L’ordine di carcerazione è sospeso se il destinatario è minorenne al momento dell’esecuzione del reato, anche se ostativo se invece il condannato ha raggiunto nel frattempo la maggiore età non si applicano le cautele poste a tutela del minorenne.
Così si è espressa la Corte di Cassazione con sentenza numero 36039/18 depositata il 27 luglio. Il caso. È stato emesso un ordine di carcerazione nei confronti di una condannata riguardante un cumulo per reato compreso nell’elenco di cui all’articolo 656, comma 9, lettera a , c.p.p., ma commesso da minorenne delitto di furto in domicilio commesso da minorenne e per reato non ostativo alla sospensione dell’ordine di carcerazione commesso da maggiorenne delitto di tentativo di furto in domicilio . Avverso l’ordinanza del Tribunale ha proposto ricorso il Procuratore della Repubblica, deducendo l’illegittimità del provvedimento impugnato. Il divieto di sospensione. Il suddetto divieto di sospensione non trova applicazione nei confronti del soggetto che ha commesso il reato da minorenne poiché ne compromette il recupero, violando il principio costituzionale di protezione della gioventù. Ciò vale anche nel caso di condannato minorenne che al momento di inizio dell’esecuzione abbia raggiunto la maggiore età. Questo perché il raggiungimento della maggiore età non può considerarsi come confine tra l’esecuzione penale minorile e quella riservata agli adulti, infatti il tribunale per i minorenni e il magistrato di sorveglianza per i minorenni esercitano le loro funzioni anche quando i soggetti abbiano raggiunto la maggiore età, con il limite costituito dal compimento del 25esimo anno di età. Ma, nel caso di specie il divieto di sospensione dell’ordine di esecuzione non opera nei confronti della condannata, non per il compimento dei 25 anni di età, ma perché è interessata da un provvedimento di cumulo per reato commesso da maggiorenne e, in tale ipotesi, l’ordinamento penitenziario da applicarsi è quello previsto per gli adulti. Pertanto, la Suprema Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata.
Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 5 – 27 luglio 2018, numero 36039 Presidente Rocchi – Relatore Santalucia Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Vercelli, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha dichiarato la temporanea inefficacia dell’ordine di esecuzione emesso nei confronti di D.I. per l’espiazione della pena complessiva di anni 1, mesi 6 e giorni 10 di reclusione ed Euro 750,00 di multa. Ha premesso che il provvedimento di cumulo delle pene riguarda una condanna per il delitto di furto in domicilio commesso da minorenne, per il quale è stata irrogata la pena di anni 1 di reclusione ed Euro 350,00 di multa, e altra condanna per il delitto di tentativo di furto in domicilio, per il quale è stata irrogata la pena di mesi 8 di reclusione ed Euro 400,00 di multa. L’ordine di carcerazione concerne pertanto un cumulo per reato compreso nell’elenco di cui all’articolo 656, comma 9, lett. a cod. proc. penumero , ma commesso da minorenne, e per reato non ostativo alla sospensione dell’ordine di carcerazione commesso da maggiorenne. La Corte costituzionale, con sentenza numero 90 del 2017, ha dichiarato l’illegittimità dell’articolo 656, comma 9, lett. a , cod. proc. penumero , nella parte in cui non consente la sospensione dell’esecuzione della pena nei confronti dei minorenni condannati per i delitti ivi indicati, sicché deve dichiararsi la temporanea inefficacia dell’ordine. 2. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Vercelli, che ha dedotto l’illegittimità del provvedimento impugnato. L’ordine di carcerazione resta sospeso, anche in presenza di un reato ostativo, solo se il destinatario è ancora minorenne al momento dell’esecuzione se, invece il condannato ha raggiunto nel frattempo la maggiore età, non trovano giustificazione le cautele poste a tutela del minorenne. La sentenza numero 90 del 2017 della Corte costituzionale, che ha dichiarato l’illegittimità in parte qua dell’articolo 656, comma 9, lett. a cod. proc. penumero non è applicabile al caso di specie. 3. Il Procuratore generale, intervenuto con requisitoria scritta, ha chiesto l’annullamento senza rinvio. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato, ma per ragioni diverse da quelle in esso indicate. La Corte costituzionale, con la sentenza numero 90 del 2017, ha dichiarato l’illegittimità della dell’articolo 656, comma 9, lett. a , cod. proc. penumero , nella parte in cui non consente la sospensione dell’esecuzione della pena detentiva nei confronti dei minorenni condannati per i delitti ivi elencati. L’indiscriminato divieto di sospensione, infatti, siccome introduce un automatismo fondato sulla presunzione di pericolosità in ragione del titolo di reato per il quale è intervenuta condanna, impedisce la valutazione del caso concreto e delle specifiche esigenze del minore. Esso quindi non può trovare applicazione nei confronti del soggetto che ha commesso il reato da minorenne, perché ne compromette il recupero, violando il principio costituzionale di protezione della gioventù. Questa stessa esigenza si riscontra anche nei casi di condannato minorenne che al momento di inizio dell’esecuzione abbia raggiunto la maggiore età. Si consideri che il raggiungimento della maggiore età non è lo spartiacque tra l’esecuzione penale minorile e quella riservata agli adulti, dato che ai sensi dell’articolo 3 d.P.R. numero 448 del 1988 il tribunale per i minorenni e il magistrato di sorveglianza per i minorenni esercitano le attribuzioni della magistratura di sorveglianza nei confronti dei minorenni pur quando abbiano successivamente raggiunto la maggiore età, con il limite costituito dal compimento del venticinquesimo anno di età. La disposizione, nel regolare il riparto di competenza con i corrispondenti organi della giurisdizione ordinaria, segna anche l’ambito applicativo dello statuto penitenziario dei minorenni, riconoscendo quindi ad esso una sorta di ultrattività rispetto al raggiungimento della maggiore età. L’esigenza educativa, del resto, si soddisfa mediante un percorso trattamentale che non può interrompersi bruscamente al momento del passaggio all’età adulta e che deve poter proseguire secondo le regole e nel rispetto dei principi che informano alcune significative deroghe all’assetto esecutivo e penitenziario ordinario costruite in favore dei minorenni, pena altrimenti la seria compromissione delle finalità sottese. Con questa premessa è agevole concludere che il divieto di sospensione dell’ordine di esecuzione deve operare anche in favore degli autori dei reati minorenni che non siano più tali durante la fase esecutiva, con il solo limite temporale del venticinquesimo anno di età. 2. Nonostante quanto ora precisato, il divieto di sospensione dell’ordine di esecuzione non opera nel caso in esame, e non già perché la condannata D.I. abbia venticinque anni, nulla risultando sulla sua età. Ella è però interessata da un provvedimento di cumulo per reato commesso da maggiorenne, e in questa situazione la giurisprudenza di legittimità ha più volte chiarito che l’ordinamento penitenziario da applicarsi è quello delineato sull’adulto. Si è così stabilito che spetta al tribunale di sorveglianza ordinario, e non al tribunale per i minorenni in funzione di tribunale di sorveglianza, la competenza a decidere sull’istanza di detenzione domiciliare proposta dal condannato che debba espiare una pena cumulata per delitti commessi in età minore e per delitti commessi dopo il raggiungimento della maggiore età, a nulla rilevando che il predetto non abbia ancora compiuto i venticinque anni d’età - Sez. 1, numero 7235 del 15/12/2017, dep. 2018, T., Rv 272410 - e che compete al magistrato di sorveglianza ordinario, e non al magistrato di sorveglianza per i minorenni, la decisione sull’istanza di detenzione domiciliare proposta dal condannato che debba espiare una pena cumulata per delitti commessi in età minore e per delitti commessi dopo il raggiungimento della maggiore età, non rilevando la mancanza di un provvedimento di unificazione di pene concorrenti da parte del pubblico ministero ordinario - Sez. 1, numero 26156 del 20/06/2012, Bisa, Rv 253089 -. Le decisioni appena richiamate non si limitano a risolvere un problema di competenza, perché dall’attribuzione all’una o all’altra delle diverse autorità giudiziaria dipende anche l’individuazione del regime normativo applicabile. Esse risolvono quindi, nel silenzio legislativo, una questione di particolare rilevanza, ossia di quale sia la disciplina per il caso di esecuzione per così dire mista, avente cioè ad oggetto una condanna per reato commesso da minorenne ed una condanna per reato commesso da maggiorenne. La soluzione è che prevale la disciplina propria dei condannati adulti, sul presupposto che le esigenze di protezione del minore sono recessive ove questi abbia riportato altra condanna per altro reato commesso da maggiorenne. Per le ragioni appena dette l’ordinanza impugnata deve essere annullata senza rinvio, con comunicazione al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Vercelli. P.Q.M. Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata. Si comunichi al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Vercelli. In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell’articolo 52 d. lgs. 196/03 in quanto imposto dalla legge.