1454, comma 2, c.c. avendo considerato, in maniera arbitraria, quale inadempimento di scarsa importanza e in larga parte incolpevole l'omessa corresponsione di L. 10.100.087, importo accertato in sede di c.t.u Inoltre, la Corte Territoriale è incorsa in errore ritenendo non grave l'inadempienza del promissario al mancato rimborso dei ratei semestrali di mutuo, sulla base del fatto che l'accollo sarebbe dovuto essere formalizzato in sede di atto pubblico. Così argomentando, ha ignorato illegittimamente il dato contrattuale da cui si desume che il sig. G. si era assunto l'onere di versare direttamente all'Istituto mutuante le rate che verranno richieste in ogni tempo prima dell'atto di compravendita ovvero nel caso fossero anticipate dalla promittente venditrice a rimborsarle entro 5 giorni dall'avvenuta richiesta . La Corte d'Appello di Milano, nel valutare il comportamento inadempiente del sig. G. , peraltro protrattosi per anni, ha ignorato le specifiche disposizioni contrattuali. Né è comprensibile come la Corte possa aver giustificato l'inadempimento del promissario acquirente all'obbligo di stipulare il contratto definitivo, a fronte della formale diffida del 25 settembre 1998, sulla base del contenzioso insorto tra le parti circa i pagamenti effettuati e i vizi dell'immobile. Con raccomandata del 16 ottobre 1995 la Edilsae aveva riconosciuto tali vizi, quantificandoli in L. 3.003.750 ed esprimendo la più ampia disponibilità a risolvere le pendenze in essere. Viceversa, a fronte di tale disponibilità, il sig. G. , pur continuando a godere dell'immobile sin dal maggio 1995, si rifiutava ingiustificatamente di adempiere agli obblighi contrattuali, ponendo in essere un inadempimento che non può non essere considerato grave e colpevole. Viene formulato il seguente quesito Dica la Suprema Corte se il Giudice violi gli artt. 1454 e 1455 cod. civ. qualora nel valutare la gravità e la colpevolezza dell'inadempimento posto a fondamento della diffida, anziché svolgere un'indagine unitaria del comportamento del debitore ivi evidenziato, si limiti alla valutazione di uno solo degli inadempimenti dedotti a fronte di una pluralità di gravi e importanti inadempiente imputate al debitore dica, altresì, se il Giudice possa giustificare l'inadempimento del promissario nel rendere la prestazione promessa ancorandone l'esecuzione ad una epoca successiva nella fattispecie stipula del rogito , nonostante il contrastante tenore del negozio concluso e senza offrire al riguardo motivazione alcuna”. 1.3 Col terzo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1282, 1224, 1498 e 2932 cod. civ. nonché dell'art. 116 cod. proc. civ. nella parte in cui è stata emessa la sentenza sostitutiva del titolo di proprietà in relazione all'art. 360 numero 3 cod. proc. civ. ed omessa, insufficiente contraddittoria motivazione al riguardo nonché violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e segg. cod. civ. in punto interpretazione della clausola numero 4 del preliminare”. La Corte d'appello di Milano ha errato nell'accogliere la domanda di esecuzione in forma specifica dell'obbligo di contrarre ai sensi dell'articolo 2932 c.c Infatti, nelle ipotesi vi sia una separazione temporale tra il momento del pagamento del prezzo e quello del perfezionamento del contratto definitivo, l'accoglimento della domanda ex articolo 2932 c.c. postula necessariamente l'adempimento della parte di prestazione divenuta esigibile o l'offerta nei modi di legge. Conseguentemente, in difetto dell'offerta nei modi di legge delle prestazioni derivanti dall'accollo di mutuo da parte del sig. G. , la domanda non poteva che essere disattesa, essendo irrilevante l'offerta come formulata in corso di causa e limitata, peraltro, al solo importo capitale del prezzo da corrispondere a mezzo accollo di mutuo. Inoltre, la Corte Territoriale ha contravvenuto al principio di diritto da essa stessa affermato in sentenza, secondo cui la sentenza emessa ex articolo 2932 c.c., tenendo luogo del contratto definitivo, deve recepire fedelmente le pattuizioni contenute nel preliminare. In questo senso non si spiega perché abbia subordinato il trasferimento della proprietà promessa al pagamento dell'importo residuo del prezzo e al versamento della somma di Lire 130.000.000, oggetto dell'accollo di mutuo, alterando le pattuizioni racchiuse nel preliminare, secondo cui tutte le rate di mutuo scadute prima della compravendita sarebbero dovute essere pagate e/o rimborsate dal promissario con i relativi accessori. Viene formulato il seguente quesito Dica l'Ecc.ma Corte se il Giudice possa accogliere la domanda ex art. 2932 cod. civ. di trasferimento della proprietà qualora il richiedente sia inadempiente con riferimento all'obbligo di eseguire la prestazione a suo carico, esigibile e/o scaduta in data antecedente alla stipula del rogito. Dica, inoltre, se la statuizione di accoglimento della domanda di esecuzione specifica dell'obbligo di concludere il contratto possa ritenersi conforme a diritto se non accompagnata da un'offerta formale o comunque da un'offerta idonea a manifestare la concreta e seria volontà di adempiere con riferimento a tutte le prestazioni già scadute”. 2. Il ricorso è infondato e va rigettato per quanto di seguito si chiarisce. 2.1 Col primo motivo si deduce violazione dell'articolo 1456 cc sulla ritenuta errata non operatività della clausola risolutiva espressa, nonché violazione dell'articolo 360 numero 5 sulla interpretazione della clausola stessa. Al riguardo, occorre rilevare in primo luogo l'inammissibilità del quesito, formulato in modo astratto e cioè con risposta obbligata e non con riferimento alla specifica situazione verificatasi. In ogni caso, il motivo è infondato per quanto di seguito si chiarisce. Il motivo censura il senso della clausola riportata a pagina 9 e 10 del ricorso e della dichiarazione di avvalimento della clausola, effettuata in data 13 aprile 1999. Occorre però rilevare che è la stessa Edilmare a riconoscere che la clausola doveva intendersi nel senso che fosse rilevante l'omissione di una rata del contratto, con ciò intendendosi far riferimento alla intera rata prevista dal contratto. Al riguardo, sarebbe stato del tutto eccedente la risoluzione per pochi Euro di scarto. In tal senso, tutta la censura si risolve in una questione di fatto che la Corte d'appello ha affrontato e definito attraverso la constatazione dell'avvenuto pagamento di una somma notevolmente superiore prima della dichiarazione di avvenimento della clausola vedi pagina 14 e 15 della sentenza . L'accertamento in fatto è stato operato sulla base della c.t.u. E sufficiente questo rilievo a rendere privo di consistenza l'argomento della vincolatività della clausola sul piano dell'importanza dell'inadempimento, per la ragione che l'inadempimento, così come accertato dalla Corte d'appello, non vi era stato, posto che l'importo versato a quella data era risultato appunto ampiamente superiore al dovuto. La censura sul piano interpretativo si incentra anche su un secondo aspetto e cioè sulla tesi che il mancato pagamento cui aveva riguardo la clausola, fosse riferibile anche alle rate stabilite per l'accollo del mutuo fondiario, alla luce della clausola numero 4 del negozio. Ma tale censura, peraltro assertiva, non indica i criteri legislativi violati ed è priva di argomentazione convincente perché, anzi, mira a includere nell'ambito delle obbligazioni assistite dalla clausola una voce il mutuo , che non solo è correlata alla relativa accensione, ma che nella configurazione del preliminare è dichiaratamente rimandata per la sua precisa quantificazione, al futuro. Vedasi in proposito l'uso del tempo futuro riferito a tale voce avverrà, sarà eccetera . Plausibile e non censurabile risulta allora la soluzione interpretativa della Corte d'appello che ha escluso questa voce rispetto alle altre, affrontando la questione della clausola risolutiva in modo indipendente da questa voce, soprattutto per il difetto di allegazione e prova della richiesta. 2.2 Il secondo motivo deduce violazione dell'articolo 1454 cod. civ., nonché vizi di motivazione, riproponendo le medesime censure del motivo precedente, sul presupposto che la interpretazione della clausola contrattuale al numero 4 citata dovrebbe includere anche la quota-mutuo, anticipatamente rispetto al rogito. In relazione a tale motivo valgono le considerazioni già svolte con riguardo al primo motivo, potendosi ulteriormente aggiungere che l'interpretazione nel senso della separazione tra pagamento dei ratei e pagamento recte accollo del mutuo, oltre a essere conforme alla pratica più usuale in questo campo, si è svolta assumendo l'obbligo di accollo contestualmente al definitivo, come da regola. E tale conclusione non è contraddetta dal carico degli accessori sugli importi eventualmente pagati dal costruttore-venditore. Anzi proprio questa pattuizione esprime una soluzione di pagamento proposta al definitivo, perché gli interessi decorrono a favore della costruttrice, obbligata-stipulante verso la Banca. Inoltre, va anche considerato che la soluzione prospettata dalla Corte d'appello si fonda su altri elementi probatori quali la corrispondenza tra le parti, prodotta in giudizio, e l'impostazione difensiva tenuta in causa vedi al riguardo la motivazione a pagina 16 della sentenza sicché anche da questo punto di vista la conclusione della Corte di merito non è censurabile. Né infine rileva la clausola e vedi pagina 12 del ricorso perché ipotetica. Infatti, se era la costruttrice a pagare, allora l'acquirente doveva rispondere a richiesta . Ma la stessa sentenza in chiusura afferma espressamente che non vi è alcuna prova che i pagamenti dei ratei siano stati effettuati. Infatti, non è chiaro quanto la società ha dovuto pagare e se ha richiesto quanto è stato pagato. Quanto infine alla valutazione della gravità degli inadempimenti, una volta eliminata l'incidenza della componente-mutuo, la valutazione della Corte d'appello appare corretta. Il c.t.u. ha accertato un differenziale tra versato e dovuto pari in sostanza circa Euro 5000 132 milioni dovuti a fronte 142 milioni di lire versati, vedi pagina 15 da sentenza . E la valutazione della gravità, nel bilanciamento degli interessi, è operazione dovuta anche in caso di diffida ad adempiere sul punto si registra l'orientamento costante di questa Corte . Le argomentazioni con le quali, infine, si contesta il difetto di prova sull'avvenuto pagamento da parte della venditrice di rate di mutuo pagina 21 del ricorso , appaiono allora del tutto insufficienti, in quanto effettuate attraverso un mero rinvio a documenti, peraltro non indicati specificamente si fa riferimento a numerose lettere , rispetto all'esplicita notazione della sentenza. Edilmare, quindi, afferma, ma non prova, di aver estinto totalmente o parzialmente il mutuo pagina 18 del ricorso . La questione dei vizi materiali resta quindi assorbita. Al riguardo si può anche considerare, ad abundatiam , il tenore confessorio di quanto riportato al terzo motivo, dal quale si deduce che il pagamento delle rate di mutuo avviene nel 2007 dopo la sentenza di appello . Infondato è anche il terzo motivo, col quale si deduce violazione di legge e vizio di motivazione sulla sentenza sostitutiva del contratto, perché si prospetta che essa non poteva essere disposta per difetto dell'offerta del mutuo. La questione non appare fondata, attesa la disponibilità dichiarata dal promittente acquierente, seppure non sacramentale, al pagamento di tutto quanto dovuto. Il motivo, in via gradata, censura l'omessa statuizione sugli interessi di ammortamento e di mora . Anche tale censura è infondata alla luce del consolidato orientamento di questa Corte, secondo il quale se l'adempimento non è imputabile all'acquirente e l'obbligo a contrarre sia imputabile esclusivamente al promettente venditore, non può il promissario acquirente essere obbligato a corrispondere anche gli interessi legali sulla somma dovuta a titolo di corrispettivo” Cass. 2012 numero 8171, rv 622431 . E ciò anche perché la pattuizione in preliminare non è stata prevista a titolo di maggiorazione compensativa della svalutazione, secondo l'orientamento di questa Corte, secondo cui La sentenza di esecuzione in forma specifica di un preliminare di vendita, resa ai sensi dell'art. 2932 cod. civ., è destinata ad attuare gli impegni assunti dalle parti, anche con riguardo all'ammontare del pretto, il quale, pertanto, deve essere quello fissato con il preliminare medesimo, restando esclusa, con riguardo alla sua natura di debito di valuta, la possibilità di una rivalutazione automatica per effetto del ritardo rispetto alla data prevista per la stipulazione del definitivo, salvo che i contraenti, nell'esercizio della loro autonomia negoziale, abbiano espressamente previsto delle maggiorazioni o dei correttivi per compensare la svalutazione monetaria durante il periodo del suddetto ritardo” Cass. numero 15546 del 2013, Rv. 626898 . Infine, va anche considerato che gli interessi di prefinanziamento sono ricompresi nell'importo stabilito dal c.t.u., come affermato dalla sentenza, e dunque non possono essere duplicati. 3. Le spese seguono la soccombenza. P.T.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente alle spese di giudizio, liquidate in 7.000 settemila Euro per compensi e 200,00 duecento Euro per spese, oltre accessori di legge.