Per evitare l’addebito, tra moglie e marito non metterci l’amante

La violazione dell’obbligo di fedeltà richiede la prova dell’intollerabilità della convivenza. Per quanto riguarda, poi, l’assegno di mantenimento, esso deve tendere al raggiungimento del tenore di vita pregresso.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 4305 del 24 febbraio 2014. Un castello di infedeltà. La Corte d’Appello di Firenze, in riforma della sentenza di primo grado, in un procedimento di separazione giudiziale, addebitava la separazione al marito e determinava a carico di quest’ultimo un assegno a favore della donna di 800 euro mensili. Il marito ricorre in Cassazione. Occorre provare la violazione dell’obbligo di fedeltà. Secondo il Supremo Collegio, la violazione dell’obbligo di fedeltà richiede la prova del fatto che la convivenza sia divenuta intollerabile nel caso di specie, tale intollerabilità è palese se si considera che, dopo molteplici tradimenti del marito, entrambi i coniugi hanno cercato di recuperare l’armonia del rapporto fino alla scoperta di una nuova infedeltà, nella casa al mare della coppia. Assegno di mantenimento parametro decisivo è il tenore di vita pregresso. Quanto all’assegno per il coniuge, esso deve tendere al mantenimento del tenore di vita pregresso, anche considerando l’attuale disparità di economica tra i coniugi. A tal proposito, occorre considerare non solo i redditi da lavoro ma ogni altra fonte, tra cui i redditi derivanti da proprietà immobiliari, anche se non direttamente produttive di reddito, tenendo conto, ulteriormente, della possibilità per il coniuge di alienare una parte del suo patrimonio per adempiere l’obbligo di mantenimento. Alla luce di ciò, il ricorso si intende respinto.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 10 dicembre 2013 – 24 febbraio 2014, n. 4305 Presidente Di Palma – Relatore Dogliotti Fatto e diritto In un procedimento di separazione giudiziale tra B.N. e M.P., il Tribunale di Pistoia, con sentenza in data 23/05/2011, escludeva l'addebito dei coniugi, e poneva a carico del marito l'importo di €. 500,00 mensili per il mantenimento della moglie. La Corte di Appello di Firenze, con sentenza in data 31/12/201, in riforma, addebitava la separazione al marito, determinando l'assegno per la moglie in €. 800,00 mensili. Ricorre per cassazione il B. Resiste con controricorso la M. Quanto all'addebito al marito, è bensì vero che la violazione dell'obbligo di fedeltà, come ogni altra violazione, richiede la prova del rapporto con l'intollerabilità della convivenza, ma, proprio dal contesto motivazionale della sentenza impugnata, tale rapporto emerge vi furono varie violazioni da parte del marito, cui seguirono alcuni tentativi, da parte di entrambi i coniugi, di recuperare l'armonia coniugale, fino ad un ulteriore decisivo episodio la scoperta di una nuova infedeltà del marito, nella casa al mare, cui seguì tempestivamente la presentazione del ricorso di separazione da parte della moglie. Quanto all'assegno per il coniuge, esso deve tendere, anche in sede di separazione, al raggiungimento del tenore di vita pregresso, e indice di questo può essere l'attuale disparità economica tra i coniugi tra le altre, seppur con riferimento al divorzio, Cass. N. 2156 del 2010 . In sostanza il ricorrente propone argomentazioni e introduce situazioni di fatto,insuscettibili di controllo in questa sede. Va precisato che l'esame delle condizioni economiche delle parti non attiene necessariamente soltanto ai redditi da lavoro, ma si estende ad ogni altra fonte, ivi compresi i redditi derivanti da proprietà immobiliari, e tali proprietà rileverebbero, pure se non producessero direttamente reddito il coniuge potrebbe alienare una parte del suo patrimonio per adempiere all'obbligo nei confronti dell'altro coniuge tra le altre, Cass. 16730/2004 . In tal senso la mancata valutazione delle spese effettuate per migliorare il patrimonio del marito, non assume una rilevanza decisiva. Va pertanto rigettato il ricorso. Le spese seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in €. 2.100,00, comprensive di €. 100,00 per esborsi, oltre accessori di legge. In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere generalità ed atti identificativi, a norma dell'art. 52 D.lgs. 196/03, in quanto imposto dalla legge.