La trasferta determina uno spostamento temporaneo e occasionale del luogo di lavoro contrattualmente stabilito si differenzia dalla prestazione dei cosiddetti trasfertisti, i quali, pur con riferimento ad una sede fissa di lavoro, debbono rendere la propria prestazione lavorativa normalmente fuori dalla sede stessa. La diversa natura e funzione dei due istituti e delle correlate indennità, giustifica il diverso trattamento ai fini contributivi.
Così afferma la Corte di Cassazione con la sentenza numero 5289, pubblicata il 6 marzo 2014. Il caso opposizione a verbale INPS per omesso versamento dei contributi su indennità versate a dipendenti trasfertisti. Un’azienda aveva proposto opposizione avverso il verbale di accertamento INPS, con cui veniva contestato l’omesso assoggettamento a contribuzione delle indennità specifiche versate ai dipendenti trasferisti. Sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello respingevano l’opposizione, ritenendola infondata. Proponeva così ricorso in Cassazione l’azienda. Trasferta, trasferimento e trasfertisti. Secondo l’azienda ricorrente, le indennità corrisposte ai lavoratori trasfertisti, svolgenti la propria attività costantemente fuori dalla propria sede di lavoro, sarebbero ricomprese nell’indennità di trasferta e avrebbero la stessa natura di quest’ultima e sarebbero escluse da assoggettamento contributivo. La Suprema Corte individua preliminarmente la diversa natura della trasferta in senso stretto, del trasferimento e delle prestazioni dei trasferisti. La prima determina uno spostamento occasionale e temporaneo della sede di lavoro fissata il trasferimento si verifica allorquando viene definitivamente mutata la sede di lavoro del dipendente. Le prestazioni rese dai cosiddetti trasfertisti, infine, fanno riferimento ad una sede di lavoro fissa e determinata, con obbligo contrattuale di rendere la prestazione lavorativa solitamente al di fuori della sede stessa. Le relative indennità hanno natura e finalità diverse. La diversità degli istituti esaminati fa sì che diverse siano la natura e le ragioni delle correlate indennità. La Corte Costituzionale aveva affrontato l’argomento, affermando, nella sentenza numero 239/1993, la legittimità costituzionale del diverso trattamento ai fini fiscali dell’indennità di trasferta e di quelli dei trasfertisti. Secondo la Suprema Corte, la diversa natura dei due trattamenti, individuata dal Giudice delle leggi, giustifica la diversa applicazione degli oneri contributivi. L’indennità dei trasfertisti è retribuzione vera e propria. L’indennità corrisposta ai lavoratori trasferisti deve essere considerata, anche ai fini fiscali, vera e propria retribuzione, in quanto correlata alla causa tipica e normale del rapporto di lavoro il lavoratore è infatti vincolato contrattualmente a rendere la propria prestazione lavorativa costantemente al di fuori della sede aziendale. Diversamente dall’indennità di trasferta, meramente compensativa del “disagio” derivante dal temporaneo spostamento della sede di lavoro. D’altra parte, conclude la Corte di Cassazione, la deducibilità o meno di determinati oneri sostenuti dal contribuente rientra nella discrezionalità insindacabile del legislatore. E la diversità del trattamento delle indennità in esame, ai fini fiscali, giustifica il diverso trattamento anche ai fini contributivi.
