La banca non può essere ritenuta responsabile delle malefatte del promotore finanziario “amico”

L’articolo 5, comma 4, l. numero 1/1991 e l’articolo 31, comma 3, d.lgs. numero 58/1998, pongono a carico dell’intermediario la responsabilità solidale per gli eventuali danni arrecati a terzi nello svolgimento delle incombenze affidate ai promotori finanziari anche se tali danni siano conseguenti a responsabilità accertata in sede penale, ma deve sussistere il rapporto di occasionalità necessaria.

Infatti, detta responsabilità, la quale presuppone, pur sempre, che il fatto illecito del promotore sia legato da un nesso di occasionalità necessaria all’esercizio delle incombenze a lui facenti capo, trova la sua ragion d’essere, per un verso, nel fatto che l’agire del promotore è uno degli strumenti dei quali l’intermediario si avvale nell’organizzazione della propria impresa, traendone benefici per altro verso, e in termini più specifici, nell’esigenza di offrire una adeguata garanzia ai destinatari delle offerte fuori sede loro rivolte dall’intermediario per il tramite del promotore, giacché appunto per le caratteristiche di questo genere di offerte la buona fede dei clienti può più facilmente esserne sorpresa e aggirata. È quanto emerge dalla sentenza numero 5020 della Corte di Cassazione, depositata il 4 marzo 2014. Il caso. Un correntista lamentava che il promotore finanziario della banca presso la quale si trovava il conto corrente aveva eseguito due operazioni non autorizzate in forza delle quali aveva prelevato ingenti importi di denaro 20.000,00 € e 50.000,00 € utilizzando codici personali di accesso al servizio che gli erano stati consegnati spontaneamente, stante il lungo rapporto di amicizia, dal correntista stesso. Questi agiva in giudizio per ottenere la restituzione degli importi, affermando anche la responsabilità solidale della banca per fatto del promotore ai sensi dell’articolo 5 L. numero 1/1991 e articolo 31 d.lgs. numero 58/1998. In primo grado il Tribunale di Trieste accoglieva le richieste dell’attore, mentre la Corte d’Appello, in secondo grado, escludeva la responsabilità solidale dell’istituto di credito. Il danneggiato ricorreva così in Cassazione per coinvolgere nuovamente la banca. Responsabilità oggettiva dei committenti. Il caso deciso dalla Corte di Cassazione riguarda la fattispecie della responsabilità dell’intermediario finanziario per il fatto illecito del promotore. Si tratta di un’ipotesi particolare di responsabilità del committente prevista in generale dall’articolo 2049 c.c. che imputa ai padroni e ai committenti i danni arrecati dai loro domestici o commessi nell’esercizio delle incombenze cui sono adibiti. Si tratta di una responsabilità per fatto altrui o oggettiva , indipendente dalla colpa o dolo del committente. La fattispecie è complessa perché richiede 1 il compimento dell’illecito produttivo del danno da parte del commesso e 2 la sussistenza di un rapporto di causalità tra l’esercizio delle incombenze e il danno cagionato. In realtà la giurisprudenza ha specificato che non è indispensabile un vero collegamento causa-effetto, ma è sufficiente un mero rapporto di «occasionalità necessaria» tale per cui l’incombenza da sbrigare o il compito da eseguire abbia determinato una situazione che ha agevolato o reso possibile il fatto illecito e l’evento dannoso Cass., numero 4951/2002 . Ciò vale anche nel caso in cui il dipendente abbia operato oltre i limiti delle proprie mansioni, addirittura con dolo, persino trasgredendo gli ordini ricevuti, ma con finalità coerenti con quelle in vista delle quali le mansioni gli sono state affidate Cass. numero 12417/1998 . L’ipotesi particolare del caso in esame è disciplinata dall’articolo 31 del T.U.F. La norma stabilisce che l’intermediario «che conferisce l’incarico è responsabile in solido dei danni arrecati a terzi dal promotore finanziario, anche se tali danni siano conseguenti a responsabilità in sede penale» disposizione analoga a quella contenuta nel citato articolo 5 legge numero 1/1991 . Proprio per tale ragione il danneggiato cercava di far valere la responsabilità solidale dell’istituto di credito per il quale lavorava il promotore finanziario. Tale responsabilità sussiste, in ipotesi, a prescindere dalla tipologia di rapporto di lavoro, potendo applicarsi sia ai casi di lavoro subordinato, sia a contratti di agenzia, o mandato o altri. L’importante è che ci sia un rapporto di preposizione tra intermediario e promotore. Anche in questo caso, come indicato per l’articolo 2049 c.c., la responsabilità dell’ente è oggettiva, dipende da un fatto altrui ed è completamente svincolata dall’accertamento del dolo o della colpa non è necessario neppure imputare alla banca una culpa in vigilando o in eligendo così Tribunale di Mantova 13 ottobre 2003 . Anche per tale fattispecie deve però sussistere un rapporto di occasionalità necessaria tra la condotta del promotore che ha determinato il danno e le mansioni cui lo stesso è preposto. Il rapporto è giudicato sussistente pure in caso di violazione di disposizioni impartite al preposto e in caso di comportamento doloso del promotore, ancorché tale comportamento costituisca reato. Gli Ermellini infatti spiegano che per fondare la responsabilità del preponente «è necessario e sufficiente che le attività svolte dal preposto abbiano determinato semplicemente una situazione tale da rendere possibile o comunque aver agevolato il comportamento produttivo del danno ». Nel caso di specie tuttavia, la Suprema Corte, condividendo la motivazione della Corte d’Appello, ha ritenuto rotto il nesso causale sopra descritto e propendendo per l’assoluta estraneità della banca al fatto del promotore. Ciò è giustificato dal fatto che l’appropriazione dei soldi del correntista non è avvenuta a seguito di un’operazione che il promotore ha svolto nella sua qualità di preposto o dipendente della banca semplicemente il fatto illecito si è verificato perché il correntista aveva spontaneamente comunicato, tempo addietro, al «suo amico promotore» ! le chiavi di accesso al conto corrente, il tutto al di là e al di fuori di uno specifico rapporto di investimento. In buona sostanza, il fatto illecito del promotore non è in alcun modo dipeso dalle mansioni allo stesso affidate dall’intermediario o dallo sfruttamento “anomalo” della propria posizione di “promotore”, escludendo così il rapporto di occasionalità necessaria indispensabile per far scattare la responsabilità solidale della banca. Tali considerazioni in fatto svolte dai giudici di merito sono state ritenute sufficientemente motivate dagli Ermellini che non hanno quindi potuto discostarsi dalla sentenza di secondo grado.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 10 gennaio – 4 marzo 2014, numero 5020 Presidente Amatucci – Relatore Ambrosio Svolgimento del processo Con citazione del 19.01.2004 S.G. - premesso di intrattenere con la s.p.a. Rasbank poi Allianz Bank Financial Advisor s.p.a, brevemente, di seguito, Allianz Bank o anche la Banca un conto corrente di corrispondenza con possibilità di effettuare operazioni finanziarie mediante servizio di internet home banking - lamentava che C.G. , promotore finanziario in Trieste di Rasbank avesse eseguito in data 16.05.2002 due operazioni non autorizzate, addebitate sul suo conto corrente, in forza delle quali aveva bonificato, rispettivamente, gli importi di Euro 20.000,00 e di Euro 50.000,00 in favore del proprio cognato P.S. , utilizzando i codici personali di accesso al servizio, che gli erano stati forniti da esso attore e poiché l'assegno di Euro 70.000,00 consegnatogli dal P. era rimasto insoluto, conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Trieste i predetti C.G. e P.S. , nonché la Rasbank s.p.a. ai sensi dell'articolo 31 d.lgs. numero 58 del 1998, per sentirli condannare, in solido, al pagamento della somma di Euro 70.000,00, oltre accessori. Resistevano sia la Rasbank, sia il P. , mentre rimaneva contumace il C. . In particolare - per quanto rileva in questa sede - la Rasbank deduceva l'inapplicabilità dell'articolo 31 cit., non vertendosi nell'ipotesi di offerta fuori sede contemplata dalla norma e neppure nel caso previsto dall'articolo 2049 cod. civ. escludeva, altresì, il nesso di occasionalità necessaria per imputare alla Banca l'attività del promotore e deduceva, in ogni caso, il concorso di colpa dello S. , chiedendo, comunque, di essere manlevato dal C. . Con sentenza in data 21.07.2008, numero 875, il Tribunale di Trieste, in esito alla prova orale e documentale, condannava in via solidale i convenuti al pagamento di Euro 70.000,00, oltre rivalutazione, interessi e spese di lite, con la condanna del C. alla rifusione integrale di quanto la Banca avrebbe dovuto pagare all'attore. La decisione, gravata da impugnazione da parte di Allianz Bank s.p.a., era riformata dalla Corte di appello di Trieste, la quale con sentenza in data 07.07.2010, numero 287 - in accoglimento del primo motivo di appello, assorbiti gli altri - rigettava la domanda di S.G. nei confronti della Banca, con compensazione integrale delle spese dei due gradi tra le medesime parti. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione S.G. , svolgendo due motivi. Ha resistito l'Allianz Bank, depositando controricorso. Nessuna attività difensiva è stata svolta da parte degli altri intimati C. e P. . Motivi della decisione 1. La Corte territoriale - accogliendo il primo motivo di gravame con cui si deduceva l'inapplicabilità al caso di specie dell'articolo 31 d.lgs. numero 58 del 1998 - ha evidenziato che la comunicazione dei codici di accesso al conto corrente da parte del suo titolare al promotore finanziario era avvenuta al di là e al di fuori di uno specifico rapporto di investimento finanziario. In particolare, tanto poteva evincersi dalla lettura delle note della medesima parte appellata, da cui risultava che la consegna dei codici era avvenuta diversi mesi prima dei fatti di causa, senza che, a corredo di ciò, venisse allegata l'esecuzione di qualsivoglia operazione d'investimento, la quale, peraltro, come sostenuto anche nell'ambito dell'atto introduttivo del giudizio, avrebbe dovuto essere in ogni caso oggetto di specifica autorizzazione da parte del cliente. In definitiva, secondo la Corte di appello, non vi era alcun investimento da compiere, essendosi l'appellato limitato, tempo prima, a fornire al suo amico promotore, contro ogni elementare regola di prudenza e di contratto, il codice di operatività del proprio conto corrente inoltre l'operazione compiuta non era consistita in altro che in un prelievo indebito di cospicua somma da un conto corrente, al di fuori di qualsiasi ipotesi di investimento finanziario, ipotesi non determinata, non preventivata e non autorizzata. 1.1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione dell'articolo 360 numero 5 cod. procomma civ. per avere la Corte di appello risolto negativamente il punto controverso dell'esistenza di un rapporto di occasionalità necessaria tra l'attività del promotore finanziario e la commissione del fatto illecito con motivazione solo apparente. Al riguardo parte ricorrente deduce che il Tribunale, sulla base dei documenti in atti e delle dichiarazioni confessorie del C. , aveva ritenuto sussistente la prova di un continuativo rapporto di promozione finanziaria tra il C. stesso e lo S. e della provenienza del danaro illecitamente sottratto da un'operazione di disinvestimento di un prodotto finanziario, operato dallo stesso promotore nell'interesse dell'investitore in particolare osserva che la sottrazione dei fondi da parte del promotore non poteva essere qualificata alla stregua di una mera operazione bancaria non autorizzata, costituendo invece una distrazione della provvista che il cliente aveva ritenuto, mediante la consegna dei codici personali, di rendere, previa autorizzazione, facilmente accessibile al promotore al solo fine di velocizzare l'operatività negli investimenti lamenta, quindi, che la Corte di appello abbia escluso l'esistenza di un collegamento causale con l'attività del promotore, senza confutare specificamente le diverse argomentazioni del Tribunale con una decisione “sorretta da due sole affermazioni apodittiche”. 1.2. Con il secondo motivo di ricorso si denuncia violazione dell'articolo 31 d.lgs. numero 58 del 1998 e dell'articolo 1227 cod. civ. articolo 360 numero 3 cod. procomma civ. . Al riguardo parte ricorrente deduce che la responsabilità indiretta della Banca è stata esclusa sulla base del presupposto, “seppure non espresso”, che un'operazione di disinvestimento di prodotti finanziari non possa essere fatta rientrare tra quelle originatrici dell'applicazione dell'articolo 31 co. 3 del T.U.F. e che, di conseguenza, l'attività di disinvestimento e successivo accreditamento delle somme frutto dell'operazione, in concreto poste in essere dal C. , non potesse avere reso possibile o solo agevolato il comportamento produttivo del danno osserva, inoltre, che la violazione da parte di un cliente delle norme di prudenza non può interrompere ex articolo 1227 co.2 cod. civ. il nesso di causalità necessaria tra l'attività del promotore e la consumazione dell'illecito e non rileverebbe neppure ai sensi del comma 1 della stessa norma come concausa del danno. 2. I due motivi di ricorso possono essere trattati unitariamente. Invero le censure di vizio logico-motivazionale e di violazione di legge si incentrano sui medesimi argomenti per un verso, si critica la decisione impugnata per non avere considerato o per avere implicitamente ritenuto inconferente, ai fini del positivo accertamento del nesso di occasionalità necessaria occorrente per postulare la responsabilità del preponente, l'esistenza di un preciso collegamento tra i contestati bonifici bancari e una precedente operazione di disinvestimento di prodotto finanziario per altro verso, si lamenta una sopravvalutazione dell'imprudente comportamento dello S. , per avere fornito egli stesso al promotore i codici utilizzati per i contestati bonifici, atteso che siffatto comportamento non sarebbe, comunque, idoneo a interrompere il necessario nesso causale ai fini della responsabilità della Banca ex articolo 31 T.U.F 2.1. In punto di diritto si rammenta che la L 2 gennaio 1991, numero 1, articolo 5, co. 4 e il d.Lgs. 24 febbraio 1998, numero 58, articolo 31, co. 3 via via succedutisi nel tempo, pongono a carico dell'intermediario la responsabilità solidale per gli eventuali danni arrecati a terzi nello svolgimento delle incombenze affidate ai promotori finanziari anche se tali danni siano conseguenti a responsabilità accertata in sede penale. Detta responsabilità, la quale presuppone, pur sempre, che il fatto illecito del promotore sia legato da un nesso di occasionalità necessaria all'esercizio delle incombenze a lui facenti capo cfr. Cass. numero 20588 del 2004 e Cass. 10580 del 2002 , trova la sua ragion d'essere, per un verso, nel fatto che l'agire del promotore è uno degli strumenti dei quali l'intermediario si avvale nell'organizzazione della propria impresa, traendone benefici ai quali è ragionevole far corrispondere i rischi, secondo l'antica regola per cui ubi commoda et eius incommoda per altro verso, e in termini più specifici, nell'esigenza di offrire una adeguata garanzia ai destinatari delle offerte fuori sede loro rivolte dall'intermediario per il tramite del promotore, giacché appunto per le caratteristiche di questo genere di offerte la buona fede dei clienti può più facilmente esserne sorpresa e aggirata confr. Cass. civ. 7 aprile 2006, numero 8229 . Preme evidenziare che la norma, sebbene non circoscriva la responsabilità del preponente alle negoziazioni che abbiano ad oggetto prodotti finanziari del medesimo cfr. Cass. numero 1741 del 2011 , postula un nesso tra fatto illecito del preposto ed esercizio delle mansioni a lui affidate, che la giurisprudenza di questa Corte inquadra nell'ampio significato del rapporto di occasionalità necessaria , ponendo la previsione normativa in una relazione di continuità con l'articolo 2049 cod. civ. e, nel contempo, cogliendone la portata di più efficace strumento di tutela degli interessi degli investitori. La norma esclude, nella sostanza, che il comportamento doloso del preposto interrompa il nesso causale fra l'esercizio delle incombenze ed il danno, ancorché tale comportamento costituisca reato e rivesta, quindi, particolare gravità. Di conseguenza, perché sussista la responsabilità del preponente, è necessario e sufficiente che le attività svolte dal preposto abbiano determinato semplicemente una situazione tale da rendere possibile o comunque avere agevolato il comportamento produttivo di danno, a nulla rilevando che tale comportamento abbia esorbitato il limite delle mansioni o incombenze affidate o addirittura abbia integrato un'ipotesi di reato. Anche in questi casi, dunque, occorre accertare se l'esistenza del rapporto di preposizione abbia istituito quel nesso di occasionalità necessaria fra l'esercizio delle incombenze e il verificarsi del danno, su cui si fonda la responsabilità indiretta della preponente intermediaria. 2.2. Ciò premesso in via principio, si osserva che la Corte di appello non si è affatto discostata dai principi sopra indicati, posto che ha fondato la statuizione di rigetto della pretesa risarcitoria sulla considerazione dell'assoluta estraneità della Banca al fatto del promotore e sullo specifico rilievo che il fatto illecito del promotore fosse stato reso possibile dalla incauta iniziativa dello stesso investitore di comunicare al promotore i codici di accesso al conto corrente, segnatamente evidenziando, a tal fine, sia il distacco temporale tra la consegna dei codici e le indebite operazioni di bonifico, sia il rapporto personale tra l'odierno ricorrente e il “suo amico promotore”, sia ancora e soprattutto come siffatta consegna dei codici fosse avvenuta al di là e al di fuori di uno specifico rapporto di investimento. Si tratta di accertamenti in fatto, come tali riservati al giudice del merito, che resistono alla generica censura motivazionale espressa con il primo motivo di ricorso, atteso che la motivazione si rivela sufficiente risultando completa la valutazione delle circostanze rilevanti , logica e non contraddittoria. 2.3. A confutazione delle argomentazioni svolte dalla Corte d'appello, parte ricorrente assume che, in realtà, dalla documentazione riversata in atti - e precisamente dai docomma numero 2 del fascicolo attoreo e dal docomma 4 del fascicolo Rasbank cfr. pag. 4 del ricorso - si desumerebbe che l'importo bonificato proveniva dal disinvestimento di un prodotto finanziario e, in particolare, da una polizza assicurativa riscattata per il tramite del C. ricorda ancora l'impugnante che, secondo la giurisprudenza di legittimità, l'irregolarità dei mezzi di pagamento non è valutabile in termini di interruzione del nesso di occasionalità necessaria, ma tutt'al più, in concorso con altri elementi, ai fini della valutazione della colpa delle parti, ex articolo 1227 cod. civ Nessuno dei suddetti argomenti coglie nel segno. 2.3.1. Innanzitutto - considerato che della specifica questione non vi è traccia nella sentenza impugnata e che, peraltro, la resistente oppone che l'operazione di disinvestimento indicata da parte ricorrente “non ha nulla a che vedere con l'operato del signor C. e con l'apertura del conto corrente bancario” cfr. pag. 10 controricorso - sarebbe stato onere del ricorrente, nel richiamare la produzione documentale effettuata nel giudizio di merito, di precisare di avere specificamente allegato nel corso del giudizio di merito i fatti asseritamente emergenti dal documento prodotto a sostegno della sua prospettazione. Questa Corte è, infatti costante nel ritenere che produrre un documento nel processo civile è attività che fa entrare nel processo il documento, ma compete alla parte - salvo il potere del giudice di desumere dal documento i fatti che rappresenta d'ufficio, se si tratta di fatti il cui potere di rilevazione non è riservato alla parte, come i fatti costitutivi della domanda o le eccezioni in senso stretto - allegare i fatti emergenti dal documento prodotto a sostegno della sua prospettazione. A tacere del fatto che dei due documenti su cui si fonda la censura, l'uno il docomma numero 2 del fascicolo attoreo è verosimilmente richiamato per errore, dal momento che corrisponde alla fotocopia dell'assegno di Euro 70.000,00, emesso per quanto afferma il ricorrente in bianco per il rimborso dell'importo sottratto mentre l'altro docomma 4 del fascicolo Rasbank è rappresentato dall'estratto del conto corrente, da cui risulta, sì, il bonifico di una somma riveniente da una polizza - vita, ma non certo la riferibilità del disinvestimento all'operato del C. e neppure l'inclusione della polizza - vita tra i prodotti finanziari acquistati per il tramite della Banca e, per essa, del promotore . 2.3.2. Anche a prescindere da quanto sopra, si osserva che il problema è non già se la provvista , illecitamente distratta dal promotore provenisse da un'operazione di disinvestimento di un prodotto finanziario e se tale precedente operazione fosse stata posta in essere dal C. , bensì se il comportamento illecito di quest'ultimo, rappresentato dalla successiva distrazione del medesimo importo, fosse in qualche modo collegabile con le mansioni o le incombenze allo stesso affidate dalla preponente, nel senso che queste avessero, quantomeno, agevolato tale comportamento. Ed è questo collegamento che la Corte territoriale ha escluso, con valutazioni in fatto qui insindacabili, segnatamente evidenziando come, nella fattispecie concreta, non fossero applicabili principi costantemente predicati da questa Corte in tema di responsabilità dell'intermediario finanziario per la violazione di regole di comportamento gravanti sul proprio promotore. Contrariamente a quanto prospettato da parte ricorrente, qui non si tratta di scaricare dall'intermediario all'investitore le conseguenze della violazione di regole di comportamento gravanti sul promotore, non essendo neppure consentito di profilare la responsabilità solidale dell'intermediario in concorso con la colpa dell'investitore per l'incauto comportamento dallo stesso tenuto. E ciò perché, per come risulta ricostruita la fattispecie concreta nella decisione impugnata - segnatamente laddove si evidenzia che la consegna dei codici personali di accesso al servizio home banking non era in alcun modo riconducibile al compimento di operazioni finanziarie e, nel contempo, si rimarca il rapporto personale di amicizia tra lo S. e il C. - il fatto illecito di quest'ultimo non è dipeso dalle mansioni allo stesso affidate dal preponente - intermediario e/o dallo sfruttamento, sia pure anomalo, del ruolo di promotore, risultando, in tal modo, esclusa in radice la sussistenza del c.d. nesso di occasionalità necessaria, in presenza del quale, soltanto, è possibile configurare la responsabilità indiretta della S.I.M., in solido con quella del promotore. In conclusione il ricorso va rigettato. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo alla stregua dei parametri di cui al D.M. numero 140 del 2012, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 3.800,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre accessori come per legge.