Trattamento di disoccupazione: no all’inclusione della quota di TFR

A norma dell’articolo 18, comma 18, D.L. numero 98/2011 la retribuzione utile per il calcolo delle prestazioni temporanee in favore degli operai agricoli a tempo determinato non è comprensiva della voce del trattamento di fine rapporto comunque denominato dalla contrattazione collettiva.

In base alla predetta norma, sarà infondata la domanda di inserimento della quota di T.F.R. nella base di computo dell’indennità di disoccupazione agricola. Lo ha affermato la Corte di Cassazione, sezione Sesta Civile – L, con l’ordinanza numero 17341, pubblicata il 15 luglio 2013. Domanda di ricalcolo dell’indennità di disoccupazione di lavoratore agricolo, in relazione alle giornate di lavoro, liquidate sulla base del salario medio convenzionale. Un lavoratore agricolo proponeva domanda di ricalcolo della indennità di disoccupazione in relazione alle giornate di lavoro dell’anno 1999 erroneamente liquidate sulla base del salario medio convenzionale rilevato nell’anno 1995 non più incrementato negli anni successivi, anziché alla stregua della retribuzione minima stabilita dalla contrattazione collettiva integrativa locale. Sia il giudice di primo grado che la Corte d’Appello respingevano la domanda. Ricorreva così in Cassazione il lavoratore per la riforma della sentenza d’appello. La decadenza dalla domanda. La sentenza d’appello impugnata trae fondamento nell’intervenuta decadenza dalla possibilità di proporre la domanda giudiziale di riliquidazione dell’indennità, in applicazione del disposto dell’articolo 47, D.P.R. 30 aprile 1970 numero 639. Norma che, nella sua originaria formulazione, così disponeva «Esauriti i ricorsi in via amministrativa, può essere proposta l'azione dinanzi l'autorità giudiziaria ai sensi degli articoli 459 e seguenti del codice di procedura civile. L'azione giudiziaria può essere proposta entro il termine di dieci anni dalla data di comunicazione della decisione definitiva del ricorso pronunziata dai competenti organi dell'istituto o dalla data di scadenza del termine stabilito per la pronunzia della decisione medesima, se trattasi di controversie in materia di trattamenti pensionistici. L'azione giudiziaria può essere proposta entro il termine di cinque anni dalle date di cui al precedente comma se trattasi di controversie in materia di prestazioni a carico dell'assicurazione contro la tubercolosi e dell'assicurazione contro la disoccupazione involontaria». La norma ha poi visto successive modifiche legislative e interpretazioni giurisprudenziali. Si vedano in proposito Cass. S.U. 21 giugno 1990 numero 6245 D. L. 29 marzo 1991 numero 103 C. Cost. 3 giugno 1992, numero 246 D. L. 19 settembre 1992, numero 384. Fino al D.L. 6 luglio 2011 numero 98 che così ha disposto «all'articolo 47 e' aggiunto, in fine, il seguente comma Le decadenze previste dai commi che precedono si applicano anche alle azioni giudiziarie aventi ad oggetto l'adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di accessori del credito. In tal caso il termine di decadenza decorre dal riconoscimento parziale della prestazione ovvero dal pagamento della sorte». Prima del 2011 non vi è decadenza sulle domande di adeguamento di prestazioni già riconosciute. Così inquadrato il contesto normativo della controversia, la Suprema Corte afferma che la decadenza di cui all’articolo 47, D.P.R. 639/1970 non trova applicazione in relazione alle domande di adeguamento di prestazioni previdenziali già riconosciute e liquidate solo parzialmente dall’ente previdenziale. Fino all’entrata in vigore della modifica legislativa di cui al D.L. numero 98/2011. Secondo un principio affermato dalla stessa Corte di legittimità S.U. numero 12720/2009 la decadenza di cui al D.P.R. numero 639/1970 non può trovare applicazione in tutti quei casi in cui la domanda giudiziale sia rivolta ad ottenere non già il riconoscimento del diritto alla prestazione previdenziale in sé considerata, ma solo l'adeguamento di detta prestazione già riconosciuta in un importo inferiore a quello dovuto, come avviene nei casi in cui l'Istituto previdenziale sia incorso in errori di calcolo o in errate interpretazioni della normativa legale o ne abbia disconosciuto una componente, nei quali casi la pretesa non soggiace ad altro limite che non sia quello della ordinaria prescrizione decennale. Secondo i giudici di legittimità, la novella di cui al D.L. 6 luglio 2011 numero 98 conferma il proposito del legislatore di modificare in materia la regola preesistente, consolidatasi per effetto della giurisprudenza antecedente fino all’ultima citata pronuncia numero 12720/2009. Accolto il ricorso ma negato il diritto. Nel caso in esame la Suprema Corte ha così ritenuto fondato il ricorso proposto, in quanto la Corte d’Appello aveva rigettato la domanda sull’errato presupposto dell’intervenuta decadenza dalla possibilità di proporre domanda giudiziale di riliquidazione delle prestazioni spettanti. Senza esaminare la spettanza o meno del diritto azionato. Afferma la Suprema Corte che i giudici di merito hanno dichiarato la decadenza in virtù del criterio della “ragione più liquida”, senza esaminare la questione della spettanza del diritto dunque si è in presenza non di un giudicato implicito ma di un assorbimento improprio. In applicazione dei suddetti principi la Corte di Cassazione, dopo aver ritenuto accoglibile il ricorso proposto, basato sull’errata applicazione della decadenza di cui al D.P.R. 639/1970, ha deciso la causa nel merito, negando il diritto del ricorrente a veder inserita nel calcolo dell’indennità di disoccupazione agricola la quota di TFR. In base al disposto di cui all’articolo 18, comma 18, D.L. 6 luglio 2011 numero 98 la retribuzione utile per il calcolo delle prestazioni temporanee in favore degli operai agricoli a tempo determinato, non e' comprensiva della voce del trattamento di fine rapporto comunque denominato dalla contrattazione collettiva. Cassando così la sentenza d’appello impugnata dal ricorrente, ma, nel merito, rigettando la domanda di inclusione della quota di TFR nella base di calcolo dell’indennità di disoccupazione agricola.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – L, ordinanza 7 giugno - 15 luglio 2013, numero 17341 Presidente La Terza – Relatore Garri Fatto e diritto Con la relazione ex articolo 375 e 380 bis c.p.c. si esponeva 1 - Con ricorso notificato il 9-10 maggio 2011, R D. , operaio agricolo a tempo determinato, chiede la cassazione della sentenza depositata il 12 maggio 2010, con la quale la Corte d'appello di Bari ha respinto la sua domanda del 2005, di ricalcolo della indennità di disoccupazione in relazione alle giornate di lavoro dell'anno 1999, erroneamente liquidata sulla base del salario medio convenzionale rilevato nell'anno 1995 non più incrementato negli anni successivi, anziché alla stregua della retribuzione minima stabilita dalla contrattazione collettiva integrativa della provincia di Bari ai sensi del D. Lgs. numero 146 del 1997, articolo 4. Il rigetto della domanda era stato motivato dalla Corte territoriale ai sensi dell'articolo 47 D.P.R. 30.4.1970 numero 639 e successive modificazioni e integrazioni, col rilievo della intervenuta decadenza annuale del diritto azionato, decorrente dalla data dell'originaria domanda amministrativa, da proporre ai sensi dell'articolo 7, 4 comma del D.L. 9.10.1989 numero 338, convertito con modificazioni nella L. 7.12.1989 numero 389, entro il 31 marzo dell'anno successivo a quello di riferimento del sussidio di disoccupazione. In particolare, la Corte territoriale ha ritenuto d'ufficio l'applicabilità, anche alla ipotesi relativa ad una domanda all'Ente previdenziale di riliquidazione della indennità di disoccupazione nel settore del lavoro agricolo, del termine annuale di decadenza di cui all'articolo 47 D.P.R. 30 aprile 1970, numero 639 come autenticamente interpretato dall'articolo 6 del D.L. 29 marzo 1991 numero 103, convertito nella legge 1 giugno 1991 numero 166, quindi parzialmente modificato dall'articolo 4 del D.L. 19 settembre 1992 numero 384, convertito nella legge 14 novembre 1992 numero 438 prima della integrazione recentemente operata con l'articolo 38, commi secondo, lett. d e quarto del D.L. 6 luglio 2011 numero 98, convertito, con modificazioni, nella legge numero 111/2011 e, partendo dalla data della domanda amministrativa di prestazione, ha valutato come esaurito il procedimento amministrativo al massimo trecento giorni dopo cfr. in proposito, Cass. S.U. numero 12718/09 , data da cui sarebbe pertanto iniziato a decorrere il termine di decadenza di un anno, quindi ritenuto ampiamente scaduto alla data della proposizione della presente azione in giudizio. 2 - Con l'unico motivo di ricorso, la parte ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell'articolo 47 D.P.R. numero 639/70, dell'articolo 6 D.L. numero 103/91 convertito nella L. numero 166/91 e dell'articolo 4 D.L. numero 384/92, convertito nella L. numero 438/92. L'ente intimato si difende con rituale controricorso. 