Soddisfa il requisito di forma di cui all’articolo 23 TUF il contratto di negoziazione sottoscritto soltanto dal cliente e recante la dichiarazione unilaterale ricognitiva di aver ricevuto copia di un esemplare dello stesso debitamente firmato da soggetto abilitato dell’istituto di credito contraente.
Sconfitto il risparmiatore nella controversia avviata contro il prestatore dei servizi di investimento. Il Tribunale di Mantova, con sentenza numero 260 del 24 febbraio 2014, respinge tutte le domande formulate da un risparmiatore nei confronti della propria banca tese ad invalidare una serie di operazioni finanziarie, compiute nel mese di agosto 2000, aventi ad oggetto obbligazioni emesse dalla Repubblica Argentina, nonché azioni Tim ed Espresso. Rigettata la domanda di nullità del contratto di negoziazione per mancanza della sottoscrizione dell’intermediario. Il Tribunale di Mantova distingue la forma scritta dei contratti di cui all’articolo 1350 c.c. da quella prevista dall’articolo 23 TUF. Nel primo caso, la finalità della previsione della forma scritta è quella di garantire la necessaria ponderazione di entrambi i contraenti nel trasferimento dei diritti reali su immobili. Per questa ragione l’atto scritto deve recare estrinsecazione diretta della volontà di entrambi i contraenti. Nell’ipotesi, invece, di cui all’articolo 23 TUF, la finalità di garantire la protezione del soggetto debole colmando l’asimmetria informativa deve ritenersi soddisfatta ove il contratto di negoziazione rechi la sottoscrizione del cliente e la dichiarazione unilaterale ricognitiva di aver ricevuto copia di un esemplare dello stesso debitamente sottoscritto dai soggetti abilitati dall’istituto di credito contraente. Precisa, al riguardo, il Tribunale che le nullità c.d. tradizionali si caratterizzano per essere assolute fatte valere cioè da chiunque vi abbia interesse , mentre la nullità prevista dal TUF è relativa fatta valere cioè dal portatore dell’interesse singolare ritenere, pertanto, che proprio il soggetto che ha sottoscritto il contratto e ha dichiarato di aver ricevuto copia dello stesso possa poi farne valere l’invalidità per omessa sottoscrizione dell’altro contraente, che generalmente è colui che ha predisposto il modulo contrattuale e che contesta peraltro la suddetta invalidità, si rivelerebbe in contrasto sia con la finalità che con la stessa conformazione del requisito di forma di cui all’articolo 23 TUF. Rigettata la domanda di risoluzione del contratto di negoziazione attesa la scarsa importanza dell’inadempimento. Le valutazioni rese in ordine alla adeguatezza delle operazioni dedotte in lite rispetto al portafoglio del risparmiatore attore ed al suo profilo di rischio conducono il Tribunale di Mantova ad escludere che l’inadempimento dell’intermediario agli obblighi informativi circa i tre ordini di acquisto dedotti in lite possa integrare quei requisiti di gravità ed importanza tali da travolgere l’intero contratto quadro di negoziazione. Rigettata la domanda di risarcimento del danno per mancanza di prova. Reputa il Tribunale di Mantova che, se il danno e il nesso eziologico dello stesso con l’illecito contrattuale di controparte devono essere provati da chi ne chiede il ristoro, non può dirsi nella fattispecie offerta dal risparmiatore tale prova, non potendo desumersi di per sé che, secondo il parametro civilistico del più probabile che non, il cliente, ove adeguatamente informato sulle caratteristiche dei titoli, non avrebbe comunque acquistato i prodotti finanziari e scelto di sopportare il rischio negli stessi incorporato.
Tribunale di Mantova, sez. II Civile, sentenza 24 febbraio, numero 260 Giudice Arrigoni Sentenza Conclusioni rassegnate all’udienza del 3/12/2013 Per parte attrice “1 Dichiararsi nulle, in quanto poste in essere in assenza di valido contratto scritto di negoziazione, le operazioni di investimento in obbligazioni argentine e in azioni L’Espresso e Tim poste in essere il 1° agosto 2000 e di cui alle premesse della citazione ovvero, subordinatamente, ritenuta la sussistenza degli inadempimenti agli obblighi comportamentali contestati dall’attrice, dichiararsi risolto il contratto di intermediazione finanziaria intervenuto tra le parti relativamente alle stesse operazioni di investimento nei titoli argentini e comunque invalide le medesime operazioni, condannandosi la convenuta Banca C.R. Firenze s.p.a., in persona del suo legale rappresentante, alla restituzione mediante pagamento in favore de l’attrice della somma di euro 29.917,68 o di quella maggiore o minore che risulterà di giustizia oltre agli interessi legali e rivalutazione monetaria da dì delle singole operazioni e sui rispettivi importi a al danno da mancata rendita a sua volta con interessi e rivalutazione 2 in ogni caso e in conseguenza degli stessi inadempimenti e violazioni di legge contestati dall’attrice dichiararsi l’istituto convenuto tenuto, anche ai sensi degli articolo 1228 e 2049 c.comma per fatto e colpa dei propri dipendenti responsabili delle operazioni, al risarcimento di ogni danno subito dall’attrice in relazione agli stessi investimenti, condannandosi la Banca C.R. Firenze s.p.a., in persona del suo legale rappresentante, al pagamento in favore degli attori della somma di euro 29.917,68 o di quella maggiore o minore che risulterà di giustizia oltre agli interessi legali e rivalutazione monetaria dal dì de le singole operazioni e sui rispettivi importi e al danno da mancata rendita a sua volta con interessi e rivalutazione 3 con il favore di spese e competenze di causa.” Per parte convenuta “Voglia l’ecc.mo Tribunale adito, ogni contraria istanza ed eccezione disattese, -in rito accertare e dichiarare che l’avverso diritto al risarcimento del danno per responsabilità extracontrattuale della Banca è già prescritto per decorrenza dei termini di legge articolo 2947 c.c. -nel merito respingere le domande tutte formulate da parte attrice, in quanto infondate in fatto e in diritto in subordinata ipotesi di accoglimento delle avverse domande e pertanto di condanna de la Banca CR Firenze spa accertare e dichiarare il concorso di colpa de l’attrice ai sensi dell’articolo 1227 comma 2 c.c., con ogni conseguente provvedimento di legge in via riconvenzionale subordinata nella denegata ipotesi di accoglimento delle avverse domande così come formulate nell’atto introduttivo, dichiarare la signora G.C. tenuta a restituire alla Banca CR Firenze spa i le obbligazioni Argentina di cui è causa ii le cedole incassate pari ad euro 1.211,48, oltre interessi e rivalutazione monetaria iii le azioni Tim e Espresso dedotte in lite iv i dividendi tutti generati dalle azioni Tim e Espresso che è onere di parte attrice dimostrare, oltre interessi e rivalutazione monetaria. Con vittoria di spese, onorari e competenze” Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione Con atto di citazione ritualmente notificato C.G. ha citato in giudizio Banca C.R. Firenze s.p.a. esponendo 1. di avere disposto, il medesimo giorno della stipula di contratto di deposito titoli cointestato anche ai propri familiari e a firma disgiunta del 1/8/2000, l’acquisto di obbligazioni Argentina 9,25% 00/04 con spesa di euro 15.194,01 docomma 4 , di 500 azioni L’Espresso con spesa di euro 6.982,45 docomma 6 , di 750 azioni Tim ordinarie con spesa di euro 7.741,22 docomma 8 2. di essere rimasta coinvolta, quanto alle obbligazioni Argentina, nel default del dicembre 2001, nonché di avere subito ingenti perdite in relazione al crollo degli altri due titoli indicati 3. che i tre investimenti sono nulli in quanto non risulta stipulato alcun valido contratto - quadro di negoziazione 4. che la banca si è resa inadempiente, per omessa richiesta delle informazioni sul cliente e per non avere consegnato il documento sui rischi generali degli investimenti di cui all’articolo 28/1 Reg. 11522/98 5. che, quanto all’ordine relativo ai titoli argentini, lo stesso è stato eseguito o vendendo titoli di proprietà della banca in conflitto di interessi o rivolgendosi a terzi acquistando in nome proprio e per conto del cliente applicando una maggiorazione di prezzo in conflitto di interessi ove il terzo fosse società del gruppo e in violazione dell’articolo 32/5 regolamento 11522/98 e dell’articolo 8 delibera Consob 11768/98 e inoltre fuori mercato senza che fosse stata autorizzata la negoziazione al di fuori dei mercati regolamentati in violazione dell’articolo 8 delibera Consob 11768/98 6. che la banca si è resa inadempiente agli obblighi informativi specifici e segnatamente quanto ai titoli argentini, che trattavasi di titoli emessi all’estero, sul mercato del Lussemburgo, negoziabili solo fuori mercato, non assistiti da prospetto Consob e originariamente non destinati a privati risparmiatori, nonché venduti senza fornire notizie sull’emittente e relative garanzie, sulla natura altamente speculativa dei titoli e il rating dei medesimi docomma 10-13 quanto alle restanti azioni ha omesso di descriverne il rating e gli ulteriori indicatori idonei a valutare la bontà e volatilità dei titoli per tutti e tre i titoli ha omesso di indicare che le operazioni dedotte in lite erano inadeguate sia per oggetto che per dimensioni dell’investimento 30% del capitale 7. che sussiste la responsabilità solidale dell’istituto di credito convenuto ex artt 1228 e 2049 c.comma rispetto alle violazioni compiute dal proprio dipendente 8. che la banca convenuta si è resa inadempiente rispetto all’obbligo sulla stessa gravante anche in relazione ai titoli dedotti in lite di informare dei declassamenti subiti dai titoli argentini a partire dalla seconda metà del 2001. Tutto ciò premesso, parte attrice ha svolto domanda di accertamento della nullità delle operazioni dedotte in lite e in subordine di risoluzione del contratto di intermediazione limitatamente alle tre operazioni dedotte in lite, con conseguente condanna alla restituzione delle somme investite, anche a titolo di risarcimento del danno, oltre interessi legali e maggior danno da svalutazione monetaria, precisando, quanto al nesso di causalità tra gli allegati inadempimenti e il danno, che la prova è in re ipsa e comunque può presumersi che l’attrice, ove debitamente informata, si sarebbe orientata verso titoli meno pericolosi. Si è tempestivamente costituita la banca convenuta contestando partitamente le avverse deduzioni ed evidenziando 1. quanto al contratto quadro, che lo stesso è stato stipulato in data 5/1/1995 docomma 1 , con espressa dichiarazione del cliente di non volere fornire le informazioni richieste sulla propria situazione finanziaria e di aver preso visione del documento informativo previamente consegnato, che lo stesso è stato rinnovato nel tempo docomma 19 e che in data 1/8/2000 è stato consegnato il documento sui rischi generali degli investimenti docomma 2 2. che, a seguito della richiesta dell’attrice di investire in titoli azionari e obbligazionari con consistente rendimento, il funzionario incaricato illustrava il rischio connesso agli investimenti dedotti in lite oltre agli ulteriori investimenti contestualmente ordinati relativi alle obbligazioni Sud Africa 7% e Mediobanca , e quindi provvedeva ad inviare la documentazione relativa a ciascun ordine impartito docomma 4,6,8 di parte attrice 3. che nel corso del rapporto in relazione ai titoli Argentina parte attrice percepiva cedole per euro 1.211,48 e quindi nel 2004 parte attrice trasferiva ad altro intermediario tutti gli strumenti detenuti 4. che i titoli argentini al momento della esecuzione dell’ordine impartito non presentavano profili di rischio, presentando un rating BB 5. che quanto agli altri titoli parte attrice sottoscrisse i rispettivi ordini di acquisto dichiarando di approvare l’operato della banca con rinuncia a qualsiasi eccezione o riserva docomma 5 e 7 parte attrice e che si trattava di acquisti “convenienti” come dimostra la documentazione sub 6-14 6. che la documentazione prodotta costituisce confessione stragiudiziale della attrice di avere ricevuto tutte le informazioni di legge 7. che in occasione del rinnovo del contratto dedotto in lite parte attrice ha rifiutato di fornire le informazioni richieste sulla propria situazione finanziaria ed esperienza docomma 20 8. che le operazioni dedotte in lite erano adeguate in considerazione delle dimensioni delle stesse e del portafoglio complessivo di euro 92.000,00 9. che nell’apposita scheda informativa parte attrice dichiarò di essere orientata alla reddittività e rivalutabilità in un quadro di media rischiosità docomma 21 e gli investimenti posti in essere realizzarono tali obiettivi 10. che l’onere della prova del conflitto di interessi grava su controparte e che ove l’operazione sia eseguita in contropartita diretta e l’ordine sia stato impartito dal cliente spontaneamente, in assenza di altri indici, non sussiste conflitto di interessi e che è legittima l’attività bancaria di acquisto e rivendita di titoli al fine di realizzare una differenza 11. che la banca aveva l’obbligo di fornire le informazioni al momento della negoziazione e non successivamente 12. che la domanda restitutoria non può essere svolta nei confronti della banca che fu mero intermediario 13. che la domanda risarcitoria è infondata per difetto di prova e per il fatto che vi furono offerte pubbliche di scambio della repubblica Argentina che comportano o una diminuzione del pregiudizio o se non accettate una ipotesi di cui all’articolo 1227/1 c.comma 14. che neppure in relazione agli altri titoli la domanda risarcitoria è fondata considerato che non è stato provato il possesso nonché l’utile ritratto dai suddetti titoli. 15. Che il diritto al risarcimento del danno è prescritto. Tutto ciò premesso, parte convenuta ha chiesto in via preliminare di accertare la prescrizione del diritto al risarcimento del danno di controparte, nonché la reiezione delle avverse domande e in via subordinata l’accertamento del concorso di colpa nella determinazione del danno ex art 1227/2 c.c. in via riconvenzionale subordinata di condannare parte attrice alla restituzione dei titoli detenuti, delle cedole incassate per le obbligazioni Argentina oltre interessi e rivalutazione, dei dividendi generati dai titoli Tim e Espresso che grava su controparte dimostrare. All’udienza ex articolo 183 c.p.comma parte attrice ha contestato la riferibilità al rapporto di cui è causa del documento prodotto da parte convenuta sub docomma 1 ed evidenziato che l’unico modulo contrattuale relativo al rapporto di cui è causa è privo della sottoscrizione della banca. La causa, istruita mediante produzioni documentali dal magistrato precedentemente designato alla trattazione, assegnata quindi alla scrivente, è stata trattenuta in decisione sulle conclusioni come indicate in epigrafe. E’ opportuno precisare che gli ordini dedotti in causa sono stati effettuati in epoca antecedente al recepimento delle direttive comunitarie numero 39/2004 e numero 73/2006 cd Mifid , integrate poi dal regolamento numero 1283/2006, sicché dovrà farsi applicazione della disciplina contenuta nel t.u.f. del 1998 e del regolamento Consob in vigore anteriormente alle modifiche adottate a seguito della predetta normativa comunitaria. I. Sulla domanda di nullità degli ordini di acquisto dedotti in lite e sulla allegata violazione dell’articolo 28/1 Reg. 11522/98 per omessa richiesta delle informazioni sul cliente e per non avere consegnato il documento sui rischi generali degli investimenti. All’esito della svolta istruttoria documentale l’eccezione di nullità degli ordini di acquisto per difetto di un valido contratto di negoziazione o contratto quadro risulta infondata. Parte attrice ha eccepito la non riferibilità agli ordini dedotti in lite del negozio sub docomma 1 del 5/1/1995 nonché la non conformità alla normativa vigente all’epoca dell’esecuzione delle operazioni tale contestazione risulta ammissibile in quanto integrante eccezione conseguente alle avverse deduzioni e produzioni, ai sensi dell’articolo 183.6 c.p.comma Ciò premesso, l’eccezione relativa alla non riferibilità del contratto agli ordini dedotti in lite è fondata risulta invero documentalmente che il contratto docomma 1 in data 5/01/1995 sia un contratto di negoziazione di valori mobiliari sottoscritto tra l’odierna attrice e B.F. da un lato e la banca convenuta dall’altro, collegato al contratto di deposito titoli numero . Se i tre ordini dedotti in lite sono stati immessi nel diverso dossier titoli numero , cfr. docomma 4,6,8 a seguito di contratto di deposito in data 1/8/2000 cfr. docomma 21 , e considerato che è provato che gli ordini furono effettuati dalla attrice che era intestataria degli stessi titoli negoziati, il contratto quadro in forza del quale parte attrice ha acquistato i suddetti titoli risulta essere il secondo prodotto e richiamato dalla banca, ovvero il negozio concluso dall’attrice in proprio in pari data con la banca convenuta e prodotto sub docomma 20 contratto numero 23430 del 1/8/2000 . Tale scheda negoziale, con la quale C.G. ha conferito l’incarico di negoziare gli strumenti finanziari sulla base degli ordini impartiti alla banca, risulta sottoscritta da parte attrice e reca l’espressa indicazione che un esemplare del contratto è stata consegnato sottoscritta dai soggetti abilitati a rappresentare la banca. Parte attrice allega la nullità del contratto per difetto di forma scritta ad substantiam, in assenza di sottoscrizione di un rappresentante della società convenuta e a tal fine ha prodotto giurisprudenza a sostegno. Ritiene la scrivente che tale tesi, in considerazione del diverso orientamento giurisprudenziale sorto in relazione alla previsione di nullità relativa contenuta nell’articolo 23 del tuf 1 , cui la scrivente presta adesione, non possa essere accolta, per i seguenti motivi. Le direttive comunitarie numero 93/22/CEE e numero 2004/39/CE cd Mifid hanno, tra l’altro, regolato le norme di comportamento cui si devono attenere gli intermediari finanziari al fine di garantire l’interesse dei clienti e l’integrità del mercato, preoccupandosi che i primi forniscano alla clientela informazioni appropriate sull’impresa di investimento, sui servizi forniti, sugli strumenti proposti e sulle caratteristiche dei medesimi, senza tuttavia nulla prevedere in materia di forma e nullità del contratto detta nullità è stata introdotta dal d.lgs 415/1996 che ha recepito la prima direttiva richiamata, con la previsione di forma che i contratti sono redatti in forma scritta e un esemplare è consegnato al cliente articolo 18 , poi trasposta nell’articolo 23 tuf. L’obiettivo perseguito dal legislatore comunitario risulta pertanto essere quello di garantire la trasparenza del mercato e la corretta informazione ai clienti, sicché il vincolo di forma così imposto diviene il mezzo per garantire effettività a tale scopo in altri termini, dunque, si vuole perseguire il fine di assicurare all’investitore una informazione adeguata e di colmare l’asimmetria informativa, che ricorre soprattutto ove si tratti di cliente “al dettaglio”, creando un requisito strutturale del negozio. Proprio facendo leva su tale rilievo, la giurisprudenza richiamata ha evidenziato come in tal modo la funzione attribuita alla forma scritta nell’ipotesi di cui all’articolo 23 tuf si differenzi da quella tradizionalmente propria dei contratti di cui all’articolo 1350 c.c., ove il legislatore mirava a garantire una sufficiente ponderazione e certezza in relazione a contratti incidenti sulla sfera patrimoniale dei contraenti in modo consistente e in una situazione di sostanziale parità tra le parti contraenti. Da tali differenti ratio e finalità perseguite consegue che nelle ipotesi di forma scritta di cui al codice civile, volte a garantire la necessaria ponderazione di entrambi i contraenti nel trasferimento dei diritti reali su immobili, l’atto scritto in quanto strumento per il fine perseguito debba recare estrinsecazione diretta della volontà di entrambe i contraenti al contrario, nelle ipotesi di forma scritta di cui al tuf, al fine di garantire la protezione del soggetto debole e di colmare la asimmetria informativa che è propria del negozio in esame, deve ritenersi che la stessa sia soddisfatta ove il documento rechi la sottoscrizione del cliente e la dichiarazione unilaterale ricognitiva di avere ricevuto copia di un esemplare del contratto debitamente sottoscritto dai soggetti abilitati dell’istituto contraente. Tale constatazione trova peraltro conferma nella circostanza che da un lato le ipotesi di nullità “tradizionali” si caratterizzano per essere assolute, ovvero possono essere fatte valere da chiunque vi abbia interesse, mentre la nullità prevista dal tuf è relativa, nel senso che può essere fatta valere dal portatore dell’interesse singolare che “occasionalmente coincide con quello della collettività” ritenere pertanto che proprio il soggetto che ha sottoscritto il negozio e ha dichiarato di avere ricevuto copia dello stesso possa far valere l’invalidità del contratto per omessa sottoscrizione dell’altro contraente, che generalmente è colui che ha predisposto il modulo contrattuale e che contesta peraltro la suddetta invalidità, si rivelerebbe in contrasto sia con la finalità che con la stessa conformazione del requisito di forma di cui si discorre. Deve pertanto concludersi che il contratto di negoziazione prodotto in atti soddisfi i requisiti di forma richiesti dall’articolo 23 del tuf. Quanto poi alla eccepita omessa richiesta delle informazioni al cliente, l’adempimento a tale previsione risulta documentalmente non solo dalla scheda negoziale prodotta sub docomma 20 ove la parte ha dichiarato di avere compilato apposito documento in ordine alla propensione al rischio, nonché di non aver fornito le informazioni richieste sulla esperienza in materia, sulla situazione finanziaria e sugli obiettivi di investimento ma anche dal collegato negozio di deposito docomma 2 di parte attrice ove parte attrice cfr. docomma 21 , ha espressamente dichiarato quale propensione al rischio “compresenza di reddittività e rivalutabilità in un quadro di media rischiosità”. E’ parimenti provata in via documentale la consegna del documento sui rischi generali degli investimenti finanziari in relazione al contratto quadro dedotto in lite numero 23430 del 1/8/2000 sub docomma 2, sicché la relativa doglianza risulta non fondata. II. Sul compimento dell’operazione relativa ai titoli argentini in conflitto di interessi, fuori mercato e in violazione dei doveri di best execution Parte attrice si duole del compimento della operazione di acquisto delle obbligazioni Argentina dedotte in cause in conflitto di interessi in quanto la banca avrebbe venduto titoli acquistati in proprio all’atto del collocamento, scaricando sul cliente il rischio dell’insolvenza o alternativamente si sarebbe rivolta a terzi acquistando in nome proprio e per conto del cliente, applicando una maggiorazione del prezzo e acquistando da un terzo facente parte dello stesso gruppo della banca convenuta. Tali circostanze, espresse in via alternativa e ipotetica, tempestivamente contestate dalla convenuta, non hanno trovato specifico riscontro probatorio dalla documentazione in atti, e segnatamente dall’informativa sull’acquisto titoli cd fissato bollato sub docomma 5 risulta soltanto che la operazione sia stata eseguita in contropartita diretta e va condiviso l’orientamento secondo il quale le operazioni eseguite in contropartita diretta, che ricorrono allorchè la banca provveda ad acquistare l’obbligazione, anche in assenza di mandato del cliente, e a rivenderla allo stesso , non generino di per sé un conflitto di interessi in quanto si tratta di uno dei servizi di investimento al cui esercizio l’intermediario è autorizzato, ex articolo 1 t.u.f., quale modalità esecutiva di un ordine di acquisto o di vendita di strumenti finanziari. Pertanto se, come condivisibilmente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, grava sull’investitore l’onere di provare l’esistenza del conflitto di interessi di cui egli si dolga, in assenza di tale prova neppure può dirsi dimostrato il denunciato conflitto di interessi e la violazione delle previsioni di cui all’articolo 21/2 tuf e 32/5 reg. 11522/98. Va poi comunque precisato quanto alla generica allegazione della presenza nel consorzio di collocamento di “alcune banche de lo stesso gruppo della convenuta” che il conflitto di interessi non possa automaticamente essere desunto dalla sussistenza della predetta circostanza, senza che venga indagata la natura dei rapporti correnti tra le società, la dimensione e la consistenza della eventuale partecipazione. Non è contestato che le operazioni siano state effettuate su un mercato non regolamentato, ovvero la borsa di Lussemburgo parte attrice si duole del mancato rispetto della necessaria autorizzazione del cliente ex articolo 8 delibera Consob 11768/98 tale doglianza risulta infondata posto che in primo luogo risulta in via documentale che nell’ordine sottoscritto dal cliente per accettazione venne inserita la dizione “F.M.R.” accanto alla dicitura “nel mercato”, proprio al fine di significare che trattavasi operazione effettuata fuori dal mercato. Inoltre, e anche in riferimento alla eccepita violazione del dovere di best execution di cui all’articolo 8 della delibera 11768/98, deve comunque osservarsi come la detta delibera rivestisse natura attuativa rispetto all’articolo 25/2 tuf ove si prevedeva che “La Consob può disciplinare con regolamento le ipotesi in cui la negoziazione degli strumenti finanziari trattati nei mercati regolamentati italiani deve essere eseguita nei mercati regolamentati” ne consegue che le previsioni dell’articolo 8 si applicano solo agli strumenti finanziari trattati nei mercati regolamentati italiani ed era quindi onere di parte attrice fornire prova della detta circostanza. Sotto altro profilo, infine, nessuna specifica allegazione risulta compiuta in ordine alla possibilità effettiva di realizzare all’epoca dell’operazione un miglior prezzo per il cliente. III. Sull’inadempimento all’obbligo di informare sul declassamento dei titoli argentini a partire dalla seconda metà del 2001 Risultano parimenti infondate le doglianze volte a censurare la condotta della banca che non avrebbe provveduto ad informare l’attrice dei declassamenti subiti dai titoli argentini, a partire dalla seconda metà del 2001, sostenendo che tale obbligo sussista anche nella prestazione del servizio accessorio di custodia e amministrazione ex articolo 21 t.u.f. e sulla base dei doveri generali di correttezza, buona fede e diligenza, a nulla rilevando la previsione limitativa di tale obbligo di cui all’articolo 28 reg Consob in quanto dettata a scopi diversi di monitoraggio e comunicazione della perdita di valore. La tesi non può condividersi invero, come già evidenziato in giurisprudenza 2 , quando non venga concluso tra intermediario e investitore uno specifico contratto di consulenza o di gestione patrimoniale, gli obblighi informativi sulla natura e le caratteristiche dei titoli sussistono soltanto solo fino al momento dell’investimento. Infatti l’intermediario non può dirsi tenuto, successivamente alla data dell’investimento, ad informare l’investitore della perdita di valore o comunque dell’innalzamento del livello di rischio dell’operazione effettuata conduce a tale conclusione in primo luogo il disposto di cui all’articolo 28/2 del regolamento 11522/98 nella parte in cui collega le informazioni alla scelta di investimento o di disinvestimento, senza nulla prevedere per la fase “statica”. In secondo luogo, poi, tale conclusione muove dalla considerazione che la tesi attorea comporterebbe in capo all’intermediario un obbligo informativo particolarmente ampio e gravoso, oltre che non sufficientemente definito in altri termini egli dovrebbe, in relazione ad ogni contratto di negoziazione di titoli, al di fuori di uno specifico accordo relativo alla consulenza o gestione patrimoniale, comunque monitorare tutti gli investimento e comunicare immediatamente ogni variazione rilevante sulla cui natura, peraltro, nessun indice è desumibile dalla normativa di settore rispetto alle informazioni fornite al momento dell’investimento. Per tali ragioni, non versandosi in ipotesi di obbligo legale o contrattuale di comunicazione delle variazioni rilevanti del titolo, non può ravvisarsi in capo alla società convenuta alcun inadempimento sotto tale profilo. IV. Sull’inadempimento agli obblighi di informazione specifici gravanti sull’intermediario e sull’inadeguatezza delle operazioni dedotte in lite Risulta fondata la doglianza svolta da parte attrice in ordine all’inadempimento della banca convenuta agli obblighi informativi sulla stessa gravanti ai sensi dell’articolo 21 tuf e 28/2 regolamento 11522/98 nella parte in cui prevede che gli intermediari non possano effettuare operazioni se non dopo avere fornito all’investitore informazioni adeguate sulla natura, sui rischi, sulle implicazioni della specifica operazione o del servizio, la cui conoscenza sia necessaria per effettuare consapevoli scelte di investimento. Nel presente caso se, come detto, risulta che la banca abbia assunto le informazioni necessarie al momento della sottoscrizione del contratto quadro, nonché abbia consegnato il documento sui rischi generali degli investimenti, parte convenuta non ha fornito né invero formulato istanze istruttorie al riguardo idonea prova di avere reso, al momento della esecuzione dei tre ordini dedotti in lite, le informazioni circa la natura, le caratteristiche, la rischiosità dei titoli oggetto di lite. Va infatti osservato come la consegna del documento generale sui rischi degli investimenti non possa di per sé provare l’assolvimento all’obbligo di informazione specifica in sede di singolo ordine di acquisto inoltre, diversamente da quanto sostenuto dalla banca convenuta, negli ordini sottoscritti dalla cliente non compare alcuna dichiarazione circa l’avvenuto adempimento della banca agli obblighi informativi sulla stessa gravanti, sicché neppure può discutersi circa una invocata confessione stragiudiziale di parte attrice in merito. Se dunque non è stato provato che la banca abbia fornito le informazioni specifiche in merito ai titoli dedotti in lite, parimenti non può condividersi l’ulteriore profilo di inadempimento relativo alla inadeguatezza delle operazioni rispetto al profilo del cliente. In primo luogo, e in via già di per sé assorbente, parte convenuta in comparsa di costituzione e risposta ha ampiamente argomentato circa la adeguatezza delle operazioni rispetto al profilo soggettivo del cliente pacificamente di dettaglio al momento della effettuazione degli ordini 1/8/2000 in particolare, quanto alle obbligazioni Argentina ha evidenziato come al momento dell’acquisto le suddette obbligazioni presentassero un profilo di rischio pari a quello di altri stati emergenti quale ad esempio il Sud Africa, di cui parte attrice aveva acquistato parimenti titoli obbligazionari, senza dedurre alcuna inadeguatezza delle operazioni , che avessero un andamento dei prezzi regolari, che il rating non era espressivo di un rischio default e che pertanto non era in alcun modo prevedibile per la banca l’evoluzione successiva. Quanto alle azioni Tim parte convenuta ha allegato la solidità del titolo al momento dell’acquisto e prodotto a tal fine estratti della stampa specializzata dell’epoca sub docomma 6-10 parimenti ha argomentato in ordine alla sicurezza e convenienza delle azioni “L’Espresso” docomma 11-14 . Tali allegazioni e documenti non sono stati specificamente e tempestivamente contestati da parte dell’attrice che con la prima memoria ex articolo 183.6 c.p.comma ha piuttosto specificamente contestato come si è detto sopra fondatamente la riferibilità al rapporto di cui è causa del docomma 1 di controparte. Ogni volta che sia posto a carico di una delle parti attore e convenuto un onere di allegazione e prova, l’altra ha l’onere di contestare il fatto allegato nella prima difesa utile in mancanza tale fatto deve ritenersi pacifico senza che controparte sia più gravata dal relativo onere probatorio. Tale principio, già elaborato in via giurisprudenziale 3 , ha trovato espressa formalizzazione nell’articolo 115/1 c.p.comma come novellato con L 69/2009 applicabile alla presente controversia ratione temporis che prevede che il giudice deve porre a fondamento della decisione i fatti non specificatamente contestati dalla parte costituita, con la conseguenza che il giudice dovrà astenersi da qualsivoglia controllo processuale del fatto non contestato, ritenendolo sussistente. Ad ogni buon conto, poi, non possono trovare ingresso nel presente giudizio c.t.u. effettuate in altri processi e in relazione a fatti differenti e acquisti di titoli in epoche diverse né parimenti può arguirsi, quanto ai titoli argentina, dagli eventi occorsi successivamente agli ordini dedotti in lite a distanza di quasi un anno e mezzo una automatica prevedibilità del default. Sotto altro profilo, poi, non può non evidenziarsi come il portafoglio titoli dell’attrice al momento della sottoscrizione degli ordini dedotti in lite non si esaurisse in quelli contestati ma si aggirasse intorno ai 90.000,00 euro contemplando obbligazioni Sud Africa per nominali euro 15.000,00 pari all’investimento Argentina nonché obbligazioni Mediobanca per nominali euro 46.000,00, sicché gli ordini dedotti in lite rappresentano come dimensione meno di un terzo dei titoli sottoscritti contestualmente in data 1/8/2000 peraltro nulla è dato sapere in merito ad ulteriori investimenti compiuti da parte attrice in seguito, che non possono di per sé escludersi . V. Sulla risoluzione del contratto e sul risarcimento del danno Se dunque risulta fondato il lamentato inadempimento all’obbligo di fornire una informazione specifica al momento della conclusione dei singoli ordini e quindi nella fase di esecuzione del contratto quadro già stipulato, idoneo ad eventualmente ingenerare una responsabilità dell’intermediario a titolo contrattuale, occorre preliminarmente chiedersi se tale inadempimento rivesta i connotati di cui all’articolo 1455 c.comma tali da determinare la risoluzione del contratto quadro di negoziazione titoli concluso in data 1-8-2000. Va in primo luogo osservato come siano proprio le valutazioni rese in ordine alla adeguatezza delle operazioni dedotte in lite rispetto al portafoglio della attrice e al profilo di rischio medio dalla stessa indicato a condurre a escludere che l’inadempimento ai tre ordini dedotti in lite possa integrare quei requisiti di gravità e importanza tali da travolgere l’intero contratto quadro. In secondo luogo, poi si è già evidenziato come le operazioni contestate da parte attrice siano soltanto tre ordini per un importo pari a circa euro 30.000,00 nell’ambito del contratto di negoziazione che, solo in data 1/8/2000, ha comportato l’acquisto di strumenti finanziari per oltre euro 90.000,00 e che pertanto anche sotto il profilo della consistenza degli ordini di cui è stato contestato l’inadempimento non sussistano i presupposti di cui all’articolo 1455 c.comma Deve pertanto respingersi la domanda di risoluzione del contratto e di conseguente restituzione dei titoli. Risulta parimenti infondata la domanda risarcitoria proposta da parte attrice. Quanto ai titoli L”’Espresso e Tim” di cui è stata dedotta una perdita di valore, essi risultano ancora nel patrimonio dell’attrice e quindi la perdita consistente nella minusvalenza tra il valore dei suddetti titoli risulta allo stato meramente potenziale atteso che non è da escludersi che le azioni possano aumentare il proprio valore 4 né del resto, in assenza di pronuncia di risoluzione del negozio che legittimerebbe le reciproche restituzioni, può disporsi la condanna alla restituzione del prezzo corrisposto dalla attrice per l’acquisto delle azioni dedotte in lite. In relazione a tutti i titoli dedotti in lite, poi, le valutazioni compiute sopra circa la adeguatezza delle operazioni effettuate e la considerazione della composizione analoga del restante portafoglio titoli al momento della sottoscrizione degli ordini esclude che possa ritenersi condivisibile l’affermazione attorea secondo cui era “presumibile che l’investitore, ove edotto delle specifiche caratteristiche dei prodotti, avrebbe desistito dall’acquistarli”, in assenza di alcuna prova in merito. Se il danno e il nesso eziologico dello stesso con l’illecito contrattuale di controparte devono essere provati da chi ne chiede il ristoro, non può dirsi che nel presente giudizio tale prova sia stata offerta da parte attrice, non potendo desumersi di per sé, e considerati il contesto in cui gli ordini furono effettuati, la composizione del restante portafoglio titoli, il fatto che l’epoca era di gran lunga anteriore al default argentina allora non prevedibile , che, secondo il parametro civilistico del più probabile che non, la cliente, ove adeguatamente informata sulle caratteristiche dei titoli, non avrebbe comunque acquistato i prodotti e scelto di sopportare il rischio negli stessi incorporato. L’eccezione di prescrizione della domanda di risarcimento del danno come formulata da parte della convenuta risulta assorbita dalla valutazione in ordine alla carenza di presupposti per l’accoglimento nel merito del presente ricorso, in considerazione dell’orientamento della giurisprudenza di legittimità 5 secondo il quale in presenza di motivo di reiezione nel merito, le ulteriori eccezioni svolte devono ritenersi assorbite nella statuizione di rigetto “più liquida” resa soltanto in via incidentale dunque, può osservarsi come i profili di inadempimento dedotti in lite attinenti ai singoli ordini di acquisto riguardino la fase esecutiva del contratto quadro di negoziazione 6 e pertanto il titolo della responsabilità è contrattuale, sicché il termine è quello ordinario decennale che non risultava essere decorso al momento della proposizione della domanda. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano, quanto al compenso professionale, facendo applicazione dei valori indicati nel DM 140/2012 applicabile alla presente controversia ex articolo 41 del predetto DM 7 in relazione allo scaglione di valore della presente causa, tenuto conto dei valori medi previsti nel suddetto decreto, ad eccezione che nella fase istruttoria considerato che non è stata svolta attività di assunzione di prove fase di studio euro 1.200,00 fase introduttiva euro 600,00 fase istruttoria euro 800,00 fase decisoria euro 1.500,00. P.Q.M. Definitivamente pronunciando, ogni altra istanza, eccezione, disattesa o assorbita, così provvede 1. Respinge le domande attoree 2. Condanna C.G. alla rifusione delle spese di lite in favore di Credito Emiliano spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, che liquida in euro 4.100,00, oltre IVA e CPA come per legge. 1 Cfr. ex multis Corte Appello Torino , numero 595 del 3/4/2012. 2 Cfr. Trib To, 20/11/2012 Trb. To, 14/2/2012 Trib. Milano, 18/10/2006. 3 Cass., Sez. unumero , numero 761 del 23/01/2002. 4 Trib. Lodi, numero 361/2007. 5 Cass., sez. unumero 18.12.2008 numero 29523 Cass., sez. III, numero 11356 del 16.05.2006. 6 Cass., sez. unumero 26724 del 19/12/2007. 7 Così Cass., sez. unumero , numero 17405 del 12.10.2012.