Nessun rapporto di lavoro stabile? L’impresa risponde comunque

In tema di responsabilità civile dell’impresa per fatto del proprio dipendente, per la sussistenza di tale responsabilità ai sensi dell’art. 2049 c.c., non è necessario che le persone che si sono rese responsabili dell’illecito siano legate all’imprenditore da uno stabile rapporto di lavoro subordinato, ma è sufficiente che le stesse siano inserite, anche se temporaneamente ed occasionalmente, nell’organizzazione aziendale, ed abbiano agito, in questo contesto, per conto e sotto la vigilanza dell’imprenditore.

E’ sufficiente, in altri termini, un rapporto di occasionalità necessaria, nel senso che l’incombenza disimpegnata abbia determinato una situazione tale da agevolare o rendere possibile il fatto illecito e l’evento dannoso, anche se l’agente abbia operato oltre i limiti delle sue incombenze, purchè sempre nell’ambito dell’incarico affidatogli. Lo ha stabilito la Quinta sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 32462, depositata il 25 luglio 2013. Il caso. La vicenda in esame prende le mosse da una fattispecie di reato di lesioni gravi, di cui è stata riconosciuta responsabile l’assistente sanitaria di una casa di riposo per anziani. La donna spinse violentemente un’anziana ricoverata, procurandole la frattura del femore, giudicata guaribile in oltre quaranta giorni. Nel ricorso per cassazione, l’imputata ha invano tentato di sottoporre alla Suprema Corte la rilettura del quadro probatorio, atteso che il fatto avvenne alla presenza di altri componenti del personale della casa di riposo. Proprio tali testimoni – secondo la prospettazione del difensore dell’imputata – avrebbero dovuto essere ascoltati, in quanto prova decisiva. La disciplina dei danni arrecati dai dipendenti. La sentenza in commento fa proprio l’orientamento giurisprudenziale in base al quale, sotto il profilo del nesso causale, non è necessario che il fatto illecito del dipendente sia posto in essere in presenza di uno stabile rapporto di lavoro subordinato, essendo sufficiente la sussistenza di un semplice nesso di c.d. occasionalità necessaria fra il fatto illecito e l’incarico svolto. Con la decisione in commento, la quinta sezione della Suprema Corte stabilisce definitivamente che deve ritenersi sicuramente operante il principio di diritto che estende la responsabilità dell’imprenditore, per fatto dei suoi dipendenti, anche ai casi in cui l’evento dannoso sia dipeso da una condotta del dipendente che, ancorchè illegittima, possa considerarsi legata, in virtù del citato nesso di occasionalità necessaria, all’incarico d’impresa cui lo stesso dipendente appartiene. E nel caso di dipendenti della P.A.? La responsabilitàdei dipendenti pubblici trova fondamento nell’art. 28 Cost., che testualmente dispone che i funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici. Se dunque la condotta del dipendente pubblico avviene in violazione di diritti , e segnatamente del principio dell’ alterum non laedere , essa è idonea a cagionare un danno ingiusto. Pertanto, non èdato dubitare della diretta responsabilitàdel soggetto materialmente responsabile del danneggiamento, per il pregiudizio derivato dalla condotta posta in essere. In ordine alla responsabilità dell’Ente pubblico, va rammentato che, secondo la giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione, occorre legare il fondamento della responsabilità della pubblica amministrazione al rapporto di immedesimazione organica, che intercorre fra la persona fisica, che ha concretamente cagionato al terzo il danno ingiusto, e l’Amministrazione, per la quale l’attività del funzionario o del dipendente possa essere considerata, in virtù del rapporto c.d. organico, esplicazione dell’attività istituzionale ex multis , Cass. n. 2089/2008 . Secondo il costante insegnamento della Suprema Corte, peraltro, l’estensione allo Stato della responsabilità verso i terzi, per gli atti compiuti dai funzionari e dipendenti, non richiede il dolo o la colpa dell’Ente pubblico, trattandosi di responsabilità indiretta, per fatto altrui, prevista a tutela dei terzi in base a principi analoghi a quelli che regolano la responsabilità oggettiva per rischio di impresa, posta a carico dei privati dall'art. 2049 cod. civ. Cass. n. 18184/2007 in altri termini, cuius comoda, eius incommoda . L’Amministrazione, pertanto, non può esimersi dalla responsabilità dimostrando l’assenza di colpa nella scelta del funzionario o del dipendente culpa in eligendo , o nella vigilanza sul suo operato culpa in vigilando .