3 - Il relatore propone di ritenere il ricorso manifestamente fondato. 3.1 - Va premesso che l'originario testo dell'articolo 47 del D.P.R. 30 aprile 1970 numero 639 stabiliva quanto segue. Esauriti i ricorsi in via amministrativa, può essere proposta l'anione dinanzi all'autorità giudiziaria, ai sensi degli articolo 459 e ss. cod.proc. civ L'anione giudiziaria può essere proposta entro il termine di dieci anni dalla data di comunicazione della decisione definitiva del ricorso pronunziata dai competenti organi dell'istituto o dalla data di scadenza del termine stabilito per la pronunzia della decisione medesima, se trattasi di controversie in materia di trattamenti pensionistici. L’azione giudiziaria può essere proposta entro il termine di cinque anni dalle date di cui al precedente comma se trattasi di controversie in materia di prestazioni a carico dell'assicurazione contro la tubercolosi e dell'assicurazione contro la disoccupazione involontaria . Come è noto, i termini stabiliti dall'articolo di legge citato erano stati ritenuti dalle sezioni unite di questa Corte Cass. S.U. 21 giugno 1990 numero 6245 di decadenza, di tipo peraltro procedimentale, vale a dire finalizzata unicamente a delimitare l'efficacia temporale della condizione di procedibilità della domanda giudiziaria, rappresentata dall'attivazione e dall'esaurimento del procedimento amministrativo. Col successivo articolo 6 del D.L. 29 marzo 1991 numero 103, convertito con modificazioni nella legge 1 giugno 1991 numero 166, ritenuto da Corte Cost., con la sent. numero 246 del 1992, di interpretazione autentica dell'articolo 47 D.P.R. numero 639/70, venne poi stabilito 1 - I termini previsti dall'articolo 47, commi secondo e terzo del D.P.R. 30 aprile 1970 numero 639 sono posti a pena di decadenza per l'esercizio del diritto alla prestazione previdenziale, la decadenza determina l'estinzione del diritto ai ratei pregressi delle prestazioni previdenziali e l'inammissibilità della relativa domanda giudiziale. In caso di mancata proposizione del ricorso amministrativo, i termini decorrono dall'insorgenza del diritto ai singoli ratei. 2 - lue disposizioni di cui al comma precedente hanno efficacia retroattiva, ma non si applicano ai processi che sono in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto . Con l'articolo 4 del D.L. 19 settembre 1992 numero 384, i commi secondo e terzo del citato articolo 47 sono stati successivamente sostituiti dai seguenti “Per le controversie in materia di trattamenti pensionistici, l'anione giudiziaria può essere proposta, a pena di decadenza, entro il termine di tre anni dalla data di comunicazione della decisione del ricorso pronunciata dai competenti organi dell'istituto o dalla data di scadenza del termine stabilito per la pronunzia della predetta decisione ovvero dalla data di scadenza dei termini prescritti per l'esaurimento del procedimento amministrativo, computati a decorrere dalla data di presentazione della richiesta di prestazione. Per le controversie in materia di prestazioni della gestione di cui all'articolo 24 della legge 9 marzo 1989 numero 88, l'azione giudiziaria può essere proposta, a pena di decadenza, entro il termine di un anno dalle date di cui al precedente comma . L'ultimo comma dell'articolo 4 ha poi stabilito che le disposizioni indicate non si applicano ai procedimenti istaurati anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto ancora in corso alla medesima data . Infine, recentemente, l'articolo 38, primo comma, lett. d del D.L. 6 luglio 2011 numero 98, convertito in legge numero 111 del medesimo anno, ha aggiunto al citato articolo 47 un ultimo comma, del seguente tenore Le decadenze previste dai commi che precedono si applicano anche alle azioni giudiziarie aventi ad oggetto l'adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di accessori del credito. In tal caso il termine di decadenza decorre dal riconoscimento parziale della prestazione ovvero dal pagamento della sorte , precisando al quarto comma che Le disposizioni di cui al comma 1, lett. c e d si applicano anche ai giudizi pendenti in primo grado alla data di entrata in vigore del presente decreto . 