Se vi è esercizio di attività discrezionali nel perseguimento di interessi pubblici la giurisdizione è del giudice amministrativo

Qualora l’assunzione di personale avviene mediante l’esercizio di un’attività discrezionale delle amministrazioni locali senza poter determinare a priori una preventiva copertura finanziaria è configurabile in capo al comune un interesse legittimo e non un diritto soggettivo.

Lo affermano le Sezioni Unite Civili della Cassazione con la sentenza n. 17932 del 24 luglio 2013. La vicenda. Un comune citava in giudizio la Regione Siciliana e un assessorato regionale, domandandone la condanna al risarcimento del danno per responsabilità extracontrattuale ai sensi dell’art. 2043 c.c. In particolare l’ente comunale chiedeva il risarcimento per il pregiudizio subito in seguito all’aumento della pianta organica dei propri dipendenti, disposto allo scopo di far fronte ai servizi scolastici che il comune aveva dovuto approntare per rispettare le leggi regionali n. 22 del 1991 e n. 25 del 1993. L’ente comunale sosteneva, peraltro, di avere richiesto all’amministrazione regionale il rimborso della suddetta spesa, rimborso derivante da una situazione di aspettativa di diritto soggettivo. La Regione eccepiva tuttavia il proprio difetto di legittimazione passiva, mentre l'assessorato contestava il difetto di giurisdizione e l’infondatezza della domanda ritenendo non configurabile il diritto sostenuto dal comune, affermando la ragione della natura discrezionale dei provvedimenti oggetto della controversia. Diritto soggettivo o interesse legittimo? Il giudice di prime cure dichiarava la carenza di legittimazione della Regione e accoglieva la domanda proposta dall’ente comunale sostenendo che si trattava di una situazione di diritto soggettivo. Nondimeno, nel successivo giudizio di appello la Corte di appello riformava la pronuncia appellata e dichiarava il proprio difetto di giurisdizione reputando che la controversia dovesse essere devoluta alla cognizione del giudice amministrativo in quanto riguardante l’esercizio di attività discrezionali nel perseguimento di interessi pubblici. Infatti, il far fronte ai servizi scolastici, assicurando i servizi decentrati con leggi regionali agli enti territoriali. Il giudice del gravame sottolinea, pertanto, che le situazioni soggettive implicate nell’esercizio di tali poteri non avrebbero potuto che configurarsi quali interessi legittimi, posto che le leggi regionali al centro della controversia demandano agli enti territoriali l’istituzione delle qualifiche dei profili professionali secondo i servizi programmati a discrezione delle amministrazioni locali e secondo standards predisposti dall’assessore. Il comune ricorre quindi davanti alla Corte di Cassazione affermando la giurisdizione della magistratura ordinaria a decidere sulle domande presentate. Secondo l’ente comunale, infatti, nella fattispecie all’esame della Suprema Corte, sussiste una posizione di diritto soggettivo dell’amministrazione, che sarebbe risultata pregiudicata dal comportamento omissivo della Regione, configurando un atto illecito fonte di risarcimento ai sensi dell’art. 2043 c.c., per inosservanza di determinati e circoscritti obblighi che sarebbero originati a carico della stessa dall’avvenuto accrescimento degli organici da parte del comune, realizzato in adempimento della legge regionale, la quale avrebbe anche previsto la completa copertura finanziaria. Pertanto, seguendo i dettami e muovendosi all’interno dei limiti contenuti nella stessa legge regionale, la fruizione del contributo per i comuni, disponenti l’ampliamento delle piante organiche sarebbe divenuta automatica, senza che residuasse alcuno spazio di discrezionalità da parte dell’assessorato regionale. Infatti, neppure la successiva legge regionale disciplinante la stessa materia avrebbe conferito alcun potere discrezionale in merito alla Regione, in quanto si è limitata ad istituire un fondo unico per la corresponsione delle somme sulla base della ripartizione effettuata dall’assessorato tra comuni e province. Situazioni giuridiche