In virtù del principio dell’equivalenza delle condizioni, deve riconoscersi efficienza causale ad ogni antecedente che abbia contribuito, anche se indirettamente e in maniera remota, alla produzione dell’evento.
Così ha affermato la Corte di Cassazione, con la sentenza numero 12121/15, depositata l’11 giugno. Il caso. A seguito della caduta a terra di una donna mentre scendeva dalla macchina con la quale si recava a lavoro, l’INAIL le riconosceva un periodo di inabilità temporanea. Un ulteriore periodo di inabilità temporanea era connesso a un intervento chirurgico subito dalla stessa in ragione di una preesistente patologia. Il Tribunale di Monza rigettava l’istanza di condanna dell’INAIL al pagamento dell’indennità per il secondo periodo di inabilità, in ragione dell’infortunio in itinere. Sulla base del quadro descritto dal CTU, il quale affermava che le pregiudicate condizioni di salute della donna erano da interpretarsi come patologia dovuta al sovrappeso e non come conseguenza della caduta, la Corte d’Appello confermava la pronuncia del giudice di primo grado. La Corte territoriale riteneva dunque che la caduta a terra fosse una semplice occasione di evidenza della patologia degenerativa e non concausa della stessa, né dell’intervento chirurgico a cui seguiva l’inabilità temporanea in esame. Contro tale pronuncia ricorre la donna per cassazione, in particolare contestando la mancata rilevanza attribuita dai giudici di merito all’incidente in cui era incorsa la lavoratrice. La S.C. ritiene fondati i motivi di ricorso. Infortunio in itinere. Nella loro argomentazione, i giudici di legittimità premettono che l’art 12, d.lgs. numero 38/2000 ricomprende espressamente nell’assicurazione obbligatoria la fattispecie dell’“infortunio in itinere”, inserendola nell’ambito della nozione di occasione di lavoro di cui all’art 2, d.P.R. numero 1124/65. La Corte Suprema coglie poi l’occasione per ricordare il principio, affermato dalle Sezioni Unite della stessa Cass., sentenza numero 1976/1972 , secondo cui è possibile ravvisare il nesso di occasionalità con il lavoro ai fini dell’indennizzabilità dell’infortunio del lavoratore, non solo quando l’infortunio avvenga nell’ambiente di esecuzione del lavoro, ma anche quando il fatto che abbia causato l’infortunio, pur non verificandosi in tale ambiente, rientra nel contesto del lavoro assicurato e rappresenta uno specifico rischio del lavoro da cui il prestatore d’opera deve essere tutelato. Sempre le SSUU avevano osservato Cass., numero 3734/1994 che la mancata previsione di una generale tutela dell’infortunio in itinere nel T.U. numero 1124/1965, non esclude la sua indennizzabilità, qualora l’incidente si sia verificato in circostanze tali da determinare un vincolo oggettivamente e intrinsecamente apprezzabile, con la prestazione dell’attività lavorativa. Principio dell’equivalenza delle condizioni. Tutto ciò premesso, i giudici ricordano il principio dell’equivalenza delle condizioni, consolidato in giurisprudenza, contenuto nell’articolo 41 c.p. concorso di cause . In virtù di tale principio, deve riconoscersi rilevanza eziologica ad ogni antecedente che abbia contribuito, anche se in maniera indiretta e remota, alla produzione dell’evento. Si può al contrario escludere l’esistenza del nesso causale richiesto dalla legge, solo se è possibile ravvisare con certezza l’intervento di un fattore estraneo all’attività lavorativa, che sia di per sé sufficiente a produrre l’infermità a tal punto da far degradare altre evenienze a semplici occasioni Cass. numero 23990/2014 . I giudici di legittimità ritengono di conseguenza, che la Corte d’appello non abbia correttamente applicato tale principio laddove ha escluso la riconducibilità dell’invalidità temporanea in questione all’infortunio della donna, riconosciuto come infortunio in itinere, non considerando l’evento come concausa della patologia. Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso e cassa la sentenza con rinvio alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione.
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 11 febbraio – 11 giugno 2015, numero 12121 Presidente Roselli – Relatore Tricomi Svolgimento del processo 1. La Corte d'Appello di Milano, con la sentenza numero 145 del 2008, rigettava l'appello proposto da S.M.G. , nei confronti dell'INAIL, avverso la sentenza numero 309 del 2006, emessa tra le parti dal Tribunale di Monza, che aveva rigettato la domanda di condanna dell'INAIL al pagamento dell'indennità per il periodo di inabilità temporanea dall'8 giugno 2004 al 5 ottobre 2004, e delle provvidenze di cui all'articolo 13, comma 2, della legge numero 38 del 2000, in ragione dell'infortunio in itinere occorso in data 26 marzo 2003. 2. Per la cassazione della sentenza resa in grado di appello ricorre la M. prospettando tre motivi di ricorso. 3. Resiste l'INAIL con controricorso. Motivi della decisione 1. Occorre premettere che in data 26 marzo 2003 la ricorrente, dopo essere scesa dalla macchina con la quale si recava la lavoro, inciampava nel marciapiede e cadeva a terra in avanti, in appoggio sulle mani e sulle ginocchia. Nel primo referto del pronto soccorso, all'esito delle radiografie, veniva rilevato trauma contusivo mano destra e sinistra, ginocchio destro e sinistro , con prognosi di tre giorni. L'INAIL, riconosceva un periodo di inabilità temporanea, in ragione di detto infortunio in itinere, dal 26 marzo al 1 luglio 2003. Un ulteriore periodo di inabilità temporanea dall'8 giugno 2004 al 5 ottobre 2004 era connesso all'intervento chirurgico effettuato dalla M. in data 8 luglio 2004, in artroscopia di meniscectomia mediale selettiva e lateral relase della rotula. La Corte d'Appello ha escluso che tale periodo di inabilità temporanea sia conseguenza dell'infortunio in itinere. Espone il giudice di secondo grado che il CTU aveva evidenziato che l'appellante era soggetto obeso, con evidente valgismo bilaterale del ginocchio, con ad oggi un quadro clinico sovrapponibile per le due ginocchia, a parte piccoli esiti cicatriziali artroscopici. La M. risultava già affetta da una patologia degenerativa a carico del corno posteriore del menisco mediale e da una grave condropatia rotulea III grado per conflitto laterale in flessione. Il CTU, concludeva quindi nel senso che Tali quadri patologici di usura meniscale mediale e di importante sofferenza della cartilagine articolare laterale della rotula al ginocchio destro, clinicamente riscontrabili anche sul ginocchio sinistro, sono da interpretarsi come patologia da sovraccarico per il sovrappeso e come patologia da disallineamento assiale del ginocchio e dell'apparato estensore e non come conseguenza dell'evento lesivo del 26 marzo 2003 . Le lesioni riscontrate erano definite dal CTU come patologia degenerativa del corno posteriore del menisco e come condropatia di III grado della rotula l'evento traumatico del 26 marzo 2003 era da interpretarsi come occasione di slatentizzazione clinico-somatologica di patologia degenerativa preesistente e come concausa non sufficiente e non efficiente del manifestarsi della patologia degenerativa . La Corte d'Appello, quindi, riteneva sussistere una patologia preesistente, rispetto alla quale l' aggravamento si inseriva in un quadro di degenerazione della cartilagine preesistente, che valutato secondo il principio di equivalenza causale di cui all'articolo 41 cp, e considerato l'onere probatorio pur sempre gravante sull'attore, induceva a ritenere che la caduta a terra del marzo 2003 era mera occasione di evidenza della patologia degenerativa e non concausa della stessa, né dell'intervento chirurgico in questione a cui seguiva l'inabilità temporanea in questione. 2. Con il primo motivo di ricorso è dedotta contraddittorietà e difetto di motivazione, mancata valutazione della con causalità, in relazione all'articolo 360, numero 3 e numero 5, cpc. Assume, in particolare, la ricorrente che la Corte d'Appello non da alcun rilievo al rapporto concausale dell'evento lesivo, atteso che essa medesima già al pronto soccorso presentava forte dolore ed impotenza funzionale del ginocchio destro, e la gravità della situazione era ravvisabile nel codice di urgenza con cui la stessa era stata accettata al pronto soccorso, e nelle successive terapie antidolorifiche e di terapie ionoforesi e laserterapie. 3. Con il secondo motivo è dedotta la sussistenza del nesso causale tra l'infortunio occorso il 23 marzo 2003 e la successiva riapertura dell'infortunio. Ad avviso della ricorrente l'intervento chirurgico, come risultante dalla documentazione allegata, costituiva la necessaria conseguenza del trauma contusivo subito nel marzo 2003. L'intervento era stato consigliato già alla chiusura del primo periodo di inabilità temporanea ed era stato eseguito l'anno successivo a seguito di una scelta meditata della ricorrente. 4. Con il terzo motivo è dedotta mancata valutazione della concausalità dell'evento lesivo del 26 marzo 2003 di accertamento del nesso causale e del principio di equivalenza delle condizioni. Violazione degli articolo 40 e 41 cp, per i quali assume rilevanza ogni antecedente causale che, anche solo indirettamente, concorre alla causazione dell'evento. Mancata valutazione della concausalità dell'evento lesivo del 26 marzo 2003. Assume la ricorrente che la Corte d'Appello ha ritenuto che la patologia in questione fosse riferibile al sovrappeso e al disallineamento dell'apparato estensore, senza dare alcuna rilevanza neppure concausale all'infortunio del 26 marzo 2003, in contrasto con le previsioni normative secondo le quali va riconosciuta efficienza causale ad ogni antecedente che abbia contribuito anche solo in maniera indiretta e remota a produrre l'evento. 5. I suddetti motivi di ricorso devono essere trattati congiuntamente in ragione della loro connessione. Gli stessi sono fondati e devono essere accolti. 6. Occorre premettere che l'articolo 12 del d.lgs. 23 febbraio 2000, numero 38, ha espressamente ricompreso nell'assicurazione obbligatoria la fattispecie dell'infortunio in itinere , inserendola nell'ambito della nozione di occasione di lavoro di cui all'articolo 2 del d.P.R. 30 giugno 1965, numero 1124. Già in precedenza, tuttavia, con la sentenza numero 1976 del 1972 le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato il principio secondo cui il nesso di occasionalità con il lavoro per l'indennizzabilità dell'infortunio del lavoratore è ravvisabile non solo quando l'infortunio avvenga nell'ambiente di esecuzione del lavoro ma anche quando il fatto, che abbia determinato l'infortunio, pur non verificandosi in tale ambiente, rientra nell'ambito del lavoro assicurato e costituisce uno specifico rischio del lavoro da cui il prestatore d'opera debba essere protetto. Sempre le Sezioni Unite di questa Corte cfr, Cass., SU, numero 3734 del 1994 hanno avuto modo di rilevare che la mancanza, nel T.U. numero 1124 del 1965, di una generale previsione di tutela dell'infortunio in itinere non esclude la indennizzabilità di questo, qualora le circostanze del suo verificarsi siano tali da determinare un vincolo, obiettivamente ed intrinsecamente apprezzabile, con la prestazione dell'attività lavorativa. Tanto premesso, va ricordato che è principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte che anche nella materia degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali trova diretta applicazione la regola contenuta nell'articolo 41 cp, per cui il rapporto causale tra evento e danno è governato dal principio dell'equivalenza delle condizioni, secondo il quale va riconosciuta l'efficienza causale ad ogni antecedente che abbia contribuito, anche in maniera indiretta e remota, alla produzione dell'evento, mentre solamente se possa essere con certezza ravvisato l'intervento di un fattore estraneo all'attività lavorativa, che sia per sé sufficiente a produrre l'infermità tanto da far degradare altre evenienze a semplici occasioni, deve escludersi l'esistenza del nesso eziologico richiesto dalla legge Cass., numero 23990 del 2014 . La Corte d'Appello, non ha fatto corretta applicazione del suddetto principio laddove, con motivazione contraddittoria, pur facendo riferimento all'evento lesivo come un aggravamento che si inseriva in un quadro degenerativo della cartilagine preesistente al fatto, ha escluso la riconducibilità dell'invalidità temporanea in questione all'incidente occorso alla M. , riconosciuto come infortunio in itinere, ritenendo l'evento occasione di evidenza della patologia e non concausa della stessa. Tanto comporta non solo un difetto di motivazione della sentenza impugnata, ma conseguentemente anche una violazione del richiamato principio dell'equivalenza delle condizioni di cui all'articolo 41 cp. La sentenza impugnata, pertanto, va cassata con rinvio alla Corte di Appello di Milano in diversa composizione che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese del presente giudizio alla Corte d'Appello di Milano in diversa composizione.