Nuovo piano urbanistico generale? Viene meno il periculum in mora

In materia di sequestro preventivo e lottizzazione abusiva, il giudice della cautela deve in ogni caso fornire motivazione delle ragioni per le quali ritiene essenziale mantenere il sequestro preventivo finalizzato alla confisca del bene in ogni specifico caso sottoposto al suo giudizio.

Del resto, la fattispecie cautelare di cui al primo comma dell’art. 321 c.p.p. ha natura obbligatoria, a differenza di quella contemplata dal secondo comma del medesimo articolo, che ha natura facoltativa, atteso che il giudice ha solo la facoltà, e non il dovere, di disporre il sequestro preventivo delle cose di cui è consentita la confisca. Lo ha stabilito la Terza sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 28242, depositata il 28 giugno 2013. Il sequestro preventivo L’art. 321 c.p.p. costituisce la seconda misura cautelare reale prevista dal codice di rito. Essa fu introdotta con il codice del 1988 per meglio regolamentare una materia in precedenza affidata alla polizia giudiziaria. In occasione della riforma, il legislatore ha voluto chiarire la materia, tipizzare i provvedimenti, garantire i controlli giurisdizionali e disciplinare i collegamenti dell’istituto ex art. 321 c.p.p. nelle leggi speciali e nella pratica giudiziaria. Il sequestro è un istituto giuridico che si adatta alle molteplici finalità previste dalle diverse fonti normative, aventi come denominatore comune l’imposizione di restrizioni sostanziali o formali all’utilizzo svincolato di un bene, spesso finalizzate all’espropriazione definitiva a favore dello Stato e dunque alla confisca . Sul piano esecutivo, il sequestro preventivo avviene mediante la fisica apprensione, materiale e/o formale del bene sequestrato, eseguito dal pubblico ministero anche mediante la polizia giudiziaria, con le stesse modalità previste per il sequestro probatorio, atteso l’esplicito richiamo contenuto nell’art. 104 disp. att. c.p.p., in virtù del quale per il sequestro preventivo si applicano le disposizioni concernenti il sequestro probatorio. In generale, dall’enunciazione di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 321 c.p.p., si individuano tre diverse ipotesi di sequestro preventivo quando vi è il pericolo che la libera disponibilità della cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso quando v’è il pericolo che la cosa possa agevolare la commissione di altri reati nell’ultima ipotesi contemplata nel caso di specie , che prevede il sequestro delle cose di cui è consentita la confisca , il sequestro preventivo costituisce un istituto specifico e autonomo rispetto a quello disciplinato dal primo comma, caratterizzantesi per la peculiarità del presupposto la mera confiscabilità del bene da sottoporre a vincolo e dello scopo garantire la conservazione della cosa sequestrata nelle more del procedimento sanzionatorio . Ne consegue che l’adozione di tale ultima tipologia di confisca deve parametrarsi sulla falsariga dell’atto la confisca, appunto che essa va ad anticipare il periculum in mora si ricollega alla confiscabilità del bene, che non è correlata alla pericolosità sociale dell'agente, come nel caso di cui sopra, ma a quella della res . e l’obbligo di motivazione del relativo provvedimento. La sentenza in commento, relativa ad un caso di sequestro preventivo disposto nell’ambito di un’operazione di contrasto ad una lottizzazione abusiva, è stata censurata dalla terza sezione penale della Suprema Corte di Cassazione, sul presupposto che il Collegio del riesame avrebbe dovuto fornire adeguata motivazione sulle obiezioni avanzate in sede di appello cautelare, che avevano riguardato entrambe le tipologie di vincolo reale gravante sulla parte di area della quale la difesa dell’indagato aveva chiesto il dissequestro, alla luce del fatto nuovo consistente nell’intervenuto mutamento della destinazione d’uso, per effetto dell’adozione del nuovo piano urbanistico generale. La pronuncia de qua appare pienamente condivisibile, atteso che spesso, nella pratica giudiziaria, specie in sede di Riesame, si assiste al venir meno al fondamentale ruolo di garanzia e di controllo della legalità che la legge attribuisce all’organo giudicante. In particolare, è difficile comprendere come a volte il Collegio Giudicante ometta di tenere nel debito conto tutte le contestazioni difensive, ampiamente esposte tanto nell’istanza di riesame del sequestro, quanto nella relazione tecnica quasi sempre allegata dal consulente di parte. Ciò a conferma del fatto che, troppo spesso, il Tribunale del Riesame consapevolmente abdica alla propria funzione di controllo di legalità e di garanzia delle prerogative difensive, attribuitogli per legge, privilegiando obiettivi di sbrigativa deflazione delle impugnazioni. Orbene, a fronte di decisioni che non tengono in debita considerazione le motivazioni ed allegazioni favorevoli a chi subisce il sequestro, è dovere della difesa eccepire, in sede di legittimità, la contraddittorietà o addirittura l’assenza come nella fattispecie in esame della motivazione, ai fini dell’annullamento del provvedimento di sequestro impugnato, ogniqualvolta tale contraddittorietà sia interna all'apparato motivazionale posto a sostegno della decisione attinente il punto oggetto di censura.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 27 marzo - 28 giugno 2013, n. 28242 Presidente Mannino – Relatore Rosi Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 28 settembre 2012, il Tribunale di Lecce, Sezione Riesame, ha rigettato l'appello presentato da I.F. avverso l'ordinanza emessa dal G.I.P. presso il medesimo Tribunale in data 16 agosto 2012, con il quale era stata rigettata l'istanza di revoca parziale del sequestro preventivo incidente su un'area in località omissis , in riferimento al complesso immobiliare turistico-alberghiero, ma anche residenziale di pertinenza della società F.G.C.I. di cui è amministratore lo I. , per la realizzazione del quale lo stesso è indagato per edificazione abusiva e lottizzazione abusiva. 2. Il Tribunale ha confermato la valutazione del G.I.P. richiamando anche i contenuti della precedente ordinanza del 6 dicembre 2011, con la quale lo stesso Tribunale aveva rigettato il ricorso avverso il provvedimento genetico imposto sia sulla base del presupposto di cui all'art. 321 comma 1 c.p.p., che in relazione alla funzionalità del vincolo reale alla confisca di cui al comma 2 , sul presupposto che l'intervenuto mutamento della destinazione d'uso dell'area per effetto del nuovo piano urbanistico generale del 29 gennaio 2010 da agricolo, a turistico-alberghiero , non può avere effetto sanate della lottizzazione abusiva attuata attraverso la progressiva trasformazione dell'area agricola a residenziale, ipotesi delittuosa sulla quale si indaga. La vicenda aveva tratto le mosse nel 2001 con l'acquisto da parte di F.G.C.I. srl, società riconducibile a I.F. , di terreni ricadenti in un sito, previsto come zona agricola e sottoposta a vincoli paesaggistico, idrogeologico e faunistico e dalla richiesta di concessione edilizia dallo stesso presentata per la realizzazione di una residenza turistico alberghiera, alle quale fece seguito il permesso a costruire n. 45 del 2003, dichiarato illegittimo dal Consiglio di Stato per contrasto con lo strumento urbanistico vigente, ed il permesso n. 19 del 2006, che consentiva nuovamente la realizzazione del Complesso, legittimando i lavori già eseguiti. In seguito era stata costituita la s.r.l. Punta Grossa alla quale erano stati conferiti 108 appartamenti del complesso turistico alberghiero, nell'ottica di una riorganizzazione societaria ed aziendale finalizzata anche alla realizzazione di forme di multiproprietà societaria/alberghiera. 3. Avverso tale provvedimento lo I. ha proposto, tramite il proprio difensore, ricorso per cassazione, chiedendo l'annullamento dell'ordinanza per violazione di legge in relazione all'art. 321 c.p.p Il ricorrente, nel ripercorrere la vicenda amministrativa relativa alla realizzazione del Complesso Punta Grossa, ha sottolineato che con delibera del Consiglio comunale n. 24 del 23 giugno 2012, pubblicata nel BRRP n. 111 del 26 luglio 2012, e dichiarata eseguibile immediatamente, è stato approvato in via definitiva il Piano Urbanistico Generale del Comune di Porto Cesareo, che ha recepito, senza riserva alcuna, la variante relativa al Villaggio Turistico-alberghiero omissis di conseguenza il complesso è conforme allo strumento urbanistico vigente, come del resto confermato dallo stesso Ufficio Tecnico del Comune, che con la nota del 2 agosto 2012 ha chiarito che il complesso è coperto dai permessi di costruire n. 19/06 e n. 50/09, atteso che la Zona è tipizzata quale Zona D 7, insediamenti produttivi puntuali. Su tali basi il ricorrente aveva avanzato richiesta di revoca del sequestro per il venir meno del presupposto del periculum in