3.2 - Questo essendo il quadro di riferimento normativo, la giurisprudenza consolidata, pur tra frequenti contrasti, di questa Corte da ultimo, sulla base di Cass. S.U. 29 maggio 2009 numero 12720 - che ribadisce le tesi della precedente Cass. S.U. 18 luglio 1996 numero 6491-, cfr, ad es., Cass. 20 gennaio 2010 numero 948 e 26 gennaio 2010 numero 1580 era, per quanto qui interessa e fino alla citata recente novella del 2011, nel senso della inapplicabilità della decadenza alle domande di adeguamento di prestazioni previdenziali già riconosciute e liquidate solo parzialmente dall'ente previdenziale. Infatti le sezioni unite di questa Corte, con la sentenza numero 12720 del 29 maggio 2009, componendo un contrasto di giurisprudenza insorto nell'ambito della sezione lavoro, avevano affermato che La decadenza di cui al D.P.R. 30 aprile 1970, numero 639, articolo 47 - come interpretato dal D.L. 29 marzo 1991, numero 103, articolo 6, convertito, con modificazioni, nella L. 1 giugno 1991, numero 166 - non può trovare applicazione in tutti quei casi in cui la domanda giudiziale sia rivolta ad ottenere non già il riconoscimento del diritto alla prestazione previdenziale in sé considerata, ma solo l'adeguamento di detta prestazione già riconosciuta in un importo inferiore a quello dovuto, come avviene nei casi in cui l'Istituto previdenziale sia incorso in errori di calcolo o in errate interpretazioni della normativa legale o ne abbia disconosciuto una componente, nei quali casi la pretesa non soggiace ad altro limite che non sia quello della ordinaria prescrizione decennale . Recentemente, peraltro, la questione era stata nuovamente rimessa da un collegio della sezione lavoro, con ordinanza interlocutoria depositata il 18 gennaio 2011, numero 1071, alle sezioni unite di questa Corte, sulla base del rilievo che l’interpretazione prevalente non apparirebbe giustificata dal tenore letterale e dalla considerazione delle finalità della norma, la quale riguarderebbe viceversa ogni tipo di azione in materia di prestazioni previdenziali. Intervenuta, tra l'ordinanza interlocutoria di rimessione alle sezioni unite della Corte e la data dell'udienza avanti a queste ultime, la citata novella di cui all'articolo 38, primo comma, lett. d del recente D.L. 6 luglio 2011 numero 98, convertito in legge numero 111/'11, è stata quindi disposta la restituzione degli atti alla sezione lavoro, sulla base della considerazione della necessità di valutare la persistenza del proposito di investire della questione le sezioni unite, alla luce della valutazione della eventuale incidenza delle norme di legge citate sulla interpretazione del l'articolo 47, vigente prima di essa. 3.3 - Ciò premesso, non può non rilevarsi che la nuova disciplina, esprimendo il proposito del legislatore di modificare in materia, con una limitata efficacia retroattiva, la regola preesistente, quale consolidatasi per effetto delle recente pronuncia delle sezioni unite del 2009, conferma indirettamente la corrispondenza di quest'ultima all'originario contenuto dell'articolo 47, nel testo vigente fino alla novella del 2011. L'autorità del precedente arresto interpretativo delle sezioni unite della Corte e l'indiretta conferma della sua correttezza proveniente dallo stesso legislatore convincono il collegio della inapplicabilità dell'articolo 47 del D.P.R. 30 aprile 1970, numero 639, prima delle integrazioni apportate dell'articolo 38 del D.L. numero 98 del 2011, al caso di richiesta di riliquidazione di prestazioni previdenziali solo parzialmente riconosciute e liquidate dall'ente previdenziale . Sono seguite le rituali comunicazione e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in camera di consiglio. Il Collegio, condividendo le considerazioni del relatore, ritiene peraltro di integrare, in ordine alle conseguenze da trame sul piano del presente giudizio, valutando che esse suggeriscano, piuttosto che la correzione della motivazione ai sensi dell'ult. co. dell'articolo 384 c.p.c., la cassazione della sentenza che tale decadenza ha erroneamente applicato e la decisione nel merito ai sensi dell'articolo 384 co. 2 c.p.c A tal fine nulla osta a che si rilevi d'ufficio la questione - rimasta sullo sfondo, ma non trattata dall'impugnata sentenza - relativa all'inserimento o meno della quota di TFR nella base di computo dell'indennità di disoccupazione agricola, da escludere già alla stregua delle giurisprudenza di questa Corte cfr., per tutte la sentenza numero 212 del 2011 e comunque a norma dell'articolo 18, comma 18 del D.L. numero 98 del 2011, convertito nella legge numero 111 dello stesso anno, che ha specificato che L 'articolo 4 del D. Lgs. 16 aprile 1997 numero 146 e l'articolo 1, comma 5 del D.L. 10 gennaio 2006 numero 2, convertito con modificazioni dalla legge 11 marzo 2006 numero 81, si interpretano nel senso che la retribuzione utile per il calcolo delle prestazioni temporanee in favore degli operai agricoli a tempo determinato non è comprensiva della voce del trattamento di fine rapporto comunque denominato dalla contrattazione collettiva . 