L'avvocato sbaglia il calcolo del termine per proporre appello? E' il cliente che avrebbe dovuto vigilare sul suo operato e, per questo, la Cassazione esclude sia il caso fortuito che la causa di forza maggiore, negando la restituzione in termini.
Questo, in maniera molto sintetica, è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con la sentenza numero 2757/13, depositata il 18 gennaio scorso. La fattispecie. Più precisamente, nel caso in esame, la Cassazione ha respinto il ricorso di un detenuto che chiedeva la restituzione in termini per proporre appello, visto che il proprio difensore aveva impugnato con ritardo il provvedimento di primo grado. La Terza Sezione Penale, in sostanza, conferma quanto deciso dalla Corte di appello - che aveva rigettato l’istanza di restituzione nei termini - ritenendo l’errore commesso dal difensore del detenuto nel calcolo del termine per proporre l’impugnazione non rientrante «nell’ipotesi di forza maggiore o caso fortuito per le quali la legge prevede l’istituto della restituzione nei termini». L’errore era imprevedibile per il cliente? L’interessato, ricorrente per cassazione, sostiene che, essendo detenuto dal 2009 e non avendo nessuna cognizione tecnico-giuridica, non era in grado di verificare la tempestività del deposito dell’atto di appello da parte del proprio difensore di fiducia cui si era affidato per la corretta instaurazione del procedimento. Per evitare l’errore, l’avvocato avrebbe dovuto semplicemente utilizzare la normale diligenza professionale. La S.C., premesse le definizioni di caso fortuito e di forza maggiore, precisa che nessuna di queste è ravvisabile nell’errore in cui è incorso il difensore nel calcolo del termine per proporre l’impugnazione, «trattandosi di situazione che poteva essere agevolmente evitata con l’uso della normale diligenza professionale, facendo ricorso alle elementari conoscenze in materia di impugnazioni che un avvocato abilitato all’esercizio della professione forense deve possedere». Sussiste un onere di vigilanza del cliente sull’operato del difensore. La Corte di Cassazione, infine, aggiunge che non può nemmeno essere escluso, in via presuntiva, «l’onere dell’assistito di vigilare sull’esatta osservanza dell’incarico conferito, nelle ipotesi in cui il controllo sull’adempimento defensionale non sia impedito al comune cittadino da un complesso quadro normativo» Cass., sez. V, sent. numero 43277/2011 . Per queste ragioni, il ricorso del ricorrente viene rigettato.
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 12 luglio 2012 – 18 gennaio 2013, numero 2757 Presidente Squassoni – Relatore Savino Ritenuto in fatto e in diritto La Corte di Appello di Firenze, con ordinanza in data 24.5.011, dichiarava inammissibile, perché tardivamente depositato, l'appello proposto dal difensore di S.G. avverso la sentenza del Tribunale di Siena in data 6-7/4.10.010 con la quale il predetto era stato condannato alla pena di anni dieci di reclusione per i reati di cui agli articolo 609 bis, 609 quater co 1 c.p. oltre pene accessorie e al risarcimento dei danni in favore della parte civile. Proposta istanza di restituzione nei termini, con ordinanza in data 19.7.011, la stessa Corte di Appello di Firenze rigettava detta istanza ritenendo che l'errore commesso dal difensore dell'appellante nel calcolo del termine per proporre l'impugnazione non rientrasse nelle ipotesi di forza maggiore o caso fortuito per le quali la legge prevede l'istituto della restituzione nei termini. Avverso tale ordinanza proponeva personalmente ricorso per Cassazione il S. per i seguenti motivi violazione di legge ex articolo 606 lett. C c.p.p. in relazione all'articolo 175 c.p.p Assume il ricorrente di essere venuto a conoscenza del tardivo deposito dell'impugnazione da parte del difensore di fiducia, solo all'udienza di discussione dell'appello 24.5.011 e che, essendo detenuto dal dicembre del 2009, non avendo peraltro nessuna cognizione tecnico-giuridica, non era in grado di verificare presso la cancelleria del tribunale la tempestività del deposito dell'atto di appello da parte del difensore di fiducia cui si era affidato per la corretta instaurazione del procedimento. Quindi, sia per l'affidamento riposto nel difensore di fiducia, sia per la sua condizione di detenuto sin dalle indagini preliminari, non aveva avuto alcun sentore del tardivo deposito del'atto, causa di inammissibilità dell'impugnazione. 2 - erronea vantazione circa la sussistenza delle ipotesi di caso fortuito e di forza maggiore. Lamenta il ricorrente che la Corte di Appello, nel respingere l'istanza di restituzione nei termini, non abbia ritenuto di assimilare l'imprevedibilità per il cliente dell'errore in cui è incorso il proprio legale nel calcolo del termine per il deposito dell'impugnazione alle ipotesi di caso fortuito, conformemente ad un orientamento interpretativo della Suprema Corte, secondo cui deve ritenersi integrato il caso fortuito o la forza maggiore nell'ipotesi in cui il comportamento del difensore di fiducia, non attivatosi, contrariamente alle aspettative dell'imputato, per proporre impugnazione, sia dovuto ad una situazione di imprevedibile ignoranza della legge penale, con conseguente legittimità dell'istanza di restituzione nei termini per la presentazione dei motivi di appello ex articolo 175 c.p.p Cass. sez VI 26.6.09 numero 35149 . Il Procuratore Generale presentava requisitoria scritta con la quale chiedeva il rigetto del ricorso. Il ricorso è infondato. Presupposto essenziale affinché l'interessato possa beneficiare dell'istituto della restituzione nel termine ex articolo 175 c.p.p., è la ricorrenza di una situazione di caso fortuito o forza maggiore che abbia determinato una assoluta impossibilità di osservare il termine perentorio. Secondo l'elaborazione giurisprudenziale della Suprema Corte dei concetti di forza maggiore e di caso fortuito Cass. S.U. 14991/2006 , per caso fortuito deve intendersi un evento imprevisto e imprevedibile che si inserisce d'improvviso nell'azione del soggetto senza che possa essere evitato con l'uso della diligenza, prudenza e perizia, e che non può in alcun modo, nemmeno a titolo di colpa, farsi risalire all'attività psichica dell'agente per forza maggiore si intende una forza causale naturale o umana alla quale la parte non può opporre una diversa determinazione volitiva e dunque non può essere efficacemente contrastata con alcuna forma di resistenza. Entrambi i concetti, come è evidente, hanno in comune il requisito dell'assoluta inevitabilità tuttavia, mentre in presenza del caso fortuito essa è conseguenza della imprevedibilità dell'evento, in presenza della forza maggiore è conseguenza della assoluta irresistibilità dell'evento, anche se prevedibile. Premesso il significato delle due categorie in esame, ritiene questa Corte che nessuna di esse possa essere ravvisata nell'errore in cui è incorso il difensore nel calcolo del termine per proporre l'impugnazione, trattandosi di situazione che poteva essere agevolmente evitata con l'uso della normale diligenza professionale, facendo ricorso alle elementari conoscenze in materia di impugnazioni che un avvocato abilitato all'esercizio della professione forense deve possedere. Si tratta dunque di colpevole inosservanza delle norme in materia, del tutta estranea alle ipotesi di caso fortuito e di forza maggiore, non rivestendo i caratteri di imprevedibilità o di irresistibilità che le connotano. Né la sussistenza di tali situazioni legittimanti la restituzione nel termine ex articolo 175 c.p.p. può ravvisarsi quanto all'incolpevole posizione dell'imputato che ha fatto affidamento sul difensore in forza del rapporto fiduciario esistente, posto che incombe sul cliente l'onere di vigilare sul corretto svolgimento dell'incarico conferito. Tale principio in tema di vigilanza da parte dell'imputato sull'esatto adempimento dell'incarico professionale, ha costituito oggetto di numerose pronunce della Suprema Corte Cass. sez. 2, 9.3.2007 numero 12922, Cass., penumero sez. 2 numero 49179 dell'11.11.2003 . Cass. sez. 2 numero 48243 dell'11.11- 2003 , che, nell'affermare la sussistenza di un onere di vigilanza del cliente sull'operato del difensore, sia pure nei limiti in cui il controllo sia esercitabile in relazione alle limitate cognizioni tecnico-processuali del cliente e al livello di complessità del procedimento, hanno escluso che l'affidamento riposto da quest'ultimo nello svolgimento del mandato