Con una nota del 3 febbraio 2017 il Ministero della Giustizia interviene, in base ad una segnalazione ricevuta, sulla possibilità del mediatore di formulare una proposta di mediazione c.d. contumaciale e, cioè, in assenza di una delle parti.
Si tratta della possibilità, prevista dall'articolo 7, comma 2, lett. b , d.m. numero 180/2010 secondo cui il regolamento dell'organismo di mediazione può prevedere che «la proposta può essere formulata dal mediatore anche in caso di mancata partecipazione di una o più parti al procedimento di mediazione». Nessuna volontà di proseguire oltre il primo incontro. Senonché, per il Ministero occorre distinguere due ipotesi. La prima ipotesi è quella in cui all'esito del primo incontro di mediazione e, cioè, quello che una volta si sarebbe chiamato incontro programmatorio una o entrambe le parti non vogliano proseguire nella mediazione come è loro consentito dal d.lgs. numero 28/2010. Se così accade non vi è dubbio che non vi è stata alcuna attività di mediazione vera e propria ed ecco perché il legislatore ne ha previsto la sostanziale gratuità ad eccezione, come noto, delle spese di avvio . Orbene, se all'esito del c.d. primo incontro di mediazione il mediatore redige un verbale negativo che attesta la mancata volontà di proseguire oltre nella mediazione vera e propria il mediatore non potrà sottoporre alle parti nessuna proposta. Sul punto il Ministero è stato chiaro «dinnanzi all'espresso rifiuto di una parte, giammai [il mediatore] potrà procedere a formulare alcuna proposta o a nomina[re] un consulente tecnico dovendosi limitare a redigere un verbale negativo». Talmente chiaro che il Ministero ha proceduto, quindi, alla diffida dell'organismo di mediazione che nel caso di specie e, pare, anche precedentemente ad «adeguarsi immediatamente alle indicazioni già fornite con precedenti note». Sullo sfondo del ragionamento del Ministero vi è la concezione del primo incontro di mediazione secondo via Arenula «ragionare diversamente snaturerebbe il ruolo che il legislatore ha voluto ritagliare al primo incontro, che altro non è se non una sessione prodromica alla vera attività di mediazione finalizzata solo a raccogliere la volontà delle parti, e alla struttura stessa dell'istituto che è stato concepito come un modello obbligatorio mitigato proprio per la possibilità che viene data alle parti di abbandonare la procedura nel corso del primo incontro c.d. opt-out ». Una visione del primo incontro che – va dato atto al Ministero – è proprio quella ipotizzata dal legislatore nel momento in cui ha previsto che la condizione di procedibilità si intende assolta anche laddove all'esito del primo incontro le parti decidano di non voler proseguire oltre senza che ne possa derivare alcuna conseguenza. Una visione, questa, che potrebbe anche non piacere dal punto di vista dell'efficienza della mediazione, ma che appare chiaramente essere stata la scelta mediata del legislatore. Ogni diversa visione del c.d. primo incontro seppure dettata da un nobile fine e, cioè, quello di far finalmente funzionare la mediazione come quella della giurisprudenza secondo cui il primo incontro dovrebbe comunque essere «superato» oltre che nella mediazione delegata quando non ci sono impedimenti, per così dire, processuali alla mediazione come ad esempio nella mediazione in materia di proprietà acquisita per usucapione le cui controparti non sono state rintracciate e non lo saranno se non tramite pubblici proclami appare francamente contraria alla chiara previsione di legge. Mediazione contumaciale. Diversa, però, la seconda ipotesi e, cioè, l'ipotesi della mediazione c.d. contumaciale il cui significante, certo, non piace ai puristi della mediazione, ma è capace di far immediatamente comprenderne il significato . Ed infatti, secondo il Ministero «in tali casi, non vi è dubbio che la parte istante, se il regolamento dell'organismo lo consente, può scegliere di “entrare” in mediazione e, all'esito dell'attività del consulente tecnico, comunicare al chiamato in mediazione una proposta». E ciò perché «il dissenso [di cui alla prima ipotesi] non può essere equiparato alla contumacia [e, cioè, alla seconda ipotesi considerata] che è un comportamento che il codice di procedura civile considera “neutro” - e in quest'ottica deve essere letto l'articolo 7 comma 2, D.M. 180/2010».