Per l’indennità di buonuscita conta la qualifica di appartenenza

Nel regime di indennità di buonuscita spettante, ex articolo 3 e 38 d.P.R. numero 1032/1973, al dipendente pubblico, che non abbia conseguito la qualifica di dirigente e che sia cessato dal servizio nell’esercizio di mansioni superiori in ragione dell’affidamento di un incarico dirigenziale temporaneo di reggenza, lo stipendio da considerare come base di calcolo per l’indennità di buonuscita è quello relativo alla qualifica di appartenenza e non quello rapportato all’esercizio temporaneo delle mansioni relative alla superiore qualifica di dirigente.

Con la sentenza 24215/2014, depositata il 13 novembre 2014, la Corte di Cassazione consolida il proprio orientamento in tema di calcolo dell’indennità di buonuscita spettante ai reggenti funzioni di dirigenti. Il reggente ha un incarico dirigenziale temporaneo e Un dipendente dell’Agenzia delle Dogane andava in pensione dopo aver svolto per anni l’attività di reggente funzioni del dirigente. In sostanza, egli aveva preso in carico le mansioni dirigenziali, nell’attesa che il posto da dirigente venisse definitivamente assegnato, all’esito di un apposito concorso. Il ricorrente, quindi, in via temporanea, svolgeva le mansioni da dirigente senza averne la qualifica, mantenendo, di conseguenza, il proprio inquadramento. In altri termini, la reggenza non interferisce con il livello originario di inquadramento. Tuttavia, durante il periodo di reggenza, il lavoratore percepisce la retribuzione relativa alla qualifica di dirigente e qui nasce il problema del calcolo dell’indennità di buonuscita essa è da calcolare sulla base della retribuzione relativa alla categoria di appartenenza del reggente, oppure sulla base della retribuzione percepita al momento della cessazione del rapporto di lavoro, vale a dire quella da dirigente? Il calcolo della buonuscita. Gli articolo 3 e 38 d.P.R. 1032/1973 indicano che l’indennità di buonuscita debba essere pari a tanti dodicesimi della base contributiva di cui all’articolo 38, quanti sono gli anni di servizio. Per la determinazione della base contributiva si devono considerare l’ultimo stipendio o l’ultima paga o retribuzione integralmente percepiti, oltre i trattamenti retributivi integrativi o accessori dei quali sia prevista l’inclusione nelle predetta base contributiva. Questo criterio viene specificato nell’articolo 38 che definisce la base contributiva come costituita dall’80% dello stipendio, paga o retribuzione annua, nonché dagli assegni indicati tassativamente dalla stessa norma. Posto che il reggente, al momento della cessazione del rapporto di lavoro, percepisce lo stipendio da dirigente, è necessario capire se per base contributiva debba essere considerato lo stipendio da dirigente o quello della categoria di appartenenza del reggente. La Corte di Cassazione propende per quest’ultima ipotesi ciò che conta è la categoria di appartenenza. Così decidendo la Suprema Corte si pone in linea con il più recente orientamento Cass., 22156/2014 e Cass., 22754/2014 , ma, ancor più importante, aderisce al dettato delle Sezioni Unite Cass., SS.UU., 10413/2014 . Per affermare ciò la Corte di Cassazione ragiona sulla portata letterale degli articolo 3 e 38 d.P.R. 1032/1973. Prima di tutto, gli elementi retributivi che concorrono a definire la base di calcolo della buonuscita sono tassativi e ricompresi nella nozione di “stipendio” e degli assegni indicati dall’articolo 38. In secondo luogo, per “stipendio” – che è la base più significativa per il calcolo della buonuscita - si intende il trattamento retributivo della qualifica di appartenenza, con esclusione degli emolumenti versati a qualsiasi titolo, sebbene con regolarità. Puro sillogismo. Ebbene, se la buonuscita si calcola sullo stipendio e se lo stipendio è il trattamento retributivo relativo alla categoria di appartenenza, allora il reggente avrà una buonuscita calcolata sulla base dello stipendio del proprio inquadramento originario e non sulla base dello stipendio da dirigente, da ultimo percepito. Puro sillogismo.