attive il quadro disciplinare. Al fine di meglio comprendere la questione, si rivela opportuno ricordare la distinzione tra diritto soggettivo e interesse legittimo, sottolineando le conseguenze applicative. Tra le situazioni giuridiche attive, accanto alle aspettative, le potestà e le facoltà, assumono notevole rilevanza il diritto soggettivo e l’interesse legittimo. Il diritto soggettivo può essere definito come quella posizione giuridica assoluta idonea a soddisfare l’interesse perseguito dall’agente senza che si frapponga un determinato soggetto o che sia richiesta una cooperazione da parte di quest’ultimo. Si pensi al diritto di proprietà o i diritti della personalità. In altre parole, il diritto soggettivo è definibile come la fondamentale posizione di vantaggio attribuita ad un soggetto dall’ordinamento in ordine ad un bene e consistente nell’attribuzione al titolare di una forza che si concreta nella disponibilità di strumenti vari facoltà, pretese, poteri finalizzati a realizzare in modo pieno e diretto l’interesse al bene. L’interesse legittimo, invece, rappresenta quella tipica situazione giuridica che rapporta il privato con la pubblica amministrazione, ossia una situazione che presuppone in capo alla pubblica amministrazione un agire legittimo, non pregiudizievole per la sfera giuridica del privato, ma rispettoso dei parametri di cui all’art. 97 Cost. Pertanto, l’interesse legittimo si configura come la posizione di vantaggio attribuita ad un soggetto dall’ordinamento in ordine ad un bene oggetto di potere amministrativo e consistente nell’attribuzione al medesimo della possibilità di influire sull’esercizio del potere, in modo da rendere possibile la realizzazione o la difesa della pretesa all’utilità. Le conseguenze della differenza sul riparto di giurisdizione. In entrambe le posizioni soggettive la sostanzialità è data dal rapporto con un bene della vita, che il titolare mira a conseguire o conservare, preso in considerazione dall’ordinamento e perciò protetto c.d. lato interno , mentre la loro diversità ontologica si coglie nel c.d. lato esterno, ossia nel rapporto con gli altri soggetti dell’ordinamento. In particolare, mentre il diritto soggettivo traduce il rapporto con altri soggetti, compresa eventualmente anche un’amministrazione pubblica, posti su un piano di parità giuridica e, quindi, disciplinato da norme privatistiche, l’interesse legittimo si caratterizza per essere la posizione in cui versa il destinatario di un provvedimento, o il soggetto che comunque riveste una posizione differenziata e di qualificato interesse rispetto allo stesso, emanato da una pubblica amministrazione nell’esercizio del potere pubblico o, anche prima dell’adozione dell’atto, il soggetto che entra in un rapporto giuridicamente qualificato con l’esercizio della funzione amministrativa. La distinzione tra diritto soggettivo ed interesse legittimo assume rilievo per il riparto di giurisdizione, di fatti se con riguardo alla tutela dei diritti soggettivi provvede, ai sensi dell’art. 2907 c.c., il giudice ordinario mentre alla tutela degli interessi legittimi, ai sensi degli artt. 103 e 113 Cost., provvede il giudice amministrativo in sede di giurisdizione di legittimità, il quale per le particolari materie” previste dall’art. 103 Cost. ha anche la cognizione dei diritti soggettivi in sede di giurisdizione esclusiva. Il corretto svolgimento del procedimento per l’erogazione dei fondi agli enti configura un interesse legittimo. Nella controversia in esame la Cassazione qualifica la posizione del comune di mera aspettativa al corretto svolgimento del procedimento amministrativo volto all’erogazione del contributo in questione agli enti interessati, in proporzione alle disponibili risorse finanziarie, configurabile quale diritto soggettivo, la cui lesione avrebbe consentito il ricorso al tribunale ordinario. La Suprema Corte, confermando la sentenza di secondo grado, precisa come nel caso in specie le assunzioni non risultano essere state preventivamente autorizzate dalla Regione, ma sono avvenute ai sensi di una norma che