Il reato di danneggiamento non può essere considerato una «mera estrinsecazione» del reato di resistenza a pubblico ufficiale, ben potendo le due fattispecie concorrere materialmente tra loro, posta la diversità dei beni giuridici tutelati.
Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza numero 19293/15 depositata l’11 maggio. Il fatto. La Corte d’appello di Trento, confermando la sentenza di primo grado, emessa all’esito di giudizio abbreviato, dichiarava l’imputato colpevole dei reati di resistenza a pubblico ufficiale e danneggiamento aggravato, perché, portato in caserma dopo una lite familiare, aveva fatto resistenza ai Carabinieri, rompendo nella colluttazione una sedia della sala d’aspetto della caserma. Avverso tale pronuncia, l’imputato propone ricorso in Cassazione tramite il suo difensore, deducendo l’illogicità e contraddittorietà della motivazione in relazione all’affermazione dell’elemento soggettivo del reato di danneggiamento. Sostiene il ricorrente che la rottura della sedia è stata la conseguenza casuale e non voluta del fatto principale della resistenza, dovendo di conseguenza ritenersi una «forma di estrinsecazione del reato di resistenza e non come autonomo delitto di danneggiamento, per il quale difetta l’elemento soggettivo del dolo», riscontrando un’ipotesi si evento diverso da quello voluto ai sensi dell’articolo 83 c.p Danneggiamento e resistenza a pubblico ufficiale. L’ipotesi difensiva è infondata, essendo pacifico nella giurisprudenza consolidata che il danneggiamento non possa essere «mera estrinsecazione» del reato di resistenza a pubblico ufficiale. Posta la diversità dei beni giuridici tutelati, le due fattispecie delittuose possono materialmente concorrere tra loro. Non ricorre l’aberratio delicti. Allo stesso modo, i giudici di legittimità escludono che nel caso di specie sia riscontrabile un’ipotesi di aberratio delicti, ex articolo 183 c.p., in quanto tale norma trova applicazione nei soli casi in cui l’evento non voluto abbai natura completamente diversa rispetto a quello voluto. Ove invece tale diversità vada esclusa, «perché l’evento verificatosi costituisce una sorta di pregressione naturale e prevedibile di quello voluto, ovvero perché risulti di entità maggiore o più grave», anche il secondo evento deve essere addebitato all’autore a titolo di dolo. Con specifico riferimento al reato di danneggiamento, l’orientamento giurisprudenziale costantemente condiviso afferma che l’elemento intenzionale può sussistere nella forma del dolo eventuale, configurabile laddove l’agente si sia rappresentato come probabile o possibile anche un evento diverso da quello voluto ed abbia agito accettando il rischio del suo verificarsi, essendo riscontrabile una responsabilità per colpa nei soli casi in cui l’evento diverso, anche se preveduto, non era voluto dall’agente. In conclusione, nel caso di specie l’elemento soggettivo del reato di danneggiamento risulta pienamente integrato dalla condotta dell’imputato, come correttamente affermato dai giudici di merito. Per questi motivi la Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 3 febbraio – 11 maggio 2015, numero 19293 Presidente Gentile – Relatore Cammino Considerato in fatto 1. La Corte di appello di Trento con sentenza in data 22 febbraio 2013 ha confermato la sentenza emessa il 10 novembre 2011 dal giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Trento che, all'esito del giudizio abbreviato, aveva dichiarato B.M. colpevole del reato continuato di resistenza a pubblico ufficiale e danneggiamento aggravato ai sensi dell'articolo 635 ult.co. nnumero 1 e 3 cod.penumero e lo aveva condannato, disapplicata la recidiva e con la diminuente per il rito, alla pena di mesi sei di reclusione, assolvendolo dal reato di maltrattamenti in famiglia per insussistenza del fatto. 2. Avverso la predetta sentenza l'imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione. Con il ricorso si deduce l'illogicità e contraddittorietà della motivazione e la violazione dell'articolo 83 cod.penumero si sostiene che il danneggiamento ascritto all'imputato -il quale, condotto in caserma dopo una lite familiare, aveva fatto resistenza nei confronti dei Carabinieri, rompendo nella colluttazione una sedia della sala di aspetto era stato una conseguenza, non voluta e del tutto casuale, dell'episodio principale di resistenza non essendo previsto il reato di danneggiamento colposo, si sarebbe dovuto emettere sentenza di assoluzione in ordine al reato di danneggiamento contestato la rottura della sedia avrebbe potuto al più essere considerata una forma di estrinsecazione del reato di resistenza e non come autonomo delitto di danneggiamento, per il quale difettava l'elemento soggettivo del dolo trattandosi di condotta eterogenea rispetto a quella di resistenza, doveva pertanto essere ritenuta sussistente l'ipotesi di un evento diverso da quello voluto prevista dall'articolo 83 cod.penumero cd. aberratio delicti , con l'effetto che, non essendo l'evento non voluto danneggiamento previsto dalla legge come delitto colposo, l'imputato non sarebbe stato punibile. Ritenuto in diritto 1. II ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato. Nella motivazione della sentenza impugnata si afferma che nella colluttazione con i Carabinieri, intervenuti per impedire che aggredisse ulteriormente la moglie all'interno dei locali della caserma in cui i coniugi erano stati condotti dopo una lite familiare, il B. aveva volontariamente danneggiato l'arredo della caserma. La violazione dell'articolo 83 cod.penumero non poteva essere dedotta per la prima volta con il ricorso per cassazione, risultando dal secondo motivo di appello che l'appellante si era limitato a sostenere che il danneggiamento della sedia era frutto di una mera casualità e, comunque, non si sarebbe trattato di un'autonoma condotta criminosa rispetto al delitto di resistenza. E' principio giurisprudenziale consolidato che non possono essere dedotte con il ricorso per cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso di pronunciarsi perché non devolute alla sua cognizione Cass. sez.II 19 aprile 2013 numero 22362, Di Domenica sez.V 23 aprile 2013 numero 28514, Grazioli Gauthier sez.I 20 dicembre 1993 numero 2176, Etzi . Peraltro la deduzione difensiva è manifestamente infondata e, in tema di ricorso per cassazione, non costituisce causa di annullamento della sentenza impugnata il mancato esame di un motivo di appello che risulti manifestamente infondato Cass. sez.V 11 dicembre 2012 numero 27202, Tannoia e altro sez.VI 27 novembre 2012 numero 47983, D'Alessandro sez.IV 17 aprile 2009 numero 24973, Ignone e altri . Va infatti escluso che il danneggiamento possa essere una mera estrinsecazione del reato di resistenza a pubblico ufficiale , trattandosi di reati che tutelano beni giuridici diversi e che ben possono concorrere materialmente tra di loro. Va altresì escluso che nel caso di specie il danneggiamento possa essere considerato evento non voluto valutabile ai sensi dell'articolo 83 cod.penumero , quindi addebitabile all'agente a solo titolo di colpa, in quanto ciò avviene solo quando l'evento non voluto sia assolutamente diverso e, cioè, di altra natura rispetto all'altro perché ove invece tale diversità sia da escludere -o perché l'evento verificatosi costituisca una sorta di progressione naturale e prevedibile di quello voluto, ovvero perché risulti di entità maggiore o più grave di quest'ultimo anche il secondo evento va addebitato all'agente a titolo di dolo, sia pure alternativo o eventuale Cass. sez.I 20 dicembre 1988 numero 3168, Ingrassia sez.I 11 luglio 1990 numero 16264, Ricci sez.I 2 febbraio 2010 numero 21955, Agosta . Non c'è dubbio che il danneggiamento degli arredi della caserma, rispetto alla resistenza nei confronti dei Carabinieri intervenuti per impedire che l'imputato nuovamente aggredisse la moglie, costituisse un ordinario possibile sviluppo ulteriore della resistenza a pubblico ufficiale, commessa all'interno di un locale adibito ad ufficio, e fosse, quindi, un evento prevedibile ed accettato da parte dell'imputato. Peraltro, secondo la giurisprudenza di questa Corte che il collegio condivide, l'elemento intenzionale del reato di danneggiamento può sussistere nella forma del dolo eventuale, che si configura quando l'agente si sia rappresentato, come probabile o possibile, anche un evento diverso da quello voluto e, ciò nonostante, abbia agito ugualmente accettando il rischio dei suo verificarsi. In tale caso non può farsi luogo all'applicazione dell'articolo 83 cod. penumero evento diverso da quello voluto dall'agente , in quanto l'ipotesi di responsabilità per colpa è configurabile allorquando l'evento diverso, anche se preveduto, non è voluto dall'agente Cass. sez.V 26 novembre 1986 numero 2202, Capitano . 2. Alla inammissibilità del ricorso consegue ex articolo 616 c.p.p. la condanna dei ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 1.000,00. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.