mora tale prospettazione sarebbe stata condivisa dal Tribunale del riesame che non ha però accolto l'appello facendo richiamo al secondo comma dell'art. 321 c.p.p., affermando che trattandosi di confisca obbligatoria, il giudice non dovrebbe motivare diffusamente le ragioni del potere discrezionale di sequestro esercitato. Tale interpretazione, a parere della difesa del ricorrente, sarebbe errata, posto che il dettato normativo del comma secondo dell'art. 321 c.p.p. attribuisce al giudice un potere discrezionale del quale egli è tenuto a motivare l'esercizio, dovere non adempiuto nel caso di specie. Inoltre la revoca aveva ad oggetto la sola parte riferibile alla società F.G.C.I. e non quella la cui titolarità spetta alla diversa società Punta Grossa s.r.l., sulla quale permangono ancora problemi relativi al cambio di destinazione d'uso. Considerato in diritto 1. Il motivo di ricorso è fondato. Come è noto il controllo operato dai giudici di legittimità nei procedimenti cautelari reali attiene alla violazione di legge, ossia agli errores in iudicando o in procedendo ed a quei vizi della motivazione così radicali, da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante, o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice, così, Sez. U, n. 25932 del 26 giugno 2008, Ivanov, Rv. 239692 . Perciò se è ben vero che il riscontro del fumus delicti è materia riservata alla fase del riesame, mentre in sede di appello possono essere solo dedotte questioni diverse da quelle relative alla legittimità dell'imposizione del vincolo, attinenti alla persistenza delle ragioni giustificanti il mantenimento della misura cfr. Sez. 3, n. 17364 dell'8/3/2007, Iannotta, Rv. 236602 , il Collegio del riesame è comunque tenuto ad esaminare la consistenza del fumus delicti al fine di effettuare un controllo circa la permanenza o meno delle esigenze preventive e la ipotizzabile confisca delle opere realizzate. 2. Il periculum in mora che legittima il sequestro preventivo ex art. 321 c.p.p. consiste nella necessità di evitare che la libera disponibilità della cosa pertinente al reato possa provocare l'aggravarsi o il protrarsi delle conseguenze di esso, e quindi deve essere attuale, per cui quando, anche per fatti sopravvenuti, le esigenze di cautela vengono meno, deve farsi luogo alla revoca del vincolo cautelare ai sensi del comma 3 del medesimo articolo cfr. Sez. 2, n. 25996 del 17/4/2003, dep. 17/6/2003, Rossi, Rv. 227318 . La giurisprudenza ha chiarito che la valutazione dell'attualità impone al giudice della cautela che debba procedere all'esame di un'istanza di revoca del provvedimento di verificare il mutamento del quadro normativo ed anche di quello giurisprudenziale si veda la parte motiva di Sez. 6, n. 1284 del 22/10/2002, dep. 14/1/2003, Soldi, Rv. 223327 e cfr. Sez. 3, n. 14866 del 17/3/2010, dep. 16/4/2010, Lovison, Rv. 246968 . Di contro la disposizione del comma 3 dell'art. 321 c.p.p. non richiama il sequestro preventivo disposto ai fini di confisca, previsto al comma 2 del medesimo articolo, atteso che la dottrina e la giurisprudenza hanno ritenuto vincolante il richiamo letterale operato dal disposto del terzo comma al solo sequestro preventivo fai sensi del comma 1. Risulta quindi evidente la diversa funzionalità delle due tipologie di sequestro preventivo disciplinate nella disposizione codicistica. 3. Parte della giurisprudenza, inizialmente, aveva ritenuto che nel caso di confisca obbligatoria la pericolosità del bene in sequestro non fosse passibile di valutazioni discrezionali, ma fosse presunta dalla legge, per cui in relazione al sequestro finalizzato alla confisca fosse possibile la revoca del sequestro solo qualora fossero venuti meno gli elementi costituenti il fumus commissi delicti in seguito è stato precisato che la revoca del sequestro preventivo va disposta anche in relazione a fattispecie di reato per le quali è obbligatoria la confisca, non soltanto quando venga meno il fumus del reato ipotizzato, ma anche quando il reato abbia completamente esaurito i suoi effetti cfr. Sez. 3, n. 4100 del 16/10/2007, dep. 28/1/2008, M. in procomma Ippolito, Rv. 238554, in quanto nel caso di specie non era possibile parlare di presunzione legale di pericolosità . Invero un'interpretazione coerente della lettera della norma, che recita il giudice può . , porta a concludere che il giudice della cautela deve comunque fornire motivazione delle ragioni per le quali ritiene essenziale mantenere il sequestro preventivo finalizzato alla confisca del bene in ogni specifico caso sottoposto al suo giudizio. Del resto tale assunto ha trovato conferma nella interpretazione giurisprudenziale, laddove è stato con chiarezza precisato che la fattispecie cautelare di cui al primo comma dell'art. 321 c.p.p. ha natura obbligatoria a differenza di quella contemplata dal secondo comma che ha natura facoltativa, giacché il giudice ha solo la facoltà, e non il dovere, di disporre il sequestro preventivo delle cose di cui è consentita la confisca. si veda la parte motiva di Sez. 3, n. 4050 del 13/11/2002, dep. 29/01/2003, Angrisani, Rv. 223473 . 4. La diversità tra le due diverse funzioni che possono essere svolte da un provvedimento cautelare reale è del resto evidente anche in relazione ai profili attinenti la tutela del terzo in buona fede cfr. Sez. 3, n. 40480 del 27/10/2010, dep. 16/11/2010, Orlando e altri, Rv. 248741, ove è stato chiarito che il fatto che il bene sottoposto a sequestro preventivo, al fine di impedire che la libera disponibilità dello stesso possa aggravarne o protrarre le conseguenze del reato per cui si indaga, appartenga a un terzo estraneo alla commissione del reato e in buona fede non rileva, mentre tale situazione soggettiva è rilevante se il sequestro sia stato disposto esclusivamente ai sensi del comma secondo dell'art. 321 c.p.p. in quanto funzionale alla confisca . Inoltre dalla diversità ontologica e di disciplina tra i due tipi di sequestro preventivo, consegue che il sequestro preventivo, richiesto e disposto a fini esclusivamente impeditivi della commissione di ulteriori reati, non può essere confermato dal Tribunale sulla base del fatto che sia finalizzato a garantire la confisca dei proventi del reato, non potendosi ritenere instaurato il contraddittorio in relazione a tale ultima funzione Sez. 1, n. 23908 del 3/6/2010, dep. 22/6/2010, Galati Rando, Rv. 247951 . 5. Nel caso di specie, risulta perciò fondamentale tenere conto che il titolo del vincolo reale apposto sull'area è duplice, in quanto il provvedimento genetico è stato disposto ai sensi sia del primo, che del secondo comma dell'art. 321 c.p.p. e pertanto il Collegio del riesame avrebbe dovuto fornire adeguata motivazione sulle censure avanzate in sede di appello cautelare che hanno riguardato entrambe le tipologie di vincolo reale gravante sulla parte di area della quale veniva chiesto il dissequestro alla luce del fatto nuovo come indicato . 6. Orbene, questo Collegio rileva che l'impugnata ordinanza è incorsa in violazione di legge art. 325 comma 1 c.p.p. in quanto ha scelto di non fornire alcuna risposta e motivazione circa il sequestro preventivo disposto ex art. 321 comma 1 c.p.p., quanto al venir meno del periculum in mora a seguito del fatto sopravvenuto costituito dalla nuova disciplina urbanistica, la quale consente la destinazione turistico alberghiera dell'area in relazione a tale fatto nuovo in relazione al quale il ricorrente aveva inoltrato richiesta di parziale dissequestro dei comparti A e B del complesso, per il venir meno della specifica funzione cautelare. Infatti l'ordinanza impugnata sembra condividere l'assunto difensivo secondo il quale in caso di pari o superiore carico urbanistico dell'attuale destinazione rispetto a quella accertata affermato dai difensori e contestato dal pubblico ministero il sequestro non assolverebbe più ad alcuna funzione cautelare essendo inesistente il pericolo paventato pag. 4 dell'ordinanza , ma finisce poi per non esprimere alcuna valutazione sul punto, limitandosi ad affermare che non sussiste alcuna necessità di esprimere un giudizio sul carico urbanistico del complesso sul territorio, perché risulta assorbente la strumentante del disposto sequestro alla confisca . 8. Ma, ugualmente, deve essere rilevato che il Tribunale del riesame è incorso nella violazione di legge per omessa motivazione anche laddove, in riferimento al vincolo cautelare a fini di confisca, disposto ex art. 321 comma 2 c.p.p., ha poi scelto di affermare che non è necessaria alcuna motivazione particolarmente diffusa che renda conto del potere discrezionale esercitato , trattandosi di confisca obbligatoria ex art. 44 comma 2 D.P.R. n. 380 del 2001. Di conseguenza l'ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Lecce, affinché proceda ad un nuovo esame circa entrambi i profili evidenziati. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Lecce.