Confermata la condanna per il medico di un pronto soccorso che aveva rifiutato l’accettazione di una paziente cardiopatica giunta in codice rosso per acuta dispnea, affermando che il servizio di radiologia era fuori servizio. Un tempestivo accertamento delle condizioni della donna, anche a prescindere dalle verifiche radiologiche, avrebbe potuto salvarle la vita.
Con la sentenza numero 24163/18, depositata il 29 maggio, la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dal medico di un pronto soccorso siciliano che era stato condannato per rifiuto di atti d’ufficio articolo 328, comma 1, c.p. per aver indebitamente rifiutato l’accettazione di una paziente cardiopatica trasportata in ospedale in codice rosso per acuta dispnea e successivamente deceduta. Il medico, asserendo che la radiodiagnostica era fuori servizio, aveva infatti completamente omesso gli accertamenti previsti dal protocollo diagnostico-terapeutico per tali ipotesi. Nessuna giustificazione. Il medico ha inutilmente tentato la strada del ricorso per cassazione affermando che, come risultava anche dalla documentazione prodotta in giudizio, la Direzione sanitaria lo aveva sollevato dalla scelta di attuare o meno il protocollo di Pronto soccorso disponendo il trasferimento dei pazienti più gravi presso l’ospedale di una vicina cittadina posto che il perdurante guasto al servizio di radiologia non avrebbe garantito un soccorso adeguato in tali situazioni. Afferma inoltre il ricorrente che la circostanza della riattivazione del servizio qualche minuto più tardi non poteva essere decisiva ai fini del giudizio posto che egli non poteva prevederlo al momento dell’arrivo della paziente al pronto soccorso. Gli Ermellini “smontano” le censure proposte dal medico evidenziando che il giorno dell’evento presso l’ospedale in questione era prevista un’interruzione programmata del reparto di radiologia per un arco complessivo di 3 ore, circostanza che dunque non poteva essere ignorata dal medico. Resta inoltre indubbio che la paziente era giunta al pronto soccorso solo 10 minuti prima della ripresa del servizio. Risulta dunque ingiustificato il rifiuto di prestare soccorso alla paziente, anche in relazione all’essenzialità del servizio in relazione ad altri accertamenti che avrebbero comunque potuto essere svolti a prescindere dal controllo radiologico. L’aver dirottato la paziente presso altro ospedale, secondo le invocate disposizioni della Direzione sanitaria di cui peraltro, sottolinea il Collegio, non vi è traccia nel provvedimento impugnato viene infine definito dalla Corte come comportamento pretestuoso «in costanza dell’indiscussa urgenza dell’intervento richiesto dal 118 relazione ad un paziente in “codice rosso”». In conclusione, la Corte dichiara inammissibile il ricorso con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 13 aprile – 29 maggio 2018, numero 24163 Presidente Rotundo – Relatore Capozzi Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Messina, a seguito di gravame interposto dall'imputato Gi. SF. avverso la sentenza emessa il 28.10.2015 dal Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, ha confermato la decisione con la quale il predetto è stato riconosciuto responsabile del reato di cui all'articolo 328 comma 1 cod. penumero e condannato a pena di giustizia perché quale medico in servizio presso il pronto soccorso dell'Ospedale Fogliani di Milazzo, indebitamente rifiutava un atto del proprio ufficio che per ragioni di sanità doveva essere compiuto senza ritardo, in particolare, asserendo che la radiodiagnostica non funzionava, rifiutava l'accettazione di Rizzo Caterina, che era stata trasportata presso il Pronto Soccorso sull'autoambulanza del 118 in codice rosso con patologia cardiologica e affetta da dispnea severa, omettendo dunque, di mettere in atto il protocollo diagnostico-terapeutico previsto per l'approccio ai pazienti in dispnea valutazione delle condizioni dell'apparto cardio-circolatorio, valutazione dei parametri vitali della paziente, approfondimenti strumentali . 2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'imputato che, con atto del difensore, deduce 2.1.violazione dell'articolo 59 cod. penumero e vizio della motivazione a riguardo della sussistenza della scriminante in questione - reale o putativa - in relazione alla circostanza - documentalmente emergente in atti - secondo la quale la Direzione sanitaria aveva sollevato il medico dalla scelta di attuare o meno il protocollo di Pronto soccorso presso l'ospedale di Milazzo, optando di dirottare tutti i pazienti in codice rosso presso il nosocomio della vicina Barcellona P.G., poiché il guasto perdurante del servizio di radiologia avrebbe reso impossibile o inadeguato il soccorso ai pazienti più gravi. Inoltre, del tutto illogica è l'affermazione della sentenza in ordine alla riattivazione del servizio alle 15,30, della quale il ricorrente non sapeva nel precedente momento in cui la paziente era giunta al pronto soccorso. Ancora, alcuna colpa può essere ascritta all'imputato in relazione alla mancata attuazione del protocollo generale di intervento rispetto alle condizioni disperate della paziente che sarebbe ugualmente deceduta e manifestamente illogica è la sentenza sul punto in relazione alla circostanza secondo la quale l'attuazione del protocollo prevede anche l'esecuzione dell'ECG , che presuppone il funzionamento del servizio di radiologia. Il ricorrente non ha pretestuosamente fatto leva sul disservizio del reparto di radiologia per dirottare altrove la paziente, ma operato una scelta più adeguata alla sua assistenza. 2.2. violazione dell'articolo 328 cod. penumero e vizio della motivazione in relazione al rifiuto indebito di atti di ufficio, dovendosi tenere conto della valutazione discrezionale d'ordine tecnico demandata all'operatore sanitario rispetto all'adempimento richiesto. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile. 2. Al di là dei formali motivi proposti, il ricorrente - con il primo di essi - fa leva su una questione di fatto - le disposizioni della Direzione sanitaria dell'Ospedale di Milazzo - di cui, peraltro, non v'è traccia nel provvedimento impugnato, dal quale risulta soltanto una programmata interruzione del reparto di radiologia tra le ore 12,30 e le 15,30, risultando la paziente pervenuta al Pronto soccorso alle ore 15,20. Inoltre, ineccepibile è la considerazione secondo la quale il rifiuto di prestare soccorso alla paziente in codice rosso risultava ingiustificato sia in relazione al previsto rispristino - di li a poco - del servizio di radiologia, come pure alla essenzialità di detto servizio, rispetto ad una serie di accertamenti che potevano prescindere da esso. 3. Il secondo motivo costituisce generica deduzione in fatto, avente ad oggetto questione neanche sottoposta al Giudice di merito, in costanza della indiscussa urgenza dell'intervento richiesto dal 118 relativo ad un paziente in codice rosso , invece, dirottato pretestuosamente ad altro ospedale. 4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma che si stima equo determinare in Euro duemila in favore della cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della cassa delle ammende.