Lavoratore incauto, ma il datore è responsabile se la condotta è riconducibile all’area di rischio

In materia di infortuni sul lavoro, la condotta incauta del lavoratore infortunato non assurge a causa sopravvenuta da sola sufficiente a produrre l’evento quando sia comunque riconducibile all’area di rischio propria della lavorazione svolta in tal senso il datore è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del lavoratore, e le sue conseguenze, presentino il carattere dell’eccezionalità.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione nella sentenza numero 41380, depositata il 7 ottobre 2013. Omissione di doverose cautele antinfortunistiche. Il responsabile di una Cooperativa dedita alla raccolta di rifiuti solidi urbani era stato condannato per lesioni colpose gravi amputazione parziale dell’apice del primo dito della mano destra in danno di un operaio. L’imputato, infatti, aveva consentito che il lavoratore lavorasse presso un automezzo per la raccolta sul quale i meccanismi del sollevamento dei bidoni non erano dotati di sistemi atti a evitare che durante il movimento la mano dell’operatore venisse a loro contatto. Contro tale decisione, l’imputato ha presentato ricorso per cassazione, lamentando che la Corte di merito non avrebbe tenuto conto che la condotta imprudente della vittima era stata la causa esclusiva dell’incidente, dal momento che l’operaio stesso aveva ammesso che era a conoscenza delle cautele necessarie al fine di evitare incidenti al momento del sollevamento dei bidoni. Per la Suprema Corte il ricorso è infondato e deve essere rigettato. Secondo gli Ermellini, non vi è dubbio, come rimarcato nelle sentenze di merito, che nel caso di specie il dispositivo per comandare il sollevamento del cassone era vicino agli organi in movimento e la sua collocazione non era idonea a impedire il contatto degli arti con gli organi in movimento. Nessuna esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo. Premesso ciò, il Collegio ha dichiarato che non coglie nel segno la censura difensiva la quale mira ad attribuire alla esclusiva condotta negligente del lavoratore la causa dell’incidente. Ciò, in quanto, nel caso in esame, la vittima ha patito l’infortunio mentre svolgeva la sua ordinaria attività di lavoro presso il sollevatore che gli ha procurato l’infortunio e che era privo di adeguati dispositivi di protezione. Pertanto, il S.C. ha affermato che la circostanza che la persona offesa, presa dalla routine del lavoro e da un eccesso di sicurezza, abbia avvicinato imprudentemente la mano agli organi in movimento, non costituisce comportamento abnorme idoneo a interrompere il nesso causale tra la condotta omissiva del datore e l’evento.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 26 giugno – 7 ottobre 2013, numero 41380 Presidente Sirena – Relatore Izzo Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 13/l/2012 la Corte di Appello di Firenze confermava la condanna di M.S. per il delitto di cui all'articolo 590 c.p. per lesioni colpose gravi in danno dell'operaio S.G. acc. in omissis . All'imputato era stato addebitato che, in qualità di responsabile della Cooperativa ATI dedita alla raccolta di rifiuti solidi urbani, aveva consentito che il S. lavorasse presso un automezzo per la raccolta sul quale i meccanismi del sollevamento dei bidoni non erano dotati di sistemi atti ad evitare che durante il movimento la mano dell'operatore venisse a loro contatto. Pertanto, mentre con la mano sinistra la vittima aveva azionato il sollevamento, con la destra aveva cercato di evitare la caduta di alcuni sacchetti, così venendo a contratto con gli organi in movimento che ne determinavano un'amputazione parziale dell'apice del primo dito della mano destra. Osservava la Corte che la responsabilità dell'imputato emergeva dalla omessione di doverose cautele antinfortunistiche ed in particolare dalla violazione dell'articolo 70, co. 2, del d.lgs. 81 del 2008. Irrilevante, dal punto di vista causale, era la lamentata condotta imprudente tenuta dalla stessa vittima. 2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'imputato, lamentando 2.1. l'erronea applicazione della legge ed il difetto di motivazione laddove la corte di merito non aveva tenuto conto che la condotta imprudente della vittima era stata la causa esclusiva dell'incidente. Lo stesso S. aveva ammesso che era a conoscenza delle cautele necessaria al fine di evitare incidenti al momento del sollevamento dei bidoni. 