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 4 dicembre 2013 – 6 marzo 2014, numero 5289 Presidente Canevari – Relatore Maisano Svolgimento del processo Con sentenza del 3 giugno 2008 la Corte d'appello di Firenze ha confermato la sentenza del tribunale di Livorno che ha rigettato l'opposizione proposta dalla SET Impianti s.r.l. al verbale di accertamento dell'INPS del 28 giugno 2001 con cui è stato contestato di non avere sottoposto a contribuzione il 50% delle indennità specifiche versate ai dipendenti trasfertisti. La Corte territoriale ha ritenuto manifestamente infondata la questione di illegittimità costituzionale dell'articolo 41 comma 6 del d.P.R. 317 del 1986, testo unico delle imposte dirette, nella parte in cui non esonera dalla contribuzione tali emolumenti per i lavoratori che effettuano la prestazione in luoghi sempre variabili e diversi, anche se corrisposte con continuità, a differenza dell'indennità di trasferta ai sensi del comma 5 della medesima norma citata. La Corte fiorentina ha, in particolare, considerato la diversa funzione dei due istituti, costituendo la trasferta uno spostamento temporaneo, occasionale e contingente del luogo ove viene svolta la prestazione lavorativa, a differenza del caso dei trasferisti che hanno l'obbligo contrattuale di spostarsi continuamente con la conseguente esigenza di compensare il disagio costituito dalla lontananza dalla propria sede. La SET. Impianti s.r.l. propone ricorso per cassazione avverso tale sentenza affidato ad un unico motivo. Resiste con controricorso l'INPS. Motivi della decisione Con l'unico motivo si lamenta violazione e falsa applicazione dell'articolo 51, commi 5 e 6 d.P.R. 917 del 1986 e dell'articolo 3 della Costituzione in relazione all'articolo 360, numero 3 cod. proc. civ. in particolare si deduce che le somme corrisposte ai trasfertisti sarebbero ricomprese nell'indennità di trasferta ed avrebbero la stessa natura di tale indennità come confermato dall'articolo 9 ter della legge numero 166 del 1991 secondo cui nell'indennità di trasferta sono ricomprese anche le indennità spettanti ai lavoratori tenuti per contratto ad un'attività lavorativa in luoghi variabili sempre diversi da quelli della sede aziendale, per cui non troverebbe alcuna giustificazione la differenzazione dei due istituti ai fini contributivi. Il motivo non è fondato. La stessa Corte Costituzionale, sia pure sotto il diverso profilo della natura retributiva, ha già avuto modo di affrontare la questione della legittimità del diverso trattamento dei due istituti oggetto della controversia in esame Corte Cost. sentenza numero 239 del 1993 . In quella circostanza la Corte Costituzionale, nell'affermare la legittimità del diverso trattamento dei due istituti osservò che, la trasferta in senso stretto -postulando la predeterminazione di un luogo fisso per la prestazione lavorativa ed un mutamento meramente provvisorio del luogo stesso cosiddette missioni non è ravvisabile sia quando ci si trovi di fronte alla diversa situazione di un effettivo trasferimento del dipendente in altra sede di lavoro, sia quando -pur con fondamentale riferimento ad una sede aziendale fissa la prestazione di lavoro, per sua natura, si svolga normalmente fuori della sede stessa. In questo secondo caso, si è costantemente ritenuto -in numerose decisioni della Cassazione che la retribuzione imponibile comprende integralmente quanto corrisposto ai cosiddetti trasfertisti , in quanto correlato alla causa tipica e normale del rapporto. Conformemente a questo orientamento, deve quindi ritenersi che, per i compensi corrisposti a questi lavoratori impropriamente indicati come trasfertisti , non si versi in tema di indennità di trasferta, ma di retribuzione per le attività lavorative che comportino un continuo movimento del dipendente per raggiungere -con mezzi di solito messi a disposizione dal datore di lavoro località diverse, determinabili sulla base delle opere da eseguire ovvero per la natura dell'attività come quella di trasporto , oggetto stesso del rapporto di lavoro. Per quanto riguarda le indennità relative alle trasferte occasionali, come sopra precisate, deve anzitutto escludersi che, ove sia stabilito che dette indennità non entrano in tutto o in parte nel calcolo dei contributi previdenziali o nel calcolo della retribuzione ai fini pensionistici, debba questa disciplina normativa o collettiva essere rispettata anche dal legislatore tributario, il quale è invece tenuto a seguire propri criteri, fondati essenzialmente sul principio della capacità contributiva, e -con riferimento al reddito di lavoro dipendente sul principio generale della onnicomprensività di tutti i compensi, comunque denominati articolo 48, primo comma, Testo unico 917 del 1986 . Va, inoltre, ricordata la giurisprudenza della stessa Corte Costituzionale ordinanze numero 948 del 1988 e numero 556 del 1987 sentenze numero 108 del 1983 e numero 134 del 1982 , secondo cui la deducibilità dal reddito di determinati oneri sostenuti dal contribuente come quello cui va incontro il lavoratore quando sia trasferito in comune diverso da quello dove prestava precedentemente la propria opera o dove risiede il proprio nucleo familiare rientra nell'esclusiva competenza del legislatore, il quale, nella sua discrezionalità insindacabile, deve razionalmente valutare l'incidenza dell'onere sostenuto per la produzione del reddito, tenendo conto della necessità di conciliare le esigenze finanziarie dello Stato con quelle del cittadino chiamato a contribuire ai bisogni della vita collettiva, non meno pressanti di quelli della vita individuale. Anche ai fini ora in esame, la sostanziale differenza dell'istituto dell'indennità di trasferta e dell'indennità dovuta ai c.d. trasferisti, giustifica il diverso trattamento anche ai fini contributivi. Al rigetto del ricorso segue la condanna della società ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in € 100,00 per esborsi ed € 3.000,00 per compensi professionali oltre accessori di legge.