Il promotore finanziario scappa coi soldi del risparmiatore? Ne risponde la banca

Il fatto che il cliente abbia pagato in contanti non può costituire un addebito di colpa concorrente a suo carico.

In materia di intermediazione finanziaria sussiste la responsabilità solidale dell’intermediario, in caso di appropriazione indebita da parte del promotore finanziario di somme del cliente, anche se quest’ultimo ha pagato in contanti. E’ il principio espresso dalla Corte di Cassazione con la sentenza numero 24004 del 16 novembre. La fattispecie. Dopo aver sottoscritto alcuni moduli relativi a vari fondi e aver versato un consistente importo a un promotore finanziario di un noto gruppo bancario, un risparmiatore scopre che la banca non ha mai ricevuto quei soldi si rivolge, quindi, al Tribunale per ottenere la restituzione della somma versata. La Banca, condannata in primo e secondo grado, propone ricorso per cassazione. Il cliente ha pagato in contanti, ma ciò non costituisce un concorso di colpa. La banca censura la sentenza impugnata per non aver accolto la richiesta di riduzione del risarcimento, in relazione a un ipotetico concorso di colpa del risparmiatore sostiene, in particolare, che quest’ultimo ha pagato il promotore in contanti, con ciò contravvenendo alle disposizioni contenute nei moduli di sottoscrizione dei fondi. La normativa mira a rafforzare la garanzia del risparmiatore, non a imporgli un onere di diligenza. La censura, però, non coglie nel segno, perché la normativa in esame, ha una ratio precisa essa, infatti, mira a rafforzare la garanzia del risparmiatore, imponendo ai promotori di seguire determinate regole, tra cui appunto quella di non poter ricevere pagamenti in contanti. In proposito la S.C. osserva che non è possibile trasformare quelle regole «da obbligo di comportamento del promotore in un onere di diligenza gravante sul risparmiatore, il cui mancato assolvimento si tradurrebbe in un addebito di colpa concorrente». Il divieto di pagare in contanti costituisce un obbligo di comportamento per il promotore ed è teso a responsabilizzare l’intermediario. Se così fosse si finirebbe per stravolgere il senso della normativa stessa, concedendo alla banca la possibilità di scaricare sul risparmiatore le conseguenze negative derivanti dalla violazione delle regole in esame che, invece, sono finalizzate, come detto, «a responsabilizzare l’intermediario in relazione ai comportamenti, anche illeciti» dei suoi promotori, che egli medesimo sceglie «e della cui opera si avvale per il perseguimento dei suoi interessi imprenditoriali». Sussiste la responsabilità solidale della banca. Insomma, secondo giurisprudenza ormai pacifica, in caso di appropriazione indebita di somme dei risparmiatori, da parte del promotore finanziario, l’intermediario è responsabile in via solidale anche se i pagamenti sono stati effettuati in contanti.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 4 ottobre – 16 novembre 2011, numero 24004 Presidente Trifone – Relatore Carleo Svolgimento del processo Con citazione notificata in data 4 marzo 1999 R.M. esponeva di aver firmato alcuni moduli relativi a vari fondi e di aver versato a C.A., promotore finanziario del gruppo Mediolanum Spa, la somma di L.325.000.000 di aver successivamente appreso dalla suddetta società che il denaro non le era mai pervenuto e che riteneva quindi di non dovergli nulla. Ciò premesso, conveniva in giudizio la Banca Mediolanum ed Costanza chiedendone la condanna in solido al pagamento della somma su indicata oltre interessi e rivalutazione. In esito al giudizio in cui si costituiva la sola Mediolanum il Tribunale di Avellino accoglieva integralmente la domanda attrice. Avverso tale decisione l'istituto bancario proponeva appello ed in esito al giudizio, in cui si costituiva il R., la Corte di Appello di Napoli con sentenza depositata in data 4 settembre 2008 in parziale riforma della sentenza condannava la Banca al pagamento della somma di Euro 167.848,50, oltre rivalutazione ed interessi, condannava il C. a tenere indenne la Banca rispetto agli importi da versare, provvedeva infine al governo delle spese. Avverso la detta sentenza la Mediolanum ha quindi proposto ricorso per cassazione articolato in un unico motivo, illustrato da memoria. Resiste con controricorso il R Motivi della decisione L'unica doglianza, svolta dalla ricorrente, viene articolata sotto il profilo della violazione e/o falsa applicazione degli articolo 1227 e 2056 co. 1 cc e si fonda sulla considerazione che i giudici di Appello sarebbero incorsi in errore allorché hanno negato la riduzione del risarcimento dei danni subiti dal sig. R. ai sensi degli articolo 1227 e 2056 cc , trascurando che le somme per cui era causa erano state consegnate al promotore finanziario in contanti. E ciò, in violazione delle disposizioni contenute a pag. 2 dei moduli di sottoscrizione dei fondi omissis e xxxx e a pag. 3 del modulo di sottoscrizione Azionari , le quali prevedevano espressamente che non erano ammessi pagamenti in contanti. La censura è infondata. A riguardo, giova sottolineare che questa Corte con indirizzo ormai consolidato ha avuto modo di affermare che le disposizioni regolamentari che la Consob è stata chiamata a dettare, in base al disposto della L. 2 gennaio 1991, numero 1, articolo 5, comma 8, D.Lgs. 23 luglio 1996, numero 415, articolo 23, comma 6, e D.Lgs. 24 febbraio 1998, numero 58, articolo 31, in ordine alle regole che i promotori devono osservare nel riceversi somme di denaro dai loro clienti, sono dirette a porre obblighi di comportamento in capo al promotore e traggono la propria fonte da prescrizioni di legge, come quelle citate, espressamente volte a tutelare gli interessi del risparmiatore. Né il fatto che una corrispondente previsione sia eventualmente inserita nei moduli sottoscritti dal cliente può mutare la funzione di quelle regole e trasformarle, da obbligo di comportamento del promotore in un onere di diligenza gravante sul risparmiatore, il cui mancato assolvimento si risolva in un addebito di colpa concorrente a suo carico, ad onta del danno provocato dall'altrui atto illecito. Ed invero, ove si ammettesse la possibilità per l'intermediario di scaricare in tutto o in parte sull'investitore il rischio della violazione di regole di comportamento gravanti sui promotori, si finirebbe evidentemente per vanificare lo scopo della normativa che mira invece proprio a responsabilizzare l'intermediario per siffatti comportamenti del promotore. Se dunque la ratio legis è quella di rafforzare la garanzia del risparmiatore, si deve ritenere conclusivamente che il meccanismo normativo mira a responsabilizzare l'intermediario in relazione ai comportamenti, anche illeciti, dei soggetti -quali i promotori - che egli medesimo sceglie, della cui opera si avvale per il perseguimento dei suoi interessi imprenditoriali. Ciò, fatta salva l'ipotesi, non ricorrente nella specie, in cui l'intermediario provi che vi sia stata, se non addirittura collusione, quanto meno una consapevole e fattiva acquiescenza del cliente alla violazione, da parte del promotore, di regole di condotta su lui gravanti confr. Cass. civ. numero 8229 del 2006, numero 29773 del 2008 e numero 17393 del 2009 . Giova aggiungere che il riportato orientamento è stato ribadito assai recentemente da questa Corte, la quale ha affermato il principio, secondo cui In tema di intermediazione finanziaria la mera circostanza che il cliente abbia consegnato al promotore somme di denaro con modalità difformi da quelle con cui quest'ultimo sarebbe stato legittimato a riceverle non esclude, in caso di indebita appropriazione di tali somme da parte del promotore, la responsabilità solidale dell'intermediario preponente per il fatto illecito commesso dal promotore, né - in mancanza di ulteriori elementi - può costituire da sola concausa del danno subito dall'investitore ovvero fatto idoneo a ridurre l'ammontare del risarcimento, ai sensi dell'articolo 1227, rispettivamente commi primo e secondo, cod. civ. Cass. numero 1741/2011 . Considerato che la sentenza impugnata appare in linea con il principio richiamato, ne consegue che il ricorso per cassazione in esame, siccome infondato, deve essere rigettato. Al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente alla rifusione delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese processuali che liquida in Euro 3.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge.