L’accertamento del reato tributario prescinde da quello del credito erariale

Al giudice penale spetta esclusivamente l’accertamento e la determinazione dell’importo dell’imposta evasa ai fini di valutare la concreta configurabilità del reato tributario.

Lo ha chiarito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 28937, depositata l’8 luglio 2013. La fattispecie. Il legale rappresentante di una società, indagato per omesso versamento IVA per l’anno di imposta 2008 art. 10 ter , d.lgs. n. 74/2000 , ricorre per cassazione evidenziando che, al momento della contestazione da parte dell’Agenzia delle Entrate dell’omesso versamento IVA, era in corso un accordo di ristrutturazione del debito art. 182 bis l. fall. per tutti i debiti tributari della società, pertanto non era possibile alcun versamento fino all’esito della procedura. E poi, in merito al sequestro preventivo di quasi 900mila euro, il ricorrente sostiene che questo non poteva essere disposto perché i proventi dell’attività illecita non erano stati rinvenuti nella sfera giuridico-patrimoniale dell’indagato. L’accertamento del reato prescinde da quello del credito erariale. Ma l’asserita necessità di una considerazione unitaria del piano tributario e di quello penale non può essere condivisa dalla Cassazione che, sul punto, basandosi su un principio consolidato, evidenzia come l’accertamento del reato tributario prescinda da quello del credito erariale, potendo pervenire anche alla sua contraddizione, non sussistendo alcun vincolo del giudice penale rispetto all’accertamento tributario . Al contrario – precisa ancora la S.C. – è al giudice penale che spetta esclusivamente l’accertamento e la determinazione dell’importo dell’imposta evasa ai fini di valutare la concreta configurabilità del reato tributario Cass., n. 5640/2012 e n. 36396/2011 . L’accordo di ristrutturazione non incide ai fini penali. Infine – aggiungono gli Ermellini – non incide ai fini penali l’esistenza di un accordo con adesione o di un concordato fiscale tra l’amministrazione finanziaria e il contribuente .

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 27 marzo – 8 luglio 2013, n. 28937 Presidente Mannino – Relatore Graziosi Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 19 settembre 2012 il Tribunale di Brindisi, a seguito di richiesta di riesame del decreto del 28 giugno 2012 del gip dello stesso Tribunale che aveva disposto sequestro preventivo su mobili registrati e denaro nella disponibilità di Nubile S.r.l. e S.L. fino alla concorrenza di Euro 926.382 - richiesta proposta da S.L. , indagato ex articolo 10 ter d.lgs. 74/2000 per avere, quale legale rappresentante della società, omesso il versamento dell'Iva per l'anno imposta 2008 -, riformava parzialmente il decreto disponendo la restituzione di Euro 58.325,10. 2. Ha presentato ricorso il difensore dell'indagato, articolandolo su due motivi. Il primo motivo denuncia violazione di legge in relazione agli articoli 321 c.p.p. e 322 ter c.p., esponendo che quando il 4 luglio 2012 l'Agenzia delle Entrate comunicò il preteso omesso versamento dell'Iva per l'anno 2008 ciò non era veritiero dal momento che era in corso, a seguito di istanza all'Agenzia del 20 marzo 2012, un accordo di ristrutturazione del debito ex articolo 182 bis l.fall. - concluso il 23 luglio 2012 - per tutti i debiti tributari di Nubile S.r.l., onde non era possibile alcun versamento fino all'esito della procedura. Il sequestro preventivo inoltre può disporsi solo se i proventi dell'attività illecita non si rinvengono nella sfera giuridico - patrimoniale dell'indagato, e dall'accordo di ristrutturazione risulterebbe l'assenza di attività distrattiva. Poiché secondo la stessa Agenzia delle Entrate i proventi sono in tale sfera, non vi è necessità di funzione ripristinatoria, ma al contrario si è creata una duplicazione ai danni della società, poiché per lo stesso omesso versamento dell'Iva da un lato si predispone la confisca per equivalente dell'imposta evasa e dall'altro si garantisce l'adempimento dell'obbligo derivante dall'accordo di ristrutturazione con un'ipoteca di valore triplo rispetto all'imposta evasa. Il secondo motivo, sempre come violazione di legge, denuncia poi un contrasto tra le norme sulla ristrutturazione del debito e le cautele penali, che dovrebbero invece essere considerate in modo unitario. Considerato in diritto 3. Il ricorso non è fondato. La valutazione dei due motivi si presta a un ragionevole accorpamento, giacché entrambi sono fondati sull'asserita necessità di una considerazione unitaria del piano tributario e di quello penale. In realtà, la scelta del legislatore si è orientata verso una netta distinzione tra l'uno e l'altro, potendosi identificare nell'articolo 20 d.lgs. 10 marzo 2000 n. 74 un vero e proprio principio di reciproca indipendenza tra il procedimento penale e il processo tributario cfr. da ultimo Cass. sez. II, 22 novembre 2011-28 febbraio 2012 n. 7739, in motivazione che la giurisprudenza ha recepito in modo ormai consolidato, evidenziando come l'accertamento del reato tributario prescinda da quello del credito erariale, potendo pervenire anche alla sua contraddizione, non sussistendo alcun vincolo del giudice penale rispetto all'accertamento tributario, e al contrario spettando esclusivamente al giudice penale di accertare e determinare l'importo della imposta evasa ai fini di valutare la concreta configurabilità del reato tributario Cass. sez. III, 2 dicembre 2011-14 febbraio 2012 n. 5640 Cass. sez. III, 7 ottobre 2011 n. 36396 Cass. sez. III, 28 maggio 2008 n. 21213 . Non incide, pertanto, ai fini penali l'esistenza di un accordo con adesione o di un concordato fiscale tra l'amministrazione finanziaria e il contribuente fattispecie considerata proprio in Cass. sez. III, 2 dicembre 2011 - 14 febbraio 2012 n. 5640 o di istituti simili e a proposito dell'accordo di ristrutturazione addotto dal ricorrente non si può, inoltre, non rilevare che tale accordo è stato avviato e stipulato nel 2012, dunque quando il reato, relativo al periodo d'imposta del 2008, si era già consumato. Quanto poi al rinvenimento dei proventi dell'attività illecita nella sfera giuridico - patrimoniale dell'indagato, è questione di fatto, inammissibile in questa sede. Infine, la pretesa duplicazione normativa, anche sotto il profilo garanziario sequestro per equivalente nell'ambito penale, ipoteca nell'ambito tributario , è solo apparente, poiché, come si è appena illustrato, il reato tributario non coincide necessariamente con il credito erariale. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.