Una legge dell'inizio del secolo scorso prevede vincoli assoluti a tutela dell'interesse pubblico il consorzio di bonifica batte la provincia che non vuole annullare i propri atti ed è chiamata, quindi, anche a pagare le spese processuali.
La bonifica delle paludi L’articolo 133 lett. a r.d. numero 368/1904 «Regolamento per la esecuzione del t.u. della l. numero 195/1900, e della l. numero 333/1902, sulle bonificazioni delle paludi e dei terreni paludosi» pone chiaro ed espresso divieto «in modo assoluto» di procedere ad una serie di lavori, tra cui, la realizzazione di «fabbriche dal piede interno ed esterno degli argini e loro accessori o dal ciglio delle sponde dei canali non muniti di argini o dalle scarpate delle strade a distanza minore di metri 4 a 10 per i fabbricati, secondo l'importanza del corso d’acqua» e alla successiva lettera b secondo capoverso precisa che «le fabbricheesistenti sono tollerate qualora non rechino un riconosciuto pregiudizio ma, giunte a maturità o deperimento, non possono essere surrogate fuorché alle distanze sopra stabilite». e il divieto di edificazione assoluto inderogabile. La disposizione si differenzia da quella dell’articolo 96 lettera f del r.d. numero 523/1904 «Testo unico delle disposizioni di legge intorno alle opere idrauliche delle diverse categorie» che, disponendo che sono vietate in modo assoluto, tra l’altro, «le fabbriche a distanza dal piede degli argini e loro accessori come sopra, minore di quella stabilita dalle discipline vigenti nelle diverse località, ed in mancanza di tali discipline, a distanza minoredi metri dieci per le fabbriche e per gli scavi», consente alle «discipline locali» di derogare alla distanza minima assoluta ivi indicata, senza porre distinzione tra «fabbriche esistenti» e «nuove fabbriche . È evidente, peraltro, osserva la Sezione sentenza n .816 depositata il 16 febbraio , che nell’ambito di distanza stabilito dalle discipline locali il divieto di edificazione della fascia di rispetto è assoluto e inderogabile Cons. Stato, Sez. IV, numero 4663/2009, che precisa come esso valga anche per i corsi d’acqua confinati in sotterraneo mediante tombinatura , laddove il maggior limite di 10 metri ha natura sussidiaria perché subordinato all’assenza di normative locali, ivi comprese quelle urbanistiche ed edilizie Cass., SSUU Civili, numero 19813/2008 . Al contrario, rileva la sentenza, il vincolo d’inedificabilità posto dall’articolo 133 lettera a , sia pure nell’intervallo da stabilirsi a cura dell’Autorità di bonifica da 4 a 10 metri , è assoluto, perché inderogabile da discipline locali, ed è orientato alla salvaguardia delle «le normali operazioni di ripulitura e di manutenzione e ad impedire le esondazioni delle acque» Cass. Civ., Sez. I, numero 8536/2005 . Concessione edilizia rilasciata in assenza di preventivo parere del Consorzio vizio sanabile col rilascio di «nuovo nulla osta ora per allora». La sentenza impugnata, e il provvedimento assessorile di diniego dell’annullamento in autotutela della concessione edilizia, hanno ritenuto che il limite di distanza non operi con riferimento a lavori di ristrutturazione edilizia, consistenti, come nel caso di specie, nella demolizione e ricostruzione con identica sagoma e volume sull’identica area di sedime. Più in particolare, la Provincia con decreto dell’Assessore all’urbanistica, pianificazione territoriale, sistema informativo geografico negava l'annullamento in autotutela richiesto dal Consorzio perché, pur dando atto che la concessione edilizia era stata rilasciata in assenza di preventivo parere del Consorzio stesso, per un verso qualificava l’omissione come «vizio di legittimità di natura meramente procedimentale», comunque sanabile mediante rilascio di «nuovo nulla osta ora per allora», per altro aspetto riteneva insussistente «un interesse pubblico concreto e attuale, nonché prevalente sugli interessi coinvolti e contrapposti perché tendenti alla conservazione del provvedimento comunale illegittimo», tale da sorreggere l’esercizio dei poteri di autotutela ex articolo 30 l.r. numero 11/2004 L'effettività dei vincoli Ma questa impostazione sostenuta dal Giudice di primo grado non è condivisa dal Collegio per questioni, alla fin fine, letterali. L’articolo 133 lettera a , nel consentire la conservazione delle «fabbriche», ossia degli edifici esistenti, e peraltro «qualora non rechino un riconosciuto pregiudizio» così ammettendo che, nel caso di riconosciuto pregiudizio possa al contrario imporsi l’arretramento alla distanza prescritta, o al limite anche la demolizione , prevede che, al contrario, il limite minimo variabile - da stabilirsi a cura dell’Autorità di bonifica - debba essere rispettato quando si intenda procedere alla «surrogazione», ossia alla sostituzione dell’opera con altra opera. Nell’ampia nozione di «surroga», e in funzione dell’assoluta eccezionalità della conservazione dell’opera già esistente, non può non ricomprendersi la sostituzione anche nella forma della demolizione e della fedele ricostruzione. In altri termini, l’interesse del privato proprietario al mantenimento dell’edificio entro la fascia di rispetto e a distanza inferiore a quella minima è tutelato solo se ed in quanto l’immobile non subisca alcuna trasformazione fisica, rimanga tal quale, come esistente, ed anche in tale ipotesi nemmeno in senso assoluto, potendo disporsi il suo arretramento o al limite il suo abbattimento se «rechi pregiudizio» all’interesse pubblico relativo alla più funzionale ed efficace manutenzione di argini, sponde, corsi d’acqua e canali e/o se presenti rischi in ordine all’esondazione e al naturale deflusso delle acque. e la surroga l’interesse del proprietario soccombe rispetto all’interesse pubblico. Al contrario, quando si intenda procedere alla «surrogazione», ossia alla sostituzione dell’edificio esistente con un nuovo edificio, ancorché di superficie, sagoma, volumetria identiche - mediante demolizione e ricostruzione - l’interesse del proprietario non può che soccombere rispetto al predetto interesse pubblico, nel senso che trova piena applicazione il limite di distanza, da fissare a cura dell’Autorità di bonifica in relazione all’importanza del corso d’acqua e alle esigenze della sua cura e manutenzione, naturalmente con il minor sacrificio possibile ed entro limiti di adeguata proporzionalità e dimostrata funzionalizzazione al suddetto interesse pubblico, qualora esso sia fissato oltre il limite minimo inderogabile di 4 metri. Né può soccorrere l’argomento difensivo dell’applicabilità dell’articolo 42 delle N.T.A. del P.R.G. del Comune di Noale come richiamato nella memoria difensiva della Provincia di Venezia . Tale disposizione regolamentare, intitolata alla «Tutela dei corsi d’acqua» consente bensì «Per gli edifici esistenti ricadenti in tutto o in parte nelle fasce di rispetto la manutenzione ordinaria, straordinaria, il restauro, la ristrutturazione nonché l’ampliamento purché non comporti avanzamento dell’edificio esistente sul fronte fluviale» sennonché essa può assumere valore di deroga, come già evidenziato, soltanto al vincolo di cui all’articolo 96 lettera f r.d. numero 523/1904, e non anche al vincolo di cui all’articolo 133 lettera a r.d. numero 368/1904. In tal senso, d’altro canto, non può tralasciarsi di considerare che l’articolo 34 delle stesse N.T.A., relativo alle «Fasce di rispetto», per le «Zone umide» richiama espressamente i limiti di distanza del r.d. numero 368/1904 «Si richiama l'osservanza del T.U. 25/07/'04 numero 523 e del Regolamento 08/05/04 numero 368 circa le distanze dagli argini e dai pubblici collettori. Si richiama inoltre l'osservanza dell’articolo 35 delle presenti norme» . E il richiamato articolo 35, a sua volta, non prevede alcun intervento edilizio, mentre il successivo articolo 37, relativo ai «Corsi d’acqua di preminente interesse naturalistico», nei quali pure non si fa cenno ad interventi edilizi, ricomprende espressamente il corso del fiume Marzenego tra quelli «avventi peculiari caratteristiche ambientali meritevoli di interventi di tutela». In sostanza, è evidente che il limite minimo di distanza di metri 4 non era derogabile nemmeno dal Consorzio di bonifica, onde nessun «parere», «nullaosta» o similare atto di assenso poteva ricondurre a legittimità l’invalida concessione edilizia. Sotto l’altro aspetto, è insostenibile l’insussistenza dell’interesse pubblico all’annullamento di un titolo edilizio rilasciato in contrasto con un vincolo di inedificabilità entro la fascia di 4 metri dall’argine, e tale da frustrare l’interesse pubblico alla cura e manutenzione del corso d’acqua, certamente prevalente sull’interesse del privato proprietario e costruttore.
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 8 novembre 2011 – 16 febbraio 2012, numero 816 Presidente Leoni – Relatore Spagnoletti Fatto Con l’appello in epigrafe il Consorzio bonifica D.S., con sede in Chirignano, in persona del Presidente pro-tempore, ha impugnato la sentenza pure in epigrafe meglio indicata. Giova premettere che il Comune di Noale rilasciava a M. P. e M. Pe. la concessione edilizia numero 60 del 31 maggio 2002 per la demolizione e ricostruzione di un fabbricato a uso abitativo alla via San Dono in fregio all’argine del fiume Marzenego il Consorzio di bonifica D.S., verificato lo svolgimento dei lavori, richiesta e acquisita dall’Amministrazione comunale copia della concessione edilizia, contestata al Comune e alle proprietarie la distanza inferiore al limite minimo di 4 metri dagli argini, formulato a istanza della P. parere preliminare favorevole con prescrizioni e, in difetto dell’adeguamento alle prescrizioni, parere negativo, dopo aver vanamente intimato lo sgombero dell’area occupata dalla costruzione a distanza inferiore al limite minimo, formulava istanza di annullamento in autotutela al Comune e, nell’inerzia di quest’ultimo, alla Provincia di Venezia la Provincia di Venezia con decreto dell’Assessore all’urbanistica, pianificazione territoriale, sistema informativo geografico numero 28296 dell’11 giugno 2006 negava il chiesto annullamento in autotutela perché, pur dando atto che la concessione edilizia era stata rilasciata in assenza di preventivo parere del Consorzio di bonifica, per un verso qualificava l’omissione come “vizio di legittimità di natura meramente procedimentale”, comunque sanabile mediante rilascio di “nuovo nulla osta ora per allora”, per altro aspetto riteneva insussistente “un interesse pubblico concreto e attuale, nonché prevalente sugli interessi coinvolti e contrapposti perché tendenti alla conservazione del provvedimento comunale illegittimo”, tale da sorreggere l’esercizio dei poteri di autotutela ex articolo 30 della legge regionale 23 aprile 2004, numero 11 il Consorzio di Bonifica, con il ricorso in primo grado numero 1510/2006 ha impugnato il diniego di annullamento in autotutela della concessione edilizia, deducendo vizi di 1 Eccesso di potere. Difetto di istruttoria 2 Violazione di legge articolo 10 bis legge numero 241/1990 3 Violazione di legge articolo 133 r.d. numero 368/1904. Eccesso di potere carenza di istruttoria, illogicità manifesta, mancata valutazione degli interessi pubblici sottesi nel giudizio di primo grado si sono costituiti la Provincia di Venezia, il Comune di Noale e una delle controinteressate intimate M. P. che hanno dedotto a loro volta l’infondatezza del ricorso Con la sentenza appellata il T.A.R. per il Veneto, disattesa l’eccezione pregiudiziale della controinteressata costituita relativa all’omessa impugnativa diretta della concessione edilizia, ha respinto il ricorso in base ai rilievi di seguito sintetizzati poiché nella specie l’opera edilizia rientra nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia demolizione e ricostruzione con identica sagoma e volume sull’identica area di sedime e non configura una nuova costruzione, non è applicabile il vincolo relativo alla fascia di rispetto prescritta dall’articolo 133 r.d. numero 368/1904 da 4 a 10 metri l’articolo 10 bis della legge numero 241 del 1990 è inapplicabile al procedimento ex articolo 30 della legge regionale numero 11/2004, che si caratterizza per l’esercizio ex officio dei poteri di autotutela, ancorché stimolato da esposto e/o segnalazione del Consorzio, e che contempla il solo intervento del concessionario, del proprietario della costruzione , del progettista e del comune interessato non è ravvisabile la dedotta carenza d’istruttoria, in funzione della corretta qualificazione dell’opera come intervento di ristrutturazione, né il difetto di motivazione, in relazione alla rilevata insussistenza di un interesse pubblico attuale all’annullamento, anche in ragione della possibile acquisizione a sanatoria del parere. A sostegno dell’appello sono stati dedotti i seguenti motivi I Errore nei presupposti. Travisamento articolo 133 r.d. numero 368 del 