Niente serre, neppure in zona agricola, se deturpano il paesaggio

Ciò in quanto le valutazioni di carattere paesaggistico, di competenza della soprintendenza sono indipendenti, e comunque prevalenti rispetto a quelle di carattere urbanistico.

Il Consiglio di Stato, con la decisione n. 5273 del 31 ottobre 2013, ha ribaltato il giudizio del Giudice di primo grado perché, a suo dire, la Soprintendenza non avrebbe tenuto conto che l’area in questione era tipizzata dallo strumento urbanistico quale area E verde agricolo produttivo, per la quale, secondo le NTA del comune erano inoltre ammesse attività industriali connesse all’agricoltura costruzioni al servizio dell’agricoltura e cioè fabbricati rurali, case coloniche, laboratori a carattere artigiano-agricolo, magazzini per la lavorazione dei prodotti agricoli commisurati alle normali esigenze dell’azienda agricola su cui dovranno sorgere. Parere negativo della Soprintendenza. Questa aveva espresso parere negativo ritenendo che le opere di progetto consistenti nella realizzazione di serre, locali tecnici, recinzione, per tipologia costruttiva, materiale, estensione, altererebbero il contesto paesaggistico, prevedendo l’inserimento di manufatti estranei all’ambito interessato, caratterizzato da zona agricola, vegetazione autoctona e manufatti rurali . In sostanza, la Soprintendenza, a fronte di un’area qualificata come zona agricola, e quindi nella quale la realizzazione di una serra è una delle destinazioni tipiche, e per un intervento già ritenuto conforme dalla Commissione locale per il paesaggio, secondo il Tar, si era limitata a ritenere le opere in contrasto senza esplicitare in maniera compiuta i motivi del suo parere negativo. Valutazioni di carattere paesaggistico prevalenti rispetto a quelle di carattere urbanistico. Ma di segno opposto è stato invece il parere del Consiglio di Stato, il quale ha affermato che è di tutta evidenza che l’autorità preposta alla valutazione paesaggistica avrebbe dovuto esprimere un giudizio sulla compatibilità paesaggistica dell’intervento, così come prospettato, nel sito paesaggisticamente tutelato, senza esservi condizionata dalla disciplina urbanistica lì vigente. La circostanza che a norma di quella concreta disciplina urbanistica potessero sul luogo realizzarsi delle serre non è di suo idonea ad eliminare la valutazione di compatibilità paesaggistica che è comunque intrinseca a quel vincolo ed è autonoma dalla pianificazione edilizia. Ed ha errato, quindi, in diritto il primo giudice quando ha fatto discendere da quel regime urbanistico, di fatto, l’abolizione del giudizio di compatibilità che presiede all’autorizzazione paesaggistica. Irrilevante, secondo il Giudice di appello, anche il fatto che la zona fosse in uno stato di degrado. È infatti recepito e costante in giurisprudenza, ha rilevato la Sezione, che la compromissione della bellezza naturale ad opera di preesistenti realizzazioni, anziché impedire, maggiormente richiede che nuove costruzioni non comportino ulteriore deturpazione dell’ambito protetto.

Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 22 - 31 ottobre 2013, n. 5273 Presidente Severini Estensore Pannone Fatto e diritto 1. La s.r.l. Licchelli ha impugnato il provvedimento della Soprintendenza per i beni architettonici paesaggistici per le province di Lecce, Brindisi e Taranto 31 gennaio 2012, prot. n. 1880 con cui è stato comunicato parere contrario sull’autorizzazione paesaggistica, richiesta dalla ricorrente ai sensi dell’art. 146 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 e dell’art. 5.01 del P.U.T.T./P, per la realizzazione di una serra, su un terreno sito in Gagliano del Capo LE e la nota dell’Unione dei Comuni Terra di Leuca con cui è stato comunicato il diniego dell’autorizzazione paesaggistica. 2. La Soprintendenza ha espresso parere negativo ritenendo che le opere di progetto consistenti nella realizzazione di serre, locali tecnici, recinzione, per tipologia costruttiva, materiale, estensione, altererebbero il contesto paesaggistico, prevedendo l’inserimento di manufatti estranei all’ambito interessato, caratterizzato da zona agricola, vegetazione autoctona e manufatti rurali . 3. Il giudice di primo grado ha accolto il ricorso perché %& lt %& lt la agricolo= area= capo= che= comune= conto= dallo= del= di= e= em= gagliano= ha= in= la= le= non= nta= per= quale= questione= secondo= soprintendenza= strumento= tenuto= tipizzata= urbanistico= verde= >ono inoltre ammesse attività industriali connesse all’agricoltura costruzioni al servizio dell’agricoltura e cioè fabbricati rurali, case coloniche, laboratori a carattere artigiano-agricolo, magazzini per la lavorazione dei prodotti agricoli commisurati alle normali esigenze dell’azienda agricola su cui dovranno sorgere . In sostanza, la Soprintendenza, a fronte di un’area qualificata come zona agricola, e quindi nella quale la realizzazione di una serra è una delle destinazioni tipiche, e per un intervento già ritenuto conforme dalla Commissione locale per il paesaggio, si è limitata a ritenere le opere in contrasto senza esplicitare in maniera compiuta i motivi del suo parere negativo 4. Ha proposto appello il Ministero per i beni e le attività culturali deducendo che la sentenza è erronea perché il primo giudice censura il diniego della Soprintendenza, ritenendo che la medesima non ha tenuto conto che l’intervento di realizzazione di una serra era compatibile con la zona a verde agricolo produttivo, ma non considera in alcun modo le caratteristiche precipue di tale ambito territoriale, sottoposto a vincolo paesaggistico, puntualmente indicate nel provvedimento impugnato . 5. Deve essere preliminarmente esaminata l’eccezione formulata dalla s.r.l. Licchelli di inammissibilità del ricorso in appello per violazione dell’art. 101 Cod. proc. amm. per omessa indicazione di specifiche censure contro la sentenza impugnata. A tal fine richiama precedenti Cons. Stato, III, 18 giugno 2012, n. 3543 IV, 6 marzo 2012, n. 3295 a conforto della propria tesi. 6. L’eccezione è infondata. Risulta evidente la ragione dell’impugnativa il giudice di primo grado non ha tenuto conto del vincolo esistente sulla zona nella quale la Società intendeva realizzare la serra e si è limitato a richiamare la normativa urbanistica. 7. Il Collegio considera, come già è avvenuto in sede cautelare, che le valutazioni di carattere paesaggistico sono indipendenti, e comunque prevalenti rispetto a quelle di carattere urbanistico. La sentenza è errata nel suo impianto complessivo essa fa derivare l’illegittimità del diniego dell’autorizzazione paesaggistica dalla mancata valutazione della normativa urbanistica. È di tutta evidenza che l’autorità preposta alla valutazione paesaggistica avrebbe dovuto esprimere un giudizio sulla compatibilità paesaggistica dell’intervento, così come prospettato, nel sito paesaggisticamente tutelato, senza esservi condizionata dalla disciplina urbanistica lì vigente. La circostanza che a norma di quella concreta disciplina urbanistica potessero sul luogo realizzarsi delle serre non è di suo idonea ad eliminare la valutazione di compatibilità paesaggistica che è comunque intrinseca a quel vincolo ed è autonoma dalla pianificazione edilizia. Erra dunque in diritto il primo giudice quando fa discendere da quel regime urbanistico, di fatto, l’abolizione del giudizio di compatibilità che presiede all’autorizzazione paesaggistica. La sentenza impugnata lascia intendere altresì che, in ragione del degrado della zona, l’autorizzazione non poteva essere negata. Ma nemmeno tale affermazione può essere condivisa. È infatti recepito e costante in giurisprudenza che la compromissione della bellezza naturale ad opera di preesistenti realizzazioni, anziché impedire, maggiormente richiede che nuove costruzioni non comportino ulteriore deturpazione dell’ambito protetto Cons. Stato, VI, 13 febbraio 1976, n. 87 11 giugno 1990, n. 600 28 agosto 1995, n. 820 20 ottobre 2000, n. 5651 29 novembre 2005, n. 6756 29 dicembre 2010, n. 9578 6 giugno 2011, n. 3341 21 luglio 2011, n. 4418 e 4429 20 dicembre 2011, n. 6729 II, 17 giugno 1998, n. 853 4 febbraio 1998, n. 3018/97 13 dicembre 2006, n. 10387/04 , 8. Il ricorso in appello va quindi accolto e, per l’effetto, va rigettato il ricorso di primo grado. 9. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Sesta definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, rigetta il ricorso di primo grado. Condanna la s.r.l. Licchelli, in persona del legale rappresentante pro tempore , al pagamento, in favore del Ministero per i beni e le attività culturali, in persona del Ministro pro tempore , della somma di 2.000,00 euro duemila/00 per le spese di giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.