E’ il giudice dell’esecuzione a dover rimediare se la sospensione condizionale della pena viene concessa oltre i limiti

Nel caso in cui la sospensione condizionale della pena venga concessa oltre i limiti posti dall’articolo 164, comma 4, c.p., il giudice dell’esecuzione deve disporne la revoca anche se al momento dell’adozione del beneficio per la terza volta solo una delle antecedenti condanne sia già divenuta definitiva e, pertanto, la causa ostativa sia effettivamente intervenuta in un momento successivo.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con la sentenza numero 9310/21, depositata l’8 marzo. Il giudice dell’esecuzione presso il Tribunale di Vercelli respingeva la richiesta della Procura di revoca della sospensione condizionale della pena concessa ad un soggetto condannato con sentenza irrevocabile. Secondo tale provvedimento doveva escludersi la violazione dell’articolo 164, comma 4, c.p. in quanto all’epoca della concessione del beneficio risultava passata in giudicato una sola sentenza. Il Procuratore della Repubblica ha proposto ricorso in Cassazione affermando come, dopo la concessione di un primo beneficio ex articolo 163 c.p., sono intervenute due sentenze molto ravvicinate che hanno nuovamente riconosciuto la sospensione condizionale della pena, con conseguente violazione dell’articolo 164, comma 4, c.p Il ricorso risulta fondato. Pur rilevando che non sussiste alcun errore “colpevole” dei giudici di merito in quanto le due sentenze erano state emesse quasi contemporaneamente e nessuna di esse risultava iscritta nel casellario giudiziale, doveva comunque essere accolta la richiesta di revoca avanzata dal Pubblico Ministero. La Cassazione ribadisce infatti il principio secondo cui «quando la sospensione condizionale della pena viene concessa oltre i limiti posti dall’articolo 164, comma 4, c.p., il giudice dell’esecuzione è tenuto a disporne la revoca ancorchè al momento dell’adozione del beneficio per la terza volta solo una delle antecedenti condanne sia già divenuta definitiva e, pertanto, la causa ostativa sia effettivamente intervenuta in un momento successivo». Per questi motivi, l’ordinanza impugnata viene annullata con rinvio al Tribunale di Vercelli per un nuovo esame.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 17 febbraio – 8 marzo 2021, numero 9310 Presidente Di Tomassi – Relatore Liuni Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 17/7/2020, depositata il 20/7/2020, il giudice dell’esecuzione del Tribunale di Vercelli ha respinto la richiesta della Procura della Repubblica in sede di revoca della sospensione condizionale della pena concessa ad K.I. con sentenza del Tribunale di Vercelli del 5/2/2018, irrevocabile il 14/7/2018, di condanna alla pena di mesi quattro di arresto ed Euro 1.000 di ammenda, per il reato di cui al D.Lgs. numero 286 del 1998, articolo 6, comma 3, commesso in omissis . Il giudice dell’esecuzione ha escluso la denunciata violazione dell’articolo 164 c.p., comma 4, in quanto all’epoca della concessione del beneficio ex articolo 163 c.p. risultava passata in giudicato unicamente la sentenza del Tribunale di Vercelli del 28/3/2017, irrevocabile il 13/5/2017 per il reato di furto, commesso il omissis , mentre l’ulteriore provvedimento di concessione del beneficio per il reato ex articolo 483 c.p. commesso il era stato emesso successivamente - il 26/2/2018 - anche se era passato in giudicato il 5/5/2018, prima di quello per il quale viene richiesta la revoca. 2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Vercelli, lamentando violazione di legge, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., lett. b . Il ricorrente rileva che l’incidente di esecuzione proposto ai sensi dell’articolo 674 c.p.p. è la sede appropriata per rimediare ad errori incolpevoli dei giudici della cognizione nella concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena in violazione della legge. Nel caso di specie, dopo la concessione di un primo beneficio ex articolo 163 c.p., sono intervenute quasi contemporaneamente - il 5/2/2018 ed il 26/2/2018 - due sentenze del Tribunale di Vercelli che hanno a loro volta concesso detto beneficio, così oggettivamente integrando la violazione dell’articolo 164 c.p., comma 4, alla quale è necessario porre rimedio. 3. Il Procuratore generale, Dott.ssa Elisabetta Ceniccola, ha depositato requisitoria scritta, nella quale ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso, per la ritenuta tardività dell’impugnazione. Considerato in diritto 1. Si deve preliminarmente affermare la tempestività del ricorso, a mente del fatto che l’impugnazione è stata proposta durante il periodo feriale, sicché operava la sospensione dei termini processuali anche per la parte pubblica. Invero, l’ordinanza impugnata era stata comunicata al Pubblico ministero in data 20/7/2020 mediante deposito presso l’ufficio del Pm, ai sensi dell’articolo 153 c.p.p., comma 2. A decorrere da quella data, al Pm spettava il termine di quindici giorni per l’impugnazione, a tenore dell’articolo 585 c.p.p., comma 1, lett. a . Tale termine si è consumato soltanto per undici giorni prima della sospensione feriale, in quanto il ricorso è stato depositato nella Cancelleria del Tribunale di Vercelli in data 31/8/2020. Trova qui applicazione il criterio per cui la disciplina dei termini per proporre impugnazione contenuta nell’articolo 585 c.p.p., comma 2, lett. c , non contiene previsioni differenziate riguardanti la parte pubblica e quella privata, sicché entrambe si giovano della sospensione dei termini durante il periodo feriale Sez. 1, numero 12273 del 05/12/2013, dep. 2014, Ciaramella e altro, Rv. 262260 Sez. 6, numero 49523 del 13/09/2017, R., Rv. 271525 Sez. 5, numero 32014 del 15/03/2018, PG in proc. Della Medaglia, Rv. 273637 . 2. Ciò premesso, il ricorso è fondato nei termini di seguito illustrati. Il giudice dell’esecuzione ha rilevato che non vi erano stati errori colpevoli dei giudici della cognizione nella concessione dei due ulteriori benefici, poiché le due sentenze erano state emesse quasi contemporaneamente, sicché nessuna di esse risultava iscritta nel casellario giudiziale, e la seconda è divenuta irrevocabile prima della precedente. Ma tale affermazione non vale a respingere la richiesta di revoca avanzata dal Pubblico ministero ai sensi dell’articolo 164 c.p., comma 4, a seguito del verificarsi di cause ostative. Sul punto va rilevato che il tenore dell’articolo 168 c.p., comma 3, introdotto dalla L. 26 marzo 2001, numero 128, articolo 1, secondo cui la sospensione condizionale della pena è revocata quando è stata concessa in violazione dell’articolo 164, comma 4, in presenza di cause ostative , induce a ritenere che il rimedio revocatorio si imponga anche al cospetto dell’originaria legittimità formale del provvedimento - non sussistendo, al momento della sua adozione, la causa ostativa - ed in considerazione della violazione del precetto contenuto nell’articolo 164 c.p., comma 4, sebbene determinatasi ed accertata in epoca successiva. È stato osservato che la ratio della decisione risiede nella prevalenza del profilo di sostanziale illegittimità del progressivo formarsi dei diversi giudicati rispetto alla apparente conformità a norma, con riferimento alla situazione illo tempore esistente, della pronunzia con la quale è stata disposta la sospensione condizionale, e nel conseguente apprezzamento della funzione dello strumento revocatorio introdotto dal legislatore nel 2001, inteso a ripristinare la legalità e ad assicurare la complessiva coerenza del sistema così da evitare che la parallela promozione di autonomi procedimenti penali e lo sfalsamento dell’irrevocabilità dei relativi accertamenti si traducano nella frustrazione dell’obiettivo, chiaramente enunciato dal legislatore, di contenere entro i limiti indicati l’applicazione del beneficio ex articolo 163 c.p. Sez. 1, numero 906 del 09/10/2019, dep. 2020, PmT c/ Longo, Rv. 277971 Sez. 1, numero 998 del 05/11/2008, dep. 2009, Pm in proc. Ingenito, Rv. 242506 . Va dunque ribadito il principio di diritto per cui quando la sospensione condizionale della pena viene concessa oltre i limiti posti dall’articolo 164, comma 4, c.p., il giudice dell’esecuzione è tenuto a disporne la revoca ancorché al momento dell’adozione del beneficio per la terza volta solo una delle antecedenti condanne sia già divenuta definitiva e, pertanto, la causa ostativa sia effettivamente intervenuta in un momento successivo. 3. Per tali ragioni, l’impugnata ordinanza deve essere annullata, con rinvio al giudice dell’esecuzione del Tribunale di Vercelli, al fine di accertare la violazione dell’articolo 164 c.p., comma 4, e, all’esito, di adottare i provvedimenti conseguenti. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Vercelli.