Il principio di immediatezza della contestazione deve essere inteso in senso relativo, dovendosi tener conto della specifica natura dell’illecito disciplinare, nonché del tempo occorrente per l’espletamento delle indagini, tanto maggiore quanto più complessa sia l’organizzazione aziendale.
Lo ha affermato la Corte di Cassazione – sezione Lavoro - con la sentenza numero 5408, depositata il 5 marzo 2013. Tempus irreparabile fugit, specie in materia di licenziamento . La pronuncia in commento trae origine dal licenziamento intimato da un’Azienda sanitaria locale ad un proprio dirigente, reo – secondo la ricostruzione fornita dal datore – di aver tenuto, nel triennio precedente, un comportamento sostanziatosi nella manifestazione di un continuo atteggiamento conflittuale e denigratorio nell’ambiente di lavoro, nella totale assenza di collaborazione, nonché in vistose carenze deontologiche e professionali. Tali situazioni venivano evidenziate da una relazione del Direttore sanitario dell’Asl, a cui seguiva l’avvio del procedimento disciplinare, con contestazione al dirigente dei relativi addebiti ricevute le deduzioni scritte del dipendente, espletata l’audizione dello stesso ed ottenuto il parere dei Garanti, veniva deliberato il licenziamento. Il dipendente impugnava il licenziamento, sostenendo che la contestazione degli addebiti fosse intempestiva essendo l’Asl già da tempo a conoscenza dei fatti , e che il tempo impiegato per deliberare il recesso circa due mesi , una volta esaurita la procedura di contestazione degli addebiti, fosse privo di giustificazione. Le censure mosse dal dipendente trovavano accoglimento ed il licenziamento veniva dichiarato illegittimo nel giudizio di merito. La Cassazione fissa i criteri per valutare la tempestività del licenziamento disciplinare . Con la sentenza in commento, la Cassazione ribadisce l’esigenza che il principio di immediatezza del licenziamento venga applicato tenendo conto dei diversi interessi coinvolti. A tale riguardo, appare opportuno ricordare, innanzitutto, che la tempestività del recesso svolge la fondamentale funzione di garantire la pienezza del diritto di difesa all'incolpato cfr., ad esempio, Cass. numero 7037/2011 . Inoltre, si deve considerare che la non immediatezza della contestazione o del provvedimento espulsivo induce ragionevolmente a ritenere che il datore di lavoro abbia soprasseduto al licenziamento, ritenendo non grave o comunque non meritevole della massima sanzione la colpa del lavoratore Cass. numero 15649/2010 . Ciò nonostante, il requisito della immediatezza deve essere comunque inteso in senso relativo, potendo in concreto essere compatibile con un intervallo di tempo, più o meno lungo, quando l'accertamento e la valutazione dei fatti richieda uno spazio temporale maggiore ovvero quando la complessità della struttura organizzativa dell'impresa possa far ritardare il provvedimento di recesso cfr., altresì, Cass. numero 15649/2010, e numero 2580/2009 . La valutazione sulla tempestività del licenziamento spetta al giudice di merito. Chiarita la portata del principio di immediatezza del licenziamento, la Suprema Corte ribadisce che è riservata al giudizio di merito la valutazione delle circostanze di fatto che, in concreto, giustifichino o meno il ritardo. Ciò soprattutto se si considera che la tempestività del licenziamento non può risolversi in un dato cronologico fisso e predeterminato, ma costituisce valutazione di congruità che il giudice di merito deve fare caso per caso, con riferimento all'intero contesto delle circostanze significative Cass. numero 7037/2011 . Ne consegue che la valutazione della tempestività del licenziamento, costituendo giudizio di merito, non è censurabile in cassazione ove adeguatamente motivata cfr., ex plurimis, Cass. numero 55469/2010, numero 29480/2008, e numero 19159/2006 . Il dirigente della p.a. licenziato illegittimamente ha diritto alla reintegra ex articolo 18 St. Lav. . La sentenza in commento, infine, ribadisce il consolidato principio secondo cui l’illegittimità del recesso dal rapporto di lavoro di una p.a. con un dirigente comporta l’applicazione della disciplina di cui all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, con conseguenze reintegratorie, a norma dell’articolo 51, comma 2, d.lgs. numero 165/2001 cfr., ad esempio, Cass. numero 9651/2012 . Come costantemente affermato dalla Suprema Corte, infatti, l’articolo 18 St. Lav. si applica alle pubbliche amministrazioni a prescindere dal numero dei dipendenti. Ciò vale anche in relazione ai dirigenti pubblici, il cui rapporto di lavoro è assimilato dall’articolo 21 del citato decreto legislativo a quello della categoria impiegatizia con funzioni dirigenziali.
