L’ente proprietario di una strada aperta al pubblico transito risponde ai sensi dell’articolo 2051 c.c., per difetto di manutenzione, dei sinistri riconducibili a situazioni di pericolo connesse alle strutture o alle pertinenze della strada stessa, salvo che si accerti la concreta possibilità per l’utente danneggiato di percepire o di prevedere con l’ordinaria diligenza la situazione di pericolo.In altri termini, la responsabilità ex articolo 2051 c.c. ha carattere oggettivo e perché possa configurarsi in concreto è sufficiente che sussista il nesso di casualità tra la cosa in custodia e il danno arrecato. Dunque, mentre sul danneggiato incombe l’onere di provare l’evento dannoso ed il nesso di casualità e non anche l’insidia, ovvero la condotta commissiva od omissiva del custode, il convenuto, invece per andare esente da responsabilità, deve provare il caso fortuito.
Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza numero 10129/15 depositata il 18 maggio. Il fatto. Due fratelli convennero in giudizio, dinnanzi al Tribunale di Palermo, il Comune della medesima città e l’AMIA Azienda Municipalizzata Igiene Ambiente , quale responsabile del servizio di manutenzione delle strade, per sentirli condannare, in solido, al risarcimento dei danni, patrimoniali e non, subiti in occasione di un sinistro. Gli attori sostenevano che il ciclomotore, guidato dal figlio di uno dei 2 fratelli, avrebbe urtato contro un ostacolo, verosimilmente rappresentato da un grosso masso presente sulla carreggiata, senza che vi fosse alcun tipo di segnalazione visiva del pericolo. Il Tribunale condannò il Comune di Palermo al pagamento di una somma a titolo di risarcimento danni e di un'altra a titolo di risarcimento del danno biologico e del danno morale arrecato al conducente del ciclomotore. Nel giudizio di appello, si rigettarono le domande proposte dai due fratelli attori, i quali furono condannati alle spese di entrambi i gradi di giudizio. Gli attori propongono ricorso per cassazione. La disciplina normativa dell’articolo 2051 c.c. E’ applicabile agli enti pubblici proprietari o manutentori di strade aperte al pubblico transito, in riferimento a situazioni di pericolo derivanti da una non prevedibile alterazione dello stato della cosa detta norma non dispensa il danneggiato dall’onere di provare il nesso causale tra cosa in custodia e danno, ossia di dimostrare che l’evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta dalla cosa, mentre resta a carico del custode, offrire la prova contraria alla presunzione iuris tantum della sua responsabilità, mediante la dimostrazione positiva del caso fortuito, cioè del fatto estraneo alla sua sfera di custodia, avente impulso causale autonomo e carattere di imprevedibilità e di assoluta eccezionalità. Nel caso in esame, non vi è dubbio che la presenza di pietre sul manto stradale era ben visibile per cui deve ritenersi che il comportamento del conducente del ciclomotore abbia interrotto il nesso di casualità Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.
Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 18 febbraio – 18 maggio 2015, numero 10129 Presidente Petti – Relatore D’ Amico Svolgimento del processo A.M. e A.R. convennero in giudizio, dinanzi al Tribunale di Palermo, il Comune della medesima città e l'AMIA Azienda Municipalizzata Igiene Ambientale , quale responsabile del servizio di manutenzione delle strade, per sentirli condannare, in solido, al risarcimento dei danni, patrimoniali e non, subiti in occasione di un sinistro verificatosi il omissis . Esponevano gli attori che il ciclomotore di proprietà di A.M. , condotto dal di lui figlio R. , mentre percorreva la via omissis con direzione di marcia , aveva urtato contro un ostacolo, verosimilmente rappresentato da un grosso masso presente sulla carreggiata, senza che vi fosse alcun tipo di segnalazione visiva del pericolo, nonostante la strada non fosse illuminata. In conseguenza dell'impatto, A.R. aveva perso il controllo del ciclomotore, cadendo rovinosamente per terra e riportando lesioni. Il Comune di Palermo si costituì chiedendo, nel merito, il rigetto delle domande attrici in subordine, dichiararsi la stessa AMIA unico soggetto passivamente legittimato in ulteriore subordine, la riduzione dell'ammontare del risarcimento, riconoscendo la responsabilità di A.R. alla guida del ciclomotore e, comunque, di condannare la stessa AMIA a risarcire esso Comune di tutte le somme che lo stesso fosse stato condannato a pagare agli attori. Si costituì altresì l'AMIA chiedendo il rigetto delle domande attrici, perché infondate, e l'attribuzione della responsabilità del sinistro a A.R. , per guida imprudente ed imperita. Il Tribunale con sentenza del 15 marzo 2007 - 23 aprile 2007, ritenuto il concorso di colpa dell'A. nella misura del 50%, condannò il Comune di Palermo al pagamento della somma di Euro 450,00 a favore di A.M. , a titolo di risarcimento dei danni riportati dal ciclomotore e della somma di Euro 18.004,80 a favore di A.R. , a titolo di risarcimento del danno biologico e del danno morale e di rimborso delle spese mediche sostenute. Propose appello il Comune di Palermo. Si costituirono A.M. e A.R. , proponendo, nel contempo, appello incidentale. Si costituì, altresì, l'AMIA s.p.a., proponendo anch'essa appello incidentale. La Corte d'appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza impugnata, ha rigettato le domande avanzate nel giudizio di primo grado da A.M. e A.R. nei confronti del Comune di Palermo e dell'AMIA s.p.a. e li ha condannati alle spese di entrambi i gradi di giudizio. Propongono ricorso per cassazione A.R. e A.M. con due motivi assistiti da memoria. Gli intimati non svolgono attività difensiva. Motivi della decisione Con il primo motivo del ricorso A.R. e M. denunciano “violazione e falsa applicazione degli articolo 2697, 2712 c.c. e 112, 115 e 116 c.p.c., dell'articolo 40 e 41 c.p. e dei principi in tema di nesso di causalità in relazione al numero 3 dell'articolo 360 c.p.c. e illogicità omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione al numero 5 dell'articolo 360 c.p.c.”. Sostengono i ricorrenti di aver provato che vi erano pietre sul manto stradale che i danni subiti del motociclo rottura della forcella dimostravano la presenza di un ostacolo sulla carreggiata che una fotografia raffigurava la presenza di varie pietre sulla strada che la Corte avrebbe dovuto ritenere esistente il nesso di causalità tra la presenza delle pietre sull'asfalto, in una strada non illuminata, e la sua caduta. Il motivo è infondato. È consolidato orientamento di questa Corte che la disciplina di cui all'articolo 2051 c.c è applicabile agli enti pubblici proprietari o manutentori di strade aperte al pubblico transito, in riferimento a situazioni di pericolo derivanti da una non prevedibile alterazione dello stato della cosa detta norma non dispensa il danneggiato dall'onere di provare il nesso causale tra cosa in custodia e danno, ossia di dimostrare che l'evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta dalla cosa, mentre resta a carico del custode, offrire la prova contraria alla presunzione iuris tantum della sua responsabilità, mediante la dimostrazione positiva del caso fortuito, cioè del fatto estraneo alla sua sfera di custodia, avente impulso causale autonomo e carattere di imprevedibilità e di assoluta eccezionalità Cass., 13 luglio 2011, numero 15389 . In altri termini, la responsabilità ex articolo 2051 c.c. ha carattere oggettivo e perché possa configurarsi in concreto è sufficiente che sussista il nesso di causalità tra la cosa in custodia e il danno arrecato. Dunque, mentre sul danneggiato incombe l'onere di provare l'evento dannoso ed il nesso di causalità e non anche l'insidia, ovvero la condotta commissiva od omissiva del custode, il convenuto, invece, per andare esente da responsabilità, deve provare il caso fortuito. Correttamente l'impugnata sentenza si è attenuta ai suddetti principi ed ha ritenuto che dalle risultanze istruttorie non sono emerse prove certe circa la diretta riconducibilità del sinistro all'asserita anomalia del tratto di strada consistente nella presenza di alcune pietre. Detta sentenza sostiene in particolare a che entrambi i testi hanno riferito di aver notato un movimento inconsueto del motociclo, ma nulla hanno riferito circa l'asserito urto contro una delle pietre presenti sul manto stradale b che i testimoni si trovavano ad una distanza di circa venti metri e in una strada priva di illuminazione per cui non poteva escludersi che la caduta del motociclista sia stata causata da uno sbandamento dovuto alla velocità del motociclo, come precisato dal testimone I. c che lo stesso A. , nell'immediatezza dei fatti, riferiva al medico dell'ospedale, come risulta dal suo referto, di essersi procurato le lesioni a seguito di una caduta accidentale con il proprio ciclomotore, senza alcun riferimento alla presenza delle pietre sul mando stradale d che dalla foto contenuta nel fascicolo non è dato sapere se la stessa raffiguri proprio il tratto di strada in cui si è verificato l'incidente. I ricorrenti, come si ricava dal contesto del motivo, lungi dall'indicare l'erronea interpretazione di norme da parte della Corte di merito e dal fornire la prospettazione di una diversa lettura, ritenuta viceversa corretta dai medesimi, si limitano a dolersi dello sfavorevole esito della lite, contrario alle proprie aspettative, per essere state le risultanze di causa valutate in modo difforme rispetto al proprio convincimento. Con il secondo motivo si denuncia “violazione e falsa applicazione degli articolo 2043 e 2051 c.c. in relazione al numero 3 dell'articolo 360 c.p.c. e omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione al numero 5 dell'articolo 360 c.p.c.”. Sostengono i ricorrenti che la strada in cui si è verificato l'incidente è una strada urbana di proprietà del Comune di Palermo e come tale il Comune è obbligato alla custodia ed è dunque responsabile ex articolo 2051 c.c Il motivo è infondato. Se è vero che sussiste una responsabilità del Comune verso i terzi per la custodia e la manutenzione delle strade, è altrettanto vero che vi è un dovere dei terzi di uso corretto e responsabile dei suddetti manufatti in custodia, soprattutto per quanto concerne i rischi creati da situazioni contingenti, quali le condizioni atmosferiche. Questa Corte ha più volte chiarito che l'ente proprietario di una strada aperta al pubblico transito risponde ai sensi dell'articolo 2051 c.c., per difetto di manutenzione, dei sinistri riconducibili a situazioni di pericolo connesse alla struttura o alle pertinenze della strada stessa, salvo che si accerti la concreta possibilità per l'utente danneggiato di percepire o di prevedere con l'ordinaria diligenza la situazione di pericolo. Nel compiere tale ultima valutazione, si deve tener conto che quanto più il pericolo è suscettibile di essere previsto e superato attraverso l'adozione di normali cautele da parte del danneggiato, tanto più il comportamento di lui viene ad incidere nel dinamismo causale, sino ad interrompere il nesso eziologico tra la condotta attribuibile all'ente e l'evento dannoso cfr. fra le tante e le più recenti, Cass., 22 ottobre 2013 numero 23919 . Nel caso in esame, come emerge dall'impugnata sentenza, non vi è dubbio che la presenza di pietre sul manto stradale era ben visibile per cui deve ritenersi che il comportamento del conducente del motociclo abbia interrotto il nesso di causalità. Non avendo il danneggiato dimostrato tale nesso non si applica il 2051 c.c In conclusione, per le ragioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato mentre in assenza di attività difensiva di parte intimata non v'è luogo a disporre sulle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso.