Il marciapiede attorno casa va considerato opera pertinenziale e, in quanto tale, non soggetta al permesso di costruire.
Il marciapiede attorno casa va considerata opera pertinenziale e, in quanto tale, non soggetta al permesso di costruire. Il Consiglio di Stato, Sezione VI 4356/2017 , ha ribaltato la decisione del Giudice di primo grado il quale aveva ritenuto che la fascia di camminamento posta lungo il perimetro dell’abitazione, pur non determinando la creazione di nuovo volume, assume rilievo non già sotto il profilo volumetrico, bensì sotto diverso profilo poiché, trattandosi di «spianamento di area agricola e deruralizzazione della stessa, pur senza l’esecuzione di opere in muratura e, quindi, senza incremento di volumi utili », determina un’alterazione significativa dell’assetto del territorio rilevante sotto il profilo edilizio ed urbanistico che va pertanto autorizzato. La costruzione di marciapiedi. La Sezione, ha invece ritenuto che, nel caso specifico, non era stato realizzato uno spianamento di terreno agricolo ulteriore rispetto a quello impegnato prevalentemente dalla casa colonica. Ciò in quanto erano state di fatto realizzate delle fasce di camminamento lungo il perimetro dell’abitazione, che si avvitano intorno alla casa come una cintura della larghezza massima di circa un metro. E, di conseguenza, si tratta di opere che non sono suscettibili di incidere sugli indici urbanistici, tenuto conto del fatto che non essendo destinate ad un uso prettamente residenziale non concorrono a determinare la superficie utile dell’immobile inoltre, non esprimendo volume non incidono sulla superficie coperta che, come è noto, è il risultato del volume fratto l’altezza v/h . La costruzione di marciapiedi, in sostanza, consiste nella realizzazione di opere che non incidono sul carico urbanistico atteso che non aumentano la superficie globale agibile dell’immobile non essendo destinate al permanere delle persone e, di conseguenza, vanno considerate opere pertinenziali. Ciò è possibile sostenere, afferma la sentenza, anche alla luce di quanto prescrive il T.U. edilizia. Infatti,il d.P.R. numero 380/2001 riconduce la definizione di pertinenza esclusivamente a quelle opere che non determinano una volumetria superiore al 20% del volume dell’immobile principale, in tal modo dando rilievo esclusivamente all’aspetto volumetrico sicché le opere che non determinano la creazione di volumi, sono certamente qualificabili come pertinenze.
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza numero 12 maggio 2016 – 18 settembre 2017, 4356 Presidente De Francisco – Estensore Pannone Fatto e diritto 1. L’appellante afferma di essere proprietaria di un lotto di circa 16.000 mq censito in catasto al foglio 97 p.lla 439 insistente in zona agricola E1 del Comune di Francavilla Fontana, su cui, in virtù del permesso di costruire numero 48 del 21 febbraio 2008, ha realizzato una casa colonica da adibire a propria residenza. In data 7 novembre 2012 l’appellante presentò istanza di accertamento di conformità ex articolo 36 d.P.R. numero 380 del 2001 per aver realizzato in difformità rispetto al permesso di costruire - lievi spostamenti delle finestre sui prospetti - una diversa distribuzione degli spazi interni del piano terra e seminterrato senza alterazione delle superfici utili già autorizzate - una scala esterna a giorno per l’accesso al lastrico solare - una scala di accesso al seminterrato posta sotto la copertura della veranda già assentita - delle fasce di camminamento poste lungo il perimetro dell’abitazione. L’istanza venne respinta col diniego di sanatoria prot. numero 0010891/2013 del 26/3/2013, a cui è seguito l’ordine di demolizione numero 150 del 17 aprile 2013. L’attenzione dell’amministrazione nei provvedimenti sanzionatori si concentrò in particolare sulle opere esterne in particolare l’AC escluse che queste potessero configurare delle pertinenze del bene principale in quanto determinavano un presunto “aumento delle superfici sui piazzali esterni e un uso esclusivo ed indipendente del bene principale” e ritenne che non potessero perciò essere sanate. 2. Con ricorso numero 1323/13 di RG proposto innanzi al TAR Lecce la sig.ra Magazzino impugnò tali atti rilevando come tali opere non incidevano minimamente su alcuno degli indici planovolumetrici e quindi non rilevavano né in termini di volume né in termini superficiari potevano, quindi, certamente configurarsi come pertinenze della casa colonica sia ai sensi del d.P.R. numero 380/01 sia ai sensi del regolamento edilizio del Comune di Francavilla Fontana, sia in virtù di quanto affermato al riguardo dalla giurisprudenza. Ritenne in quella occasione il TAR che le opere esterne realizzate dalla appellante configurassero uno “spianamento dell’area agricola determinante una alterazione urbanisticamente rilevante dello stato dei luoghi in zona agricola soggetta al regime del permesso di costruire e non qualificabili alla stregua di opere pertinenziali della casa colonica”. Afferma il TAR Salentino che le opere realizzate dall’appellante assumerebbero rilievo non già sotto il profilo volumetrico, bensì sotto diverso profilo poiché, trattandosi di “spianamento di area agricola e deruralizzazione della stessa, pur senza l’esecuzione di opere in muratura e, quindi, senza incremento di volumi utili ”, determinerebbero un’alterazione significativa dell’assetto del territorio rilevante sotto il profilo edilizio ed urbanistico. 3. Propone ricorso in appello l’interessata deducendo quanto segue. Il primo errore [della sentenza] è quello di presupporre una sorta di “intangibilità” dell’area agricola del Comune di Francavilla Fontana che nella specie è esclusa dalle disposizioni di piano vigenti. Le NTA del PdF vigente nel Comune di Francavilla Fontana consentono la realizzazione in zona agricola di case coloniche da adibire a residenza, e dunque ammettono espressamente la possibilità che la zona agricola venga incisa da interventi costruttivi di spianamento dell’area anche massicci per la realizzazione di manufatti adibiti ad una destinazione d’uso diversa da quella prettamente agricola. E difatti, la stessa appellante ha costruito con legittimo permesso di costruire una casa colonica di non modeste dimensioni, realizzando cella rilevante trasformazione del terreno agricolo che stranamente a incoerentemente viene oggi contestata con riferimento ad opere minori e funzionali al predetto immobile. Con atto prot. numero 17239/13 il Comune ha anche rilasciato il certificato di agibilità dell’immobile composto da “piano interrato adibito a garage, cantina, ingombro e piano terra adibito ad abitazione”. Posto, quindi, che un’alterazione dell’assetto del terreno agricolo è consentita dal PdF per le case coloniche, non si vede come tale alterazione debba invece escludersi per opere minori, come sono quelle di cui si verte, che sono collegate funzionalmente all’uso della casa colonica. Il Tar, infatti, ha erroneamente ritenuto che l’appellante abbia realizzato opere che alterano significativamente l’area agricola per aver realizzato uno “spianamento” e una “deruralizzazione di terreno agricolo”. Non è così. Nella specie non è configurabile alcuno spianamento e/o deruralizzazione della zona agricola posto che le opere esterne realizzate dall’appellante non hanno interessato un’area di sedime diversa da quella già interessata dall’abitazione assentita. L’appellante, in altri termini, non ha realizzato uno spianamento di terreno agricolo ulteriore rispetto a quello impegnato prevalentemente dalla casa colonica. Più precisamente, l’appellante ha realizzato delle fasce di camminamento indicate nella planimetria che si allega con evidenziatore di colore giallo lungo il perimetro della abitazione, che si avvitano intorno alla abitazione come una cintura della larghezza massima di circa un metro. Per dare un’idea, si consideri che dette fasce hanno interessato un’area immediatamente adiacente all’immobile tanto da rientrare nella zona di proiezione d’ombra dello stesso. []. Le fasce di camminamento, in particolare, rispondono all’esigenza a di salvaguardare la salubrità delle pareti perimetrali dell’immobile evitando fenomeni di infiltrazioni di acqua meteorica che possono interessare soprattutto il seminterrato ciò anche in considerazione del fatto che il Regolamento del Comune di Francavilla Fontana prescrive fabbricati rurali, accorgimenti costruttivi idonei a evitare il ristagno di acque meteoriche in considerazione delle pendenze del suolo articolo 51 b di sottolineare armonicamente la composizione architettonica della casa colonica senza alterare le altimetrie naturali del suolo. Tali opere, come ammesso anche dal primo giudice, non determinano la creazione di nuovi volumi. Per tutte le caratteristiche sopra evidenziate, dunque, si tratta di opere che non sono suscettibili di incidere sugli indici urbanistici, tenuto conto del fatto che - non essendo destinate ad un uso prettamente residenziale non concorrono a determinare la superficie utile dell’immobile - non esprimendo volume non incidono sulla superficie coperta che, come è noto, è il risultato del volume fratto l’altezza v/h . Si tratta di opere dunque che non incidono sul carico urbanistico atteso che non aumentano la superficie globale agibile dell’immobile non essendo destinate al permanere delle persone. Peraltro non sussiste alcuna disposizione pianificatoria negli strumenti vigenti nel Comune di Francavilla Fontana che include detti manufatti tra quelli che determinano volume e/ o superficie né tantomeno è stata in nessun modo opposta dall’AC con gli atti oggetto impugnativa alcuna previsione che prescrive specifici limiti “dimensionali”. []. Nel caso di specie è certo che le fasce di camminamento realizzate dall’appellante sono opere pertinenziali. Ciò è possibile sostenere - non solo alla luce di quanto già esposto al punto sub 2 che precede, ma altresì - alla luce di quanto dispone il DPR numero 380/01 alla luce di quanto dispone l’articolo 33 del Regolamento Edilizio del Comune di Francavilla Fontana nonché alla luce di quanto afferma la giurisprudenza in materia. Ed in vero, il TU sull’Edilizia riconduce la definizione di pertinenza esclusivamente a quelle opere che non determinano una volumetria superiore al 20% del volume dell’immobile principale, in tal modo dando rilievo esclusivamente all’aspetto volumetrico sicché le opere che, come quelle di che si verte che non determinano la creazione di volumi, sono certamente qualificabili come pertinenze. Orbene, le fasce di camminamento realizzate dalla ricorrente sono funzionali a salvaguardare la salubrità dell’immobile principale, nonché ad evidenziare il disegno planimetrico architettonico della casa colonica - non hanno certamente un autonomo valore di mercato, una volta che integrano il disegno complessivo della casa colonica autorizzata, aumentandone eventualmente il valore venale complessivo, quali migliorie della stessa - non alterano in modo significativo l’assetto dell’area agricola. Sicché alla stregua del TU sull’edilizia nonché dei parametri giurisprudenziali le opere realizzate dall’appellante possono, anzi devono, essere qualificati come pertinenze. 5. Questo Collegio ritiene di dover riportare le parti rilevanti del diniego di sanatoria. «Con la presente [si] comunica che la domanda non può essere accolta per i seguenti motivi ostativi con riferimento all’istanza presentata, giova ricordare al richiedente che le pertinenze di cui si richiede sanatoria, ai sensi dell’articolo 36 del D.P.R. 380/2001, non possono avere un uso esclusivo ed autonomo, essendo per definizione le pertinenze un “bene” di servizio al bene principale di cui appunto, costituiscono pertinenza, si veda la copiosa giurisprudenza in materia. T.A.R. Puglia Lecce sez. III sentenza 07/09/2012 numero 1484 . L’intervento di cui si chiede sanatoria di fatto aumenta notevolmente le superfici sui piazzali esterni e determina anche un uso “esclusivo” ed indipendente dal bene principale. L’interrato ha già di fatto una superficie pari a quella della abitazione posta al piano superiore e per essa si richiede documentazione fotografica asseverata. Per la valutazione della vostra domanda va inoltre richiesta alla Autorità Giudiziaria competente la restituzione della pratica edilizia in quanto la stessa è stata sequestrata. Pertanto l’istanza in oggetto per i motivi innanzi indicati è improcedibile». 6. Il Collegio ritiene che il suddetto provvedimento costituisca una risposta parziale all’istanza di sanatoria in quanto si richiede, per il prosieguo, una documentazione fotografica asseverata, subordinatamente al dissequestro della «pratica edilizia». Il Collegio ritiene che il diniego riguardi solo il piazzale, mancando nel diniego di sanatoria qualsiasi riferimento alle scale pur indicate da parte appellante. 7. Il ricorso in appello merita accoglimento, con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati in primo grado ordinanza dirigenziale numero 150 del 17 Aprile 2013, con cui il Comune di Francavilla Fontana ha ingiunto alla ricorrente la demolizione delle opere eseguite in assenza del titolo abilitativo edilizio nota dirigenziale prot. numero 0010891 del 26 Marzo 2013, recante diniego del permesso di costruire in sanatoria ex articolo 36 D.P.R. n° 380/2001 . È sufficiente osservare che l’avverbio “notevolmente” non può costituire misura dell’illecito. Parte appellante ha dedotto argomentando a contrario dalla lettera e.6 dell’articolo 3 del T.U. in materia edilizia che l’opera realizzata poiché non comporta un incremento superiore al 20% dei quanto già assentito deve necessariamente considerarsi pertinenziali. D’altro canto non può non sottolinearsi che l’opera su cui si controverte, alla luce del comma 2 dell’articolo 22 del T.U. dell’edilizia, non era assoggettata a permesso di costruire. 8. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Sesta , definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti indicati in motivazione. Condanna il Comune di Francavilla Fontana al pagamento in favore dell’appellante della somma di € 4.000,00 euro quattromila/00 , oltre accessori, per le spese del doppio grado di giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.