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 12 dicembre 2012 - 5 marzo 2013, numero 5408 Presidente Lamorgese – Relatore Venuti Svolgimento del processo La Corte di Appello di Catanzaro, con sentenza del 13 maggio 2010, in riforma della decisione di primo grado, ha dichiarato illegittimo il licenziamento intimato al Dott. S.G.O. dall'Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza, ordinandone la reintegrazione nel posto di lavoro e condannando l'Azienda al pagamento delle retribuzioni maturate dalla data del licenziamento sino a quella dell'effettiva reintegra. La Corte territoriale ha ritenuto che fosse stato violato il principio della immediatezza della contestazione e che fosse anche privo di giustificazione il tempo impiegato per deliberare il recesso una volta esaurita la procedura di contestazione degli addebiti. Per la cassazione della sentenza propone ricorso l'Azienda. Resiste con controricorso il Dott. S. . Le parti hanno depositato memoria ex articolo 378 c.p.c Motivi della decisione 1. Con il primo motivo, denunziando violazione e/o falsa applicazione degli articolo 414 e 437, comma 2, c.p.c., la ricorrente deduce che la sentenza impugnata, nel ritenere che l'Azienda abbia violato il principio della immediatezza della contestazione, ha affermato che i fatti che hanno dato luogo al licenziamento erano stati già valutati dall'Azienda in occasione della revoca dell'incarico dirigenziale al Dott. S. . Tale circostanza non avrebbe dovuto essere utilizzata dalla Corte territoriale in quanto nuova, essendo stata dedotta non già con il ricorso introduttivo, ma solo nel corso del giudizio di primo grado. Aggiunge la ricorrente che la sentenza impugnata ha altresì utilizzato, ai fini della decisione, la sentenza resa dal Tribunale di Rossano in data 20 febbraio 2003, che si è pronunciata sulla revoca in questione . Tale sentenza era stata prodotta solo nel giudizio di appello ed era quindi inammissibile. 2. Con il secondo motivo la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione degli articolo 7 della legge numero 300 del 1970, 2119 c.c., 115 e 116 c.p.c. nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione. Deduce, sempre con riferimento alla ritenuta violazione del principio della immediatezza della contestazione, che l'Azienda, nel procedere al licenziamento del Dott. S. , ha valutato il comportamento da lui tenuto nel triennio 2000 -2003, sostanziatosi nel continuo atteggiamento di conflittualità e denigratorio manifestato nell'ambiente di lavoro, nella totale assenza di collaborazione nonché in vistose carenze deontologiche e professionali, situazioni queste evidenziate soltanto con la relazione del Dott. C. in data 8 aprile 2003 inviata al Direttore Sanitario dell'ASL. Espletati i relativi accertamenti, l'Azienda, nel rispetto dei tempi tecnici occorrenti per l'esercizio del potere disciplinare, con nota del 17 luglio 2003 ha comunicato al Dott. S. l'avvio del procedimento, contestandogli con nota del 18 agosto 2003 i relativi addebiti e procedendo, a seguito delle deduzioni scritte fornite dal dipendente, con delibera commissariale del 12 novembre 2003, al suo licenziamento, preceduto dalla sua audizione e dal parere del Comitato dei Garanti. Aggiunge la ricorrente che, oltre ai fatti oggetto della relazione del Dott. C. dianzi indicata, è stata contestata al Dott. S. l'avvenuta presentazione di un esposto in data 5 maggio 2003, con il quale venivano evidenziate delle irregolarità nel conferimento dell'incarico di Direttore dell'Azienda Sanitaria di ., esposto al quale avevano fatto seguito l'apertura di un procedimento penale a carico della Amministrazione , una indagine dell'Assessorato alla Sanità nonché un contenzioso davanti al giudice del lavoro. Questi essendo i fatti, la contestazione disciplinare non poteva ritenersi effettuata in violazione del principio di immediatezza. 3. Con il terzo motivo la ricorrente denunzia violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 23 del vigente CCNL Area Dirigenza Medica e Veterinaria degli articolo 7 della legge numero 300 del 1970, 2119 c.c. nonché degli articolo 115 e 116 c.p.c. omessa e/o insufficiente motivazione. Deduce che la sentenza impugnata, nel ritenere che il tempo impiegato per deliberare il recesso era privo di giustificazione, non ha tenuto conto della necessità di ben ponderare la decisione di recedere dal rapporto ed in particolare della necessità di attendere il parere del Comitato dei Garanti che, peraltro, avrebbe dovuto essere espresso entro trenta giorni dal ricevimento della richiesta, ciò che nella specie non era avvenuto, onde l'Azienda aveva dovuto adottare il provvedimento di licenziamento in assenza del parere. 4. Con il quarto motivo la ricorrente, denunziando violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 10 della legge numero 604 del 1966 nonché dell'articolo 18 della legge numero 300 del 1970, lamenta che il Dott. S. , essendo dirigente medico, non poteva beneficiare della tutela reale ex articolo 18 St. lav., come già evidenziato nei precedenti giudizi di merito. Ed infatti, in ragione dell'intenso vincolo fiduciario che connota tale tipo di rapporto, non è ipotizzabile la reintegrazione nel posto di lavoro, onde la illegittimità del licenziamento può comportare solo il pagamento delle apposite indennità. 5. I primi tre motivi, che vanno esaminati congiuntamente in ragione della loro connessione, non sono fondati. La Corte territoriale, dopo avere affermato che il principio della immediatezza della contestazione, secondo i criteri enunciati da questa Corte, deve essere inteso in senso relativo, dovendosi tener conto della specifica natura dell'illecito disciplinare nonché del tempo occorrente per l'espletamento delle indagini, tanto maggiore quanto più complessa sia l'organizzazione aziendale, ha ritenuto che nella fattispecie in esame i vertici dell'Azienda erano venuti a conoscenza dei fatti di rilievo disciplinare via via che si erano verificati. Ha aggiunto che i fatti di cui il Dott. S. si era reso asseritamente responsabile erano stati già oggetto di valutazione in occasione della revoca dell'incarico di responsabile della Unità Operativa di Sorveglianza Sanitaria disposta con deliberazione del 22 marzo 2001 e che nel giudizio definito dal Tribunale di Rossano con sentenza del 20 febbraio 2003 è stato dato atto che la revoca di detto incarico era stata motivata con riferimento alla mole delle azioni giudiziarie, esposti e denunce presentate nei confronti dell'Azienda ed ai rapporti conflittuali con gli altri dipendenti . Ha poi evidenziato che i vertici aziendali erano a conoscenza dei fatti che poi vennero contestati al Dott. S. in sede di procedimento disciplinare, già due anni prima della relazione redatta dal Dott. C. in data 8 aprile 2003 e che a tali fatti era da aggiungere soltanto la presentazione di un esposto da parte del Dott. S. in data 5 maggio 2003 - al quale la Corte non ha attribuito rilevanza -, con cui erano state segnalate presunte irregolarità nel conferimento dell'incarico di Direttore dell'Azienda Sanitaria di . al Dott. Al Ce. . Da tutto ciò la Corte di merito ha tratto la convinzione che la contestazione degli addebiti avvenuta con lettera del 18 agosto 2003 per fatti di cui l'Azienda era ben a conoscenza prima ancora della relazione riepilogativa inoltrata dal Dott. C. al Direttore Generale dell'ASL fosse intempestiva, così come privo di giustificazione era il tempo impiegato per deliberare il recesso circa due mesi una volta esaurita la procedura di contestazione degli addebiti. Tale motivazione, in quanto congrua, coerente, logica e non contraddittoria, non è sindacabile in questa sede di legittimità, essendo principio consolidato di questa Corte che la valutazione relativa alla tempestività del licenziamento costituisce giudizio di merito, non censurabile in cassazione ove adeguatamente motivato cfr., fra le altre, Cass. 6 settembre 2006 numero 19159 Cass. 17 dicembre 2008 numero 29480 Cass. 8 marzo 2010 numero 55469 . La censura della ricorrente - secondo cui la Corte territoriale, per escludere la tempestività del licenziamento, non avrebbe potuto valorizzare, trattandosi di questione nuova non dedotta precedentemente, e quindi inammissibile, la circostanza che i fatti dedotti a sostegno del licenziamento erano stati già valutati dall'Azienda in occasione della revoca dell'incarico dirigenziale al Dott. S. è priva di fondamento. Ed infatti, già con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado - il cui esame non è precluso a questa Corte attesa la natura del vizio denunziato - il Dott. S. aveva lamentato la violazione del principio di immediatezza della contestazione, rilevando che l'Azienda, pur essendo in precedenza a conoscenza dei fatti oggetto della contestazione disciplinare, aveva ingiustificatamente ritardato tale contestazione. Successivamente il ricorrente, a dimostrazione ed integrazione di tale assunto, con le note depositate nel corso dello stesso giudizio, ha evidenziato che l'Azienda, nel procedere alla contestazione disciplinare, ha richiamato gli stessi fatti posti a sostegno della delibera di revoca dell'incarico dirigenziale adottata in data 22 marzo 2001. Appare dunque evidente che tale questione - che la Corte territoriale peraltro non ha posto a fondamento esclusivo della decisione, essendo questa sorretta anche da altre ragioni - non può ritenersi nuova, costituendo un argomento richiamato a conferma della non tempestività della contestazione. Quanto, poi, alla sentenza resa dal Tribunale di Rossano in data 20 febbraio 2003 - che, secondo la ricorrente, la Corte territoriale ha pure utilizzato inammissibilmente a sostegno della ritenuta violazione del principio della immediatezza della contestazione, perché prodotta tardivamente -, risulta dai verbali del giudizio di primo grado, trascritti dal controricorrente, che tale sentenza, già indicata nel ricorso introduttivo, è stata ammessa dal giudice di primo grado in forza dei poteri istruttori conferitigli dall'articolo 421 c.p.c 6. Anche il quarto motivo - con il quale la ricorrente lamenta l'avvenuta reintegra del Dott. S. nel posto di lavoro - è infondato. Sul punto questa Corte si è più volte pronunciata, affermando che la illegittimità del recesso dal rapporto di lavoro di una P.A. con un dirigente comporta l'applicazione, al rapporto fondamentale sottostante, della disciplina dell'articolo 18 della legge numero 300 del 1970, con conseguenze reintegratorie, a norma dell'articolo 51, secondo comma, del d.lgs. numero 165 del 2001 Cass. 1 febbraio 2007 numero 2233 Cass. 13 giugno 2012 numero 9651 . Con tali pronunce viene sostanzialmente evidenziato che la legge 20 maggio 1970 numero 300, secondo la disposizione dianzi indicata, si applica alle pubbliche amministrazioni a prescindere dal numero dei dipendenti e che il rapporto di lavoro dei dirigenti pubblici è assimilato dall'articolo 21 del citato decreto legislativo a quello della categoria impiegatizia con funzioni dirigenziali. Dunque, l'illegittimità del recesso comporta anche per i dirigenti pubblici gli effetti reintegratori stabiliti dall'articolo 18 St. lav Ad analoghe conclusioni è pervenuta Cass. 20 febbraio 2007 numero 3929, la quale ha ritenuto che, dichiarato nullo e inefficace il licenziamento di un dirigente per motivi disciplinari inerenti alla responsabilità dirigenziale, il medesimo ha diritto alla reintegrazione nel rapporto d'impiego e nell'incarico dirigenziale, oltre che alle retribuzioni maturate sino all'effettiva reintegrazione, nonché Cass. Sez. Unumero , 16 febbraio 2009 numero 3677, la quale nel richiamare, tra l'altro, quanto affermato dalla Corte Costituzionale con la sentenza numero 381 del 2008 . forme di riparazione economica, quali, ad esempio, il risarcimento del danno o le indennità riconosciute dalla disciplina privatistica in favore del lavoratore ingiustificatamente licenziato, non possono rappresentare, nel settore pubblico, strumenti efficaci di tutela lesi da atti illegittimi di rimozione di dirigenti amministrativi” , ha riconosciuto il diritto del dirigente al ripristino dell'incarico illegittimamente revocato ante tempus, per il tempo residuo di durata, detratto il periodo di illegittima revoca. 7. In conclusione il ricorso deve essere rigettato, previa compensazione tra le parti del presente giudizio, avuto riguardo al diverso esito dei giudizi di merito. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del presente giudizio.