«Non sei tu il padre». Scoperta la relazione extraconiugale, l’uomo se ne va e in buona fede non mantiene più la figlia

Ritiene di non essere più tenuto ad alcuna contribuzione, vista l’accertamento della non paternità. Ma dopo la disposizione del giudice della separazione, riprende volontariamente la contribuzione l’omissione è avvenuta in buona fede.

Con la sentenza numero 19761, depositata l’8 maggio 2013, la Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio la condanna, ritenendo che la condotta dell’uomo non costituisse reato. Nessun legame genetico. Una delle cose peggiori che possa capitare ad un uomo. Un figlio è pur sempre un figlio, conta chi e come lo cresce. Ma anche la genetica ha la sua importanza guardare le somiglianze, lasciare un segno concreto nel mondo. Un uomo scopre di non essere il padre di sua figlia, concepita da una relazione extraconiugale. La non paternità è certa, sono state fatte le necessarie analisi. L’uomo non regge la notizia e se ne va di casa, omettendo, da quel momento in poi, di corrispondere una qualsiasi forma di contribuzione per il mantenimento della moglie e della figlia. Assolto in primo grado, condannato in secondo. Imputato per violazione degli obblighi di assistenza familiare, ex articolo 570 c.p., il Tribunale lo assolve, ritenendo insussistente lo stato di bisogno e giustificata dalla notizia l’omissione. La Corte d’Appello, confermando l’assoluzione rispetto all’omesso mantenimento della moglie, lo condanna per non aver provveduto a mantenere la figlia minore, ritenendo sussistenti gli obblighi di assistenza familiare fino al passaggio in giudicato di eventuale sentenza civile di disconoscimento della paternità. L’uomo ricorre per cassazione, ritenendo insussistente l’elemento soggettivo del reato e che il reddito della donna fosse tale da eliminare un qualsiasi stato di bisogno. Obbligo di provvedere sempre al sostentamento del figlio minore senza reddito. La Suprema Corte sottolinea che anche se l’apporto economico di un genitore è sufficiente, l’altro è comunque tenuto a «provvedere ai mezzi di sostentamento della prole minorenne quando questa non disponga di autonome fonti di reddito». La buona fede. La Corte di Cassazione accoglie il ricorso rispetto l’elemento soggettivo, ritenendo sussistente la buona fede dell’uomo. Il fatto che la minore non fosse sua figlia, ma di un altro, è una circostanza oggettiva, certificata da accertamento tecnico sanitario. Il giudice della separazione ha affermato che l’uomo è tenuto provvedere al mantenimento. Subito e volontariamente, l’uomo si è adeguato. La corte territoriale non ha analizzato la «possibile applicazione di esimenti anche solo putative, tenuto pure conto che l’obbligo affermato dalla Corte distrettuale è esito di interpretazione giurisprudenziale». Con ciò gli Ermellini non vogliono sostenere che un cittadino possa disattendere un’interpretazione giurisprudenziale consolidata. Sottolineano però, che nel caso di specie ciò che rileva è la buona fede da ignoranza scusabile la ripresa volontaria della contribuzione «costituisce senz’altro un elemento concreto che sul piano logico è idoneo a corroborare l’originario errore sulla situazione di fatto, presupposto dell’obbligo di contribuzione, quale unico motivo della temporanea omissione». Per tali motivi, la Corte annulla la sentenza, ritenendo che il fatto non costituisca reato.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 16 aprile – 8 maggio 2013, numero 19761 Presidente Agrò – Relatore Citterio Considerato in fatto 1. F C. era imputato del reato ex articolo 570.2 numero 2 c.p. in danno del coniuge e della figlia minore. Si era allontanato da casa nel omissis , quando aveva “scoperto” di non essere il padre naturale della figlia, concepita in costanza di matrimonio all'esito di relazione extraconiugale della moglie, omettendo da quel momento ogni contribuzione per il mantenimento. Il Tribunale di Taranto/Martina Franca il 22.9.2010 assolveva il C. da entrambe le fattispecie di reato, giudicando, quanto alla minore, insussistente lo stato di bisogno in ragione della permanente e sufficiente contribuzione della moglie e madre e comunque giustificata l'omissione dall'aver scoperto che la minore era nata da una relazione extraconiugale della moglie circostanza in atti pacifica . Con sentenza del 27.6-30.9.2011 la Corte d'appello di Lecce/Taranto confermava l'assoluzione dal reato in danno della moglie, ma condannava l'imputato alla pena di giustizia, sospesa, in relazione all'omesso mantenimento della minore. Premessa la fisiologica e strutturale posizione di bisogno di questa, in assenza di fonti di reddito proprie, il Giudice distrettuale giudicava il C. tenuto all'adempimento degli obblighi di assistenza familiare fino al passaggio in giudicato di eventuale sentenza civile di disconoscimento della paternità, senza pretendere un difetto di consapevolezza in punto di elemento soggettivo . 2. Il ricorrente enuncia unico motivo che qualifica di manifesta illogicità della motivazione, svolgendo poi invece anche deduzioni sull'inconfigurabilità degli elementi costitutivi del reato contestato. Ricordato che l'accertamento ematologico aveva già escluso la sua paternità dal febbraio del 2004 sicché la separazione personale era stata poi pronunciata con addebito in danno della moglie il 7.3.2008 , il motivo argomenta che l'istruttoria aveva accertato la piena sufficienza del reddito della donna anche per il mantenimento della figlia e che in ogni caso non sussisteva l'elemento soggettivo del reato, atteso che C. aveva ripreso le contribuzioni alla minore dopo le corrispondenti statuizioni giudiziarie, il che comprovava la buona fede nell'iniziale omissione, dovuta all'erroneo convincimento di non essere tenuto ad alcuna contribuzione in ragione della conosciuta non paternità. Ragioni della decisione 3. A giudizio del Collegio il ricorso è fondato, nei termini che seguono. Quanto alla sussistenza dello stato di bisogno, il Giudice d'appello ha correttamente applicato il costante insegnamento di legittimità che considera irrilevante l'apporto economico dell'altro genitore, ancorché in ipotesi effettivamente sufficiente, in ragione dell'obbligo proprio che ciascun genitore ha di provvedere ai mezzi di sostentamento della prole minorenne quando questa non disponga di autonome fonti di reddito per tutte, Sez. 6, sentenze 8912/2011, 38125/2008, 26725/2003 . Quanto invece alla dedotta buona fede dell'imputato, affermata dal primo Giudice ed esclusa dalla Cotte d'appello, la motivazione della Corte distrettuale si risolve in una locuzione puramente assertiva, senza confrontarsi con la peculiarità della vicenda, spiegando così perché la stessa fosse da considerarsi irrilevante. Risulta dalle sentenze di merito e dagli atti di impugnazione che il C. ebbe ad allontanarsi da casa, cessando ogni contribuzione a moglie e figlia, dopo aver avuto la certezza, non soggettiva ma oggettiva a seguito di accertamento tecnico sanitario eseguito in accordo con la moglie, che la minore non era figlia sua ma di altri essendo stata concepita nel contesto di una relazione extraconiugale . Egli tuttavia riprese tali contribuzioni appena il Tribunale civile, adito per l'immediata causa di separazione personale, aveva disposto sul punto, senza necessità di azioni coattive per l'ottemperanza. Tutti questi elementi in fatto sono stati valorizzati dal primo Giudice mentre, come ricordato, il Giudice d'appello ha ignorato il confronto, apparentemente giudicando assorbente l'obbligo giuridico di contribuzione fino all'esecutività della sentenza di disconoscimento della paternità. Ma con tale criptica e assertiva motivazione la Corte distrettuale non ha affrontato il punto invece essenziale alla luce delle evidenziate peculiarità della possibile applicazione di esimenti anche solo putative, tenuto pure conto che l'obbligo affermato dalla Corte distrettuale è esito di interpretazione giurisprudenziale a fronte del testo di legge che ancora l'obbligo di sostentamento alla qualità oggettiva di “figlio” , non palesemente inidonea a suscitare dubbi da parte del cittadino quando la non - paternità sia assolutamente indiscussa già da prima di quel giudicato. Con ciò, ovviamente, non si intende sostenere che il cittadino in ipotesi consapevole possa disattendere un'interpretazione giurisprudenziale consolidata che egli non condivida, rivendicando in tal caso la propria buona fede qui rileva infatti solo la buona fede da ignoranza scusabile e, nel caso di specie, la ripresa volontaria della contribuzione come dedotto dalla difesa costituisce senz'altro un elemento concreto che sul piano logico è idoneo a corroborare l'originario errore sulla situazione di fatto, presupposto dell'obbligo di contribuzione, quale unico motivo della temporanea omissione. Ed allora. Vi è una sentenza di assoluzione che argomenta specificamente sul punto della buona fede da apprezzare alla luce delle considerazioni appena svolte . Vi è una sentenza d'appello che afferma la responsabilità senza in realtà affrontare quel punto e, pertanto, non osservando quell'obbligo assolutamente peculiare di attenta ed esaustiva motivazione che la giurisprudenza di questa Corte di legittimità afferma esistente nel caso di prima condanna in appello da sempre per tutte, SU senti. 33748/2005 e 45276/2003 Sez.6, sent. 22120/2009 e, in tempi recenti ma con decisioni ripetute , anche con riferimento al principio che la colpevolezza deve risultare al di là di ogni ragionevole dubbio per tutte, Sez.6, senti. 8705/2013, 1266/2012, 46847/12, 34487/12 . Si impone pertanto l'annullamento della statuizione relativamente alla minore, come da dispositivo, la mera apparenza della motivazione d'appello rendendo non sussistenti le condizioni del rinvio per nuovo giudizio. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non costituisce reato.