Nelle more del giudicato il custode giudiziario non ha diritto alla retribuzione

Se la sentenza non è ancora passata in giudicato, il custode giudiziario non può essere pagato. Al massimo può chiedere un acconto.

Con un’ordinanza emessa l’8 marzo scorso, il Presidente della Seconda sezione Civile della Corte d’appello di Firenze ha revocato un decreto di liquidazione del compenso, che era stato disposto in favore di un custode giudiziario, sebbene si fosse ancora, tecnicamente, nella fase della pendenza del giudizio. La sentenza che dispone la conclusione del contratto non è provvisoriamente esecutiva. Il giudice di appello ha stabilito che la sentenza con la quale viene disposta l’esecuzione specifica di concludere un contratto, nel caso di specie, con effetti traslativi di tutte le quote dell’intero capitale di un’impresa, non è provvisoriamente esecutiva. Essendo necessario, a tal fine, che la pronuncia passi prima in giudicato. Nelle more del passaggio in giudicato, dunque, il sequestro giudiziario disposto ai fini del giudizio non esaurisce la sua funzione e, dunque, il custode giudiziario non può dirsi dispensato dallo svolgimento dei suoi compiti di ausiliario del giudice. Il diritto alla retribuzione scatta dopo il giudicato. Di qui l’inesistenza del diritto alla liquidazione del compenso che, evidentemente, presuppone la cessazione dell’incarico, salvo la residua facoltà di chiedere il versamento di un acconto. È illegittimo, dunque, il decreto di liquidazione che disponga il versamento della intera somma di spettanza, nelle more del passaggio in giudicato della sentenza. In sede di opposizione il giudice monocratico prevale sul Collegio. Il presidente della Seconda sezione ha ricordato, inoltre, che è pienamente legittimo che «il presidente dell’ufficio giudiziario competente» decida sull’esito del reclamo contro la liquidazione disposta da un giudice collegiale, del quale egli stesso può avere fatto parte. E a questo proposito ha fatto presente che «Il problema è stato portato avanti alla Corte Costituzionale» recita l’ordinanza «la quale sentenza 4.2.2010 numero 30 ha stabilito che va bene così, dichiarando infondata la questione. Un giudice solo, insomma, vale più di tre messi insieme, come pensava Napoleone Bonaparte a proposito dei generali in battaglia – diceva – un generale unico» - ha argomentato il Presidente della II sezione - «pur se mediocre, vale più di due generali eccellenti messi insieme. Figurarsi quando i coalizzati sono addirittura tre».

Corte di Appello di Firenze, sez. II Civile, ordinanza 8 marzo 2012 Presidente Occhipinti Fatto e diritto La sentenza, appellata, con cui il Tribunale di Prato ha disposto il trasferimento ex articolo 2932 c.c. da L. R. a M. G. di “tutte le quote dell’intero capitale sociale della Idroferro s.r.l.”, non è provvisoriamente esecutiva, alla luce dell’orientamento giurisprudenziale prevalente Cass. sez. unumero 22.2.2010 numero 4059 Cass. 6.4.2009 numero 8250 . Diventerà esecutiva e produrrà l’effetto traslativo delle quote solo con il passaggio in giudicato. Conseguentemente, il sequestro giudiziario non ha esaurito la sua funzione, né il custode giudiziario dott. R. è stato o può ritenersi dispensato dai suoi compiti di ausiliario del giudice o in qualche modo decaduto dall’incarico. L’assunto che, per iniziativa del M., le quote societarie oggetto di sequestro siano state illegittimamente sottratte, vanificando in pratica lo scopo del provvedimento cautelare, non comporta di per sé né revoca né estinzione del sequestro stesso, né fa venir meno le responsabilità che, in ordine alla misura cautelare, competono sia al custode, sia alle parti, secondo i rispettivi obblighi. In ogni caso, qualsiasi pronuncia sulla sorte giuridica del sequestro non potrebbe essere resa in questa sede, spettando essa esclusivamente al giudice della causa. L’istanza di liquidazione del compenso – rivolta, peraltro, al presidente della sezione, e non, come previsto dall’articolo 168 del D.P.R. numero 115 del 2002, al “magistrato che procede”, cioè alla Corte davanti alla quale pende ora la causa – è dunque prematura. Il dott. R. avrebbe potuto, e potrebbe, eventualmente richiedere un acconto, come previsto dall’articolo 72 del citato D.P.R. Dalla attuale permanenza – quanto meno formale – del sequestro e della funzione di custode giudiziario in capo al dott. R., consegue l’irrilevanza del problema della decadenza del termine di cento giorni dalla cessazione dell’incarico, previsto dall’articolo 71 per la richiesta dell’ausiliario di liquidazione del suo compenso. Non deve sorprendere il curioso meccanismo procedurale per cui un organo monocratico, cioè il “presidente dell’ufficio giudiziario competente” articolo 170 , sia competente a decidere sul reclamo contro la liquidazione di un giudice collegiale del quale, possibilmente, egli stesso può avere fatto parte . Il problema è stato portato avanti alla Corte Costituzionale, la quale sentenza 4.2.2010 numero 30 ha stabilito che va bene così, dichiarando infondata la questione. Un giudice solo, insomma, vale più di tre messi insieme, come pensava Napoleone Bonaparte a proposito dei generali in battaglia – diceva – un generale unico, pur se mediocre, vale più di due generali eccellenti messi insieme. Figurarsi quando i coalizzati sono addirittura tre. In ogni caso, il provvedimento di liquidazione del compenso, steso in calce alla istanza di liquidazione, e che qui si trascrive “V.°, si liquida un compenso di euro 11.000,00 oltre accessori, a carico solidale delle parti. Fi, 26-5-11”, privo di motivazione e seguito da sigla illeggibile, non consente d’individuare la persona del sottoscrittore, e neppure la sua funzione né il nome, né la qualifica a cui si collegherebbe la sigla illeggibile, sono desumibili dal contesto del provvedimento. Sotto questo profilo il provvedimento parrebbe non valido. Riguardo alla mancanza di motivazione, oggetto di formale eccezione di nullità da parte dell’opponente, effettivamente l’articolo 168 del D.P.R. numero 115 del 2002 esige espressamente che il decreto di liquidazione sia motivato. Una forma di motivazione è usualmente insita è difficile dire fino a che punto ciò basti nel semplice riferimento alla notula allegata all’istanza di liquidazione nella specie, tuttavia, non è dato arguire se il parametro di riferimento sia la notula, o, comunque, a quali criteri oggettivi la liquidazione sia stata commisurata. Nel caso specifico, la motivazione assume particolare rilievo, non solo per la difficoltà teorica d’individuare i criteri normativi applicabili all’attività del custode giudiziario, ma anche perché, come si evince dal ricorso in opposizione, la parte prospetta dubbi sul diligente esercizio della custodia, la quale, in pratica, avrebbe fallito il suo scopo. Di nessun rilievo l’eccezione d’inammissibilità del presente ricorso in opposizione, sollevata sulla base di un preteso, quanto insussistente, parallelismo fra la liquidazione dei compensi all’ausiliario e il procedimento di liquidazione degli onorari dell’avvocato, secondo il vecchio sistema della legge numero 794 del 1942 ed al quale, effettivamente, è demandata la sola funzione di liquidare i compensi in rapporto all’attività prestata, non anche risolvere il conflitto sulla sussistenza del diritto alla liquidazione . La liquidazione dei compensi agli ausiliari del giudice è disciplinata esclusivamente dalla legge 115/2002 il richiamo alla legge del 1942 è limitato solo alla scelta del rito, da applicarsi nel caso di contestazione della liquidazione giudiziale. Infine, le spese di questa fase si compensano. Il diritto del dott. R. al compenso per l’attività resa, e, diciamolo pure, per la responsabilità ad essa connessa, non può essere negato, almeno in questa sede tant’è, se anziché chiedere la liquidazione definitiva sull’errato presupposto che il sequestro fosse venuto meno, si fosse limitato a chiedere l’attribuzione di un acconto, difficilmente gli si sarebbe potuto obiettare alcunché, se non, eventualmente, per l’entità dell’importo. Inoltre, la particolarità del caso, nella sua complessità, anche procedurale, è innegabile. P.Q.M. Il Presidente, in accoglimento dell’opposizione, revoca l’impugnato decreto di liquidazione. Dichiara compensate le spese della presente fase.