6 Infatti, la Corte territoriale ha dichiarato la decadenza in virtù dell'applicazione del criterio della ragione più liquida, senza esaminare la spettanza del diritto oggetto di lite, sicché si è in presenza non già di giudicato implicito sull'esistenza del diritto oggetto di pretesa, ma di c.d. assorbimento improprio, che non importa onere di impugnazione da parte del soggetto vittorioso in appello. Com'è noto, il criterio della ragione più liquida non segue l'ordine logico-giuridico delle questioni, ma quello per così dire economico del risparmio di energie processuali, cioè dell'uso della ratio decidendi già pronta e di per sé sufficiente sulla tecnica dell'assorbimento c.d. improprio in virtù dell'uso del criterio della ragione più liquida cfr., ex aliis, Cass. numero 17219/12 Cass. numero 7663/12 Cass. numero 11356/06 Cass., 30/3/2001, numero 4773 anche la dottrina è concorde sull'ammissibilità dell'applicazione della ragione più liquida e sul fatto che essa non importa formazione di giudicato implicito sulle questioni non esaminate e che non ne costituiscano indispensabile presupposto logico-giuridico . Ancora nel senso dell'ampiezza dei poteri di rilievo d'ufficio da parte del giudice, cfr., di recente, Cass. S.U. 4.9.12 numero 14828, secondo cui il giudice può rilevare d'ufficio ogni forma di nullità del contratto sempre che emerga ex actis e che si tratti di nullità non soggetta a regime speciale, come le nullità di protezione, il cui rilievo è espressamente rimesso alla volontà della parte protetta , pur quando le parti in causa stiano discutendo della risoluzione del contratto medesimo. A maggior ragione, dunque, nelle controversie sull'inclusione della quota di TFR nella base di computo del trattamento di disoccupazione agricola si può rilevare d'ufficio l'inesistenza del diritto, anche perché la giurisprudenza di questa S.C. è ampia e costante nell'affermare che nel giudizio di legittimità è preclusa la proposizione di nuove questioni di diritto solo quando esse presuppongano o comunque richiedano nuovi accertamenti o apprezzamenti di fatto, mentre deve ritenersi consentito dedurre o rilevare per la prima volta in tale sede questioni di diritto che lascino immutati i termini, in fatto, della controversia così come accertati e considerati dal giudice del merito v., ex aliis, Cass. numero 20005/05 Cass. numero 9812/02 Cass. numero 3881/2000 Cass. numero 13256/99 Cass. 6356/96 . Va, poi, aggiunto che la decisione nel merito come quella ex articolo 384 co. 2 c.p.c. è sempre una decisione sul rapporto e quest'ultima, a sua volta, non può andare disgiunta dal potere di rilevare d'ufficio le questioni di diritto o le mere norme necessarie a risolvere la controversia. Da ultimo, nel rilevare d'ufficio l'inesistenza del diritto non si ravvisano problemi di mancato rispetto del contraddittorio o di c.d. sentenza della terza via perché, trattandosi di questione di puro diritto, trova applicazione l'insegnamento di Cass. S.U. 30.9.2009 numero 20935 e di Cass. 23.8.11 numero 17495, secondo cui il divieto di sentenza c.d. della terza via ed il conseguente obbligo di provocare il contraddittorio mediante il meccanismo di cui al co. 3 dell'articolo 384 c.p.c. sussiste solo quando, decidendo nel merito, il giudice rilevi una questione di fatto o mista di fatto e di diritto, mentre nel caso presente l'inesistenza del diritto all'inclusione della quota di TFR è questione esclusivamente giuridica. In conclusione, il ricorso va accolto, non ritenendosi applicabile nel caso di specie la decadenza di cui all'articolo 47 d.P.R. numero 639/70, con conseguente cassazione della sentenza impugnata. Non essendo necessari, per quanto detto, ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito con rigetto della domanda di inclusione della quota di TFR nel trattamento di disoccupazione agricola. La problematicità della materia del contendere e l'esito complessivo della lite consigliano di compensare per intero fra le parti le spese dell'intero giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda di inclusione della quota di TFR nella base di calcolo dell'indennità di disoccupazione agricola. Compensa per intero le spese dell'intero processo.