Non è precaria l'opera destinata a fornire una prolungata utilità

E’ legittimo il provvedimento ripristinatorio, con il quale un Comune ordini alla proprietaria la rimozione di due container situati su un terreno ad uso seminativo arborato, poiché – come noto - la nozione di nuova costruzione, di cui all’articolo 3 d.P.R. numero 380/2001, ricomprende anche i manufatti che, seppur amovibili, siano caratterizzati da un’utilità prolungata, come tale idonea ad escluderne la precarietà.

E’ quanto statuito dal Tar Toscana, sez. III, nella sentenza 2 maggio 2014, numero 681. La dubbia collocazione dei container in zona agricola. La signora G.C., imprenditrice agricola, collocava due container su un terreno di sua proprietà. Tale terreno, seppur non sottoposto a vincolo ambientale o paesistico, era destinato ad uso seminativo arborato, sito in una zona classificata tra le «aree rilevanti da un punto di vista ambientale o con funzioni strategiche, Parco del Fosso vecchio». Il Comune, qualificando la collocazione dei container come opera non precaria, ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera e.5 d.P.R. numero 380/2001, ordinava la rimozione dei medesimi. Alla base di tale provvedimento, vi era la fondata riflessione che la natura agricola del terreno mal si concilia con i container, che dunque assumono una connotazione di non temporaneità. Avverso l'ordinanza di rimozione, propone ricorso la proprietaria, lamentando la carente motivazione e, soprattutto, l'errata qualificazione della collocazione come opera non precaria. Le opere precaria nella normativa e nella giurisprudenza. La pronuncia in esame consente, anche grazie alla sua sintetica chiarezza, di fare il punto in merito alla spinosa questione, relativa alla definizione delle “opere precarie” nel campo edilizio. Definizione che risulta tuttora assente in sede normativa e che costituisce uno dei nervi scoperti del testo unico per l’edilizia d.P.R. numero 380/2001 . Di solito, con il predetto termine, si suol fare riferimento a manufatti precari, temporanei, stagionali, che, per la indeterminatezza e genericità della definizione giuridica, hanno causato non pochi problemi ermeneutici agli operatori del settore, soprattutto i funzionari comunali, chiamati a delicate ricostruzioni interpretative per assentire o meno gli interventi edilizi richiesti. Tale situazione deriva dal fatto che il concetto di “manufatto precario” o “amovibile”, così come quello di sagoma e di volume tecnico, non ha mai trovato precisi contorni giuridici nel d.P.R. numero 380/2001. Precisamente, il già richiamato articolo 3, comma 1°, lettera e.5 si limita a stabilire che costituisce intervento di nuova costruzione , cioè intervento di trasformazione edilizia ed urbanistica del territorio anche l’installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, e che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee ancorché siano installati, con temporaneo ancoraggio al suolo, all'interno di strutture ricettive all'aperto, in conformità alla normativa regionale di settore, per la sosta ed il soggiorno dei turisti . Dalla letterale costruzione del dato normativo, è possibile desumere l'argomentazione a contrariis che opere precarie e, quindi, non interventi di nuova costruzione abbisognevoli di precisi titoli edilizi, sono quelle opere finalizzate a soddisfare esigenze solo e semplicemente temporanee. Il concetto appare agevole, anche se appare contorto nella costruzione sintattica e costituisce merito della giurisprudenza aver fornito i necessari e decisivi approfondimenti. Precisamente «al fine di verificare se una determinata opera abbia carattere precario, occorre verificare la destinazione funzionale e l'interesse finale al cui soddisfacimento l'opera stessa è destinata pertanto, solo le opere agevolmente rimuovibili, funzionali a soddisfare una esigenza oggettivamente temporanea, destinata a cessare dopo il tempo, normalmente non lungo, entro cui si realizza l'interesse finale, possono ritenersi prive di minima entità ovvero di carattere precario e, in quanto tali, non richiedenti la concessione edilizia. Infatti, la precarietà o meno di un'opera edilizia va valutata con riferimento non già alle modalità costruttive, bensì alla funzione cui essa è destinata» Consiglio di Stato, sez. III, numero 4.850/2012 Tar Marche, sez. I, numero 39/2012 . Anche la giurisprudenza penale si è mossa in tale percorso interpretativo, affermando che sono da considerarsi precari i manufatti destinati a soddisfare esigenze contingenti, specifiche, cronologicamente determinate e ad essere rimossi dopo il momentaneo uso in tema di opere precarie, bisogna verificare l’oggettiva destinazione dell'opera a soddisfare bisogni non provvisori, la sua conseguente attitudine ad una utilizzazione non temporanea, né contingente Cassazione penale, sez. III, numero 13.843/2014 . In sostanza, si può definire temporanea e precaria esente, quindi, dal permesso di costruire quella struttura che, per la sua oggettiva funzione, reca in sé visibili i caratteri della durata limitata in un ragionevole lasso temporale e della sua funzione precaria' e meramente servente e strumentale di un'altra principale. Al contrario, una struttura amovibile, per esempio non costruita in cemento armato, ma ancorata al suolo tramite bulloni, non è necessariamente anche precaria. Ciò che la rende tale non è il materiale di cui è fatta, né se è smontabile agevolmente senza essere demolita, bensì l'intrinseca funzione cui assolve, che deve essere oggettivamente parametrata ad un'esigenza limitata nel tempo. Il discrimine della prolungata utilità. Il Tar Toscana è consapevole dell'elaborazione giurisprudenziale in materia e respinge il ricorso sulla base di una solida struttura argomentativa. I giudici amministrativi osservano che risulta del tutto corretta e pertinente l’applicazione del citato articolo 3, d.P.R. numero 380/2001, fondata sulla natura non temporanea delle esigenze, in vista delle quali alcuni manufatti, seppur amovibili come i container, sono stati collocati sul territorio. Fra l'altro, i giudici amministrativi hanno buon gioco nell'evidenziare che la stessa esposizione dei fatti, posta in essere dalla ricorrente, rivela che l’utilizzazione dei container, adibiti al trasporto dei prodotti agricoli, non è temporanea, bensì stabile nel tempo, ancorché periodica. La statuizione è importante. Infatti, occorre tener conto del fatto che la periodicità o la stagionalità di un utilizzo di un bene è cosa diversa dalla temporaneità e dalla precarietà «affinché una struttura sia qualificata come precaria, è necessario che la stessa sia destinata ad un uso specifico e tem-poralmente limitato del bene, mentre la stagionalità non esclude e, anzi, postula il soddisfacimento di interessi non occasionali e stabili nel tempo» Consiglio di Stato, sez. IV, numero 6.615/2007 . In altri termini, la precarietà deve essere attentamente valutata in ragione non già della destinazione che il costruttore soggettivamente conferisce all'intervento, ma in ragione dell'intrinseca destinazione materiale dello stesso, che deve ricollegarsi ipso facto ad un uso temporaneo, per fini limitati nel tempo e contingenti, con conseguente e celere eliminazione allo scadere del tempo prefissato, non essendo in alcun modo suffi-ciente che si tratti di manufatti smontabili e non ancorati al suolo con plinti in cemento armato. Pertanto, il reale elemento di differenziazione, ai fini dell'individuazione delle opere precarie è l'inidoneità oggettiva del bene ad offrire una prolungata utilità, in ragione delle esigenze meramente temporanee, che è finalizzato a soddisfare.

TAR Toscana, sez. III, sentenza 25 marzo – 2 maggio 2014, numero 681 Presidente Nicolosi – Estensore Messina Osserva Considerato che − alla ricorrente, imprenditrice agricola, è stata ordinata la rimozione di due container e di un accumulo di materiale di cava arido situati su un terreno di sua proprietà ad uso seminativo arborato sito nel Comune di Cascina PI , registrato nel Catasto Terreni al Foglio 35, particella 181 − che in ricorso si sostiene la precarietà dei manufatti e la non riferibilità del materiale di cava a comportamenti della ricorrente − che il terreno in questione si trova in area classificata tra le “Aree rilevanti da un punto di vista ambientale o con funzioni strategiche – Parco del Fosso vecchio”, le quali sono disciplinate dall’articolo 34 delle Norme tecniche di attuazione del Regolamento urbanistico il fondo non risulta inserito tra gli immobili soggetti ai vincoli di cui al d.lgs. numero 42/2004 − che i manufatti sono stati qualificati come opere realizzate in assenza di titolo ai sensi della l.r. Toscana numero 1/2005 e del D.P.R. numero 380/2001 − che avverso l’ordinanza dirigenziale impugnata, di estremi specificati in epigrafe, sono state dedotte le censure di eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto d’istruttoria e disparità di trattamento, nonché di violazione delle norme di legge che l’amministrazione ha ritenuto applicabili e di difetto di motivazione − che il Comune di Cascina non si è costituito in giudizio − che alla camera di consiglio del 25 marzo 2014 la causa − sentite le parti, ai sensi dell’articolo 60 cod. proc. amm., sulla possibile definizione del giudizio con sentenza resa in forma semplificata − è stata trattenuta in decisione Ritenuto che − il giudizio può essere definito con sentenza ai sensi dell’articolo 60 cod. proc. amm., atteso che sussistono tutti i presupposti di legge − le tesi sostenute in ricorso non possono essere condivise, in quanto a il provvedimento è sufficientemente e adeguatamente motivato, anche con richiamo delle norme che disciplinano la fattispecie b è pertinente l’applicazione dell’articolo 3/1, lett. e.5 T.U. Edilizia, che precisa la nozione di nuova costruzione, imperniata sulla natura non temporanea delle esigenze in vista delle quali alcuni manufatti, sotto il profilo strutturale precari – ovvero amovibili – sono stati collocati sul territorio c la stessa esposizione della ricorrente rivela che l’utilizzazione dei container adibiti al trasporto dei prodotti agricoli non è temporanea, bensì stabile nel tempo, ancorché periodica d che la giurisprudenza ha elaborato, in proposito, il principio secondo il quale l’utilità prolungata esclude la precarietà cfr. Consiglio di Stato, V, 28 marzo 2008 numero 1354 T.A.R. Veneto, 3 aprile 2003 numero 2267 Tar Puglia – Bari, III, numero 404/2009 Tar Umbria, I, numero 66/2014 − che, quanto al materiale di cava arido presente sul terreno, non rileva l’asserita circostanza che responsabile della presenza di esso non sarebbe l’odierna ricorrente attesa infatti la natura ripristinatoria dell’ordine di rimozione/demolizione di quanto abusivamente realizzato, legittimamente l’amministrazione lo rivolge al proprietario attuale dell’immobile quale è la ricorrente, nella fattispecie in esame e comunque a chi utilizzi il medesimo, indipendentemente dal suo coinvolgimento nella realizzazione dell’abuso cfr. Tar Umbria, I, numero 66/2014, cit., ed ivi ulteriore ampio ragguaglio di giurisprudenza − che il ricorso deve, per tutte le considerazioni su esposte, essere respinto − che nulla è da disporre quanto a spese, attesa la mancata costituzione in giudizio del Comune intimato P.Q.M. il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana Sezione Terza definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge. Nulla per le spese. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.