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 22 marzo 25 luglio 2013, n. 32462 Presidente Ferrua – Relatore Bevere Fatto e diritto Con sentenza 5.10.2011, la Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza 30.4.2010 del tribunale della stessa sede con la quale B.B.M.A.W. , con mansioni di assistente per anziani, nella casa di riposo omissis , gestita dalla Immobiliare Abete srl, è stata condannata,previa concessione delle attenuanti generiche equivalenti, alla pena di 1 anno e 6 mesi di reclusione e, in solido con il responsabile civile Immobiliare Abete srl, al risarcimento dei danni e alla rifusione delle spese in favore della parte civile,con concessione di una provvisionale di Euro 25.000, perché ritenuta responsabile del reato di lesioni, ex artt. 582 e 583 n. 1 c.p., perché il , colpendo volontariamente, con una violenta spinta Br.Ce.Gi. , ricoverata nella suddetta casa di riposo, cagionava alla medesima lesioni personali frattura petrocanterica del femore sinistro , guaribili in oltre quaranta giorni. Il difensore dell'imputata ha presentato ricorso per i seguenti motivi 1. mancata assunzione di prova decisiva la teste di cui è stata chiesta l'assunzione era in grado di chiarire la personalità della principale teste di accusa Be. e la credibilità della sue dichiarazioni 2. violazione di legge e vizio di motivazione, in riferimento alla mancata rilevanza delle condizioni fisiche della persona offesa, di cui risultano non solo le precarie condizioni fisiche dovute all'età, ma anche gli effetti vertigini, sonnolenza, diminuzione del tono muscolare, visione doppia derivati dalle dosi anche elevate di medicinali, assunti giornalmente per limitare gli effetti della sua psichica situazione patologica. Non è stato dato il dovuto rilievo all'astio che la principale teste di accusa, Be. , nutriva nei confronti dell'imputata in particolare la teste K. ha riferito che la teste, durante un litigio con la Be. , disse mi vendicherò. Nell'interesse del responsabile civile Immobiliare Abete srl,incorporata in Immobiliare Maiora srl, è stato presentato ricorso per i seguenti motivi a violazione di legge in riferimento all'art. 192 cpp e 582 c.p. la responsabilità per il fatto di cui al capo di imputazione è smentita da prove dichiarative e documentali aventi superiore forza persuasiva b violazione di legge, in riferimento all'art. 2049 c.c. la Immobiliare Abete era proprietaria dello stabile e l'imputata era dipendente di una cooperativa che gestiva la casa di riposo OMISSIS non vi era quindi alcun rapporto della donna con l'impresa proprietaria dell'immobile c violazione di legge in riferimento agli artt. 2043 e 2696 c.c. la provvisionale è scissa da qualsiasi valutazione oggettiva e il danno non trova alcuna specificazione. I ricorsi non meritano accoglimento, in quanto i motivi propongono in chiave critica, valutazioni fattuali, sprovviste di specifici e persuasivi addentellati storici, nonché prive di qualsiasi coerenza logica, idonea a soverchiante e a infrangere la lineare razionalità, che ha guidato le conclusioni della corte di merito. Con esse, in realtà, i ricorrenti pretendono la rilettura del quadro probatorio e, contestualmente, il sostanziale riesame nel merito. Questa pretesa è tanto più ingiustificato nel caso dell'impugnata sentenza la struttura razionale della motivazione facendo proprie le analisi fattuali e le valutazioni logico-giuridiche della sentenza di primo grado ha determinato un organico e inscindibile accertamento giudiziale, avente una sua chiara e puntuale coerenza argomentativa, che è saldamente ancorata agli inequivoci risultati dell'istruttoria dibattimentale,alla luce dei quali è emerso che 1. la Br. entrata nella stanza in cui l'imputata e la teste Be. entrambe assistenti della casa di riposo, in quel momento impegnate nell'accudire un ricoverato , per chiedere insistentemente un medicinale era stata presa per la nuca dalla Bo. e lanciata fuori dal locale, cadendo sul pavimento teste Be. 2. era intervenuto il medico dr R. che, sollecitato dal giudice di primo grado, ha ammesso che la Br. , mentre veniva soccorsa, aveva detto mi ha spinto, mi ha spinto 3. Ma Ro. , fisioterapista presso OMISSIS , ha dichiarato che la Be. gli confidò l'accaduto e che egli le consigliò di riferire il fatto alla figlia, S V. 4. le precise dichiarazioni accusatorie della teste hanno trovato conferma grazie alle parole,pronunciate dalla persona offesa, in quello stesso giorno, prima alla presenza del R. e poi, in ospedale, alla presenza della V. , M. , la nera, mi ha spinto . Alla luce di questi dati storici sull'atto di violenza dell'imputata, ricostruito con prove dichiarative pienamente convergenti e confermate dalla documentazione sanitaria, perdono consistenza la forza persuasiva della tesi alternativa prospettata dalla difesa la Br. , invitata ad uscire, era accidentalmente caduta,andando ad urtare contro la porta della stanza , la rilevanza dello stato patologico della vittima qualunque sia stata la carenza cognitiva e mnemonica della donna e qualunque sia stata la terapia da poco somministrata,risulta accertato inequivocabilmente che all'origine delle caduta e delle gravi lesioni vi è stata la spinta impressa dalla B. . la rilevanza della richiesta di accertamenti sulla personalità e sul rancore della principale teste di accusa risulta ai giudici di merito che la Be. laureata in odontoiatria e attualmente svolgente la professione di dentista non ha alcun motivo di rancore verso l'imputata,in quanto,essendo stata beneficiata dal silenzio della B. , su un proprio irrituale comportamento nei confronti di un ricoverato, secondo la logica, dovrebbe avere un motivo di riconoscenza e non di rancore verso la predetta B. . Quanto alla responsabilità civile della Immobiliare Abete srl, ex art. 2049 c.c., i giudici di merito hanno accertato che a dalla visura storica della CCIAA di Milano emerge che all'epoca dei fatti la società gestiva la casa di riposo per anziani OMISSIS , gestione iniziata il XXXXXXX e cessata il XXXXXXX b la Br. aveva versato nell'anno 2006 elevate somme all'impresa, per il soggiorno presso la Immobiliare Abete srl e per prestazioni sanitarie c solo successivamente alla data dell'incidente verificatosi il XXXXXXX la società,il 29.9.06, affittò l'azienda alla Med Services Società Cooperativa Sociale d l'assistente B.B.M. , quando ha commesso il fatto, era, al pari di tutto il personale, sotto il potere di direzione, controllo e organizzazione dell'Abete Immobiliare. Ne deriva che, nonostante l'assenza di regolare contratto di lavoro a tempo determinato o indeterminato con il personale medico,ausiliario ed infermieristico utilizzato, la Immobiliare Abete deve esser ritenuta responsabile civilmente delle lesioni cagionate direttamente dalla B. , in base al condivisibile e consolidato orientamento interpretativo dell'art. 2049 eccitato dai giudici] di merito secondo cui per la sussistenza della responsabilità dell'imprenditore ai sensi dell'art. 2049 cod. civ. non è necessario che le persone che si sono rese responsabili dell'illecito siano legate all'imprenditore da uno stabile rapporto di lavoro subordinato, ma è sufficiente che le stesse siano inserite, anche se temporaneamente od occasionalmente, nell'organizzazione aziendale, ed abbiano agito, in questo contesto, per conto e sotto la vigilanza dell'imprenditore. È quindi rilevante, per il detto fine, un rapporto di occasionalità necessaria, nel senso che l'incombenza disimpegnata abbia determinato una situazione tale da agevolare o rendere possibile il fatto illecito e l'evento dannoso, anche se l'agente abbia operato oltre i limiti delle sue incombenze, purché sempre nell'ambito dell'incarico affidatogli, così da non configurare una condotta del tutto estranea al rapporto di lavoro sez. 3 n. 21685 del 9.11.05, rv 584441 id. n. 1516 del 24.1.07, rv 594385 . Quanto alle critiche alla base fattuale delle decisioni sul risarcimento del danno e sulla concessione di una provvisionale, il ricorrente non ha preso atto che il primo giudice ha rilevato che a la Br. poi deceduta nel XXXX ha subito un danno morale per le sofferenze conseguenti alla caduta, nonché un danno biologico, dopo l'intervento chirurgico, in quanto non ha più ripreso a camminare autonomamente e ha subito un conseguente decadimento ulteriore delle sue condizioni generali b la figlia V.S. , parte civile, ha subito danno patrimoniale per le spese che ha affrontato per soccorrere la madre,e un danno morale derivato dai mutati rapporti con la genitrice, sottoposta a tanta sofferenza. I ricorsi vanno quindi rigettati, con condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.