Nell’ambito di un contratto di locazione nel quale il conduttore sia anche proprietario pro quota del bene, qualora quest’ultimo, alla cessazione del rapporto locatizio, non restituisca quanto ricevuto a titolo di locazione dai comproprietari, potrà essere condannato al rilascio della quota per la quale sia scaduta la concessione in godimento, in modo da reimmettere i comproprietari nella condetenzione del bene comune.
Il caso. La Cassazione, con la sentenza 7197 del 27 marzo 2014, affronta il tema dell’ammissibilità della condanna del comproprietario al rilascio, in favore della comunione, del bene comune, illegittimamente trattenuto. In particolare, la vicenda da cui trae origine il caso in esame riguarda la stipulazione di un contratto di locazione di un immobile da parte di due proprietari al 50% e il successivo acquisto da parte del conduttore di una quota pro indiviso del bene locato da uno dei proprietari originari. Alla scadenza del contratto, il comproprietario-locatore si rivolge al giudice per sentire pronunciare la declaratoria di cessazione della locazione, nonché la condanna del cessato conduttore alla riconsegna della sua quota di bene. La decisione di accoglimento della domanda del ricorrente da parte del giudice di primo grado viene ribaltata dalla Corte d’appello, che ritiene, invece, inammissibili le richieste dell’appellato. Si ritiene, infatti, che l’acquisto della qualità di comproprietario da parte del conduttore avrebbe l’effetto, da un lato, di far cessare la materia del contendere per mancanza di interesse in relazione alla dichiarazione di cessazione del rapporto di locazione e, dall’altro, di far ritenere non proponibile l’azione di condanna al rilascio del bene nei confronti di un comproprietario. Locazione del bene comune ad uno solo dei comproprietari. La giurisprudenza di legittimità, in coerenza con l’ormai pacifica ammissibilità della locazione di una sola quota di bene comune, riconosce, con riferimento all’ipotesi di acquisto da parte del conduttore della quota pro indiviso del bene locato, la compatibilità della contemporanea condizione di comproprietario e locatario del bene comune o di parte di essa. Da ciò, discende la pacifica conseguenza che, al momento della cessazione del rapporto locatizio, per scadenza del contratto di locazione ovvero per l’intervento di una pronuncia di risoluzione per inadempimento del conduttore, quest’ultimo dovrà restituire il bene agli altri comproprietari, al fine di consentirgli di disporne e, attraverso la maggioranza, di esercitare la facoltà di goderne direttamente o indirettamente. Condanna del comproprietario al rilascio del bene comune o di una quota di esso. La pronuncia in esame si pone nel solco di quell’indirizzo giurisprudenziale di legittimità che, in virtù di un revirement del pregresso orientamento – che pare riecheggiare nella decisione del giudice di secondo grado –, ritiene possibile la condanna al rilascio, in favore della comunione, del bene locato ad uno dei comproprietari, a seguito della risoluzione del contratto di locazione, per inadempimento ovvero per scadenza del rapporto. Tale soluzione era invece precedentemente negata sulla base della considerazione secondo cui ciascun comunista avrebbe potuto «servirsi della cosa comune» – c.d. pari uso della cosa comune – anche dopo la declaratoria giudiziale di cessazione della locazione, con la conseguenza che, in caso di persistente disaccordo, i comproprietari avrebbero dovuto rivolgersi all’autorità giudiziaria per la nomina di un amministratore. L’odierna soluzione della Suprema Corte consente perciò di impedire l’abuso del diritto del conduttore-comproprietario che era invece possibile nella vigenza del precedente orientamento, considerato che l’inibizione della condanna al rilascio aveva come conseguenza quella di consentire un uso esclusivo del comproprietario “ex”-conduttore, in violazione del diritto al pari uso di tutti i comproprietari di cui all’articolo 1102 c.c. Infatti, se si considera la concessione in locazione una modalità di esercizio della facoltà di godimento da parte dei comproprietari, alla scadenza del contratto, o comunque al momento della cessazione degli effetti di tale rapporto, sarà necessario il ripristino della situazione anteriore alla locazione, che potrà avvenire con la restituzione del bene alla disponibilità della comunione legale. Pertanto, qualora il comproprietario-conduttore, disattenda l’obbligazione generale di restituzione della cosa al locatore, di cui all’articolo 1590 c.c., potrà essere condannato dal giudice al rilascio del bene comune. In realtà, nel caso sottoposto all’attenzione della Cassazione, non si tratta di rilasciare l’intero bene, bensì solo la quota di bene per la quale è scaduta la locazione, facendo salva quella di cui il conduttore sia divenuto proprietario. Infatti, ancorché il conduttore abbia acquisito medio tempore la qualità di comproprietario pro indiviso al 50% del bene immobile, questi non può, una volta cessato il rapporto locatizio, continuare ad avere la disponibilità della totalità del bene, essendo venuto meno il rapporto di locazione sulla quota – ideale – dell’altro comproprietario. Restituzione del bene alla comunione. La giurisprudenza di legittimità usa il termine “restituzione del bene alla comunione” per indicare l’obbligo di riconsegna delle quote ideali del bene ai singoli comproprietari, legati dal vincolo della comunione. Infatti, nel caso in esame, sarà tecnicamente impossibile realizzare la restituzione della cosa al locatore nel senso letterale di cui all’articolo 1591 c.c. Per cui si ritiene che il termine “restituzione” debba essere inteso in un significato più ampio, di piena reintegrazione degli altri comproprietari nella facoltà di far uso della cosa comune secondo il loro diritto e di disporre della propria quota, in ossequio alla disciplina generale di cui articoli 1102 e 1103 c.c. Pertanto, come osservato sopra, nel particolare caso in cui sia cessato un contratto di locazione per il quale il conduttore fosse anche proprietario pro quota del bene, quest’ultimo sarà tenuto a restituire ai comproprietari – o al comproprietario – non l’intero bene, bensì la quota per la quale sia scaduta la concessione in godimento, in modo tale da reimmettere il comproprietario-concedente nella condetenzione del bene, negli specificati limiti della quota concessa. Esecuzione della sentenza di condanna al rilascio di una quota del bene comune. Ad avviso della Corte, lo specifico rimedio previsto nell’ipotesi di mancata volontaria esecuzione della sentenza di condanna al rilascio di una quota è l’esecuzione forzata per il rilascio del bene immobile. In particolare, nel caso in cui l’immobile sia gravato di diritti personali di godimento in favore di terzi, l’ufficiale giudiziario, ai sensi del disposto dell’articolo 608, comma 2, ultima parte, c.c. dovrà ingiungere al codentore qualificato di riconoscere la condetenzione di altri.
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 10 dicembre – 27 marzo 2014, numero 7197 Presidente Finocchiaro – Relatore Scrima Svolgimento del processo Con atto notificato il 19 settembre 2005 G.R. intimava all'Officina Meccanica Super Car di A. P. e P. s.numero c. sfratto per finita locazione in relazione al capannone e all'area pertinenziale scoperta, oggetto di contratto di locazione scaduto nel 2003 e stipulato nel 1991 con G.R. e P.G. , quali locatori, comproprietari pro indiviso al 50% ciascuno del predetto bene. Rappresentando che la conduttrice, con rogito del 22 febbraio 2003, aveva acquistato dagli eredi del P. la quota di costui, l'intimante chiedeva il rilascio della sua quota ideale. L'intimata società si opponeva alla convalida riconosceva che il rapporto locatizio era cessato alla data del 15 ottobre 2005 deduceva di godere dell'immobile quale comproprietaria, di aver consentito al G. sia l'affitto a terzi che l'uso diretto di un secondo capannone, pure di proprietà comune, e di aver chiesto la divisione giudiziale dei beni. Il G. replicava che del secondo capannone avevano le chiavi e la disponibilità entrambi i comproprietari e concludeva chiedendo la declaratoria di cessazione della locazione al 15 novembre 2003 e della mora dell'intimata per la riconsegna nonché la condanna della stessa alla consegna della quota di sua proprietà. Il Tribunale di Ravenna, con sentenza depositata il 2 agosto 2006, dichiarava cessata la locazione in questione al 15 ottobre 2003 e condannava la conduttrice alla restituzione, in