Lui violento, lei vittima, ma i due tornano a vivere insieme: risibile l’applicazione del ‘divieto di dimora’ per l’uomo

Accuse pesantissime maltrattamenti e violenza sessuale ai danni della compagna. Significativa anche la condanna in primo grado a quasi quattro anni di reclusione. Ma la ripresa della convivenza della donna col compagno rende assai discutibile la conservazione della misura cautelare del divieto di dimora, applicata originariamente nei confronti dell’uomo.

Accuse pesantissime nei confronti dell’uomo maltrattamenti e violenza ai danni della propria compagna. A rendere il quadro ancora più grave, poi, anche la condanna in primo grado a quasi quattro anni di reclusione. Logica l’applicazione della misura cautelare del “divieto di dimora” per tutelare la donna. Che, però, per quanto possa sembrare assurdo, dimentica il passato e si riconcilia col proprio uomo, fino a rimanere nuovamente incinta di lui. Difficile, a questo punto, confermare, ancora una volta, l’applicazione della misura cautelare Cassazione, sentenza numero 9240, Terza Sezione Penale, depositata oggi . Divieto di dimora. Posizione netta, però, quella assunta dai giudici di merito, i quali hanno ritenuto risibile la «istanza di revoca della misura cautelare del ‘divieto di dimora’» applicato all’uomo alla luce dei «delitti» – ossia maltrattamenti e violenza sessuale – «a danno della convivente». Per i giudici, in sostanza, erano intatte le «esigenze cautelari» a tutela della donna, anche tenendo presente che l’uomo è stato «condannato, in primo grado, alla pena di tre anni ed otto mesi di reclusione» per i «detti reati». E, viene aggiunto, «non poteva considerarsi circostanza nuova l’asserita ripresa della convivenza» tra l’uomo e la donna, la cui «dichiarazione», comunque, viene ritenuta «meritevole di una verifica» ad hoc. Riconciliazione. Anche in ultima battuta, anche in Cassazione, l’uomo ribadisce la propria linea difensiva, poggiata, ovviamente, sul fatto che egli ha «ripreso la convivenza con la donna, al punto» che ella «è nuovamente incinta di lui». In sostanza, è evidente, per l’uomo, «l’assenza di ogni giustificazione alla misura cautelare, applicata, all’epoca, proprio per tutelare» la sua compagna. Ebbene, tale obiezione viene valutata come plausibile dai giudici del ‘Palazzaccio’, i quali sottolineano l’errore compiuto dai giudici di merito, laddove essi hanno «confermato l’adeguatezza della misura cautelare, pur a fronte di una circostanza di fatto – la ripresa della convivenza tra l’uomo e la compagna, peraltro incinta di lui –» che avrebbe dovuto «minare in radice il senso della misura stessa, privandola di ogni significato» proprio perché «il divieto di dimora era stato disposto per evitare» che l’uomo «potesse entrare in contatto» con la compagna. È illogico il ragionamento compiuto dai giudici di merito, viene spiegato ora, perché in esso non si dubita della «circostanza» della ripresa convivenza, bensì del «carattere libero della scelta della donna di tornare a vivere» con l’uomo, chiedendo addirittura, su questo punto, una «verifica». Ma, chiariscono i giudici della Cassazione – dando un’indicazione ai giudici del Tribunale, i quali dovranno riesaminare la questione –, se si ammette, come fatto nei giudizi di merito, la «veridicità della ripresa convivenza», allora risulta «priva di significato» la «misura cautelare» del «divieto di dimora» applicata originariamente nei confronti dell’uomo.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 30 gennaio – 3 marzo 2015, numero 9240 Presidente Mannino – Relatore Mengoni Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 13/5-7/7/2014, il Tribunale di Catanzaro rigettava il ricorso proposto da L.K. avverso l'ordinanza emessa dalla Corte di appello di Catanzaro il 31/10/2013, con la quale era stata rigettata l'istanza di revoca della misura cautelare del divieto di dimora, applicata in ordine ai delitti di cui agli articolo 572, 609-bis cod. penumero , commessi a danno della convivente N.M.F Rilevava il Collegio che a carico del soggetto - condannato in primo grado alla pena di tre anni ed otto mesi di reclusione in ordine a detti reati - permanevano le esigenze cautelari di cui all'ordinanza applicativa, e che il mero decorso del tempo non poteva ritenersi argomento sufficiente a disporre la revoca della misura ancora, rilevava che non poteva considerarsi circostanza nuova l'asserita ripresa della convivenza tra il K e la F., oggetto di una dichiarazione della donna meritevole di verifica. 2. Ricorre per cassazione il K., personalmente, deducendo illogicità, carenza e contraddittorietà della motivazione. Il Tribunale avrebbe rigettato l'istanza disattendendo immotivatamente la considerazione - invero decisiva - per cui il ricorrente, nelle more, ha ripreso la convivenza con la donna, al punto che la stessa è nuovamente incinta di lui. Dal che deriverebbe l'assenza di ogni giustificazione alla misura in corso, all'epoca applicata proprio per tutelare la persona offesa. Ancora, ed in ogni caso, il Tribunale avrebbe steso una motivazione apparente circa la permanenza delle esigenze cautelari, impiegando mere formule di stile anche con riguardo al tempo trascorso dall'applicazione del vincolo. Considerato in diritto 3. Il ricorso è fondato. Costituisce indirizzo ermeneutico più volte affermato da questa Corte quello per cui, in tema di impugnazione delle misure cautelari personali, il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito Sez. 6, numero 11194 dell'8/3/2012, Lupo, Rv. 252178 Sez. 5, numero 46124 dell'8/10/2008, Pagliaro, Rv. 241997 . Ciò premesso, ritiene la Corte che il Tribunale di Catanzaro non si sia attenuto a questo canone, nella misura in cui ha confermato l'adeguatezza della misura cautelare pur a fronte dì una circostanza di fatto - la ripresa della convivenza tra ilK. e la compagna, peraltro incinta di lui - che potrebbe, se confermata, minare in radice il senso della misura stessa, privandola di ogni significato il divieto di dimora, infatti, era stato disposto proprio per evitare che il ricorrente, imputato di condotte violente intrafamiliari ex articolo 572, 609-bis cod. penumero , potesse entrare in contatto con la F Tale illogicità, in particolare, emerge dal fatto che la Corte di merito non pare dubitare della circostanza in sé, ma soltanto - e diversamente - del carattere libero della « scelta » della donna di tornare a vivere con l'imputato al punto da sollecitare in altra sede una verifica in tal senso. Ritiene dunque la Corte che la motivazione resa dal Tribunale sia viziata, nella misura in cui sembra ammettere la veridicità della circostanza dedotta in fatto la ripresa convivenza tra ilK. e la donna e, al contempo, conferma l'adeguatezza di una misura cautelare che, dalla stessa circostanza, è del tutto privata di ogni significato. L'ordinanza, pertanto, deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Catanzaro per un nuovo esame sul punto. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Catanzaro.