Il disappunto del padre per la sua scelta religiosa non basta per la richiesta di protezione internazionale

Respinta definitivamente la richiesta di protezione presentata da un giovane straniero. Poco plausibile, secondo i Giudici, il racconto da lui fatto e finalizzato a certificare il pericolo di una persecuzione in ambito familiare per la sua adesione alla fede cristiana.

Scelta di fede non condivisa dal padre. Ciò può avere ripercussioni sul rapporto col giovane figlio, ma quest’ultimo non può utilizzare tale elemento per sostenere l’ipotesi della “persecuzione religiosa”. Respinta, di conseguenza, la “domanda di protezione” presentata all’approdo in Italia Cassazione, ordinanza numero 21612, sezione sesta civile, depositata oggi . Scelta di fede. Impossibile per lui, sostiene il giovane straniero, il ritorno in patria, perché lo esporrebbe a «persecuzioni da parte dei genitori per ragioni di fede religiosa». A sostegno di questa tesi egli sottolinea «l’opposizione del padre» alla sua scelta di aderire alla religione cristiana. Il quadro non è però ritenuto sufficiente, né in Tribunale né in Corte d’Appello, per riconoscere allo straniero «lo status di rifugiato» accogliendone «la domanda di protezione internazionale». E identico discorso viene fatto dai giudici sulla ipotesi della «protezione umanitaria». Su questa posizione si attesta anche la Cassazione, che respinge le ultime obiezioni proposte dall’avvocato dello straniero. Decisiva è, in sostanza, la scarsa «credibilità» del racconto fatto dall’uomo, racconto parso assai contraddittorio. Più precisamente, i Giudici ritengono «inverosimile che lo straniero possa essere perseguitato in patria dai genitori per ragioni religiose», poiché «egli ha sempre vissuto con la madre e il padre e ha sempre frequentato scuole cristiane». Di conseguenza, «anche un’ipotetica mancata approvazione da parte del padre» per la «fede religiosa» del figlio non può tradursi, secondo i magistrati del Palazzaccio, «in una persecuzione», poiché la scelta di fede «è maturata proprio nella scuola cristiana in cui lo avevano iscritto gli stessi genitori». Vulnerabilità. Per quanto concerne poi la domanda di «protezione umanitaria», poggiata dallo straniero sull’«impedimento all’esercizio della libertà democratica di praticare la propria religione», la risposta della Cassazione è nuovamente negativa. Anche in questo caso i Giudici condividono le valutazioni compiute in Appello. In sostanza, è evidente, proprio considerando il contesto familiare, che lo straniero non corra «il rischio di una grave violazione dei diritti umani» al ritorno in patria, compreso «il diritto di professare la propria religione». E in questa ottica le ulteriori caratteristiche manifestate dallo straniero, ossia «la giovane età, la mancanza di riferimenti familiari nel Paese d’origine e lo scarso inserimento nel mondo del lavoro», non possono comportare «una sua vulnerabilità».

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 5 giugno – 4 settembre 2018, numero 21612 Presidente Genovese – Relatore Valitutti Rilevato che Gi. Am. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza della Corte d'appello di Napoli numero 69/2018, depositata il 9 gennaio 2018, con la quale è stata confermata la decisione del Tribunale di Napoli del 15 dicembre 2016, che aveva rigettato la domanda di protezione internazionale, per il riconoscimento dello status di rifugiato, e le domande subordinate di protezione sussidiaria ed umanitaria, proposte dall'istante l'intimato Ministero dell'Interno non ha svolto attività difensiva Considerato che con il primo motivo di ricorso denunciando l'illogica e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all'articolo 360, primo comma, numero 5 cod. proc civ. il ricorrente lamenta che la Corte d'appello abbia del tutto contraddittoriamente affermato che il richiedente non sarebbe stato esposto a persecuzioni per ragioni di fede religiosa da parte dei genitori, in caso di ritorno in patria, sebbene la stessa Corte avesse «riscontrato l'opposizione del padre alla sua fede religiosa» Ritenuto che la riformulazione dell'articolo 360, primo comma, numero 5, cod. proc. civ., disposta dall'articolo 54 del d.l. 22 giugno 2012, numero 83, conv. in legge 7 agosto 2012, numero 134, debba essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall'articolo 12 delle preleggi, come riduzione al «minimo costituzionale» del sindacato di legittimità sulla motivazione pertanto, sia denunciabile in cassazione solo l'anomalia motivazionale che si tramuti in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sé, e che si esaurisce nella «mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico», nella «motivazione apparente», nel «contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili» e nella «motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile», esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di «sufficienza» della motivazione Cass. Sez. U., 07/04/2014, nnumero 8053 e 8054 Cass., 27/11/2014, numero 25216 Cass., 11/04/2017, numero 9253 Cass. Sez. U., 21/02/2017, numero 17619 in particolare, la censura sia inammissibile nella parte in cui il ricorrente denunci «l'errata, o illogica, e contraddittoria motivazione su un punto rilevante della controversia», tenuto conto della suddetta novella dell'articolo 360, comma 1, numero 5 cod. proc. civ. che ha escluso qualsiasi rilievo alla motivazione insufficiente e contraddittoria Cass. Sez. U., 07/04/2014, nnumero 8053 e 8054 Cass., 06/07/2015, numero 13928 Ritenuto che Nel caso concreto, la motivazione dell'impugnata sentenza non possa ritenersi affetta da siffatta anomalia motivazione costituzionalmente rilevante, essendosi la Corte territoriale limitata ad accertare la non credibilità del racconto dei fatti reso dal richiedente, poiché «caratterizzato da una contraddizione «interna»» il giudice di merito abbia, invero, considerato del tutto inverosimile che l'Am. possa essere perseguitato dai genitori per ragioni religiose, atteso che il medesimo ha sempre vissuto con gli stessi, e che ha sempre frequentato scuole cristiane, sicché anche un'ipotetica mancata approvazione, da parte, del padre, della fede religiosa del figlio, non avrebbe mai potuto tradursi in una «persecuzione», posto che tale fede era «maturata» proprio nella scuola cristiana nella quale gli stessi genitori lo avevano iscritto pertanto, il vizio denunciato non possa ritenersi sussistente Considerato che con il secondo motivo di ricorso denunciando la violazione e falsa applicazione degli articolo 5, comma 6, del D.Lgs. numero 286 del 1998, 2, 3, 8 e 10 Cost., nonché l'omessa motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all'articolo 360, primo comma, nnumero 3 r 5 cod. proc. civ. il ricorrente si duole del fatto che il giudice di appello abbia disatteso anche la domanda subordinata di protezione umanitaria, ex art, 5, comma 6, del D.Lgs. 25 luglio 1998, numero 286, laddove l'impedimento all'esercizio della libertà democratica di praticare la propria religione, in violazione dell'articolo 10, terzo comma, Cost., avrebbero dovuto giustificare l'accoglimento, quanto meno della domanda subordinata in parola Ritenuto che il diritto di asilo sia interamente attuato e regolato attraverso la previsione delle situazioni finali previste nei tre istituti costituiti dallo «status» di rifugiato, dalla protezione sussidiaria e dal diritto al rilascio di un permesso umanitario, ad opera della esaustiva normativa di cui al D.Lgs. numero 251 del 2007, ed all'articolo 5, comma 6, del D.Lgs. numero 286 del 1998, cosicché non v'è più alcun margine di residuale diretta applicazione del disposto di cui all'articolo 10, comma 3, Cost. Cass., 04/08/2016, numero 16362 le Commissioni territoriali siano espressamente tenute, quando non accolgano la domanda di protezione internazionale, a valutare, per i provvedimenti residuali di cui all'articolo 5, comma 6, cit., le conseguenze di un rimpatrio alla luce degli obblighi derivanti dalle convenzioni internazionali Cass. Sez. U., 28/02/2017, numero 5059 sotto tale profilo, il diritto alla protezione umanitaria non possa essere riconosciuto per il semplice fatto che lo straniero versi in non buone condizioni economiche o di salute, necessitando, invece, che tale condizione sia l'effetto della grave violazione dei diritti umani subita dal richiedente nel Paese di provenienza, in conformità al disposto degli articolo 2, 3 e 4 della CEDU Cass., 21/12/2016, numero 26641 Cass., 23/11/2017, numero 28015 nel caso concreto, la Corte d'appello abbia motivatamente escluso utilizzando il proprio potere d'indagine, come statuito da questa Corte Cass., 24/09/2012, numero 16221 che il ricorrente possa correre nel suo Paese il rischio di una grave violazione dei diritti umani, in essi compreso per le ragioni suesposte il diritto di professare la propria religione, e che la giovane età, la mancanza di riferimenti familiari nel Paese d'origine e lo scarso inserimento nel mondo del lavoro possano comportare una sua «vulnerabilità», ai sensi delle norme succitate alla stregua degli accertamenti di fatto operati dal giudice d'appello, debbano, pertanto, escludersi i presupposti per la concessione anche della misura residuale della protezione umanitaria Ritenuto che il ricorso per cassazione debba essere, di conseguenza, rigettato, senza alcuna statuizione sulle spese, attesa la mancata costituzione del Ministero dell'Interno nel presente giudizio. essendo stata la parte ammessa al gratuito patrocinio non si applichi l'articolo 13, comma 1 quater del D.P.R. numero 115 del 2002. P.Q.M. Rigetta il ricorso.