Le misure di limitazione della libertà personale devono essere revocate immediatamente dal giudice, non appena venga accertata l’inesistenza, originaria o sopravvenuta, dei presupposti che la giustificano, anche se la misura non ha ancora avuto esecuzione. Questo avviene anche nel caso in cui il Tribunale sostituisca tale misura con una nuova.
Lo stabilisce la Corte di Cassazione nella sentenza numero 12328, depositata il 14 marzo 2014. Il caso. Il Tribunale del riesame di Napoli accoglieva la domanda del P.M. e disponeva il ripristino della misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di un imputato, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. L’uomo ricorreva in Cassazione, affermando che, in seguito a tale decisione, il Tribunale dibattimentale di Napoli aveva sostituito, alla misura di custodia in carcere, quella dell’obbligo di dimora nel comune di Napoli. Il P.M. non avrebbe impugnato nei termini previsti questo provvedimento, da considerarsi, quindi definitivo. Limitazione da giustificare. La Corte di Cassazione accertava la definitività del provvedimento e ricordava che le misure di limitazione della libertà personale devono essere revocate immediatamente dal giudice, non appena venga accertata l’inesistenza, originaria o sopravvenuta, dei presupposti che la giustificano, anche se la misura non ha ancora avuto esecuzione. Nel caso di specie, la sopravvenienza di una nuova misura cautelare, in relazione alle stesse ipotesi, rendeva superata l’ordinanza applicativa della custodia in carcere. Per questo motivo, la Corte di Cassazione annullava, senza rinvio, la sentenza impugnata.
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 25 febbraio – 14 marzo 2014, numero 12328 Presidente Milo – Relatore Capozzi Considerato in fatto e ritenuto in diritto 1. Con ordinanza del 4.10.2013 il Tribunale del riesame di Napoli -decidendo in sede di rinvio disposto dalla Corte di cassazione con sentenza del 12.2.2013 - in accoglimento dell'appello ex articolo 310 c.p.p. proposto dal P.M. avverso l'ordinanza resa dal G.I.P. del Tribunale di Napoli il 5.9.2012, ha disposto il ripristino della misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di R.F. in relazione ai reati di concorso esterno in associazione mafiosa e reimpiego aggravato dalla finalità di agevolazione del clan camorristico Fabbrocino. 2. Avverso la ordinanza propongono ricorso per cassazione i difensori del R. e, personalmente lo stesso R. . 3. Con il ricorso dei difensori si deduce 3.1.difetto di motivazione e violazione di legge in punto di esigenze cautelari in quanto 3.1.1. Il Tribunale avrebbe desunto elementi negativi sulla pericolosità del R. dall'informativa di p.g. sul ritrovamento di due schede telefoniche con una motivazione meramente apparente non avendo considerato sia le confutazioni difensive circa la non riconducibilità dell'utilizzo delle schede allo stesso R. sia, in ogni caso, la non conducenza dell'eventuale contatto di propri dipendenti - non tenendo conto delle ripetute autorizzazioni dello stesso GIP a raggiungere le proprie aziende e interloquire con i custodi giudiziari - rispetto al pericolo di reiterazione del reato di reimpiego, limitandosi ad avallare l'ipotesi di una presunta finalità elusiva del vincolo reale. In tale modo i giudici di merito non si sarebbero conformati al duplice motivo di annullamento operato dalla S.C. riutilizzando la motivazione in ordine alle schede telefoniche ed omettendo di verificare l'incidenza della sottrazione del patrimonio personale e societario ritenendo che la presunta violazione delle prescrizioni imposte con gli arresti domiciliari valesse a dimostrare la sussistenza del pericolo di recidivanza. 3.1.2. il Tribunale avrebbe omesso di motivare sulla rilevanza del sequestro del patrimonio personale e societario del R. ai fini della reiterabilità dei reati in funzione dei quali pende la misura affermando solo apoditticamente l'assenza di affievolimento in violazione del criterio del “minore sacrificio necessario” e della necessaria graduazione delle misure rispetto alle concrete esigenze che non possono essere desunte dalla gravità del fatto che riguarderebbe, invece, la sola graduazione della pena. Nella specie, inoltre, risulterebbero carenti le esigenze investigative, in ragione della completezza del quadro probatorio acquisito anche a seguito dei sequestri come pure insussistente sarebbe il pericolo di fuga risultando il R. , per gli seguiti sequestri, privo di mezzi di sostentamento idonei al riguardo infine, insussistente sarebbe il pericolo di recidiva per l'assenza di disponibilità di mezzi. Deve, infine, considerarsi - anche alla stregua dei principi convenzionali - l'incidenza sulla prognosi cautelare del decorso temporale rispetto a condotte commesse diversi anni orsono. 3.2. Con il ricorso personalmente proposto, premessa la vicenda cautelare intercorsa, si deduce 3.2.1. Violazione dell'articolo 627 co. 111 e 274 c.p.p 3.2.1.1. per violazione del principio di diritto statuito dalla sentenza rescindente in ordine alla incidenza dell'intervenuto sequestro del patrimonio personale e societario dell'indagato sul giudizio di reiterabilità della condotta illecita di reimpiego avendo il Tribunale omesso motivazione al riguardo. 3.2.1.2. per omessa motivazione in ordine ai rilievi difensivi riguardanti l'utilizzo delle schede telefoniche prodotte dal PM in sede di appello. Rilevato che il rinvenimento di tali schede non aveva dato luogo all'aggravamento della misura inframuraria richiesta dal P.M. conformandosi al rigetto del GIP anche la successiva decisione del Tribunale , il ricorrente censura il ragionamento del Tribunale in sede di rinvio siccome le chiamate riconducibili alle schede rinvenute non sono né riconducibili al R. né comunque sintomatiche del pericolo di recidivanza. 3.2.1.3. per omessa motivazione in ordine alle circostanze segnalate dalla difesa a sostegno dell'affievolimento delle esigenze cautelari con difetto e contraddittorietà della motivazione utilizzata per neutralizzare l'inattualità della pericolosità indotta dalla obiettiva risalenza nel tempo delle condotte resa irrilevante dalla natura della contestazione. Quando, invece, la datazione dei fatti contestati in uno col tempo decorso dall'applicazione della misura costituiscono elemento idoneo ad affievolire le esigenze di cautela. Si censura, infine, la riutilizzazione dell'argomento derivante dal rinvenimento delle schede e quello che fa inopinatamente leva sulla maturata esperienza imprenditoriale del R. . 3.2.1.4. inattualità delle esigenze cautelari stante la durata della misura e dei fatti nuovi incidenti sul datato quadro cautelare costituiti sia dal consolidamento della sottrazione patrimoniale in uno alla esplicitata volontà di conferire il proprio patrimonio all'Erario sia dall'accettata insussistenza di indizi in ordine alla vicenda dell'acquisto dell'hotel XXXXX. 3.2.1.5. La difesa ha allegato in ultimo provvedimento con il quale in data 27.1.14 il Tribunale dibattimentale Napoli ha sostituito alla misura autocustodiale quella dell'obbligo di dimora nel comune di Napoli nonché memoria e documentazione in ordine alla definitività di tale provvedimento. 4. La Corte ha disposto accertamenti sulla definitività del provvedimento del 27.1.14 informazioni presso il tribunale del riesame e presso il giudice del dibattimento in ordine al decorso del termine per impugnare da parte del P.M. , che depongono univocamente nel senso della mancata impugnazione dell'ulteriore gradazione della misura, che quindi è ormai definitiva. 5. Tale emergenza assorbe ogni altra questione sollevata dai ricorsi. 6. Come è stato già osservato da questa Corte in caso del tutto analogo Sez. VI sent. numero 2319 del 19.12.2013, Ragosta , in attuazione della regola e del principio generale sull'inviolabilità della libertà personale articolo 13 Cost. , che può essere limitata con misure cautelari soltanto nel caso in cui ricorrano le condizioni fissate dalle disposizioni previste dagli articolo 273 a 315 c.p.p. si impone l'immediata revoca delle misure coercitive quando risultano mancanti, anche per fatti sopravvenuti, le condizioni di applicabilità previste dall'articolo 273 c.p.p. o dalle disposizioni relative alle singole misure ovvero le esigenze cautelari previste dall'articolo 274 c.p.p. Ne consegue che l'obbligo imposto al giudice di rimuovere immediatamente la misura non appena accerti l'inesistenza, originaria o sopravvenuta, dei presupposti che la giustificano, opera anche se la misura stessa non abbia ancora ricevuto esecuzione Sez. 6, Sentenza numero 30164 del 20/04/2006 Rv. 235132 Presidente Leonasi R. Estensore Ippolito F. Relatore Ippolito F. Imputato P.M. in proc. Rossattini . 7. Il richiamato insegnamento deve essere considerato anche nella fattispecie in esame, nell'ambito della quale è sopravvenuta, in via definitiva, la sottoposizione dell'imputato a misura obbligatoria in relazione alle ipotesi ascrittegli. Sopravvenienza che rende superata ed inattuale la ordinanza applicativa della custodia in carcere oggetto di gravame - che non può essere eseguita - della quale si impone, pertanto, l’annullamento senza rinvio. P.Q.M. Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata.