Ferma la riconducibilità causale delle conseguenze dannose solo al comportamento dei medici che avevano omesso di effettuare il parto cesareo, stante il giudicato formatosi sulla sentenza della Corte di appello per effetto del rigetto del relativo motivo di ricorso da parte della precedente sentenza della Corte di legittimità, il giudice del rinvio valuterà tutte le risultanze istruttorie alla luce del principio dell’onere della prova gravante sull’Ospedale, per accertare se risulta o meno provato che questi abbia fornito al paziente una prestazione sanitaria esente da colpa, non potendo essere interpretata la sentenza rescindente se non nell’ambito dei limiti istituzionali dei poteri della Corte di legittimità, la quale non può valutare le risultanze istruttorie.
La Corte di Cassazione con la pronuncia numero 13358, depositata il 12 giugno 2014, ha affrontato l’ambito del giudizio di rinvio, i rapporti tra la pronuncia rescindente e quella rescissoria, alla luce della ratio legis disciplinante la materia. Il fatto. Una struttura ospedaliera era convenuta in giudizio con domanda tesa al risarcimento dei danni da responsabilità sanitaria. Sostenevano gli attori che il proprio figlio e fratello era affetto da ritardo mentale ed epilessia a causa della scelta dei medici di procedere con parto naturale invece che con cesareo, nonostante manifestazioni di sofferenza prenatale del nascituro. Respinta la richiesta in primo grado come in appello veniva proposto riscorso per cassazione, i ricorrenti si dolevano che la domanda fosse stata rigettata per mancanza di colpa medica nell’omissione del parto cesareo e per non aver fatto gravare l’onere della prova sull’esatto adempimento sull’ospedale il giudizio di legittimità si concludeva con cassazione della pronuncia, limitatamente ad un motivo di ricorso, e conseguente rinvio alla Corte d’appello territoriale. Il Giudice del rinvio provvedeva alla sola quantificazione dei danni. Tale decisione veniva impugnata per cassazione dall’Ospedale soccombente. Resistevano con controricorso e ricorso incidentale i parenti del soggetto danneggiato. Per comprendere la portata della pronuncia in parola si richiama, seppur brevemente, la decisione assunta dalla prima Cassazione che aveva accolto solo il motivo di ricorso relativo alla lamentata violazione dell’onere della prova, in ambito di responsabilità contrattuale, con cui si deduceva che la Corte d’appello non aveva fatto gravare il predetto onere, relativo all’esatto adempimento sull’ospedale. Intervento limitato dei giudici? Nel ricorso presupposto della pronuncia annotata, l’Ospedale si doleva della decisione assunta dalla Corte di Appello nel giudizio rescissorio, giacché la stessa, senza considerare gli effetti connessi al rigetto del primo motivo di ricorso, aveva limitato il proprio campo d’intervento alla quantificazione del danno da risarcire. Sosteneva in particolare la difesa del nosocomio che il Giudice investito della fase rescissoria non avesse valutato il concorso causale tra causa naturale e causa umana, ancorché questo risultasse dalle perizie oltre che dal medesimo giudizio rescindente che, rigettando un motivo di doglianza formulato dalla difesa dei parenti del soggetto danneggiato, aveva individuato nella malattia genetica da cui era affetto il danneggiato una concausa della patologia neppure era stato valutato il giudicato formatosi a seguito del rigetto del ricorso in ordine alla non esistenza del nesso causale che, unitamente all’esistenza di concause, avrebbe dovuto portare ad una differente quantificazione del danno. La doglianza formulata era accolta nella misura in cui la Cassazione ha ritenuto che la pronuncia rescissoria non avesse tenuto conto degli effetti del passaggio in giudicato della sentenza di secondo grado, con conseguente mancata preliminare considerazione in ordine al nesso di causalità tra evento e danno per effetto del rigetto del motivo di ricorso. Il rapporto tra giudizio rescindente e rescissorio. La Cassazione ha chiarito quali siano le regole che disciplinano il rapporto tra giudizio rescindente e rescissorio, per effetto dell’accoglimento del ricorso e della cassazione con rinvio. In siffatte ipotesi si attivano dei meccanismi processuali che tendono a ridurre progressivamente l’oggetto del contendere man mano che la controversia si sposta da un giudice ad un altro. In questo ambito si colloca il giudizio di rinvio laddove il Giudice deve considerare quanto stabilito dai due precedenti gradi in aggiunta al giudizio di cassazione e rilevare quanto passato in giudicato. In tal modo il Giudice del rinvio non può più sindacare sui capi di domanda già impugnati, per i quali il ricorso sia stato già respinto perché coperto dal giudicato, nonché su quelli per i quali la Cassazione ha deciso senza rinvio, in quanto definitivamente caducati. Nel caso di specie il Supremo Organo di legittimità ha argomentato che il Giudice del rinvio sarebbe dovuto partire dal nesso di causalità, come accertato dalla sentenza di appello e rispetto al quale il giudizio rescindente aveva rigettato il corrispondente motivo di ricorso, procedendo quindi all’applicazione del principio di diritto in forza del quale era stato accolto il ricorso in ordine alla ripartizione dell’onere probatorio, valutando le prove raccolte. Entrambi i predetti profili sono stati disattesi dalla sentenza impugnata. Gli Ermellini, per quanto espressamente concerne la sentenza rescindente, condividendo un proprio precedente orientamento, hanno affermato come la denuncia del mancato rispetto da parte del giudice del rinvio del decisum della sentenza di cassazione concreta denuncia di error in procedendo per aver operato il Giudice in ambito eccedente i poteri conferitigli per legge, per la cui verifica la Corte di Cassazione ha tutti i poteri del giudice del fatto, in relazione alla ricostruzione dei contenuti della sentenza rescindente, che va equiparata al giudicato. Conseguentemente la sua interpretazione deve essere assimilata alla interpretazione delle norme giuridiche. Pertanto, le questioni poste ad oggetto del ricorso respinto dalla Corte ovvero dalla stessa decise in senso conforme a quanto stabilito dal giudice dell’appello, restano precluse alla cognizione del Giudice del rinvio giacché coperte da giudicato in via definitiva. Il rispetto del giudicato da parte del Giudice della fase rescissoria. Tornando al caso di specie, gli Ermellini hanno ritenuto che il giudice del rinvio avrebbe dovuto principiare dal nesso di causalità, accertato dal Giudice di appello e confermato con il rigetto della sentenza di cassazione. Ha precisato la Cassazione che senza dubbio la questione del nesso causale è stata caducata dal giudizio rescindente, motivo per cui su questo profilo vi è la protezione del giudicato tuttavia, la mancata precisazione sul punto ha originato il tentativo del nosocomio di utilizzare affermazioni contenute nella pronuncia rescindente per rimettere in discussione il giudicato. Nella pronuncia annotata la Cassazione ha sostenuto come non possa esservi decisione, come quella contenuta nella sentenza del giudice del rinvio impugnata, la quale affermi che la sentenza rescindente abbia accertato il mancato assolvimento dell’onere della prova da parte dell’ospedale, giacché l’organo di legittimità non può valutare i risultati delle prove.
Corte di Cassazione, sez. III civile, sentenza 14 marzo – 12 giugno 2014, numero 13358 Presidente Amatucci – Relatore Carluccio Svolgimento del processo 1. Nell'ottobre del 2001 i signori T. , genitori e fratelli di T.D., convennero in giudizio l'Ospedale omissis e chiesero il risarcimento dei danni conseguenti a responsabilità sanitaria. Assunsero che la malattia di D., affetto da ritardo mentale, ed epilettico nei primi anni dell'infanzia, fosse riconducibile alla scelta dei sanitari di procedere con parto naturale, anziché con parto cesareo, nonostante la manifestazione dello stato di sofferenza prenatale del nascituro. La domanda venne rigettata in primo grado e in appello, con conseguente assorbimento della domanda di manleva svolta dall'Ospedale verso l'Assicurazione, presente in giudizio. La sentenza della Corte di appello di Venezia, del 10 settembre 2010, fu cassata con rinvio dalla Corte di cassazione, con decisione numero 1620 del 3 febbraio 2012, in accoglimento del terzo motivo del ricorso proposto dai T. , rigettato il primo e dichiarato assorbito il secondo. 2. La Corte di appello di Venezia, davanti alla quale il processo fu ritualmente riassunto, con sentenza dell'8 ottobre 2012, ritenne di dover procedere unicamente alla quantificazione dei danni condannò l'Ospedale omissis al pagamento della somma di circa tre milioni e trecentomila Euro, oltre accessori, e l'Allianz Spa a tenere indenne l'Ospedale nei limiti del massimale assicurato. 3. Avverso la suddetta sentenza, l'Ospedale omissis , in persona della suora V.D.M.T. , in religione suor G. , quale procuratrice speciale della Congregazione delle Mantellate Serve di Maria di Pistoia, Ente ecclesiastico riconosciuto cui l'Ospedale appartiene, propone ricorso per cassazione affidato a cinque motivi. I genitori di T.D. , il padre anche quale tutore del figlio D. , e i fratelli di D. , resistono con controricorso e propongono ricorso incidentale affidato a cinque motivi. I controricorrenti eccepiscono, preliminarmente, il difetto di identificazione della parte ricorrente, per essere stato proposto il ricorso da un soggetto, l'Ospedale, non avente personalità giuridica, trattandosi di azienda di proprietà di persona giuridica e, comunque, il difetto di rappresentanza in capo alla suora, in mancanza della documentazione a sostegno del potere di conferire la procura speciale alle liti. L'Allianz spa, ritualmente intimata, non svolge difese. Entrambe le parti costituite hanno presentato memorie. Motivi della decisione La decisione ha per oggetto i ricorsi riuniti proposti avverso la stessa sentenza. 1. È preliminare lo scrutino dell'eccezione di inammissibilità del ricorso principale prospettata dai controricorrenti sotto due profili. Il primo concerne il difetto di identificazione della parte ricorrente. Il secondo concerne il difetto di rappresentanza, quale difetto della documentazione in ordine al potere di rappresentanza della suora, che ha agito in giudizio in nome e per conto della Congregazione, conferendo il mandato difensivo. Entrambi i profili sono privi di pregio. 1.1. Quanto al primo profilo, nessun dubbio può sorgere sulla identificazione del soggetto ricorrente. Al di là dell'imprecisione linguistica consistente nel riferimento del ricorso all'Ospedale OMISSIS e non alla Congregazione delle Mantellate Serve di Maria, Ente ecclesiastico giuridicamente riconosciuto, nessuno dubita - neanche gli stessi controricorrenti - che l'Ospedale OMISSIS sia un'azienda gestita dalla Congregazione, unico soggetto avente personalità giuridica. D'altra parte, nonostante la dizione Ricorso per l'Ospedale in persona della suora V.D.M.T. , in religione Suor G. , questa agisce in giudizio e conferisce lo ius postulandi, sulla base della procura speciale conferitale dalla suora G.C.M. , in religione Suor L. , quale Superiora Generale e legale rappresentante della Congregazione delle Mantellate Serve di Maria, che è l'Ente ecclesiastico. Ed inoltre, l'Ospedale risulta sempre quale parte del giudizio, nelle due sentenze della Corte di appello, nella sentenza di Cassazione rescindente, sempre in persona della stessa rappresentante processuale. 1.2. Quanto al secondo profilo, all'udienza pubblica - alla presenza della controparte - la ricorrente ha prodotto la procura speciale, già richiamata nel ricorso, conferita con atto notarile in data 26 novembre 1997 dalla suora G.C.M. , in religione Suor L. , quale Superiora Generale e legale rappresentante della Congregazione delle Mantellate Serve di Maria, Ente ecclesiastico giuridicamente riconosciuto, alla suora V.D.M.T. , in religione Suor G. , che ha promosso il ricorso e conferito mandato ai difensori. Secondo la procura speciale suddetta, la rappresentante legale della Congregazione, ha nominato suor G. procuratrice speciale, affinché in nome e nell'interesse della Congregazione, cui appartiene l'ospedale OMISSIS , tra l'altro, esperisca qualunque azione legale e giudiziaria rappresenti la costituente davanti a qualsiasi autorità giudiziaria nomini e revochi avvocati, procuratori alle liti davanti a qualsiasi autorità giudiziaria. Pertanto, sussiste la legittimazione processuale della ricorrente/ Congregazione, che gestisce l'ospedale OMISSIS , risultante dalla documentazione prodotta, nel termine che, nel giudizio di cassazione secondo la giurisprudenza di legittimità, è costituito dall'udienza di discussione, prima dell'inizio della relazione Cass. 1 dicembre 2000, numero 15350 . 2. Logicamente preliminari sono i primi tre motivi del ricorso principale. 2.1. Per delimitare l'ambito delle questioni poste effettivamente all'attenzione della Corte, va subito escluso ogni rilievo alta deduzione, presente nei tre motivi in esame, del vizio motivazionale, ai sensi dell'articolo 360, numero 5, cod. proc. civ., nella formulazione novellata dal d.l. 22 giugno 2012, numero 83, conv., con modificazioni nella legge 7 agosto 2012, applicabile ratione temporis, ai sensi dell'articolo 54, comma 3, del medesimo decreto. La ricorrente, infatti, deduce la violazione del suddetto articolo, in relazione all'articolo 132 cod. proc. civ. e quale omesso esame di fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, ma, nella parte esplicativa dei tre motivi, prescinde completamente dalla quaestio facti, incentrando te censure sulla violazione dell'articolo 384 cod. proc. civ. in collegamento a norme di diritto sostanziale. 2.2. In tutti e tre i motivi di ricorso si deduce la violazione dell'articolo 384 cod. proc. civ Questo è l'elemento comune, nel senso che essi riguardano l'ambito del giudizio di rinvio dopo la decisione della Corte di cassazione, in rapporto all'individuazione del giudizio devoluto che è stata fatta dal giudice del rinvio. Il primo e il terzo si distinguono dal secondo infatti, il primo e il terzo attengono agli effetti del rigetto di un motivo di ricorso rispetto al giudizio di rinvio il secondo concerne gli effetti dell'accoglimento di un motivo di ricorso sul giudizio di rinvio. I motivi sono fondati, per quanto di ragione. 3. Dato che la controversia ora all'attenzione della Corte concerne l'ambito del giudizio di rinvio, quale risultante da una sentenza solo in parte rescindente, è utile soffermarsi brevemente sul contenuto della prima sentenza di questa Corte, in rapporto ai motivi di ricorso dalla stessa decisi. La sentenza di appello era stata impugnata dai congiunti di T.D. , che avevano visto rigettata la domanda di risarcimento per mancanza di colpa medica nella omissione del parto cesareo, pur essendo le conseguenze riconducibili alla sofferenza del travaglio. 3.1. Con il primo motivo di ricorso avevano denunciato violazione del giudicato e contraddittorietà della motivazione. Secondo la prospettazione degli allora ricorrenti, al contrario della sentenza di primo grado che aveva individuato la causa solo nella sofferenza del travaglio evento ipossico acuto perinatale , la sentenza di appello, in mancanza di appello incidentale sul nesso causale da un lato aveva trasformato l'ipotesi della sindrome di Landau, fatta dal consulente come mera possibilità alternativa di spiegazione dei sintomi dell'epilessia manifestatasi negli anni successivi, in una “assai probabile manifestazione di malattia rara” dall'altro aveva aderito alla tesi del primo giudice che, sulla base della stessa consulenza, aveva riconosciuto l'evento ipossico perinatale. La Corte di legittimità aveva rigettato il motivo di ricorso ritenendo non sussistente la violazione del giudicato, per essere stato individuato solo un profilo di rigetto diverso da quello valorizzato dal primo giudice ritenendo non contraddittoria la motivazione, per essere l'ipossia perinatale concausa, insieme alla malattia genetica costituita dalla sindrome di Landau. 3.2. Con il terzo motivo, gli allora ricorrenti avevano dedotto la violazione del principio dell'onere della prova in tema di responsabilità contrattuale, lamentando che la sentenza di appello non aveva fatto gravare l'onere della prova dell'esatto adempimento sull'Ospedale con il secondo motivo, avevano dedotto vizi di motivazione in ordine alla valutazione delle prove. La Corte di legittimità aveva accolto il terzo motivo e dichiarato assorbito il secondo. 4. Con il primo e terzo motivo si deduce la violazione, oltre che dell'articolo 384 cod. proc. civ., degli articolo 40 e 41 cod. penumero e degli articolo 1218, 1223, 1226, 1227 e 2797 cod. civ In particolare, si censura la sentenza impugnata resa nel giudizio rescissorio, per aver limitato il proprio campo di intervento alla quantificazione del danno da risarcire in danno dell'Ospedale, senza considerare, in collegamento con il rigetto del primo motivo di ricorso da parte della sentenza rescindente a il concorso causale tra causa naturale fattore naturale costituito dalla sindrome di Landau Kleffner, secondo la prima consulenza gestosi nel terzo trimestre, in base alla seconda consulenza e causa umana omesso parto cesareo , nonostante tale concorso risultasse, oltre che nelle perizie, soprattutto dalla sentenza rescindente, che, nel rigettare il primo motivo di ricorso, avrebbe individuato nella malattia genetica una concausa dell'evento, così disattendendo la stessa pronuncia in violazione dell'articolo 384 cod. proc. civ. tanto, sul presupposto dell'accertamento delle concause, senza valutare la diversa efficienza delle varie concause sotto il profilo della causalità naturale Cass. numero 975 del 2009 senza circoscrivere le conseguenze dannose risarcibili sotto il profilo della causalità giuridica Cass. numero 15991 del 2011, primo b senza considerare che il rigetto del primo motivo di ricorso da parte della sentenza rescindente aveva comportato la formazione del giudicato sulla non esistenza del nesso causale c senza procedere, quantomeno, alla rivalutazione del nesso causale, come avrebbe dovuto farsi per la correlazione del rigetto con l'accoglimento del motivo concernente l'erronea applicazione del principio dell'onere della prova d senza procedere a considerare che l'esclusione del nesso causale o l'esistenza della concause avrebbero avuto incidenza nella quantificazione del danno terzo . Essenzialmente, il ricorrente, argomentando dai vincoli che, dal rigetto con la sentenza rescindente del motivo del ricorso sul nesso causate, anche in correlazione con il motivo accolto, sarebbero derivati alla corte del rinvio dalla stessa sentenza rescindente che avrebbe ritenuto la ricorrenza di cause naturali e umane quali concause o dalla sentenza di secondo grado, così passata in giudicato sul punto che secondo la tesi assunta in ricorso, avrebbe negato lo stesso nesso causale , denuncia che, comunque, la sentenza impugnata non avrebbe affrontato il profilo del nesso causate, pure incidente sulla quantificazione del danno. Con il secondo motivo, si deduce la violazione, oltre che dell'articolo 384 cod. proc. civ., degli articolo 1218, 1223 e 1226 cod. civ., in riferimento all'articolo 2697 cod. civ In collegamento con l'accoglimento del terzo motivo di ricorso da parte della sentenza rescindente, che aveva riconosciuto l'applicabilità della responsabilità contrattuale nei confronti dell'ospedale, con conseguente onere della prova dell'esatto adempimento su di esso gravante, quale principio di diritto cui il giudice del rinvio avrebbe dovuto attenersi, si censura la sentenza impugnata per aver ritenuto di non avere “alcuno spazio di rivalutazione del giudizio di merito” avendo la stessa Corte di legittimità affermato la mancanza della prova da parte dell'ospedale, così interpretando illogicamente il principio di diritto e facendo mancare ogni valutazione delle risultanze istruttorie, mentre il giudizio ad essa demandato non poteva limitarsi alla mera quantificazione del danno, avendo la sentenza rescindente riconosciuto la violazione dell'onere della prova da parte della prima sentenza di appello senza giudicare su una questione di fatto relativa ai contenuti della prova, che la stessa Corte di legittimità aveva indicato solo a titolo esemplificativo. 5. Il primo e terzo motivo sono fondati entro confini delimitati. Le censure meritano accoglimento nel senso che la sentenza impugnata è erronea nella misura in cui, nel decidere la controversia ad essa demandata con rinvio, non ha preso avvio dal nesso di causalità tra evento e danno - accertamento logicamente preliminare all'imputazione della responsabilità e alla quantificazione del danno - quale risultante dal passaggio in giudicato della sentenza di secondo grado per effetto del rigetto del motivo di ricorso il primo , che tale profilo aveva investito. Mentre, priva di fondamento è la censura, laddove mira a far discendere effetti sull'ambito del giudizio di rinvio direttamente dalla sentenza rescindente, quasi equiparando gli effetti che derivano dal rigetto a quelli vincolanti che derivano dall'accoglimento ed adombrando un collegamento tra motivo rigettato e motivo accolto ed ancora, laddove, con l'obiettivo di trame conseguenze favorevoli, ritiene già accertato il concorso tra cause naturali e umane o, addirittura, l'accertamento dell'assenza del nesso causale in danno dell'Ospedale. Al contrario, completamente fondato è il secondo motivo di ricorso. 6. Nella decisione delle questioni poste all'attenzione della Corte, rilevano principi generali che governano il sistema delle impugnazioni e il rapporto tra giudizio rescindente e giudizio di rescissorio, per effetto dell'accoglimento del ricorso e della cassazione con rinvio. Entrano in gioco, quindi, meccanismi processuali volti ad attuare una progressiva limitazione dell'oggetto del contendere, via via che la controversia si sposta da un giudice all'altro strumenti finalizzati a favorire la chiusura della lite con l'accertamento dell'esistenza/non esistenza del diritto sostanziale fatto valere in giudizio, che costituisce la ragione stessa del processo. Al centro del sistema processuale positivo vi sono gli articolo 342 e 346 cod. proc. civ., da un lato, e gli articolo 324 cod. proc. civ. e 2909 cod. civ. dall'altro, valevoli per l'intero sistema delle impugnazioni, in base ai quali l'effetto devolutivo al giudice successivo è segnato dalla iniziativa delle parti nella delimitazione del materiale cognitivo e dell'oggetto sostanziale della lite e si snoda la progressiva formazione della cosa giudicata. In questo sistema di composizione progressiva della lite, nel quale il campo della contesa si restringe, si inserisce il giudizio di rinvio nella sua veste rescissoria del giudizio di cassazione. Per arrivare alla pronuncia di accoglimento o rigetto, il giudice del rinvio - allora - deve fare i conti con quanto fissato nei corso dei primi due gradi di giudizio in aggiunta al giudizio di cassazione e rilevare quanto oramai passato in giudicato, poi deve passare a statuire - nei limiti segnati dalla pronuncia di legittimità che ha effetto vincolante - sulle questioni oggetto del ricorso accolto e con riferimento alle quali è stato disposto il rinvio, oltre a quelle che ne dipendono per effetto del cosiddetto effetto espansivo interno articolo 336, primo comma cod. proc. civ. . Così, in sintesi, sono esclusi dal giudizio di rinvio i capi di domanda non impugnati e i capi impugnati, con riferimento ai quali il ricorso è stato respinto, essendo tutti coperti dalla cosa giudicata i capi impugnati con riferimento ai quali è stata emanata una sentenza di cassazione senza rinvio, in quanto definitivamente caducati i capi con riferimento ai quali il ricorso è stato accolto, ma la Corte ha deciso nel merito, ex articolo 384 cod. proc. civ 6.1. In riferimento alla specie ora all'attenzione della Corte, il giudice del rinvio avrebbe dovuto partire dal nesso di causalità, come accertato dalla sentenza di appello, rispetto alla quale il corrispondente motivo di ricorso per cassazione era stato rigettato, quindi procedere all'applicazione del principio di diritto in forza del quale era stato accolto il ricorso per cassazione in ordine alla ripartizione del'onere probatorio, valutando le prove raccolte. 7. Sia il primo che il secondo profilo, disattesi dalla sentenza impugnata, rendono opportuno soffermarsi sui poteri attribuiti alla Corte di legittimità in questa fase, innanzitutto in riferimento all'interpretazione della cosa giudicata, costituita dalla prima sentenza della Corte di appello, quanto al primo profilo primo e terzo motivo di ricorso dalla sentenza rescindente, quanto al secondo profilo secondo motivo di ricorso . In entrambi i casi, al fine di stabilire i contenuti del vincolo che è derivato al giudice del rinvio, è necessario l'esame diretto della sentenza di secondo grado e della sentenza rescindente esame che è sostanzialmente chiesto nei motivi di ricorso. 7.1. Tra i vari elementi caratterizzanti che hanno segnato il lungo percorso di emersione del valore del giudicato nella giurisprudenza della Corte di legittimità, attraverso tappe fondamentali scandite dalle sentenze delle Sezioni unite numero 226 del 2001 numero 13916 del 2006 numero 24664 del 2007 , ai nostri fini rileva l'assimilazione del giudicato agli elementi normativi e, quindi, il valore normativo del giudicato, cui corrisponde la sindacabilità da parte della Corte sotto il profilo di violazione di legge dell'interpretazione compiuta dal giudice del merito. L'essenza del giudicato è individuata nel comando o precetto, in quanto regola iuris del caso concreto, assimilabile agli atti normativi. Proprio la vis normativa del provvedimento giurisdizionale comporta che la correlativa esegesi debba essere coerentemente operata alla stregua della interpretazione delle norme, quindi con i canoni ermeneutici dell'articolo 12 delle preleggi per l'interpretazione della legge e non alla stregua dell'interpretazione degli atti e dei negozi giuridici, prevista dagli articolo 1362 e ss. cod. civ. regola ermeneutica che si è oramai consolidata ed è stata estesa a provvedimenti assimilabili al giudicato e alla sentenza rescindente. 7.2. Proprio in riferimento alla sentenza rescindente, la Corte si è pronunciata espressamente Cass. 1 settembre, 2004, numero 17564 Cass. 25 marzo 2005, numero 6461 , affermando principi che il Collegio condivide. Innanzitutto, quello secondo cui, la denuncia del mancato rispetto da parte del giudice di rinvio del decisum della sentenza di cassazione concreta denuncia di errar in procedendo per aver operato il giudice stesso in ambito eccedente i confini assegnati dalla legge ai suoi poteri di decisione, per la cui verifica la Corte di cassazione ha tutti i poteri del giudice del fatto, in relazione alla ricostruzione dei contenuti della sentenza rescindente, la quale va equiparata al giudicato, partecipando della qualità dei comandi giuridici con la conseguenza che la sua interpretazione deve essere assimilata, per l'intrinseca natura e per gli effetti che produce, all'interpretazione delle norme giuridiche. Quindi, tenuto conto che all'interpretazione del giudicato deve farsi luogo alla stregua dell'interpretazione delle norme piuttosto che alla stregua dell’interpretazione dei negozi e degli atti giuridici, nessuna deroga soffre il suddetto principio nel caso in cui il principio di diritto non risulti espressamente enunciato nella sentenza di cassazione, ma debba essere enucleato dall'intero corpo della decisione, trattandosi di circostanza incidente esclusivamente sul tasso di difficoltà dell'accertamento non diversamente da quanto accade in presenza di una norma giuridica di incerto significato, del tutto priva di rilievo per la definizione dei poteri della Corte di cassazione, atteso che il giudice di legittimità accerta l'esistenza e la portata del giudicato interno rappresentato dalla sentenza rescindente con cognizione piena, che si estende al diretto riesame degli atti del processo ed alla diretta vantazione ed interpretazione degli atti processuali, a cominciare dalla sentenza rescindente, mediante indagini ed accertamenti, anche di fatto, indipendentemente dall'interpretazione data al riguardo dal giudice del merito. 7.3. In riferimento all'oggetto del giudizio di rinvio propriamente rescissorio, la regola generale indiscussa è che al giudice del rinvio è devoluto il riesame della causa limitatamente alle parti della domanda impugnati dalla parte soccombente e che, a seguito dell'accoglimento del ricorso, la sentenza rescindente della Cassazione ha cassato, disponendo il rinvio. La sentenza rescindente, quindi, costituisce la misura del giudizio di rinvio. Così che, alla cassazione totale segue un giudizio di rinvio equivalente a quello del giudizio che ha messo capo alla sentenza caducata. In ipotesi di cassazione parziale, al giudice del rinvio saranno devoluti solo i capi di sentenza annullati dalla Cassazione, oltre i capi da esso dipendenti ai sensi dell'articolo 336 cod. proc. civ Pacifico è pure che, nella devoluzione del capo annullato, la sentenza rescindente fissa con il principio di diritto la premessa maggiore del sillogismo giudiziale, a carattere vincolante salvo lo ius superveniens retroattivo per il giudice del rinvio, al quale demanda la premessa minore costituita dalla quaestio facti, delegando il compimento delle attività consequenziali precluse alla Corte di legittimità. Il principio di diritto, alla base del motivo di ricorso accolto per violazione di legge dalla sentenza rescindente, funziona come giuntura tra la fase di cassazione e la fase di rinvio ed evidenzia, al contempo, i limiti dei poteri della Corte di legittimità. Esso, salvo il caso eccezionale che non siano necessari accertamenti di fatto, non è idoneo a definire il giudizio consumando l'azione, proprio per via dei limiti istituzionali della giurisdizione di legittimità che è vincolata all'accertamento dell'esistenza/non esistenza dei fatti svolto dal giudice del merito e non può sindacare la quaestio facti, se non nei limiti del controllo della motivazione. Limite che, come si vedrà nel prosieguo, non può non influire nell'interpretazione della sentenza rescindente cui nella specie si è chiamati nell'esame del secondo motivo di ricorso. 8. Se si applicano i principi enunciati, è indubbio che le questioni poste ad oggetto del ricorso respinto dalla Corte e, dunque, da questa decise in senso conforme a quanto già stabilito dal giudice di appello, sono ormai precluse alla cognizione del giudice del rinvio in quanto ormai costituenti giudicato, perché decise in maniera definitiva primo e terzo motivo dell'attuale ricorso . Il giudice del rinvio, quindi, nel procedere verso la definizione della controversia con la decisione sul diritto sostanziale, avrebbe dovuto assumere quale punto di abbrivio il nesso di causalità, quale accertato dal giudice di appello e restato confermato dal rigetto della sentenza di cassazione. Proprio la mancata precisazione sul punto ha originato il tentativo, tramite le censure alla sentenza, di rimettere in discussione tale accertamento da parte dell'attuale ricorrente, servendosi di affermazioni contenute nella sentenza di cassazione occasionate dalla prospettazione della censura poi respinta e, nel contempo, spiega l'accoglimento dei motivi dell'attuale ricorso primo e terzo solo per quanto di ragione, restando rigettati i profili che tendono a mettere in discussione il giudicato. 8.1. Non c'è dubbio che la sentenza di appello è stata caducata solo nella parte in cui è stata cassata, e tanto non è accaduto quanto al nesso di causalità, che era stato oggetto del primo motivo del primo ricorso, respinto dalla sentenza della Corte di legittimità, rescindente per altro profilo. La giurisprudenza di legittimità, sia pure con decisioni risalenti nel tempo ma mai messe in discussione, ha espressamente affermato che “la questione che ha formato oggetto di specifico motivo di ricorso per Cassazione, rigettato dalla suprema Corte, non può essere più riproposta, anche se, in accoglimento di un'autonoma censura, la causa sia stata rinviata per nuovo esame, essendosi, sulla questione stessa, formato il giudicato, che ne preclude la riproposizione”. Cass. 14 maggio 1962, numero 998 . Inoltre, nessun pregio ha il tentativo del ricorrente di ipotizzare un collegamento tra il motivo rigettato e quello accolto. Infatti, si è chiaramente affermato che “Il principio dettato dall'articolo 336 cod. proc. civ., per il quale la riforma o la cassazione parziale della sentenza ha effetto anche sui capi della stessa dipendenti dalla parte riformata o cassata, trova applicazione rispetto ai capi di sentenza non impugnati autonomamente, ma necessariamente collegati ad altro capo che sia stato impugnato, ma non con riguardo a quei capi che abbiano formato oggetto di impugnazione, ove questa sia stata rigettata, giacché in tal caso su tali capi si forma il giudicato e l'interdipendenza tra essi e le altre statuizioni la cui impugnazione sia stata accolta è esclusa dalla stessa decisione sul gravame” Cass. 28 novembre 1992, numero 12785 . 8.2. D'altra parte, non possono assumere alcun rilievo le argomentazioni del rigetto della sentenza di cassazione, non potendo le stesse incidere in alcun modo sul giudicato che, con la pronuncia di rigetto, si è formato sulla statuizione del giudice di appello. Rispetto a tale profilo, la giurisprudenza della Corte ha ritenuto che “È irrilevante, e non può costituire vincolo per il giudice di rinvio, l'errore nell'interpretazione di un accertamento di fatto, nel quale incorra la motivazione della sentenza della Corte di Cassazione, che rigetti un motivo di ricorso, perché tale errore non può incidere in alcun modo sul giudicato che con la pronuncia di rigetto viene a formarsi sul reale accertamento del fatto fissato in sede di merito”. Cass. 6 maggio 1977, numero 1734 . E, ritiene il Collegio, che i termini della questione non possono essere diversi nel caso che, come nella specie, l'interpretazione della cassazione non riguardava l'accertamento in fatto ma la sentenza di appello in riferimento ai motivi di censura, proprio per la portata preclusiva e oggettiva del giudicato scaturente dal rigetto del motivo di ricorso. Così, la portata del giudicato sul punto derivante dalla sentenza della Corte di appello è individuata ora dalla Corte, investita dalla richiesta di esame diretto ai fine di stabilire i confini del giudizio di rinvio, con cognizione piena, che si estende al diretto riesame e alla diretta valutazione e interpretazione dell'atto. 8.3. La sentenza di appello, letta e interpretata alla luce dell'articolo 12 delle preleggi, secondo il quale il senso deve essere quello scaturente dal significato proprio delle parole, secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore , ha ritenuto il nesso di causalità tra l'omesso intervento medico con il parto cesareo e le conseguenze dannose sul nascituro, oltre ad escludere - ma il profilo non rileva in questa parte dell'analisi - l'imputabilità a colpa medica dell'omissione. Mentre, non ha fatto giocare nel campo causale la cosiddetta causa naturale, limitandosi a riferire - peraltro in contrapposizione con la consulenza del secondo grado non condivisa perché tutta incentrata sui piano della probabilità/possibilità - che il consulente di primo grado, per spiegare la malattia del minore, per come si era manifestata successivamente nei primi anni di vita, aveva richiamato come “assai probabile” la sindrome di Landau Kleffner, ad eziologia sconosciuta. Da un lato, il riferimento ad una sindrome , che nel significato letterale rimanda a segni e sintomi che vanno a configurare una situazione clinicamente rilevante, in una con l'inequivocabile riferimento alla eziologia sconosciuta della stessa dall'altra, il richiamo della suddetta sindrome in un contesto motivazionale - peraltro incentrato prevalentemente sull'accertamento della imputabilità della omissione ai sanitari - in cui il giudice si limita a riferire una ipotesi, neanche eziologicamente rilevante, non possono non portare a concludere che ogni concorrenza di fattori causali naturali è esclusa dalla sentenza di appello. Mentre è indubbia - e lo stesso ricorrente non lo mette seriamente in discussione - la riconducibilità causale delle conseguenze dannose al comportamento dei sanitari, atteso che tutta la motivazione è incentrata sulle argomentazioni che escludono la imputabilità a colpa medica della condotta, che il primo accertamento logicamente presuppone. 9. Passando all'applicazione dei principi generali enunciati alla specie, rispetto all'accoglimento del motivo di ricorso da parte della sentenza rescindente, è indubbio che la sentenza impugnata non ha applicato il principio di diritto relativo al motivo accolto secondo motivo dell'attuale ricorso . Nella enucleazione dalla sentenza rescindente del principio di diritto - da equipararsi al giudicato - attraverso i poteri interpretativi alla stregua dell'interpretazione delle norme, che la Corte ha sull'intero corpo della decisione, rilevano proprio i confini istituzionali del giudizio di legittimità, che escludono ogni potere di valutazione delle prove. Allora, in sede di accoglimento di un motivo di ricorso con il quale si censurava il mancato rispetto dell'onere della prova dell'esatto adempimento gravante sull'Ospedale in base ai criteri propri della responsabilità contrattuale, l'affermazione contenuta nella sentenza, secondo cui l'Ospedale non ha fornito la prova di cui all'articolo 1218 cod. civ. non può non essere confinata a mera improprietà linguistica, e i richiami, peraltro generici, alle consulenze tecniche e alla pregressa gestosi della partoriente, non possono che essere ricondotti a esemplificazioni delle prove da valutare. Tanto, appunto, in un contesto ordinamentale in cui alla Corte di legittimità è precluso il giudizio valutativo sulle prove acquisite. Può dirsi, quindi, che i limiti istituzionali dei poteri della Corte operano nell'interpretazione del comando giuridico risultante dalla sentenza rescindente alla stessa stregua in cui la ratio legis opera nell'interpretazione del diritto positivo. Non può esservi interpretazione che - come quella seguita dalla sentenza impugnate, la quale ha ritenuto che la sentenza rescindente avesse accertato il mancato assolvimento dell'onere probatorio da parte dell'ospedale - sia in contrasto con i poteri propri della Corte di legittimità, la quale non può valutare le risultanze istruttorie. D'altra parte, conferma di tale interpretazione si ricava - in applicazione del criterio della rilevanza della connessione ai sensi dell'articolo 12 delle preleggi - proprio dalla circostanza che la sentenza rescindente ha dichiarato assorbito l'allora secondo motivo di ricorso, con il quale si lamentava un vizio di motivazione in ordine alla vantazione delle risultanze istruttorie. 10. In conclusione, dall'accoglimento del primo e terzo motivo, nei limiti precisati, e dall'accoglimento del secondo motivo del ricorso principale, consegue la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di merito che, nel decidere la controversia, applicherà il seguente principio di diritto “Ferma la riconducibilità causale delle conseguenze dannose solo al comportamento dei medici che avevano omesso di effettuare il parto cesareo, stante il giudicato formatosi sulla sentenza della Corte di appello per effetto del rigetto del relativo motivo di ricorso da parte della precedente sentenza della Corte di legittimità, il giudice del rinvio valuterà tutte le risultanze istruttorie alla luce del principio dell'onere della prova gravante sull'Ospedale, per accertare se risulta o meno provato che l'Ospedale ha fornito alla paziente una prestazione sanitaria esente da colpa, non potendo essere interpretata la sentenza rescindente se non nell'ambito dei limiti istituzionali dei poteri della Corte di legittimità, la quale non può valutare le risultanze istruttorie”. 11. Il quarto e quinto motivo del ricorso principale e tutti i motivi del ricorso incidentale investono, da prospettive e in direzioni diverse, il quantum della liquidazione del danno individuato nella sentenza impugnata e, pertanto, sono assorbiti dalla cassazione della stessa. 12. La Corte di appello di Venezia, in diversa composizione, alla quale la causa è rinviata, provvederà anche sulle spese processuali del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte di Cassazione decidendo i ricorsi riuniti, accoglie il secondo motivo, nonché, per quanto di ragione, il primo e il terzo motivo del ricorso principale dichiara assorbiti il quarto e quinto motivo del ricorso principale dichiara assorbito il ricorso incidentale cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese processuali del giudizio di cassazione, alla Corte di appello di Venezia, in diversa composizione.