La prescrizione cala il sipario sulla vicenda eternit

Il dies a quo della prescrizione non può avanzare né oltre la consumazione del reato né al momento dei decessi delle vittime e dei lavoratori. Una colpevole Procura non ebbe mai contestato lesioni ed omicidi.

Il fatto notorio. Si tratta del noto caso Eternit e del processo a carico dei responsabili della gestione della società Eternit s.p.a. che a partire dal 1952 avrebbero determinato il decesso di quasi 2mila operai lavoratori in stabilimenti italiani, per avere omesso la realizzazione di precauzioni, impianti – di ventilazione, di aspirazione e di protezione personale - e segnaletiche finalizzate a prevenire malattie od infortuni poi rivelatasi mortali, ai sensi degli articolo 434 c.p. – Procurato disastro – e dell’articolo 437 c.p. – Omessa applicazione dei dispositivi di sicurezza destinati a prevenire disastri o infortuni sul lavoro -. La Corte d’appello aveva determinato il decorso del tempo necessario a prescrivere per i fatti più risalenti, condannando per quelli più recenti ai sensi dell’ultima disposizione penale cit La Cassazione, Prima Sezione Penale, numero 7941/2015, depositata il 23 febbraio, annulla senza rinvio ravvisando il decorso della prescrizione per tutte le imputazioni ed annullando di seguito il disposto risarcimento a favore delle parti civili costituite. Riflette in punto di prescrizione in ordine ai quei fatti penalmente rilevanti la cui permanenza nel tempo – al termine della quale va individuato il dies a quo della prescrizione – non va confusa con la determinazione temporale degli effetti seguenti alla condotta dolosa, per i quali vanno formulate distinte imputazioni con individuazione di dies a quo a prescrivere altrettanto distinti. E’ punita la consumazione di un reato, non il mancato contenimento delle conseguenze dannose. I giudici hanno ravvisato il dies a quo della prescrizione al momento del fallimento della società – nel giugno del 1986 -, venuto meno ogni potere gestorio aziendale degli imputati. Già al tempo, per altro, di produzione dell’amianto – fine anni 80 - era ben scientificamente nota la profonda nocività del materiale e la necessità di adoperarsi per costituire ogni precauzione utile alla limitazione degli effetti patogeni. Infatti, il reato ex articolo 434 c.p. si consuma al momento della cessazione della diffusione delle polveri letali, dovendo negare la rilevanza penale ex articolo cit. dei comportamenti omissivi susseguiti – la mancata bonifica della zona contaminata dall’emissione delle polveri -. In ogni caso di reato permanente – per ogni reato che non comporti la distruzione del bene oggetto di reato -, non costituisce post factum punibile la mancata attivazione di condotte riparatorie o di ripristino della situazione lesa, dovendo altrimenti individuarsi la punibilità di comportamenti non previsti dalla norma penale – con relata violazione dei principi di tipicità e di tassatività -, la quale sanziona la consumazione sic et simpliciter di un reato. Ne segue che anche ai fini prescrittivi, nessuna rilevanza va riconosciuta all’insieme delle condotte omissive per la riparazione dalle conseguenze di un reato, il dies a quo va individuato al momento della consumazione del reato o al momento della cessazione della permanenza della condotta. Le dimenticanze della Procura. Le conseguenze dannose costituivano reati distinti di omicidio e lesioni, invece mai contestati. E’ ben noto, per giurisprudenza penale e civile conformi, che in caso di tardiva scoperta di un evento lesivo eziologicamente relato ad una condotta di reato, il dies a quo a prescrivere va individuato nel momento di manifestazione o di recrudescenza dell’ evento medesimo. L’evento morte, tuttavia, né costituisce l’evento di reato di disastro ex articolo 434 c.p. – non dà luogo dunque a danno “lungo-latente” -, né “evento a distanza” siccome nel reato in questione la condotta delittuosa di contaminazione dei luoghi e di corruzione ambientale dell’habitat naturale si è realizzata contestualmente all’attività di lavorazione dell’amianto, finché permanevano in vita i processi produttivi. Avrebbe dovuto la pubblica accusa operare per la contestazione di fatti nuovi di omicidio che avrebbero costituito luoghi d’imputazione idonei a contenere ogni evento-morte e di seguito avrebbero consentito di post datare il dies a quo a prescrivere ai momenti, successivi, di chiara evidenza della relazione eziologica delle patologie respiratorie con la lavorazione dell’eternit e l’inalazione delle polvere diffuse. Per altro, si è già aperto un processo Eternit bis , al fine proprio di riparare alle dimenticanze del filone processuale principale.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 19 novembre 2014 – 23 febbraio 2015, numero 7941 Presidente Cortese – Relatore Di Tomassi