conferisce genericamente tale facoltà agli enti locali siciliani, che possono provvedere all’ampliamento delle rispettive piante organiche, istituendo qualifiche o profili professionali in funzione dello svolgimento di servizi e secondo standards predisposti con decreto dell’assessore. Esaminando il quadro normativo composto dalle leggi regionali risulta come non si possa giustificare una lesione da parte dell’amministrazione convenuta di un diritto soggettivo di credito. Infatti, l’insorgenza di un diritto di credito avrebbe potuto verificarsi unicamente a conclusione del procedimento discrezionale di ripartizione dei fondi, messi a disposizione dall’assessorato per far fronte alle esigenze dei comuni, derivanti dall’esercizio dei poteri di aumento delle piante organiche previste dalla legge regionale. Il comune può vantare solo un interesse legittimo. In conclusione, la Cassazione, respingendo il ricorso, afferma che in capo agli enti locali può riconoscersi unicamente una posizione di interesse legittimo, la cui eventuale lesione avrebbe potuto essere fatta valere solo davanti al competente giudice amministrativo

Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 25 giugno - 24 luglio 2013, numero 17932 Presidente Miani Canevari – Relatore Piccialli Svolgimento del processo Con atto notificato il 10.3.2005 il Comune di Caltanissetta citò al giudizio del locale tribunale la Regione Siciliana e l'Assessorato della Famiglia, delle Politiche Sociali e delle Autonomie Locali della Regione Siciliana, chiedendone la condannar titolo di risarcimento danni ex art. 2043 c.c., al pagamento della somma di Euro 15.627.802, 66, corrispondente alla spesa affrontata, in relazione al periodo 1996 - 2004, in conseguenza dell'aumento della pianta organica dei propri dipendenti, disposto al fine di far fronte ai servizi scolastici in particolare di refezione in forza delle leggi regionali numero 22 del 1991 e n, 25 del 1993, il cui rimborso, a suo avviso derivante da una situazione di aspettativa di diritto soggettivo , assumeva aver vanamente richiesto all'amministrazione regionale. Si costituirono le parti convenute, eccependo la Regione il proprio difetto di legittimazione passiva, l'assessorato il difetto di giurisdizione e l'infondatezza della domanda, per inconfigurabilità del diritto ex adverso dedotto in ragione della natura discrezionale dei provvedimenti implicati l’adito tribunale, con sentenza numero 251 del 2010, dichiarata la carenza di legittimazione della prima, accolse, nei confronti del secondo la domanda, ravvisando nella posizione dedotta una situazione di diritto soggettivo. Ma a seguito del gravame dell'amministrazione soccombente, cui aveva resistito quella attrice, la Corte d'Appello di Caltanissetta con sentenza dei 12.7-22.9.2012, in riforma di quella appellata, ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione, con compensazione delle spese del doppio grado del giudizio, ritenendo la controversia devoluta alla cognizione del giudice amministrativo, in quanto involgente l'esercizio di attività discrezionali nel perseguimento di interessi pubblici, consistenti nell'assicurazione dei servizi decentrati con leggi regionali agli enti territoriali, demandando agli stessi l'istituzione delle qualifiche e dei profili professionali secondo i servizi programmati a discrezione delle amministrazioni locali e secondo standards predisposti dall'Assessore per gli enti locali sicché le situazioni soggettive implicate nell'esercizio di tali poteri non avrebbero potuto che configurarsi quali interessi legittimi. Ricorre contro tale sentenza il Comune di Caltanissetta, ai sensi dell'art. 360 comma 1 numero 1 c.p.c Resiste, con rituale controricorso dell'Avvocatura Generale dello Stato, l'amministrazione intimata, oggi denominata Assessorato della Famiglia, delle Politiche Sociali e delle Autonomie Locali della Regione Siciliana. Il Comune di Caltanissetta ha, infine, depositato una memoria illustrativa. Motivi della decisione p.1. Con l'unico motivo di ricorso si deduce giurisdizione della magistratura ordinaria a decidere sulle domande avanzate dal Comune di Caltanissetta - violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 4 e 9 L.R.S. numero 22/1991 e art. 57 L.R.S. numero 22/1993 e 45 L.R.S. numero 6/1997 . Si ribadisce la tesi, recepita dal primo giudice, ddla sussistenza nella fattispecie di una posizione di diritto soggettivo dell'amministrazione attrice, che sarebbe risultata lesa dal comportamento omissivo di quella convenuta, integrante un vero a propri atto illecito comportante risarcimento ex art. 2043 c.c., per inosservanza di precisi obblighi che sarebbero derivati a carico della stessa dall'avvenuto ampliamento degli organici da parte del comune, disposti secondo i dettami ed entro i limiti contenuti nella legge regionale art. 1 co. 1 e 2 L.R.S.numero 22/1991 , che avrebbe anche previsto all'art. 9 la totale copertura finanziaria al riguardo, successivamente confermata dall'art. 57 co. 5 L.R.S. numero 25/1993, in cospetto della quale la fruizione del contributo per i comuni, disponenti l'ampliamento delle piante organiche sarebbe divenuta automatica, senza alcuna discrezionalità da parte dell'assessorato regionale. Si soggiunge che la successiva legge regionale numero 6 del 1997 non avrebbe conferito alcun potere discrezionale in proposito all'amministrazione regionale, essendosi limitata all'art. 45 alla istituzione di un fondo unico per la corresponsione delle somme in questione sulla base della ripartizione effettuata dall'assessorato tra i Comuni e le Province. p.2. Nel controricorso si insiste sulla tesi, recepita dal giudice di appello, della natura discrezionale dei provvedimenti previsti dalle norme regionali di riferimento, sia nella fase deliberativa, sia in quella di erogazione della spesa, evidenziando come all'organo regionale a tanto deputato competa lo specifico e preliminare compito di ripartire tra tutti gli enti locali l'ammontare globale della spesa, come fissato per i singoli esercizi e di calcolare la somma dovuta a ciascuno degli stessi, così operando una valutazione comparativa delle diverse situazioni tra i singoli enti aspiranti al finanziamento, con la conseguente natura di interessi legittimi delle posizioni di questi ultimi. p.3. Ritiene il collegio che la sentenza impugnata abbia correttamente ravvisato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, non essendo la posizione del Comune di Caltanissetta, di mera aspettativa al corretto svolgimento del procedimento amministrativo finalizzato all'erogazione del contributo in questione agli enti interessati, in proporzione alle disponibili risorse finanziarie al riguardo stanziate dalla Regione, configurabile quale diritto soggettivo, la cui lesione avrebbe consentito il ricorso al tribunale ordinario. Il precedente giurisprudenziale citato dall'ente ricorrente, costituito dalla sentenza numero 14288 del 2006 in tema di copertura degli oneri conseguenti alla trasformazione in rapporti da tempo determinato a tempo indeterminato di quelli relativi al personale tecnico, assunto dai Comuni siciliani ai sensi dell'art. 30 della l.reg.numero 37/85, sost. dall'art. 14 della l.reg. numero 26/86 riguarda, invero, una vicenda solo in apparenza simile alla presente, poiché in quell'occasione l'assunzione dei lavoratori in questione era avvenuto in forza di una espressa autorizzazione della Regione, che aveva poi disciplinato con proprio regolamento le modalità di trasformazione dei rapporti, senza contemplare ulteriori attività autorizzative, con la conseguenza che la successiva verifica dell'osservanza delle condizioni per l'assunzione non implicava l'esercizio di alcuna attività discrezionale, ma soltanto il riscontro dei presupposti di legge per l'erogazione della provvista. Una situazione del genere non si ravvisa, invece, nel caso del personale assunto ai sensi della legge regionale numero 22 del 1991 e confermato in base a quella numero 25 del 1993, vertendosi in ipotesi in cui le assunzioni non risultano essere state preventivamente, singolarmente o comunque numericamente, autorizzate con provvedimenti ad hoc della Regione, ma sono avvenute in forza di una norma genericamente conferente tale facoltà agli enti locali dell'isola che possono provvedere all’ampliamento delle rispettive piante organiche in misura non superiore al 20 per cento art. 1 co. 1 lr. 22/91 , istituendo qualifiche e/o profili professionali in funzione dello svolgimento di servizi e secondo standards predisposti con decreto dell'Assessore per gli enti locali da emanarsi entro 90 giorni dall'entrata in vigore della presente legge co. 2 art. cit. . A parte la considerazione che il decreto, previsto dal citato co. 2 non risulta - né viene dedotto dalle parti nei rispettivi atti - essere stato emesso dal convenuto assessorato, va osservato come, vertendosi in ipotesi in cui le assunzione erano previste e rimesse a valutazioni discrezionali delle stesse amministrazioni locali, con ampi margini, pur nell'ambito del previsto tetto massimo percentuale, di variabilità ed impossibilità, dunque, di determinare a priori una preventiva copertura per tutte le assunzioni, la cui consistenza numerica all'atto dell'approvazione della legge regionale non avrebbe potuto stimarsela disposizione contenuta nel successivo articolo art. 9 contenente l'indicazione delle somme al riguardo stanziate per il biennio 1991 - 93, non avrebbe potuto essere interpretata, come preteso dal comune nisseno e ritenuto dal primo giudice, quale preciso impegno a far fronte a tutti gli oneri finanziari, cui gli enti locali fossero comunque andati incontro provvedendo a quelle assunzioni, ma soltanto quale impegno a contribuirvi e ripartire le somme stanziate, ovviamente limitate e la cui sufficienza a coprire tutte le suesposte esigenze non poteva ritenersi certa, tra le varie amministrazioni interessate, previo risconto dell'osservanza dei limiti di cui si è detto e degli standards di cui al provvedimento attuativo demandato all'assessorato competente. Né il quadro normativo può ritenersi mutato a seguito dell'entrata in vigore della legge regionale numero 25 del 1993, il cui art. 57 co. 5, nel richiamare l'art. 1 della precedente legge del 1991 e confermare che alle spese, calcolate per ciascun ente, entro il limite anzidetto, si sarebbe fatto fronte con le somme già stanziate con la legge richiamata, anche in questo caso ha indicato le modalità di attribuzione agli enti locali di una somma complessiva a suo tempo oggetto del collettivo stanziamento, la cui sufficienza a coprire tutte le assunzioni, in concreto avvenute in forza della normativa richiamata, non risulta tuttavia dimostrata. In siffatto contesto, in cui il meccanismo normativo non risulta tale da giustificare l'insorgenza, da parte degli enti assuntori del personale in questione, a pretese creditizie, alla cui determinazione avrebbe dovuto necessariamente provvedersi in un momento successivo, sulla base di provvedimenti rimessi all'ente regionale diretti alla proporzionale ripartizione dello stanziamento in questione, deve concludersi che correttamente la Corte d'Appello di Caltanissetta abbia escluso la lesione, da parte dell'amministrazione convenutaci un diritto soggettivo di credito, la cui insorgenza avrebbe potuto verificarsi soltanto a conclusione del procedimento discrezionale di ripartizione dei fondi, posti a disposizione dell'assessorato competente, per far fronte alle esigenze delle amministrazioni locali in questione, derivanti dall'esercizio dei poteri di aumento delle piante organiche previste della citata legge. In relazione alla instaurazione ed al corretto svolgimento di tale procedimento, propedeutico alla insorgenza dei credutagli enti locali interessati può riconoscersi soltanto una posizione di interesse legittimo, la cui eventuale lesione avrebbe potuto esser fatta valere solo davanti al competente giudice amministrativo. p.4. Il ricorso va conclusivamente respinto. p.5. Sussistono tuttavia giusti motivi per la compensazione delle spese del giudizio, tenuto conto della non agevole interpretazione delle norme legislative di riferimento. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e compensa interamente le spese del giudizio.