«Ecco come le forze uscite vincitrici dalle urne stanno privatizzando la politica italiana, a danno delle istituzioni». DirittoeGiustizia propone ai suoi lettori l’articolo a firma di Fabrizio Di Marzio, Consigliere della Corte di Cassazione e autore della Casa Editrice Giuffrè, pubblicato su laRepubblica.it.
I negoziati per l'alleanza di governo M5s-Lega sono stati interpretati dagli stessi protagonisti secondo una figura del diritto privato il contratto. Non abbiamo assistito a generici negoziati per un’alleanza di governo e i contenuti di un programma, ma a vere e proprie trattative per un contratto che – come si legge nella bozza disponibile - dovrà essere sottoscritto dalle parti con firme autenticate da un notaio. Il fatto è nuovo, in quanto il contratto che cade in questione non è una figura della filosofia politica, una variante del contratto sociale , ma una scrittura privata tra due soggetti di diritto privato un partito e un movimento politico. La forma contratto è tuttavia utilizzata per un affare non economico ma politico, l’azione di governo. Lo strumento non è pensato per tutelare l’accordo in tribunale, ma per dare forma a un programma di governo del paese. Lo scopo, si legge nel contratto, è di incrementare il processo decisionale in Parlamento e la sua cooperazione con il Governo . Gli impegni, da eseguirsi in buona fede, riguardano tra l’altro il completamento del programma di governo, la cooperazione tra forze politiche, il coordinamento all'interno del governo, anche in sede europea, e la verifica dei risultati conseguiti . Le parti assicurano la convergenza delle posizioni assunte dai gruppi parlamentari . Su queste premesse, il presidente del consiglio e i ministri sono chiamati non a decidere l’azione di governo, ma a eseguire il contratto concluso dalle due associazioni private. Sul piano dei contenuti, la privatizzazione della politica contrattualizzazione è esaltata dalla previsione di un Comitato di conciliazione destinato a dirimere i conflitti sulla esecuzione del contratto. Il comitato è composto dal presidente del consiglio, dai presidenti dei gruppi parlamentari di M5s e Lega, dal ministro competente per materia e infine dai capi politici Salvini e Di Maio che quindi risolvono questioni di governo insieme a esponenti del parlamento e al capo del governo. Conseguente a questa impostazione è la previsione, in modifica dell’articolo 67 Cost., di un «vincolo di mandato popolare» per i parlamentari che a quel punto non rappresenterebbero più la Nazione, ma i propri elettori. La contrattualizzazione della politica consiste pertanto in una de-istituzionalizzazione. Il ruolo delle istituzioni - a partire dagli organi costituzionali – diventa subalterno a quello delle organizzazioni politiche, che raccolgono e amministrano il consenso popolare servendosi delle istituzioni. Non solo il governo, ma anche il parlamento, in quanto istituzione, può ostacolare l’obiettivo. Ecco perché l’accordo di governo è concluso dalle organizzazioni politiche. Persino il ruolo del presidente della Repubblica che nomina il premier risulta ridimensionato. Del resto, anche lui è una istituzione. Nell’alleanza M5s-Lega il contratto svolge la funzione pratica di stabilire impegni il cui inadempimento potrà essere rinfacciato alla controparte, se non in tribunale, nei talk show. In questo senso il contratto alimenta il discorso politico. Svolge però soprattutto la funzione simbolica di marginalizzare le istituzioni a vantaggio dell’espressione della volontà popolare. Anche così può portarsi avanti un progetto di democrazia diretta . Ma non bisogna trascurare che nel mondo degli affari a cui allude la nostra scrittura privata il contratto non rappresenta il raggiungimento di un accordo che prelude ad una stagione di pace, ma la tregua provvisoria di un aspro confronto destinato a riaccendersi. Formalizzare accordi, autenticare sottoscrizioni, sacralizzare impegni, significa praticare onestamente e alla luce del sole la diffidenza e il sospetto verso la controparte. Fonte repubblica.it