favore del G. , della quota indivisa di proprietà di quest'ultimo, fissando la data per l'esecuzione del rilascio, e condannava la conduttrice, dichiarata in mora per il rilascio della predetta quota, alle spese di lite. Avverso tale decisione l’Officina Meccanica Super Car di A. P. e P. s.numero c. proponeva appello, cui resisteva il G. . La Corte di appello di Bologna, con sentenza depositata in data 20 novembre 2007, accogliendo il gravame, dichiarava inammissibili le domande proposte dal G. e lo condannava alle spese del doppio grado di giudizio. Avverso la sentenza della Corte di merito il soccombente ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo in relazione al quale ha formulato sei quesiti. Ha resistito con controricorso l'Officina Meccanica Super Car di A. P. e P. s.numero c Il G. ha depositato una nota in cui ha rappresentato che il suo avvocato ha rinunciato al mandato e che non è in grado di far fronte ad ulteriori spese per la nomina di un altro difensore e si è rimesso alla decisione di questa Corte. Motivi della decisione 1. Al ricorso in esame si applica il disposto di cui all'articolo 366 bis c.p.c. - inserito nel codice di rito dall'articolo 6 del d.lgs. 2 febbraio 2006, numero 40 ed abrogato dall'articolo 47, comma 1, lett. d della legge 18 giugno 2009, numero 69 - in considerazione della data di pubblicazione della sentenza impugnata 20 novembre 2007 . 2. Con l'unico motivo il ricorrente assume che la Corte di merito erroneamente avrebbe affermato che, stante il riconoscimento dell'avvenuta cessazione del rapporto di locazione da parte della conduttrice mancava la materia del contendere, che la domanda, proposta dal locatore di riconsegna della quota indivisa non aveva natura di controversia soggetta al rito di ex articolo 447 bis c.p.c. , e pertanto il Giudice del primo grado non avrebbe dovuto disporre il mutamento del rito ex articolo 607 [recte 667] c.p.c. e che dovevano essere dichiarate inammissibili dal Tribunale le domande del G. sia di cessazione del rapporto, per mancanza di interesse, sia di rilascio del bene, perché non proponibile nei confronti della società comproprietaria e non più conduttrice. 2.1. In relazione all'unico motivo del ricorso all'esame il ricorrente pone i seguenti sei quesiti di diritto 1 Accerti l’Ecc.ma Corte di Cassazione se, ai sensi dell'articolo 360 numero 3 c.p.c., vi sia stata violazione o falsa applicazione di norme di diritto - nella specie, dell'articolo 657 c.p.c. - laddove, in motivazione della sentenza qui impugnata, è stato affermato che il locatore, pur dopo il tempestivo invio della disdetta al locatore, decorso un certo lasso di tempo dalla scadenza del contratto nella specie, un anno e 10 mesi dopo detta scadenza , non sia legittimato ad intimare lo sfratto per finita locazione con contestuale citazione per la convalida 2 Accerti, inoltre, l'Ecc.ma Corte di Cassazione se, ai sensi dell'articolo 360 numero 5 c.p.c., vi sia stata omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, con riferimento all'articolo 657 c.p.c., laddove, in motivazione della sentenza qui impugnata, è stato affermato che il locatore, pur dopo il tempestivo invio della disdetta al locatore, decorso un certo lasso di tempo dalla scadenza del contratto nella specie, un anno e 10 mesi dopo detta scadenza , non sia legittimato ad intimare lo sfratto per finita locazione con contestuale citazione per la convalida” 3 Accerti codesta Ecc.ma Corte di Cassazione se, ai sensi dell'articolo 360 numero 3 c.p.c., vi sia stata violazione o falsa applicazione di norme di diritto - nella specie, degli articolo 657 c.p.c. e 447 bis c.p.c. - laddove in motivazione della sentenza qui impugnata pur in presenta di opposizione del conduttore alla convalida dello sfratto sul presupposto che la locazione è effettivamente cessata si è negato l'obbligo del Tribunale di disporre il mutamento del rito articolo 667 c.p.c. e di decidere col rito speciale articolo 447 bis c.p.c. sia in ordine alla domanda di intervenuta cessazione del contratto, sia a quella di provvedimento di rilascio 4 Accerti, inoltre, lacerna Corte di Cassazione, se, ai sensi dell'articolo 360 numero 5 c.p.c, vi sia stata omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudico, con riferimento all'articolo 657 c.p.c., ed [all’]articolo 447 bis c.p.c., laddove in motivazione della sentenza qui impugnata pur in presenta di opposizione del conduttore alla convalida dello sfratto sul presupposto che la locazione è effettivamente cessata si è negato l'obbligo del Tribunale di disporre il mutamento di rito articolo 667 c.p.c. e di decidere col rito speciale articolo 447 bis c.p.c. sia in ordine alla domanda di intervenuta cessazione del contratto, sia a quella di provvedimento di rilascio 5 Accerti codesta Ecc.ma Corte di Cassazione, se, ai sensi dell'articolo 360 numero 3 c.p.c., via sia stata violazione o falsa applicazione di norme di diritto - nella specie degli articolo 1102 cc, 1103 c.c., 1105 cc, 1571 cc, 1591 cc e 657 c.p.c. laddove in motivazione della sentenza qui impugnata, si è sostenuto che qualora il conduttore di un bene immobile acquisti improprietà di una quota pro indiviso del bene locato, il comproprietario, già locatore di quota comune, non sia legittimato ad agire per ottenere la condanna del conduttore al rilascio di detta sua quota, senza che a ciò sia di impedimento la circostanza che il conduttore detenga peraltro titolo la restante parte del bene comune 6 Accerti, inoltre, l’Ecc.ma Corte di Cassazione se, ai sensi dell'articolo 360 numero 5 c.p.c., vi sia stata omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, con riferimento agli articolo 1102 cc, 1103 cc, 1105 c.c., 1571 c.c., 1591 c.c. e 657 c.p.c. laddove in motivazione della sentenza qui impugnata, si è sostenuto che qualora il conduttore di un bene immobile acquisti la proprietà di una quota pro indiviso del bene locato, il comproprietario, già locatore di quota comune, non sia legittimato ad agire per ottenere la condanna del conduttore al rilascio di detta sua quota, senza che a ciò sia di impedimento la circostanza che il conduttore detenga per altro titolo la restante parte del bene comune . 2.2. Il motivo è solo in parte fondato. Ed invero i quesiti nnumero 2, 4 e 6, relativi ai lamentati vizi di motivazione, sono inadeguatamente formulati rispetto alle prescrizioni di cui all'articolo 366 bis c.p.c., nella lettura datane dal diritto vivente , secondo cui l'illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assuma omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione la relativa censura deve contenere, un momento di sintesi omologo del quesito di diritto che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità v. Cass., sez. unumero , 1 ottobre 2007, numero 20603 Cass. 25 febbraio 2009, numero 4556 . Inoltre, i quesiti di cui ai nnumero 1, 2, 3 e 4 sono avulsi dalle ragioni decisorie palesate nella sentenza impugnata, sicché non ne censurano la ratio decidendi, come pure sostanzialmente eccepito dalla controricorrente, osservandosi a tale riguardo che la Corte di merito - contrariamente a quanto assume il ricorrente - non ha affermato che pur dopo il tempestivo invio della disdetta al locatore, decorso un certo lasso di tempo dalla scadenza del contratto . non sia legittimato ad intimare lo sfratto per finita locazione con contestuale citazione per la convalida ed ha ritenuto che avendo l'intimata riconosciuto incondizionatamente l'avvenuta cessazione della locazione alla data del 15.10.2003, anziché disporre il mutamento del rito ai sensi dell'articolo 607 [recte 667] c.p.c. avrebbe dovuto dichiarare inammissibili sia la domanda di cessazione del rapporto, per mancanza di interesse, sia quella di rilascio del bene, non proponibile nei confronti di comproprietaria e non più conduttrice, essendo già concluso il rapporto locatizio, diversa essendo l'azione spettante al condomino per ottenere il riconoscimento dei propri diritti da quella volta al rilascio di un benr già locato o goduto senza titolo . 2.3. Sono, invece, fondate le censure cui si riferisce il quesito numero 5. 2.3.1. Va precisato che in questa sede non ha alcuna rilevanza la circostanza che le parti siano comproprietarie anche di un altro capannone del quale, peraltro, la controricorrente assume che il ricorrente ha la piena disponibilità e il pieno godimento mentre, secondo il G. , dello stesso hanno entrambi i proprietari le chiavi e la disponibilità, v. sentenza impugnata p. 4 e 5 , dovendosi, invece, far riferimento al capannone oggetto del ricorso introduttivo che la controricorrente continua a detenere in toto” anche successivamente alla data di scadenza del contratto di locazione 15 ottobre 2003 , e di cui é diventata comproprietaria per la quota ideale del 50% in data 22 febbraio 2005. Questa Corte, proprio in tema di locazione di immobile urbano, ha osservato che nel caso di concessione di un bene in locazione ad uno dei comproprietari, venuto a conclusione il rapporto locatizio per scadenza del termine o per la pronuncia della sua risoluzione per inadempimento del conduttore, il predetto bene deve essere restituito alla comunione per consentire alla stessa di disporne e, attraverso la sua maggioranza, di esercitare la facoltà di goderne direttamente o indirettamente. Ne consegue che il conduttore - comproprietario può essere condannato al rilascio del bene medesimo in favore della comunione Cass. 18 luglio 2008, numero 19929 , poiché tale conduttore è pur sempre obbligato a reintegrare gli altri comproprietari nella facoltà di disporre della loro quota e di far uso della cosa comune secondo il loro diritto, alla stregua di quanto disposto espressamente dagli articolo 1102 e 1103 c.c. Cass. 3 settembre 2007, numero 18524 . In coerenza con l'ammissibilità della locazione o più in generale della concessione in godimento di quota di bene comune, la giurisprudenza di questa Corte ha pure affermato, in via generale, con riferimento all'acquisto da parte del conduttore della quota pro indiviso del bene locato, la concettuale compatibilità della contemporanea condizione di comproprietario e locatario del bene comune o di parte di esso Cass. 23 giugno 1999, numero 6405 Cass. 5 gennaio 2005, numero 165 . Ne consegue che, alla scadenza del contratto di godimento, tale quota va restituita al concedente, così come originariamente gli fu consegnata. Si evidenzia che spesso, al riguardo, si utilizza la locuzione di restituzione del bene alla comunione , per indicare, appunto, tale restituzione delle quote ideali del bene ai singoli comproprietari, legali dal vincolo della comunione, e che detta locuzione esprime in modo sintetico un più articolato percorso in considerazione del fatto che si versa in ipotesi di concessione in godimento di quota ideale di bene. Non si tratta, pertanto, in tale ipotesi, di ordinare al comproprietario pro quota e detentore di tutto il bene di rilasciare questo, ma la sola quota di bene, per la quale è scaduto il termine di godimento, reimmettendo nella codetenzione del bene nei limiti della quota a lui concessa il concedente e riconsegnando allo stesso quanto questi ha dato all'inizio della rapporto di godimento giusta l'obbligazione che grava sul conduttore nella locazione e di cui all'articolo 1590 c.c. , esclusa evidentemente, nel caso all'esame, la quota di cui il conduttore sia divenuto, medio tempore, proprietario. Questa stessa Corte ha, in precedenti occasioni, ritenuto ammissibile la condanna al rilascio del bene comune, solo per una quota, la cui detenzione risulti non giustificata Cass. 5 gennaio 2005, numero 165 5 dicembre 1990, numero 11691 . Si osserva per completezza al riguardo che, come pure evidenziato dalla giurisprudenza di legittimità, tale condanna al rilascio della quota del bene comune, in caso di mancata volontaria esecuzione della sentenza, va eseguita coattivamente nelle forme dell'esecuzione forzata per rilascio, se si tratta di beni immobili, e qualora vi siano sugli immobili diritti personali di godimento a favore di terzi, nel rispetto del disposto dell'articolo 608, secondo comma, ultima parte, c.p.c., per cui l'ufficiale giudiziario deve ingiungere al codetentore qualificato di riconoscere la codentenzione degli altri v. in particolare Cass. 11 giugno 2012 numero 9457, in motivazione . 3. Alla luce di tali principi, disattesi dalla sentenza impugnata, il ricorso va accolto per quanto di ragione. La sentenza impugnata va cassata in relazione alla censura accolta. La causa va rinviata, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, alla Corte di appello di Bologna, in diversa composizione che si uniformerà ai sopra richiamati principi di diritto. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Bologna, in diversa composizione.