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 9 luglio - 13 novembre 2014, numero 24215 Presidente Stile – Relatore D’Antonio Svolgimento del processo Con sentenza del 9 giugno 2008 la Corte d'appello di Torino ha confermato la sentenza del Tribunale con la quale era stato dichiarato il diritto di M.R. ,- dipendente dal 1966 al 2003 del Ministero delle Finanze, dipartimento delle dogane e delle imposte indirette, trasformato in Agenzia delle Dogane con dlgs n 300/1999, con la qualifica di funzionario inquadrato in area C3 super ex IX qualifica funzionale -, alla riliquidazione dell'indennità di buonuscita tenendo conto dell'ultima retribuzione percepita commisurata a quella di dirigente avendo svolto l'incarico dirigenziale di direttore reggente dell'audit interno a decorrere dall’aprile 2001 e fino alla cessazione del rapporto. La Corte territoriale, respinta l'eccezione di difetto di giurisdizione del giudice ordinario nonché quella di difetto di legittimazione passiva sollevata dall'Agenzia delle Dogane secondo la quale unico soggetto legittimato era l'Inpdap, ha rilevato che il regolamento articolo 26 prevedeva l'obbligo per l'Agenzia di attribuire ai funzionari con i quali aveva stipulato contratti per la copertura di posizioni dirigenziali vacanti lo stesso trattamento economico corrisposto ai dirigenti e che non era consentito distinguere la retribuzione percepita a secondo che si trattasse di retribuzione riconosciuta per effetto dell'inquadramento dirigenziale del dipendente oppure per effetto del superiore incarico ricevuto. Secondo la Corte, pertanto, l'indennità di buonuscita doveva essere calcolata prendendo come base di calcolo la retribuzione percepita all'atto della cessazione del rapporto, e non già quella inferiore in base alla qualifica funzionale posseduta tenuto conto dell'articolo 3 del dpr n 1032/1973 che prevedeva che la base contributiva fosse costituita dall'ultimo stipendio o l'ultima paga o retribuzione integralmente percepiti . Avverso la sentenza ricorrono in cassazione con distinti ricorsi sia l'Agenzia delle Dogane con tre motivi,sia l'Inpdap con due motivi. Il M. si costituisce in entrambi depositando controricorso e poi memoria ex articolo 378 cpc. Con sentenza numero 27 304 del 2009 le sezioni unite della cassazione hanno affermato la giurisdizione del giudice ordinario rimettendo la causa alla sezione ordinaria per l'esame degli altri motivi e del ricorso dell'Agenzia delle Dogane. Motivi della decisione Il ricorso dell'Agenzia delle Dogane e quello dell'INPDAP vanno riuniti in quanto proposti avverso la stessa sentenza. Preliminarmente deve rilevarsi che non si ravvisano profili di inammissibilità dei ricorsi per violazione dell'articolo 366 bis cpc eccepito dal contro ricorrente in quanto i quesiti in diritto, come formulati dai due ricorrenti, rispondono ai requisiti imposti dalla norma dalla norma atteso che la questione di diritto,oggetto dei ricorsi, è adeguatamente enucleata ed è posta, da un lato l'interpretazione della norma proposta dalle ricorrenti, e dall'altro quella accolta nella sentenza impugnata. Con il primo motivo l'Agenzia delle Dogane ripropone l'eccezione di difetto di legittimazione passiva. Con il secondo motivo denuncia vizio di motivazione in relazione all'eccezione formulata con il primo motivo. Con il terzo motivo l'Agenzia delle Dogane denuncia violazione degli articoli 1, 3, comma 1, 38 del d.p.r. numero 1032 del 1973 nonché dell'articolo 19 del decreto legislativo numero 165 del 2001 e dell'articolo 40 del C.C.N.L. dirigenti. Censura la sentenza nella parte in cui afferma che non era consentito distinguere la retribuzione percepita a secondo che si trattasse di retribuzione riconosciuta per effetto dell'inquadramento contrattuale oppure del superiore incarico assegnato al lavoratore e che gli articoli 3 e 38 del dpr citato facevano esclusivo riferimento alla retribuzione percepita senza alcun riferimento alle motivazioni dell'erogazione. Osserva che né l’articolo 38, né le disposizioni speciali che disciplinavano la reggenza prevedevano che i maggiori emolumenti percepiti dal reggente non munito di qualifica dirigenziale assumessero rilevanza ai fini del calcolo della buonuscita e che la giurisprudenza era consolidata nel ritenere tassativo l'elenco delle voci retributive da includere nella base contributiva dell'indennità di buonuscita. Il ricorrente Inpdap eccepisce, con il primo motivo, il difetto di giurisdizione del giudice ordinario. Con il secondo motivo denuncia violazione degli articoli 3 e 38 del d.p.r. numero 1032 del 1973 e dell'articolo 26 del Regolamento di amministrazione dell'Agenzia delle Dogane del 5/12/2000. Sottolinea che la base contributiva da considerare per la determinazione dell'indennità di buonuscita non era comprensiva della retribuzione di posizione percepita per lo svolgimento di funzioni contingenti, straordinarie e temporanee non computabili neppure nella pensione che al lavoratore non era mai stata conferita la qualifica dirigenziale ma soltanto assegnate, in via provvisoria e temporanea, le funzioni dirigenziali di reggenza mantenendo l'originario inquadramento che l'essere investito di un temporaneo incarico dirigenziale all'atto del pensionamento costituiva una circostanza del tutto accidentale e contingente inidonea ad attribuire carattere permanente e definitivo, mediante l'inclusione nella base di calcolo dell'indennità di buonuscita, agli emolumenti precariamente percepiti che in conclusione lo stipendio rilevante ai fini del calcolo non poteva essere che lo stipendio proprio della qualifica posseduta. I ricorsi, congiuntamente esaminati in quanto pongono questioni in parte coincidenti, sono fondati nei limiti che seguono. Ogni questione di giurisdizione deve ritenersi definitivamente superata a seguito della sentenza delle SSUU di questa Corte n 27304/2009. Quanto all'eccezione di difetto di legittimazione passiva dell'Agenzia delle Dogane non è censurabile la decisione della Corte d'appello che ne ha escluso la fondatezza. L'Agenzia delle Dogane è, infatti, titolare del rapporto di lavoro dal quale ha tratto origine la domanda di riliquidazione dell'indennità di buonuscita ed è il soggetto che ha attribuito le funzioni dirigenziali ai sensi dell'articolo 26 del regolamento dell'agenzia stessa che ne consentiva l’attribuzione. L'Agenzia non è, pertanto, soggetto estraneo ed è ravvisabile il suo interesse a contraddire ex articolo 100 cpc anche perché ha proceduto al calcolo dell'indennità di buonuscita. Il terzo motivo del ricorso dell'Agenzia delle Dogane ed il secondo motivo del ricorso dell'Inpdap aventi ad oggetto entrambi la determinazione dei criteri per la quantificazione dell'indennità di buonuscita, sono fondati. La Corte territoriale, accogliendo la domanda proposta dal M. , ha ritenuto che, ai sensi del combinato disposto degli articolo 3 e 38 del d.P.R. numero 1032 del 1973, l'indennità di buonuscita di ogni dipendente statale è determinata in ragione dell'ultimo stipendio, paga o retribuzione integralmente percepiti, la cui determinazione è fissata su base annua e con l'inclusione di determinati assegni specificati dalla legge, senza alcuna distinzione in conseguenza del titolo in virtù del quale è corrisposta l'ultima retribuzione. Da ciò l'asserita irrilevanza della corrispondenza o meno all'inquadramento del lavoratore, dell'ultima retribuzione effettivamente percepita. Secondo la Corte la corretta interpretazione ed applicazione della citata disciplina impone la determinazione dell'indennità di buonuscita in ragione dell'ultima retribuzione percepita, nella specie corrispondente agli incarichi dirigenziali in atto al momento della cessazione del rapporto e svolti in base a contratti individuali di lavoro a termine stipulati ai sensi dell'articolo 26 del Regolamento di amministrazione dell'Ente, in forza dei quali ai funzionari incaricati dello svolgimento di funzioni dirigenziali è stato attribuito lo stesso trattamento economico dei dirigenti. La questione della determinazione dell'indennità di buonuscita è stata recentemente decisa dalle sezioni unite di questa Corte cfr SSUU n 10413/2014 che è giunta ad affermare che nel regime dell'indennità di buonuscita spettante ai sensi dell'articolo 3 e 38 del dpr n 1032/1973 al pubblico dipendente che non abbia conseguito la qualifica di dirigente e che sia cessato dal servizio nell'esercizio di mansioni superiori in ragione dell'affidamento di un incarico dirigenziale temporaneo di reggenza ai sensi dell'articolo 52 del dlgs n 165/2001, nella base di calcolo dell'indennità di buonuscita va considerato lo stipendio relativo alla qualifica di appartenenza e non quello corrisposto per il temporaneo esercizio delle superiori mansioni di dirigente. L'articolo 3 del dpr citato stabilisce che gli iscritti al Fondo di previdenza per il personale civile e militare dello Stato, che cessino dal servizio, conseguono, dopo almeno un anno di iscrizione al Fondo, il diritto alla indennità di buonuscita che è pari a tanti dodicesimi della base contributiva di cui all'articolo 38 quanti sono gli anni di servizio computabili ai sensi delle disposizioni contenute nel successivo capo III. Per la determinazione della base contributiva si considerano “l'ultimo stipendio o l'ultima paga o retribuzione integralmente percepiti” a ciò si aggiungono “gli assegni che concorrono a costituire la base contributiva” ossia i trattamenti retributivi accessori ed integrativi dei quali sia prevista l'inclusione nella suddetta base contributiva. Questo criterio è poi specificato nell'articolo 38 che definisce la base contributiva come costituita dall'80 per cento dello “stipendio, paga o retribuzione annui”, nonché di assegni specificamente individuati ed elencati l'indennità di funzione per i dirigenti superiori e per i primi dirigenti l'assegno perequativo per gli impiegati civili, di ruolo e non di ruolo, e per gli operai dello Stato ed altre indennità previste per particolari settori del pubblico impiego. La citata sentenza ha evidenziato che risulta testualmente dalla lettera delle due citate disposizioni articolo 3 e 38 il carattere tassativo degli elementi retributivi che valgono a definire la base di calcolo dell'indennità di anzianità e che sono quelli inquadrabili nella nozione di stipendio oppure in quella di uno degli assegni dell'elenco del cit. articolo 38 e che tale prescritto carattere tassativo degli emolumenti computabili non contrasta con la natura retributiva di trattamenti eccedenti lo stipendio e comunque non inquadrabili in alcuno degli assegni di cui all'articolo 38 cit La sentenza delle SSUU citata, dopo aver elencato gli ulteriori elementi da cui risulta confermato il carattere tassativo dell'elencazione contenuta nelle norme ha poi sottolineato che la prospettiva non muta se si considera l'esercizio di mansioni superiori alla qualifica che pur comporta per l'Amministrazione l'obbligo di un trattamento retributivo con finalità compensative e di riequilibrio. Nel regime del lavoro pubblico contrattualizzato, posto che il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o alle mansioni considerate equivalenti nell'ambito della classificazione professionale prevista dai contratti collettivi, ovvero a quelle corrispondenti alla qualifica superiore che abbia successivamente acquisito per effetto dello sviluppo professionale o di procedure concorsuali o selettive articolo 52 d.lgs. numero 165 del 2001, e prima ancora articolo 56 del d.lgs numero 29 del 1993, come sostituito dall'articolo 25 del d.lgs numero 80 del 1998 e modificato dall'articolo 15 del d.lgs numero 387 del 1998 , l'esercizio di fatto di mansioni non corrispondenti alla qualifica di appartenenza non ha effetto ai fini dell'inquadramento del lavoratore o dell'assegnazione di incarichi di direzione. È tuttavia possibile che per obiettive esigenze di servizio il prestatore di lavoro sia temporaneamente adibito a mansioni proprie di una qualifica superiore in particolare nel caso di vacanza di posto in organico qualora siano state avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti è questa l'ipotesi della reggenza che appunto è connotata da temporaneità. In tale evenienza per il periodo di effettiva prestazione, il lavoratore ha diritto ad un trattamento retributivo che sia compensativo dell'esercizio temporaneo delle mansioni corrispondenti alla qualifica superiore ex plurimis Cass., sez. lav., 25 ottobre 2003, numero 16078 , stante in particolare che il divieto di corresponsione della retribuzione corrispondente alle mansioni superiori, originariamente previsto dall'articolo 56, sesto comma, d.lgs. numero 29 del 1993 nella sua originaria formulazione, è stato soppresso dall'articolo 15 d.lgs. numero 387 del 1998 Per le agenzie fiscali, dopo la loro istituzione ex articolo 57 d.lgs. numero 300 del 1999 , la possibilità del ricorso alla reggenza è stata prevista in termini più ampi dalla normativa regolamentare interna con attribuzione ai funzionari reggenti, chiamati provvisoriamente a ricoprire l'incarico, dello stesso trattamento economico dei dirigenti articolo 24 del Regolamento di amministrazione adottato con deliberazione numero 4 del 30 novembre 2000 dal Comitato direttivo, in G.U. numero 36 del 13 febbraio 2001 si tratta di incarichi espletati in via temporanea da funzionari non dirigenti fino all'attuazione delle procedure di accesso alla dirigenza .Anche in tale fattispecie infatti l'intrinseca temporaneità dell'incarico dirigenziale come reggente, affidato al dipendente sprovvisto della qualifica di dirigente, comporta che l'incremento di trattamento economico rispetto a quello corrispondente alla qualifica di appartenenza sia concettualmente isolabile e non appartenga alla nozione di stipendio che è invece il trattamento economico tabellarmente riferibile alla qualifica di appartenenza. Ciò appunto perché - si ribadisce - il termine stipendio quale base di calcolo dell'indennità di buonuscita deve essere inteso come trattamento retributivo relativo alla qualifica di appartenenza, con esclusione di altri emolumenti, seppur erogati con continuità e a scadenza fissa, ove non rientranti nell'elencazione dell'articolo 38 del d.P.R. 1032 cit. che individua le altre indennità, indicate tassativamente, da computare anch'esse, al pari dello stipendio , in tale base di calcolo . Questo collegio intende, pertanto, dare continuità ai principi espressi nella citata sentenza delle SSUU ribadendo che nella base di calcolo dell'indennità di buonuscita del dipendente che da ultimo abbia svolto le superiori mansioni di dirigente in situazione di reggenza, non possono comprendersi emolumenti diversi da quelli previsti dal combinato disposto dei più volte citati articolo 3 e 38 d.P.R. numero 1032 del 1973 non potendo in particolare interpretarsi le locuzioni stipendio , paga o retribuzione , nel senso generico di retribuzione omnicomprensiva riferibile a tutto quanto ricevuto dal dipendente in modo fisso o continuativo e con vincolo di corrispettività con la prestazione, ma dovendo esse essere riferite al trattamento retributivo relativo alla qualifica di appartenenza. Nella memoria ex articolo 378 cpc il contro ricorrente avanza sospetti di illegittimità costituzionale della normativa in esame, qualora interpretata nel senso accolto dalla citata sentenza delle SSUU, con riferimento agli articolo 3, 36 e 97 Cost In particolare il M. rileva che la sua posizione è identica a quella degli altri dirigenti dell'ente non nominati in applicazione dell'articolo 26 del regolamento e, dall'altro lato, è profondamente diversa rispetto a quella degli altri funzionari che non hanno mai, o solo saltuariamente, rivestito le funzioni dirigenziali. Deduce, pertanto, che il principio di uguaglianza, alla luce del concetto di ragionevolezza dallo stesso mutuato e di quello che discende dall'articolo 36 Cost., impone all'interprete di trattare nel medesimo modo situazioni uguali, ma anche di trattare diversamente situazioni solo apparentemente uguali. L'eccezione è infondata. Quanto alla lesione del principio di uguaglianza, essa presuppone sperequazioni e/o disparità di trattamento in presenza di situazioni uguali, evenienza questa non ricorrente nella specie posto che la posizione di chi svolge un incarico dirigenziale per effetto della reggenza e quella di chi riveste una qualifica dirigenziale è, ai fini per cui è controversia, diversa per le ragioni sopra evidenziate. A sostegno di una diversa opzione ermeneutica, non possono addursi dubbi di legittimità costituzionale con riferimento all'articolo 36 Cost. posto che, secondo la giurisprudenza della Corte Costituzionale, il rispetto dell'articolo 36 Cost., in ipotesi di un trattamento globale costituito da più componenti, deve essere valutato non con riguardo a ciascuna di queste, bensì alla totalità dell'emolumento cfr, ex plurimis, Corte Cost., nnumero 366/2006 470/2002 368/1999 15/1995 e dovendo rilevarsi, al riguardo, che la buonuscita costituisce uno degli elementi dei trattamento globale spettante ai lavoratori pubblici privatizzati cfr., in particolare, Corte Cost. numero 366/2006 . Inoltre, il rapportare la liquidazione della pensione diretta integrativa e dell'indennità di buonuscita alla retribuzione da ultimo percepita in forza delle mansioni dirigenziali espletate in via di reggenza temporanea come nel caso dell'odierna ricorrente , anziché alla retribuzione dell'ultima qualifica rivestita, è una soluzione che si traduce in un sostanziale aggiramento del disposto del D.Lgs. numero 165 del 2001, articolo 52, di fatto realizzando lo stesso effetto che si sarebbe verificato se il dipendente avesse regolarmente conseguito il superiore inquadramento nelle forme previste dalla citata normativa. cfr Cass n 16506/2013 . Per di più, darebbe luogo a risultati iniqui e incoerenti con il sistema ad esempio, la mera attribuzione di mansioni superiori protrattasi per un certo tempo, ma poi non ulteriormente mantenuta nel corso del rapporto di impiego, resterebbe ininfluente ai fini del futuro calcolo della pensione diretta integrativa e dell'indennità di buonuscita analoga attribuzione di mansioni superiori risulterebbe, invece, rilevante ai predetti fini se effettuata prima del collocamento in quiescenza e conservata sino a tale momento, anche se - in ipotesi - protrattasi per un periodo più breve. Infine il richiamo all'articolo 97 Cost. appare irrilevante considerato che non è ravvisabile un pregiudizio al buon funzionamento della PA ma quest'ultima economizza risorse. Entrambi i ricorsi vanno quindi accolti con cassazione della sentenza impugnata. Ricorrendo i presupposti per la decisione nel merito, va rigettata la domanda proposta con il ricorso introduttivo dal M. “. Sussistono giusti motivi per compensare le spese dell’intero processo considerato che la decisione delle SSU è intervenuta solo di recente. P.Q.M. riunisce i ricorsi e li accoglie, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta la domanda di M.R. compensa le spese dell'intero processo.