2.2. l'erronea applicazione della legge ed il difetto di motivazione laddove, a fronte di un ragionevole dubbio sulla durata della malattia, era stata riconosciuta la procedibilità d'ufficio del delitto. Considerato in diritto 3. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato. 3.1. Va premesse che l'articolo 70, co. 2, del D.Lgs. 81 del 2008, dispone che “le attrezzature di lavoro costruite in assenza di disposizioni legislative e regolamentari di cui al comma 1, e quelle messe a disposizione dei lavoratori antecedentemente all'emanazione di norme legislative e regolamentari di recepimento delle direttive comunitarie di prodotto, devono essere conformi ai requisiti generali di sicurezza di cui all'allegato V . Tale allegato prevede, a proposito dei dispositivi di comando dei macchinari, che tali dispositivi devono essere ubicati al di fuori delle zone pericolose, eccettuati, se necessario, taluni dispositivi di comando ad es. gli arresti di emergenza, le consolle di apprendimento dei robot, ecc. , e devono essere disposti in modo che la loro manovra non possa causare rischi supplementari, neanche a causa di una manovra accidentale. Non vi è dubbio, come rimarcato nelle sentenze di merito, che nel caso di specie il dispositivo per comandare il sollevamento del cassone era vicino agli organi in movimento e la sua collocazione non era idonea ad impedire il contatto degli arti con gli organi in movimento. 3.2. Ciò premesso, non coglie nel segno la censura difensiva la quale mira ad attribuire alla esclusiva condotta negligente del lavoratore la causa dell'incidente. Invero questa Corte ha più volte ribadito, in materia di infortuni sul lavoro, la condotta incauta del lavoratore infortunato non assurge a causa sopravvenuta da sola sufficiente a produrre l'evento quando sia comunque riconducibile all'area di rischio propria della lavorazione svolta in tal senso il datore di lavoro è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del lavoratore, e le sue conseguenze, presentino i caratteri dell'eccezionalità, dell'abnormità, dell'esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive di organizzazione ricevute ex plurimis, Cass.4, numero 21587/07, ric. Pelosi, rv. 236721 . Nel caso di specie, come correttamente segnalato nelle sentenze di merito, il S. ha patito l'infortunio mentre svolgeva la sua ordinaria attività di lavoro presso il sollevatore che gli ha procurato l'infortunio e che era priva di adeguati dispositivi di protezione. Pertanto la circostanza che la persona offesa, presa dalla routine del lavoro e da un eccesso di sicurezza, abbia avvicinato imprudentemente la mano agli organi in movimento, non costituisce comportamento abnorme idoneo ad interrompere il nesso causale tra la condotta omissiva del datore di lavoro e l'evento, condotta connotata da colpa, tenuto conto che le cautele omesse era proprio preordinate ad evitare il rischio specifico lesione alla mano che poi concretamente si è materializzato nell'infortunio in danno della S. . Il motivo di impugnazione è pertanto infondato. 3.3. Ad analoga sorte è destinata la seconda censura. Ha lamentato il ricorrente che in assenza di una prova certa della durata della malattia, in applicazione del principio in dubio pro reo , il delitto era improcedibile per difetto di querela. La malattia era infatti era guarita dopo pochi giorni, successivamente alla rimozione dei punti. Di contro, dall'istruttoria svolta, risulta che la vittima ebbe la mano fasciata per 50 giorni inoltre l'INAIL non ebbe a consentire al S. di rientrare al lavoro prima di due mesi e, quindi, oltre i 40 giorni necessari per configurare la sussistenza dell'aggravante che rende il delitto procedibile di ufficio. Sul punto le censure de ricorrente esprimono solo un dissenso generico rispetto ad una ricostruzione del fatto durata della incapacità che regge al sindacato di legittimità, non apprezzandosi nelle argomentazioni proposte quei profili di macroscopica illogicità, che soli, potrebbero qui avere rilievo. Va inoltre rammentata la consolidata giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale la lesione personale deve considerarsi grave se l'incapacità ad attendere alle ordinarie occupazioni perduri oltre il quarantesimo giorno, ivi compreso il periodo di convalescenza o quello di riposo dipendente dalla malattia Cass. Sez. 4, Sentenza numero 32687 del 08/07/2009 Ud. dep. 11/08/2009 , Rv. 245116 conf., Cass. Sez. 4, Sentenza numero 1408 del 05/05/1969 Ud. dep. 30/08/1969 , Rv. 112765 Cass. Sez. 4, Sentenza numero 8017 del 14/03/1979 Ud. dep. 06/10/1979 , Rv. 142990 . Al rigetto del ricorso segue, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.