defensionale, possa tradursi, in caso di colpevole errore da parte di questi, in una sorta di esimente per l'imputato, invocando il caso fortuito o la forza maggiore, conseguenti al totale incolpevole affidamento nell'operato del professionista. L'imperfetta esecuzione della prestazione professionale da parte del difensore non presenta i caratteri di un evento assolutamente al di fuori di ogni possibilità di previsione, dunque inevitabile, in quanto l'affidamento del cliente alle competenze tecniche del professionista non può portarlo ad escludere a priori qualsiasi possibilità di negligenza o imperizia, tale da giustificare un margine di intervento e di vigilanza sul suo operato. Pur tenendo presente le difficoltà che incontra il cliente, nell'ambito del rapporto fiduciario che instaura col professionista, nell'effettuare un efficace controllo sull'operato di quest'ultimo, anche per il difetto delle necessarie cognizioni tecnico-giuridiche, l'eventuale inoperosità del difensore non può valere a rendere di fatto l'imputato estraneo alla vicenda processuale che lo interessa, così vanificando l'onere che pur sempre incombe sul medesimo imputato di sorvegliare la puntuale osservanza del mandato conferito al proprio difensore. A tale riguardo vanno inoltre richiamati i principi affermati dalla sentenza della Corte E.D.U. nel caso Kimmel contro Italia nonché dalla sentenza del 26.3.1996 nel caso Doorson contro Olanda , in tema di onere di vigilanza sull'operato del proprio difensore gravante sull'imputato. Deve pertanto concludersi, in conformità al prevalente, condivisibile orientamento di questa Corte Suprema, che il mancato, inesatto adempimento da parte del difensore di fiducia dell'incarico di proporre impugnazione, a qualsiasi causa ascrivibile, non è idoneo a realizzare le situazioni di caso fortuito o forza maggiore, che legittimano la restituzione in termini. L'ipotesi dell'errore o di omissione causata da errore, ai fini della restituzione nei termini di cui all'articolo 175 cod. proc. penumero , non può infatti essere assimilata alle ipotesi di caso fortuito e forza maggiore in quanto queste si concretano in forze impeditive non altrimenti vincibili, mentre il primo, consistendo in una falsa rappresentazione della realtà, è evitabile mediante la normale diligenza ed attenzione Cass. Sez. 4, 15/04/2011, dep. 09/06/2011, sez II Cass. Sez. 5, numero 626 del 01/02/2000 dep. 28/02/2000, Rv. 215490, Cass sez V 6.7.011 numero 43277, Sez. 2, 24/01/2012 dep. 17/05/2012 Rv. 252812 . Né può essere escluso, in via presuntiva, la sussistenza di un onere dell'assistito di vigilare sull'esatta osservanza dell'incarico conferito, nelle ipotesi in cui il controllo sull'adempimento defensionale non sia impedito al comune cittadino da un complesso quadro normativo . Sez. 5, Sentenza numero 43277 del 06/07/2011 Cc. dep. 22/11/2011 Rv. 251695 . Quanto poi alla giurisprudenza della Corte Europea per Diritti dell'Uomo richiamata dal ricorrente, in conformità alla quale il giudice nazionale deve interpretare le norme interne, v. sentenze 9 aprile 1984, Goddi c. Italia 27 aprile 2006, Sannino c. Italia 18 gennaio 2007, Hany c. Italia , rileva questo Collegio che il significato di forza maggiore e caso fortuito, come consolidatosi nell’ordinamento giuridico, non può spingersi fino a ricomprendere casi evidenti di inesorabili errori o negligenze del difensore solo per ottemperare al dovere, sancito dalla CEDU, di “restaurare i diritti processuali fondamentali dell’imputato a seguito di carenze difensive manifeste e segnalate alla sua attenzione”, dovendosi interpretare il principio affermato dalla Corte Europea con riferimento a carenze dipendenti dalla struttura e patologia del sistema processuale italiano ma non con riguardo a quelle situazioni di carente o difettosa assistenza difensiva ascrivibili unicamente a grossolane negligenze o ignoranze del difensore, che, in quanto tali, peraltro, non sono neppure riconducigli, per le suesposte considerazione, ad alcuna situazione di imprevedibilità o irresistibilità dell’evento, dunque d inevitabilità dello stesso. Il ricorso deve dunque essere rigettato. Segue per legge, ai sensi del’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.