1904 L’articolo 133, al comma 3, prevede che i manufatti ivi indicati, “giunti a maturazione o deperimento”, non possono essere “surrogati” fuorché alle distanze stabilite ossia da metri 4 a metri 10 per i fabbricati, secondo l’importanza del corso d’acqua la demolizione con ricostruzione va inquadrata nel concetto di “surrogazione” ovvero sostituzione, sicché nella specie sussiste la violazione della disposizione, non potendo assumere alcun rilievo la qualificazione tipologica dell’intervento ristrutturazione edilizia anziché nuova costruzione , dovendo trovare applicazione la normativa speciale a tutela delle opere idrauliche dei consorzi di bonifica. II Errore nei presupposti. Travisamento. Mancata valutazione degli interessi sottesi all’articolo 133 r.d. numero 368 del 1904, anche con riferimento alla ritenuta irrilevanza della mancata acquisizione del parere del Consorzio La Provincia ha del tutto obliterato l’interesse pubblico specifico sotteso alla disposizione dell’articolo 133 -che introduce un vincolo assoluto e inderogabile alla cui salvaguardia è diretto il parere del Consorzio, che non può ritenersi minusvalente rispetto all’interesse del privato alla conservazione del titolo edilizio in funzione dell’affidamento da esso creato. L’ articolo 42 comma 3 N.T.A. del PRG di Noale prevede, peraltro, il parere del Consorzio per il rilascio di titoli edilizi relativi a costruzioni in fregio alle opere di bonifica, da ritenere obbligatorio e vincolante. La carenza del parere non è vizio procedimentale sanabile. III Errore nei presupposti. Travisamento articolo 10 bis della legge numero 241 del 1990 La parte privata o l’ente pubblico che richiedono l’esercizio dei poteri d’annullamento ex articolo 30 l.r. numero 11 del 2004 assumono veste di soggetti del procedimento, onde non poteva eludersi l’obbligo di preavviso della determinazione negativa. Nel giudizio d’appello si è costituita la sola Provincia di Venezia che, con memoria difensiva depositata l’8 ottobre 2011, ha dedotto l’infondatezza del ricorso insistendo sull’inapplicabilità dei limiti ex articolo 133 del r.d. numero 368/1904 alle opere di ristrutturazione edilizia, evidenziando altresì come l’articolo 42 N.T.A. del P.R.G. di Noale consenta espressamente la ristrutturazione degli edifici esistenti ricadenti in tutto o in parte nelle fasce di rispetto dei canali, se non comportino l’avanzamento dell’edificio sul fronte fluviale, e ribadendo l’assenza di interesse pubblico all’annullamento in autotutela. Con memoria difensiva depositata il 6 ottobre 2011 e memoria di replica depositata il 18 ottobre 2011, l’appellante, precisato che in esecuzione delle previsioni della legge regionale 8 maggio 2009, numero 12 i preesistenti Consorzio di bonifica D.S. e Consorzio di bonifica sinistra medio Brenta sono stati accorpati nel Consorzio di bonifica Acque Risorgive, ha ribadito e ulteriormente illustrato le proprie censure, insistendo per l’accoglimento dell’appello. All’udienza pubblica dell’8 novembre 2011 l’appello è stato discusso e riservato per la decisione. Diritto 1. L’appello in epigrafe è fondato e deve essere accolto, con conseguente annullamento, in riforma della sentenza impugnata, del decreto dell’Assessore all’urbanistica, pianificazione territoriale, sistema informativo geografico della Provincia di Venezia numero 28296 dell’11 giugno 2006, salvi i provvedimenti ulteriori in sede di riedizione del potere di autotutela. 1.1 L’articolo 133 lettera a del r.d. 8 maggio 1904, numero 368 “Regolamento per la esecuzione del t.u. della l. 22 marzo 1900, numero 195, e della l. 7 luglio 1902, numero 333, sulle bonificazioni delle paludi e dei terreni paludosi” pone chiaro ed espresso divieto “in modo assoluto” di procedere ad una serie di lavori, tra cui, per quanto qui rileva, la realizzazione di “fabbriche dal piede interno ed esterno degli argini e loro accessori o dal ciglio delle sponde dei canali non muniti di argini o dalle scarpate delle strade a distanza minore di metri 4 a 10 per i fabbricati, secondo l'importanza del corso d’acqua” e alla successiva lettera b secondo capoverso precisa, sempre per quanto qui interessa, che “le fabbricheesistenti sono tollerate qualora non rechino un riconosciuto pregiudizio ma, giunte a maturità o deperimento, non possono essere surrogate fuorché alle distanze sopra stabilite”. La disposizione si differenzia da quella dell’articolo 96 lettera f del r.d. 27 luglio 1904, numero 523 “Testo unico delle disposizioni di legge intorno alle opere idrauliche delle diverse categorie” che, disponendo che sono vietate in modo assoluto, tra l’altro, “le fabbriche a distanza dal piede degli argini e loro accessori come sopra, minore di quella stabilita dalle discipline vigenti nelle diverse località, ed in mancanza di tali discipline, a distanza minoredi metri dieci per le fabbriche e per gli scavi”, consente alle “discipline locali” di derogare alla distanza minima assoluta ivi indicata, senza porre distinzione tra “fabbriche esistenti”e “nuove fabbriche”. E’ evidente, peraltro, che nell’ambito di distanza stabilito dalle discipline locali il divieto di edificazione della fascia di rispetto è assoluto e inderogabile Cons. Stato, Sez. IV, 23 luglio 2009, numero 4663, che precisa come esso valga anche per i corsi d’acqua confinati in sotterraneo mediante tombinatura vedi anche Sez. V, 26 marzo 2009, numero 1814 , laddove il maggior limite di 10 metri ha natura sussidiaria perché subordinato all’assenza di normative locali, ivi comprese quelle urbanistiche ed edilizie Cass., SS.UU. civili, 18 luglio 2008 , numero 19813 . Al contrario, il vincolo d’inedificabilità posto dall’articolo 133 lettera a , sia pure nell’intervallo da stabilirsi a cura dell’Autorità di bonifica da 4 a 10 metri , è assoluto, perché inderogabile da discipline locali, ed è orientato alla salvaguardia delle “le normali operazioni di ripulitura e di manutenzione e ad impedire le esondazioni delle acque” Cass. Civ., Sez. I, 22 aprile 2005 numero 8536 . 1.2 La sentenza impugnata, e il provvedimento assessorile di diniego dell’annullamento in autotutela della concessione edilizia, hanno ritenuto che il limite di distanza non operi con riferimento a lavori di ristrutturazione edilizia, consistenti, come nel caso di specie, nella demolizione e ricostruzione con identica sagoma e volume sull’identica area di sedime. Tale conclusione è erronea e priva di fondamento normativo. L’articolo 133 lettera a , nel consentire la conservazione delle “fabbriche”, ossia degli edifici esistenti, e peraltro “qualora non rechino un riconosciuto pregiudizio” così ammettendo che, nel caso di riconosciuto pregiudizio possa al contrario imporsi l’arretramento alla distanza prescritta, o al limite anche la demolizione , prevede che, al contrario, il limite minimo variabile -da stabilirsi a cura dell’Autorità di bonifica debba essere rispettato quando si intenda procedere alla “surrogazione”, ossia alla sostituzione dell’opera con altra opera. Nell’ampia nozione di “surroga”, e in funzione dell’assoluta eccezionalità della conservazione dell’opera già esistente, non può non ricomprendersi la sostituzione anche nella forma della demolizione e della fedele ricostruzione. In altri termini, l’interesse del privato proprietario al mantenimento dell’edificio entro la fascia di rispetto e a distanza inferiore a quella minima è tutelato solo se ed in quanto l’immobile non subisca alcuna trasformazione fisica, rimanga tal quale, come esistente, ed anche in tale ipotesi nemmeno in senso assoluto, potendo disporsi il suo arretramento o al limite il suo abbattimento se “rechi pregiudizio” all’interesse pubblico relativo alla più funzionale ed efficace manutenzione di argini, sponde, corsi d’acqua e canali e/o se presenti rischi in ordine all’esondazione e al naturale deflusso delle acque. Al contrario, quando si intenda procedere alla “surrogazione”, ossia alla sostituzione dell’edificio esistente con un nuovo edificio, ancorché di superficie, sagoma, volumetria identiche -mediante demolizione e ricostruzione l’interesse del proprietario non può che soccombere rispetto al predetto interesse pubblico, nel senso che trova piena applicazione il limite di distanza, da fissare a cura dell’Autorità di bonifica in relazione all’importanza del corso d’acqua e alle esigenze della sua cura e manutenzione, naturalmente con il minor sacrificio possibile ed entro limiti di adeguata proporzionalità e dimostrata funzionalizzazione al suddetto interesse pubblico, qualora esso sia fissato oltre il limite minimo inderogabile di 4 metri. Né può soccorrere l’argomento difensivo dell’applicabilità dell’articolo 42 delle N.T.A. del P.R.G. del Comune di Noale come richiamato nella memoria difensiva della Provincia di Venezia . Tale disposizione regolamentare, intitolata alla “Tutela dei corsi d’acqua” consente bensì “Per gli edifici esistenti ricadenti in tutto o in parte nelle fasce di rispetto la manutenzione ordinaria, straordinaria, il restauro, la ristrutturazione nonché l’ampliamento purché non comporti avanzamento dell’edificio esistente sul fronte fluviale” sennonché essa può assumere valore di deroga, come già evidenziato, soltanto al vincolo di cui all’articolo 96 lettera f del r.d. numero 523/1904, e non anche al vincolo di cui all’articolo 133 lettera a del r.d. numero 368/1904. In tal senso, d’altro canto, non può tralasciarsi di considerare che l’articolo 34 delle stesse N.T.A., relativo alle “Fasce di rispetto”, per le “Zone umide” richiama espressamente i limiti di distanza del r.d. numero 368/1904 “Si richiama l'osservanza del T.U. 25/07/'04 numero 523 e del Regolamento 08/05/04 numero 368 circa le distanze dagli argini e dai pubblici collettori. Si richiama inoltre l'osservanza dell’articolo 35 delle presenti norme” . E il richiamato articolo 35, a sua volta, non prevede alcun intervento edilizio, mentre il successivo articolo 37, relativo ai “Corsi d’acqua di preminente interesse naturalistico”, nei quali pure non si fa cenno ad interventi edilizi, ricomprende espressamente il corso del fiume Marzenego tra quelli “avventi peculiari caratteristiche ambientali meritevoli di interventi di tutela”. 2. Alla stregua delle osservazioni che precedono risultano dunque fondati il primo e il secondo motivo d’appello, imperniati sull’illegittimità del decreto assessorile in quanto emanato e motivato sull’erronea presupposizione che, in presenza di vincolo d’inedificabilità non derogabile dalle “discipline locali”, la concessione edilizia fosse inficiata soltanto da vizio formale, da ritenere sanabile ex articolo 21 nonies della legge 7 agosto 1990, numero 241 come introdotto dall’articolo 14 comma 1 della legge 11 febbraio 2005, numero 15 , e che non sussistesse un interesse pubblico prevalente in ordine all’annullamento del titolo edilizio. Sotto un primo profilo, è infatti evidente che il limite minimo di distanza di metri quattro non era derogabile nemmeno dal Consorzio di bonifica, onde nessun “parere”, “nullaosta” o similare atto di assenso poteva ricondurre a legittimità l’invalida concessione edilizia. Sotto l’altro aspetto, è insostenibile l’insussistenza dell’interesse pubblico all’annullamento di un titolo edilizio rilasciato in contrasto con un vincolo di inedificabilità entro la fascia di quattro metri dall’argine, e tale da frustrare l’interesse pubblico alla cura e manutenzione del corso d’acqua, certamente prevalente sull’interesse del privato proprietario e costruttore. 3. In conclusione, in accoglimento dell’appello, e in riforma della sentenza gravata, deve annullarsi il decreto assessorile, salvi i provvedimenti ulteriori dell’amministrazione provinciale in sede di riedizione del potere alla luce del contenuto conformativo della presente sentenza. 4. Il regolamento delle spese del doppio grado di giudizio, liquidate come da dispositivo e poste a carico dell’appellata Provincia di Venezia, segue la soccombenza. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quarta accoglie l’appello di cui al ricorso numero 3652 del 2009, e per l’effetto 1 in riforma della sentenza del T.A.R. per il Veneto Sez. II numero 3879 del 17 dicembre 2008, resa tra le parti, annulla il decreto dell’Assessore all’urbanistica, pianificazione territoriale, sistema informativo geografico della Provincia di Venezia numero 28296 dell’11 giugno 2006, salvi i provvedimenti ulteriori dell’amministrazione provinciale, nei sensi di cui in motivazione 2 condanna la Provincia di Venezia, in persona del Presidente pro-tempore, alla rifusione, in favore del Consorzio appellante, e per esso del sottentrato Consorzio di bonifica Acque Risorgive, in persona del Presidente pro-tempore, delle spese e onorari del doppio grado di giudizio, liquidati in complessivi € 3.000,00, oltre I.V.A. e C.A.P. nella misura dovuta. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.