La cessione del contratto di locazione determina il trasferimento dei diritti e dei doveri in esso contenuto, comprese le obbligazioni scaturenti dall'eventuale deposito cauzionale. Nel caso di vendita di immobile locato, il nuovo acquirente-locatore risponde - anche - dell'obbligo di restituzione in favore del conduttore del deposito cauzionale.ÂÂ
Nel contratto di locazione, il deposito cauzionale ha natura di pegno irregolare, ovvero, pegno che ha ad oggetto cose fungibili denaro . Il deposito cauzionale è accessorio rispetto alle obbligazioni che garantisce ed è caratterizzato dal diritto di sequela, sicché si trasferisce unitamente all'immobile. Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, nella sentenza numero 23164 dell’11 ottobre 2013.Il caso. Un soggetto acquistava la metà di un immobile da un soggetto privato e la restante metà mediante acquisto diretto dalla curatela fallimentare. L'immobile, nel periodo precedente alla cessione-acquisto, era stato ceduto in locazione ad una società che aveva versato una certa somma a titolo di deposito cauzionale, dunque, i compratori del cespite erano subentrati nel contratto di locazione in qualità di locatori. L'acquirente citava in giudizio il venditore affinché fosse condannato alla restituzione della cauzione. Il convenuto si difendeva assumendo che al momento dell'acquisto il compratore conosceva l'esistenza del deposito cauzionale e nulla aveva chiesto e/o eccepito, quindi, aveva rinunciato al diritto o, in ogni caso, la cauzione doveva considerarsi parte del prezzo in conto prezzo .Tribunale e Corte d'Appello accoglievano la domanda formulata da parte attrice e condannavano al pagamento delle spese parte convenuta che proponeva ricorso per cassazione.Il deposito cauzionale ha natura di pegno irregolare. La cauzione, chiarisce la S.C., svolge funzione di garanzia ed ha natura di pegno irregolare, ovvero, pegno che ha ad oggetto cose fungibili denaro . Il deposito cauzionale è accessorio rispetto alle obbligazioni che garantisce ed è caratterizzato dal diritto di sequela sicché si trasferisce unitamente all'immobile Cass. numero 745/1997 .L'acquirente dell'immobile subentra nei diritti e negli obblighi derivanti dal contratto di locazione. La gestione del deposito cauzionale è obbligazione contenuta e disciplinata dal contratto, dunque, segue le stessa migrazione operata dal contratto di locazione articolo 1602 c.c. . Per effetto diretto, osserva la cassazione, il bene consegnato dal conduttore al locatore a titolo di pegno deve essere trasferito al nuovo proprietario, anche perché, detto bene pur garantendo l'adempimento dell'obbligazione principale resta di proprietà del conduttore che, al termine del contratto, ha diritto ad ottenerne la restituzione. Sotto questo profilo appare utile segnalare che il mancato trasferimento del deposito determina la responsabilità patrimoniale del nuovo proprietario nei confronti del conduttore.E' possibile non consegnare la cauzione all'acquirente ma, osservano i giudici di legittimità, tanto può accadere in ragione di accordo espresso tra il venditore e l'acquirente inoltre, ove si tratti di una cauzione composta da danaro, sempre se tanto risulta da apposito atto scritto, è possibile che venditore e acquirente operino una compensazione scomputando la cauzione dal prezzo. Quale che sia l'accordo, chiarisce la S.C., resta fermo il diritto del conduttore ad ottenere la restituzione del c.d. pegno irregolare nel momento in cui il contratto di locazione cessa.Cauzione in conto prezzo. Nel caso di specie, tanto nel primo grado di giudizio quanto in appello, non è stata prodotta alcuna prova da cui si possa desumere che le parti si siano accordate affinché la cauzione s'intendesse computata nel prezzo di vendita, anzi, al contrario, la vendita del cespite veniva effettuata a corpo, completa di ogni diritto, accessione, pertinenza e servitù. Dette clausole, pur di stile, escludono che il prezzo abbia subito una riduzione in favore dell'acquirente motivata dal fatto che il venditore ha trattenuto il deposito cauzionale. Sul punto, ha chiarito la S.C., che la preventiva e pur acclarata conoscenza dell'esistenza del deposito cauzionale da parte dell'acquirente non può valere quale tacita rinuncia alla stessa e non consente neanche una compensazione automatica con il prezzo.La cauzione è obbligazione solidale. Laddove i locatori siano più di uno, ciascuno è tenuto alla restituzione per l'intero salvo diritto di rivalsa. Tuttavia, ove accada che al momento della stipula del contratto i locatori siano due e, successivamente, la proprietà del cespite venga acquisita da un solo soggetto, il venditore non può accampare alcun diritto di proprietà - anche parziale - della cauzione che è e resta pegno irregolare, ovvero danaro depositato a garanzia dell'obbligazione principale corretta restituzione del bene immobile.Per tutte queste ragioni, la S.C. ha confermato la sentenza della corte territoriale respingendo il ricorso di parte convenuta con condanna della soccombente al pagamento delle spese di lite.ÂÂ
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 17 luglio - 11 ottobre 2013, numero 23164Presidente Piccialli – Relatore ScalisiSvolgimento del processoI coniugi P. con atto di citazione del 18 marzo 2002 convenivano in giudizio davanti al Tribunale di Cuneo B.A. e C.C. esponendo di essere proprietari di un immobile sito in omissis avendone acquistato metà dal Fallimento e la restante metà dai convenuti quali eredi di C.G. , che tale immobile era stato locato alla società Spiraflex, la quale aveva a sua tempo versato nelle mani del C. un deposito cauzionale pari ad Euro. 5.624,44 e che tale somma mai era stata dai precedenti proprietari a loro rimessa. Chiedevano pertanto che i convenuti fossero condannati ad attribuire tale somma, ovvero, in subordine la metà della stessa oltre accessori.Si costituivano i convenuti eccependo che gli attori al momento dell'acquisto erano a conoscenza dell'esistenza del deposito cauzionale e che, a tutto concedere, essi non potevano esser tenuti a corrispondere più della metà di loro spettanza.Il Tribunale di Cuneo con sentenza numero 214 del 2004 condannava i convenuti tra loro in solido al pagamento della somma di Euro 5.624,44 oltre interessi legali dal 18 marzo 2002 al saldo, li condannava, inoltre, al pagamento delle spese di lite.Questa sentenza veniva confermata dalla corte di Appello di Torino con sentenza numero 382 del 2007. Secondo la Corte torinese, dal fatto che i coniugi P. al momento dell'acquisto conoscessero la situazione locativa dell'immobile acquistato non discendeva sic et simpliciter la prova dell'imputazione della cauzione in conto prezzo, considerato, per altro, che il prezzo veniva determinato a corpo e che con tipica clausola di stile l'immobile veniva venduto nello stato di fatto e di diritto in cui si trovava nel rispetto di tutti i pesi ed oneri. L'azione proposta dagli originali attori era da ritenersi strumentale all'adempimento da parte loro dell'obbligo di restituzione della cauzione, ex articolo 11 della legge 392/1978, gravante sul locatore al momento della consegna dei locali e ferma restando la verifica d'integrità dei beni locati.La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da B.A. e da C.C. per tre motivi, illustrati con memoria.I coniugi P. e G. hanno resistito con controricorso.Motivi della decisione1.- B.A. e C.C. lamentano a Con il primo motivo la violazione/o falsa applicazione degli articolo 1362 - 1367 e 2697 cc. Secondo i ricorrenti la Corte di merito non avrebbe correttamente applicato la normativa di cui agli articolo 1262 - 1367 e 2697 cc, dato che non avrebbe ritenuto fosse onere dei coniugi P. provare che nella determinazione del prezzo della vendita non si fosse tenuto conto della cauzione oggetto della controversia. In particolare la Corte torinese concordava con gli appellanti che i coniugi P. fossero a conoscenza della sussistenza del contratto di locazione, ma riteneva che non sussistesse la prova che la cauzione fosse imputata in conto prezzo. E, di più la Corte di merito concordava con gli appellanti che il contratto di compravendita stabiliva che i coniugi P. avevano acquistato l'immobile di cui si dice nello stato di fatto in cui si trovava e con ogni diritto accessione e pertinenza , ma riteneva che quella clausola fosse una clausola di stile.Epperò, le affermazioni della Corte di merito, prescindendo da una indagine in ordine alla volontà delle parti, sarebbero apodittiche e indimostrate.Ciò posto, concludono i ricorrenti, dica l'Ecc.ma Corte se nel caso in cui un contratto di compravendita immobiliare dia atto che l'acquisto sia effettuato nello stato di fatto in cui si trova, come visto ed accettato dalla parte acquirente, e con ogni diritto, accessione e pertinenza e servitù, si possa reputare tale clausola di stile senza alcuna indagine circa la volizione effettiva delle parti e senza che ciò sia mai stato dedotto in giudizio, ovvero, se da tale clausola possa invece derivare la presunzione che il prezzo della compravendita sia stato determinato, anche tenendo presente la situazione locativa dell'immobile, con conseguente gravare dell'onere della prova su chi intenda provare il contrario.b Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano l'insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia. Secondo i ricorrenti, la Corte di merito avrebbe errato nell'aver escluso che il deposito cauzionale di cui si dice non fosse stato considerato nella determinazione del prezzo, atteso che insufficiente sarebbe la motivazione secondo la quale • , va anzi detto che ancor più in radice la prova della conoscenza dello stato locativo dell'immobile compravenduto non sia ancora a rigore la prova della conoscenza da parte degli acquirenti di tutte indistintamente le clausole contrattuali, segnatamente di quelle concernente il deposito cauzionale di lire 3.800.000 Deposito al quale la perizia fallimentare non fa cenno alcuno , atteso che la Corte di merito non avrebbe considerato che le controparti erano già proprietarie di una quota dell'immobile e che il deposito cauzionale, soprattutto, quando si tratti di uso commerciale sia clausola del tutto usuale nella pratica. Né può ritenersi, specificano, altresì, i ricorrenti, tardiva la relativa eccezione in quanto sin dalla comparsa costitutiva di primo grado i convenuti avevano eccepito che gli attori al momento dell'acquisto della quota erano a conoscenza dell'esistenza del deposito cauzionale .1.1.- Entrambi i motivi vanno esaminati congiuntamente vista l'innegabile connessione che esiste tra gli stessi, tanto che la seconda censura sembra essere una specificazione della prima, ed entrambi sono infondati.Va qui precisato che il deposito cauzionale è considerato solitamente come un pegno irregolare in relazione alla sua funzione di garanzia ed alla fungibilità dei beni che ne formano oggetto il denaro . Da questa sua natura deriva non solo l'accessorietà con le obbligazioni che intende garantire ma anche il diritto di seguito il che significa che il trasferimento dell'immobile comporta automaticamente il trasferimento del deposito cauzionale. L'acquirente dell'immobile locato subentra nei diritti e nelle obbligazioni derivanti dal contratto di locazione articolo 1602 Codice Civile e, così, anche nell'obbligazione accessoria di restituire il deposito cauzionale versato dall'inquilino. Con l'ulteriore precisazione che il bene dato in pegno nel caso in esame una somma di denaro rimane ed è di proprietà del soggetto che ha concesso il pegno con il divieto per il creditore pignoratizio di disporre del bene. Normalmente, dunque, il venditore che vende un bene locato trasferisce, per così dire, non solo il rapporto locativo, ma anche il possesso del pegno, ovvero della cauzione. Normalmente, cioè, il. venditore non può trattenere per sé il pegno cioè la cauzione , se ciò non sia stato concordato esplicitamente e/o espressamente, con il compratore.1.1.a Piuttosto il venditore può trattenere per se la cauzione di cui si dice, o quella cauzione gli appartiene definitivamente, se dal contratto risulti che il mancato trasferimento della cauzione al compratore è dovuto o ad una compensazione tra il dare del compratore e l'avere dello stesso, trattandosi di rispettivi crediti di denaro e simultaneamente esigibili oppure al prezzo della vendita concordato in misura ridotta pari al valore della cauzione rispetto a quello che avrebbe dovuto essere, cioè, in altri termini, dal contratto risulti una compensazione, per così dire, virtuale .Ora, nel caso in esame, i dati considerati dalla Corte torinese escludono una qualunque ipotesi di compensazione reale, o per così dire virtuale. Come specifica la sentenza impugnata, il prezzo della vendita era stato concordato a corpo , la cui indicazione, pertanto, non consente di ritenere che il prezzo sia stato determinato in misura ridotta, pari al valore della cauzione di cui si dice.Né tale risultato appare raggiungibile avendo le parti concordato che l'immobile veniva venduto con ogni diritto accessione, pertinenza e servitù non solo perché, come bene chiarisce la Corte torinese, quella è una clausola di stile, ma, e, soprattutto, perché in nessuna di quelle espressioni è imputabile la considerazione che la cauzione locativa abbia comportato una diminuzione del prezzo della vendita, cioè, per così dire una compensazione virtuale o preventiva .1.1.a .- Pertanto, sono coerenti ai principi qui indicati, e, comunque, non sono errate, le affermazioni della Corte torinese secondo cui in assenza di altri elementi, dalla circostanza che il compratore conoscesse l'esistenza del rapporto locativo di cui si dice non avrebbe potuto desumersi la prova dell'imputazione della cauzione locativa in conto prezzo proprio perché come si è detto non essendo quell'imputazione un effetto immediato del contratto di compravendita e neppure della conoscenza del compratore che esisteva un contratto di locazione, l'eventuale imputazione in conto prezzo avrebbe dovuto essere prevista esplicitamente. Così, come appare del tutto convincente, perché coerente con i principi di cui si è detto la motivazione contenuta in sentenza secondo cui in tale situazione l'affermazione secondo cui l'ammontare della cauzione sarebbe stato per comune accordo inglobato nel prezzo di acquisto non può che risultare assolutamente apodittica, né potrebbe negarsi che l'onere di provare un siffatto accordo gravasse per regola generale ex articolo 2697 cc. sul C. cioè sul venditore che ne ha fatto oggetto di una specifica eccezione .2.- Con il terzo motivo i ricorrenti lamentano la violazione e/o falsa applicazione degli articolo 1292 e 1298 cc. Secondo i ricorrenti la Corte torinese avrebbe errato nell'aver considerato che l'obbligazione gravante sugli odierni ricorrenti fosse un'obbligazione solidale., considerato che nel caso di specie non vi è stato un unico contratto di compravendita tra più proprietari venditori ed acquirente, ma questi, già proprietario di una quota di proprietà ha acquistato quella residua e, pertanto, difetterebbe tanto l'eadem causa obligandi, quanto l'unitarietà della prestazione dovuta. Piuttosto, gli acquirenti in quanto già proprietari di una quota dell'immobile erano al momento dell'acquisto già tenuti alla restituzione del deposito cauzionale del conduttore per l'intero, cosicché questo in nulla ha mutato della loro posizione.Dica, pertanto la Corte di cassazione se nell'ipotesi di immobile locato la vendita della residua quota a soggetto già comproprietario di altra quota comporti una presunzione di solidarietà passiva non solo nei confronti del conduttore, ma anche degli originali proprietari-locatori.2.1.- Anche questo motivo è infondato.Come ha evidenziato correttamente la Corte torinese ab origine il rapporto locativo di cui si dice era unitario ed essendoci due comproprietari dell'immobile XXXXX e C. a, il conduttore avrebbe avuto già in partenza titolo per richiedere da qualunque dei locatori la restituzione dell'intero importo versato in cauzione al termine della locazione, sempre che l'immobile locato non fosse stato danneggiato. Con la conseguenza che nell'ipotesi in cui la cauzione fosse stata chiesta e restituita da un uno dei coobbligati, questi avrebbe potuto chiedere la corresponsione della cauzione se la stessa fosse rimasta nella sfera patrimoniale dell'altro coobbligato, considerato che la cauzione, comunque, come chiarisce la dottrina più accreditata, assolve una funzione di garanzia ed identifica un'ipotesi di pegno irregolare. Epperò, come ha chiarito la Corte torinese, quando il subentro nel rapporto locativo dei coniugi P. è stato integrale, essendo diventati locatori unici dell’immobile, gli stessi coniugi erano diventati unici legittimati ad ottenere il possesso della cauzione, perché unici titolari della garanzia, ovvero, del diritto di pegno irregolare o, in altri termini, del diritto a possedere la cauzione e, sotto altro aspetto, unici obbligati a restituire al conduttore, la cauzione al termine della locazione in presenza dei presupposti di legge. Pertanto, come correttamente ha chiarito la Corte torinese i coniugi P. non hanno fatto valere un rapporto interno tra plurimi locatori né il regresso per somme già corrisposte ma il loro diritto, in quanto titolari del rapporto locativo e dunque della garanzia ad esso accessoria, di possedere, e dunque di ottenere, il bene la cauzione oggetto del pegno irregolare, al fine di restituirlo al conduttore alla fine della locazione o di trattenerlo, se si fossero riscontrati dei danni all'immobile locato. Insomma, i coniugi P. avevano fatto valere correttamente un credito strumentale all'adempimento di un obbligo attinente il rapporto esterno della locazione la restituzione della cauzione al conduttore sempre che il bene locato non fosse stato danneggiato dal conduttore .In definitiva, il ricorso va rigettato e i ricorrenti, in ragione del principio della soccombenza condannati in solido al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione che verranno liquidate con il dispositivo.P.Q.M.La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione che liquida in Euro 2200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi.