Aspirapolvere rigenerati con pezzi non originali: scatta il sequestro

Costituisce sequestro penale obbligatorio quello del corpo di reato che mira a sottrarre all’indagato tutte le cose sulle quali o mediante le quali il reato è stato commesso, nonché le cose che ne costituiscono il prodotto, il profitto e il prezzo.

La fattispecie. Aspirapolvere rigenerati recanti il marchio ‘Folletto’, ma composti anche da parti non originali. E così anche per sacchetti e filtri, nonostante riportassero l’indicazione della marca originale. Ipotizzatosi il reato di frode nell’esercizio del commercio art. 515 c.p. o, in alternativa, quello di vendita di prodotti industriali con segni mendaci art. 517 c.p. , scatta dunque il sequestro della merce, che viene confermato anche dal Riesame. A pronunciarsi definitivamente sulla questione, ci pensa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 3659/2014 depositata il 27 gennaio scorso. Merce non rispondente all’originale. Gli Ermellini, prima di tutto, precisano che la frode nell’esercizio del commercio art. 515 c.p. si riferisce alla condotta di colui che, nell’esercizio dell’attività commerciale, ovvero di uno spaccio aperto al pubblico, consegna all’acquirente una cosa mobile per un’altra . Tale fattispecie è ipotizzabile anche nella forma del tentativo in caso di mera detenzione in magazzino della merce non rispondente all’originale. Tutela dell’ordine economico. Invece, la Cassazione, in merito alla vendita di prodotti industriali con segni mendaci art. 517 c.p. , ha affermato che si tratta di reato che ha per oggetto la tutela dell’ordine economico e richiede la semplice imitazione del marchio – non necessariamente riconosciuto – purché detta imitazione sia idonea a trarre in inganno gli acquirenti . Il corpo di reato deve essere obbligatoriamente sequestrato. Spostando l’attenzione sulle misure cautelari reali, i Giudici di Cassazione hanno ribadito che costituisce sequestro penale obbligatorio quello del corpo di reato che mira a sottrarre all’indagato tutte le cose sulle quali o mediante le quali il reato è stato commesso, nonché le cose che ne costituiscono il prodotto, il profitto e il prezzo . Il sequestro delle cose pertinenti al reato, al contrario, è facoltativo e presuppone la tutela delle esigenze probatorie. In conclusione, la S.C. rigetta in toto il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 17 dicembre 2013 – 27 gennaio 2014, numero 3659 Presidente Mannino – Relatore Ramacci Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Verona, con ordinanza del 2.7.2013 ha respinto la richiesta di riesame presentata nell'interesse di C.S. avverso il decreto di sequestro emesso in data 6.6.2013 dalla Procura della Repubblica di Verona e concernente il sequestro, presso la CHEMELLO s.r.l.”, di aspirapolvere rigenerati recanti il marchio Folletto” composti anche da parti non originali, nonché sacchetti e filtri riportanti l'indicazione VORWEK FOLLETTO”, anche se con l'indicazione INTERFILTER”, tali da poter indurre l'acquirente a ritenere che si trattasse di mercé originale VORWEK”, ipotizzandosi così il reato di cui all'articolo 515 cod. penumero o, in alternativa, quello di cui all'articolo 517 cod. penumero . Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per cassazione. 2. Con un primo motivo di ricorso deduce l'insussistenza del fumus del reato ipotizzato, osservando che, secondo quanto stabilito dal codice sulla proprietà industriale, l'utilizzo del marchio altrui è consentita a determinate condizioni e che la possibilità di trarre in inganno il consumatore avrebbe dovuto escludersi, nel caso in esame, sulla base delle affermazioni della persona offesa contenute nell'esposto che aveva dato origine al procedimento penale, ove si specificava che i pezzi di ricambio, poi sequestrati, erano immediatamente riconoscibili per la presenza di scritte in rosso. 3. Con un secondo motivo di ricorso rileva che le argomentazioni svolte nell'impugnata ordinanza circa le caratteristiche ingannevoli della mercé sequestrata sarebbero conseguenza di un travisamento risultando, al contrario, la facile riconoscibilità e lamenta che i giudici del riesame avrebbero omesso di motivare in ordine alla necessità di mantenimento del sequestro dei prodotti che, recando le scritte in colore rosso, per stessa ammissione dell'esponente, sarebbero facilmente riconoscibili. 4. Con un terzo motivo di ricorso denuncia l'assenza di motivazione in ordine alle finalità probatorie perseguite attraverso l'imposizione del vincolo sulle cose. 5. Con un quarto motivo di ricorso osserva che, considerato il tenore del provvedimento con il quale l'autorità giudiziaria aveva disposto la perquisizione ed il sequestro, la polizia giudiziaria risulterebbe aver agito in piena autonomia, con la conseguenza che l'operato della stessa necessitava di specifica convalida. Insiste, pertanto, per l'accoglimento del ricorso. 6. In data 2.12.2013 il ricorrente ha depositato motivi nuovi lamentando la mancanza di motivazione in ordine alle deduzioni difensive formulate nella richiesta di riesame, alla necessità del mantenimento del sequestro ai fini probatori ed alla necessità di convalida del sequestro eseguito dalla polizia giudiziaria. Considerato in diritto 7. Il ricorso è infondato. Occorre preliminarmente ricordare, con riferimento al primo e secondo motivo di ricorso, che unici atti accessibili a questa Corte sono il provvedimento impugnato ed il ricorso, con la conseguenza che i riferimenti contenuti nell'atto di impugnazione ad atti del procedimento risultano inconferenti e non possono pertanto essere presi in considerazione in questa sede. 8. Ciò posto, deve rilevarsi che, nella fattispecie, i giudici del riesame hanno ricondotto i fatti accertati nell'ipotesi di cui all'articolo 515 cod. penumero o, quanto meno, di quella di cui all'articolo 517 cod. penumero . Come è noto, l'articolo 515 cod. penumero si riferisce alla condotta di colui che, nell'esercizio di un'attività commerciale, ovvero in uno spaccio aperto al pubblico, consegna all'acquirente una cosa mobile per un'altra, ovvero una cosa mobile, per origine, provenienza, qualità o quantità, diversa da quella dichiarata o pattuita ed è ipotizzabile, nella forma del tentativo, anche in caso di mera detenzione in magazzino di merce non rispondente per origine, provenienza, qualità o quantità a quella dichiarata o pattuita, trattandosi di dato pacificamente indicativo della successiva immissione nella rete distributiva di tali prodotti Sez. III numero 3479, 26 gennaio 2009 Sez. III numero 1454, 16 gennaio 2009 Sez. III numero 36056, 8 settembre 2004 e ciò anche nel caso in cui la mercé sia detenuta da un commerciante all'ingrosso, dovendosi pacificamente riconoscere, in considerazione delle condotte tipizzate, che la disposizione in esame tuteli tanto i consumatori quanto gli stessi commercianti Sez. III 36056/04 cit. , ovvero quando presso il magazzino di prodotti finiti dell'impresa di produzione sia detenuta mercé con false indicazioni di provenienza destinata non al consumatore finale ma ad utilizzatori commerciali intermedi Sez. MI numero 22313, 6 giugno 2011 . Il reato di cui all'articolo 517 cod. penumero ha, invece, per oggetto la tutela dell'ordine economico e richiede la semplice imitazione del marchio, non necessariamente registrato o riconosciuto, purché detta imitazione sia idonea a trarre in inganno gli acquirenti Sez. III numero 23819, 9 giugno 2009 Sez. V numero 13322, 25 marzo 2009 Sez. V numero 31482, 2 agosto 2007 . Ciò che rileva è, dunque, la mera, artificiosa equivocità dei contrassegni e delle indicazioni illegittimamente usati, tali da ingenerare la possibilità di confusione con prodotti similari da parte dei consumatori comuni. 9. Va detto, a tale proposito, che il ricorrente non censura in alcun modo la qualificazione giuridica dei fatti ascrittigli nella provvisoria incolpazione, lamentando invece, nei due motivi di ricorso in esame, la insussistenza del fumus dei reati sia per ciò che concerne l'elemento oggettivo del reato sia ipotizzando un travisamento delle risultanze indiziarie. Va in primo luogo rammentato che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, in sede di riesame del sequestro probatorio il Tribunale è chiamato a verificare l'astratta sussistenza del reato ipotizzato, considerando il fumus commissi delicti ” in relazione alla congruità degli elementi rappresentati e, quindi, della sussistenza dei presupposti che giustificano il sequestro v., ad es., Sez. V numero 24589, 20 giugno 2011 Sez. III numero 33873, 9 ottobre 2006 Sez. II numero 44399, 12 novembre 2004 Sez. VI numero 12118, 12 maggio 2004 Sez. III numero 19766, 29 aprile 2003 Sez. I numero 4496, 27 luglio 1999 Sez. VI numero 731, 9 aprile 1998 e la valutazione della legittimità del sequestro non deve essere effettuata nella prospettiva di un giudizio di merito sulla fondatezza dell'accusa, quanto, piuttosto, con riferimento all'idoneità degli elementi su cui si fonda la notizia di reato a rendere utile l'espletamento di ulteriori indagini, per acquisire prove certe o prove ulteriori del fatto, non esperibili senza la sottrazione all'indagato della disponibilità della res o l'acquisizione della stessa nella disponibilità dell'autorità giudiziaria così Sez. III numero 15177, 14 aprile 2011 . 10. Nella fattispecie, i giudici del riesame hanno certamente fatto buon uso dei suddetti principi giurisprudenziali, procedendo ad una puntuale ricostruzione dei fatti come risultanti dalla comunicazione della notizia di reato e rilevando la sussistenza dei reati ipotizzati dal pubblico ministero restando nell'ambito di cognizione come sopra delineato, dal quale, peraltro, resta notoriamente esclusa ogni anticipata decisione della questione di merito concernente la responsabilità della persona sottoposta ad indagini in ordine al reato oggetto di investigazione. Si tratta, inoltre, di un accertamento in fatto che il Tribunale ha effettuato attraverso l'esame della documentazione acquisita e delle immagini dei prodotti sequestrati che non può dunque essere ripetuto o censurato in questa sede di legittimità. Resta da aggiungere, sul punto, che i termini della questione non mutano neppure considerando il richiamo effettuato dal ricorrente al codice della proprietà industriale ed alla giurisprudenza di questa Corte in tema di delitto di commercio di prodotti con segni falsi riferito a ricambi per auto non originali Sez. V numero 47081, 20 dicembre 2011 , atteso che la fattispecie in esame riguarda una diversa ipotesi di reato e la giurisprudenza menzionata ha escluso la configurabilità del reato con riferimento al fatto di colui che ponga in vendita ricambi per auto non originali sui quali sia stato riprodotto, quale elemento estetico presente sul componente originale, il marchio del costruttore del veicolo, circostanza, questa, che non emerge dalla ricostruzione operata dal Tribunale del riesame, il quale ha, invece, preso in considerazione, come si è detto, la messa in vendita di aspirapolvere rigenerati” i quali, una volta smontati, risultavano assemblati con parti non originali e di sacchetti e filtri che, pur contenendo l'indicazione INTERFILTER”, recavano l'indicazione VOLWERK FOLLETTO”, ritenuta dai giudici, con accertamento in fatto non censurabile in sede di legittimità, idonea a far ritenere all'acquirente che si trattasse di prodotti originali in considerazione delle dimensioni delle scritte, del loro colore e del posizionamento. 11. Per ciò che concerne il terzo motivo di ricorso, osserva il Collegio che la descrizione dei fatti operata dal Tribunale e la qualificazione delle cose sequestrate come corpo del reato o, quanto meno, cose pertinenti al reato rende palese l'intuitiva evidenza del rapporto pertinenziale esistente tra i beni vincolati ed il reato. Il Tribunale ha, inoltre, ricordato la distinzione esistente tra la nozione di corpo del reato” e cose pertinenti al reato”, rilevando che, dai fatti emergenti, risulterebbe evidente la collocazione dei beni in sequestro nell'ambito della prima o, comunque, in via residuale, nella seconda. Pare opportuno ricordare, a tale proposito, le osservazioni formulate in una precedente pronuncia di questa Corte Sez. II numero 31950, 23 luglio 2013 ove, tenendo conto dei non convergenti indirizzi giurisprudenziali, si è osservato come, dal tenore letterale dell'articolo 253 cod. proc. penumero emerga chiaramente che, in tema di sequestro probatorio, necessarie per l'accertamento dei fatti”, sono solo le cose pertinenti al reato, con la conseguenza che solo esistendo tali necessità probatorie esse potranno essere oggetto di sequestro, diversamente dal corpo del reato”, e, cioè, delle cose individuate dal legislatore, nel secondo comma della menzionata disposizione codicistica, per le quali il rapporto con il reato non è mediato dalla finalità della prova, ma è immediato, tanto che ne è prevista, in via generale, la confisca. La richiamata pronuncia ha conseguentemente enucleato i seguenti principi di diritto che il Collegio condivide in tema di misure cautelari reali, costituisce sequestro penale obbligatorio quello del corpo del reato che mira a sottrarre all'indagato tutte le cose sulle quali o mediante le quali il reato è stato commesso, nonché le cose che ne costituiscono il prodotto, il profitto e il prezzo. Sotto tale aspetto, il sequestro del corpo di reato non ha nulla a che vedere con il sequestro delle cose pertinenti al reato, che è, invece, facoltativo e presuppone la tutela delle esigenze probatorie” ed ancora in tema di sequestro probatorio di cose costituenti corpo di reato, se è vero che non è necessario offrire la dimostrazione della necessità del sequestro in funzione dell'accertamento dei fatti, atteso che la esigenza probatoria del corpus delicti è in re ipsa , è anche vero che, ai fini della qualificazione come corpo di reato delle cose in sequestro, il provvedimento deve dare concretamente conto della relazione di immediatezza descritta nel comma secondo dell'articolo 253 cod. proc. penumero tra la res e l'illecito penale”. Nel caso in esame il Tribunale ha, come si è già ricordato, offerto una puntuale descrizione dei fatti e, segnatamente, delle caratteristiche delle cose sequestrate, che, alla luce dei ricordati principi, costituisce idonea giustificazione della decisione assunta con il provvedimento impugnato rispetto al quale, dunque, non può dirsi sussistente la dedotta mancanza assoluta di motivazione. 12. Per ciò che concerne il quarto motivo di ricorso occorre invece osservare che, secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale condiviso dal Collegio, deve ritenersi la legittimità del sequestro di cose ritenute corpo di reato o pertinenti al reato che la polizia giudiziaria effettua all'esito di una perquisizione delegata dal Pubblico Ministero anche nel caso in cui la cosa sequestrata non sia stata descritta nel provvedimento di perquisizione, qualora sia comunque possibile pervenire alla sua individuazione attraverso il riferimento sia alla natura del reato in relazione al quale la perquisizione era stata disposta, sia alle nozioni normative di corpo di reato” e di cosa pertinente al reato” v. Sez. II numero 40657, 17 ottobre 2012 Sez. II numero 35866, 18 settembre 2008 Sez. II numero 776, 11 gennaio 2006 Sez. VI numero 1934, 14 settembre 1998 Sez. I numero 1953, 30 aprile 1997 . Tale affermazione è stata peraltro giustificata Sez. II numero 40657, 17 ottobre 2012, cit. osservando come non sia sempre possibile la preventiva specificazione, nel decreto di perquisizione, delle cose da sequestrare e come tale evenienza sia stata considerata dal legislatore laddove, nell'articolo 248 cod. proc. penumero , ha contemplato la richiesta di consegna allorquando, attraverso la perquisizione, si cerca una cosa determinata, poiché tale previsione implica che oggetto di ricerca possano essere anche cose non determinate, individuabili solo all'esito dell'attività di perquisizione. 13. Ciò premesso, va rilevato che, ancora una volta, nel formulare le sue censure, il ricorrente opera un richiamo ad atti del procedimento non consumabili da questa Corte ed il cui contenuto viene solo in parte riprodotto in ricorso. Ciò nonostante, avuto riguardo alla sequenza dell'attività investigativa descritta nell'ordinanza impugnata, risulta evidente che le operazioni effettuate si siano svolte in un contesto del tutto simile a quello considerato nei richiamati principi, atteso che il decreto di perquisizione risulta essere stato emesso dopo le verifiche effettuate a seguito all'acquisto, da parte dell'esponente, di due aspirapolvere rigenerati” presso l'azienda dell'acquirente, i quali, sottoposti a successiva perizia, risultavano assemblati con pezzi non originali ed è pertanto evidente che nessuna discrezionalità esclusiva era stata lasciata alla polizia giudiziaria operante nella ricerca delle cose la cui individuazione era adeguatamente delineata dalla tipologia del reato ipotizzato. Dunque l'attività delegata eseguita dalla polizia giudiziaria non necessitava di convalida, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente e, sul punto, hanno dunque correttamente risposto i giudici del riesame. 14. Va poi rilevato che, sussistendo tale evenienza, il rimedio esperibile avverso il provvedimento di sequestro era effettivamente il riesame, cosicché appaiono in ogni caso destituite di fondamento anche le considerazioni conclusive svolte dal ricorrente lamentando la migliore posizione processuale che gli sarebbe derivata da una pronuncia di inammissibilità del ricorso. Infatti, la giurisprudenza di questa Corte cfr. Sez. II numero 40657, 17 ottobre 2012, cit. Sez. V numero 4263, 2 febbraio 2006 Sez. V numero 366, 8 marzo 1999 Sez. III numero 3130, 4 novembre 1997 è unanime nel ritenere l'inammissibilità della richiesta di riesame nel caso in cui riguardi il sequestro probatorio eseguito dalla polizia giudiziaria nell'ambito di una perquisizione delegata che lasci alla discrezionalità degli operanti l'individuazione e la qualificazione dei beni da sequestrare e ciò in quanto l'interessato può attivare a sua tutela l'opposizione al prevista dall'articolo 263, comma quinto, cod. proc. penumero contro l'eventuale diniego di restituzione da parte del Pubblico Ministero, evenienza che, come si è detto, nel caso in esame non si è verificata. 15. Va infine osservato che, per le ragioni dianzi esposte, anche le deduzioni formulate con i motivi nuovi in punto di difetto di motivazione risultano prive di fondamento. Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con le consequenziali statuizioni indicate in dispositivo. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente la pagamento delle spese del procedimento.