La Cassazione blinda la clausola a tutela della minoranza

La clausola statutaria che protegga la minoranza richiedendo una maggioranza rafforzata per le delibere riguardanti determinate materie, non può essere modificata con una maggioranza più limitata.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza numero 4967/16, depositata il 14 marzo. La vicenda. La sentenza in oggetto origina dalla pronuncia con cui la Corte d’appello di Roma rigettava la domanda proposta da alcuni soci di una s.r.l. per ottenere l’annullamento di una delibera assembleare con la quale era stata modificata una delle clausole statutarie. In particolare, la previsione interessata richiedeva una maggioranza pari al 60% per le assemblee relative a determinate materie, sia in prima che in seconda convocazione, ed il giudice dell’appello aveva ritenuto legittima la modifica della medesima clausola con il voto favorevole dei soci rappresentanti più di un terzo del capitale sociale, come previsto dall’articolo 2369 c.c. nel testo anteriore alla riforma di cui al d.lgs. numero 6/2003 . La decisione si fondava sull’assunto per cui la maggioranza specificamente richiesta dalla clausola statutaria riguardava solo le delibere relative a determinate materie e non quelle aventi ad oggetto la modifica di tale previsione, non sussistendo dunque il lamentato abuso della maggioranza. La tutela della minoranza. La Corte di legittimità esamina congiuntamente gli otto motivi del ricorso con cui i soci di minoranza lamentano la violazione degli articolo 1362 e 1364 c.c. per aver il giudice di merito trascurato il significato letterale che la clausola statutaria assumeva nella strutturazione complessiva dei rapporti di forza tra maggioranza e minoranza. L’interpretazione accolta dalla Corte d’appello finiva infatti per vanificare la portata sostanziale della clausola statutaria, consentendo di ottenere attraverso una doppia delibera assembleare il risultato che la clausola stessa intendeva scongiurare. L’interpretazione soggettiva. Il Collegio rileva la fondatezza dell’assunto proposto dai ricorrenti e sottolinea come il sistema normativo delineato dagli articolo 1362 ss. c.c. impone di mitigare l’interpretazione letterale delle clausole statutarie con i criteri dell’interpretazione funzionale articolo 1369 c.c. e della buona fede articolo 1366 c.c. , quali criteri cardine per indagare lo scopo pratico perseguito dalle parti. L’argomentazione fornita dalla sentenza impugnata si rivela dunque contraddittoria nel consentire alla maggioranza non qualificata di modificare liberamente la clausola statutaria che garantisce, attraverso un quorum rafforzato per le decisioni relative ad alcune materie, un potere di interdizione ad una minoranza determinata. I rapporti di forza tra maggioranza e minoranza. La ricostruzione della funzione della clausola in oggetto si desume dalla struttura della stessa che rende inequivoco l’obiettivo di fissare i rapporti di forza esistenti al momento della costituzione della società e di assicurarne la persistenza attraverso una maggioranza che implicitamente imponeva il raggiungimento di una soluzione condivisa dai diversi gruppi della compagine sociale. In conclusione e non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la Corte cassa la sentenza impugnata e decide nel merito la controversia annullando la delibera impugnata. Fonte www.ilsocietario.it

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 3 novembre 2015 – 14 marzo 2016, numero 4967 Presidente Rordorf – Relatore De Marzo Svolgimento del processo 1. Con sentenza depositata il 5 aprile 2012 la Corte d’appello di Roma, accogliendo l’appello principale proposto dalla S. Costruttori s.p.a., ha rigettato La domanda di annullamento della delibera dell’assemblea dell’indicata società del 5 settembre 2001, proposta da S.F.S. , in proprio e quale legale rappresentante della SA.PAR. s.r.l., nonché da S.A. , S.F. , S.C. e S.S.P. . 2. La Corte territoriale ha rilevato che l’articolo 17 dello statuto sociale, nel richiedere la maggioranza del 60% per le assemblee, sia in prima che in seconda convocazione, per gli argomenti concernenti talune materie, riguardava soltanto le delibere aventi per oggetto tali materie e non comprendeva anche quelle aventi ad oggetto la modifica di tale previsione. In conseguenza, essa ha ritenuto che legittimamente l’assemblea del 5 settembre 2001 aveva proceduto a mutare tale clausola, ai sensi dell’articolo 2369 cod. civ., nel testo previgente alle modifiche apportate dal d.lgs. numero 6 del 2003, ossia con il voto favorevole di soci titolari di azioni rappresentanti più di un terzo del capitale sociale, pur tenendo conto delle azioni proprie, ai sensi dell’articolo 2357-ter, secondo comma cod. civ., anch’esso nel testo previgente, ai fini del calcolo del quorum costitutivo e deliberativo. La Corte d’appello ha ritenuto insussistente il lamentato abuso della maggioranza in quanto a quest’ultimo non sarebbe configurabile con riferimento ad una delibera che, in sé legittima, costituisce mero atto preparatorio della decisione asseritamente abusiva b pur volendo considerare il risultato finale di procedere, con la diversa maggioranza risultante dalla modifica dello statuto, all’annullamento delle azioni proprie, con conseguente riduzione del capitale sociale e ricostituzione dello stesso a titolo gratuito, ossia, in altre parole, l’obiettivo di rimuovere una situazione che ostacolava le finalità deliberative, comunque l’articolo 17 dello statuto aveva sottratto alla maggioranza qualificata le delibere aventi ad oggetto le modifiche dello statuto, in tal modo attribuendo solo temporaneamente e in modo precario ai soci di minoranza un peso determinante nell’adozione delle decisioni riguardanti le suddette materie c non era stata dimostrata l’intenzionalità specificamente dannosa perseguita dal socio di maggioranza di sottrarsi al controllo della minoranza sulle irregolarità contestate nell’amministrazione della società, alla luce della meritevolezza dell’interesse perseguito di superare gli ostacoli all’efficienza assembleare derivanti dai dissidi tra i soci e, in ogni caso, dell’assenza di un vantaggio ingiustificatamente conseguito con l’operazione descritta. 3. Avverso tale sentenza, S.F.S. , in proprio e quale legale rappresentante della SA.PAR. s.r.l., S.A. , S.F. , S.C. e S.S.P. propongono ricorso per cassazione affidato a sedici motivi. Resiste con controricorso la S. Costruttori s.p.a Nell’interesse di tutte le parti sono state depositate memorie ai sensi dell’articolo 378 cod. proc. civ Motivi della decisione 1. Per ragioni di economia espositiva e tenuto conto della loro stretta connessione logica, verranno esaminati congiuntamente i primi otto motivi di ricorso. 2. Con il primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione degli articolo 1362 e 1364 cod. civ., per avere la sentenza impugnata travisato il significato letterale dell’articolo 17 dello statuto societario del quale si discute, ritenendo che una diversa esegesi avrebbe finito per attribuire alla previsione negoziale un significato estraneo agli oggetti sui quali le parti si erano proposte di contrattare. 3. Con il secondo motivo, si lamenta violazione e falsa applicazione degli articolo 1362 e 1363 cod. civ., per avere la Corte territoriale trascurato di attribuire rilievo al significato letterale della clausola, anche alla luce del complessivo tenore del regolamento negoziale. 4. Con il terzo motivo si lamenta contraddittorietà della motivazione, per avere la sentenza impugnata, nel ricercare la comune intenzione delle parti, esattamente rilevato che la clausola statutaria aveva la funzione di garantire l’equilibrio tra le parti, evitando che in assemblea un gruppo prevalesse sull’altro, salvo poi erroneamente affermare che, nel corso del tempo, entrambi i gruppi avevano accresciuto la propria partecipazione in misura superiore a detta maggioranza. 5. Con il quarto motivo si lamentano violazione e falsa applicazione dell’articolo 1362 cod. civ., oltre che vizi motivazionali, valorizzando le medesime considerazioni di cui al motivo che precede e sottolineando la sostanziale circolarità dell’apparato argomentativo della sentenza impugnata, che ha desunto da un ipotetico significato attribuito alla previsione statutaria l’intenzione storica dei contraenti, per poi utilizzare quest’ultima come riscontro logico confermativo del ritenuto significato letterale della clausola. 6. Con il quinto motivo si lamenta violazione e falsa applicazione degli articolo 1366 e 1367 cod. civ., per avere la Corte territoriale recepito una interpretazione della clausola statutaria destinata a vanificarne sostanzialmente la portata, dal momento che consentiva, attraverso due passaggi deliberativi, di ottenere lo stesso risultato precluso ad una sola delibera. 7. Con il sesto motivo si lamenta insufficiente motivazione, per avere la Corte d’appello trascurato di considerare gli effetti paradossali provocati dalla conclusione di ritenere non protetta la disposizione destinata a proteggere, con la previsione di una maggioranza rafforzata, determinati equilibri societari. 8. In relazione alle stesse considerazioni, con il settimo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione dell’articolo 1366 cod. civ. e con l’ottavo motivo si lamenta insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia. 9. Le censure svolte negli otto motivi riassunti sono, nel loro complesso, fondate. Al riguardo, occorre premettere che il sindacato di legittimità sull’interpretazione fornita dal giudice di merito, quanto al contenuto delle previsioni contrattuali, ha ad oggetto non già la ricostruzione della volontà delle parti bensì solamente la individuazione dei criteri ermeneutici scelti e del processo logico seguito dal giudice di merito, al fine di verificare se sia incorso in vizi del ragionamento o in errore di diritto v., ad es. Cass. 29 luglio 2004, numero 14495 . Nel sistema normativo delineato dagli articolo 1362 e ss. cod. civ., si osserva che la verifica condotta alla stregua della formulazione letterale deve comunque essere accompagnata dalla applicazione dei criteri dell’interpretazione funzionale, ai sensi dell’articolo 1369 cod. civ., e dell’interpretazione secondo buona fede, ai sensi dell’articolo 1366 cod. civ., che si caratterizzano quali primari criteri d’interpretazione soggettiva, e non già oggettiva, del contratto, avendo riguardo allo scopo pratico perseguito dalle parti con la stipulazione del contratto e quindi alla relativa causa concreta v., di recente, Cass. 22 ottobre 2014, numero 22343, la quale ribadisce che il primo di tali criteri consente di accertare il significato dell’accordo in coerenza appunto con la relativa ragione pratica o causa concreta, laddove il secondo si specifica in particolare nel significato di lealtà, al fine di non suscitare falsi affidamenti e non speculare su di essi come pure nel non contestare ragionevoli affidamenti comunque ingenerati nella controparte . In tale prospettiva, va osservato che, proprio muovendo dai dati fattuali assunti dalla sentenza impugnata e dalla ricostruzione della causa negoziale, quale accertata dalla Corte territoriale, emerge che la soluzione interpretativa raggiunta non risponde ai sopra ricordati criteri ermeneutici. Ed, infatti, proprio alla stregua del fondamentale criterio di buona fede, illuminato dal rilievo della intenzione comune delle parti, appare intrinsecamente contraddittorio, in presenza di una clausola statutaria finalizzata a garantire, con riferimento a determinate materie, un potere di interdizione ad una minoranza determinata, contemporaneamente consentire alla maggioranza non qualificata di modificare liberamente la previsione che tale potere attribuisce. In altre parole, salva una non equivoca diversa volontà negoziale, nella specie insussistente, una clausola che protegga la minoranza richiedendo una maggioranza rafforzata per le delibere aventi ad oggetto gli argomenti concernenti determinate materie non può essere modificata da una maggioranza più limitata. E che tale fosse la funzione dell’articolo 17 dello statuto della S. Costruttori s.p.a. si desume proprio dalla ricostruzione causale operata dalla sentenza impugnata che ha colto nella clausola della quale si discute l’obiettivo di fissare i rapporti di forza esistenti al momento e di assicurare la persistenza degli stessi attraverso la previsione di una maggioranza che imponeva l’accordo tra i diversi gruppi. Ne discende, alla luce di tali principi di diritto e non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, che la presente controversia può essere decisa nel merito, ai sensi dell’articolo 384, comma secondo, cod. civ., nel senso dell’annullamento della delibera assembleare del 5 settembre 2001,con la sola esclusione della parte in cui ha modificato l’articolo 17 dello statuto della S. Costruttori s.p.a. con riferimento alla maggioranza necessaria per l’approvazione da parte dell’assemblea ordinaria di seconda convocazione del bilancio di esercizio e per la nomina e revoca dalle cariche sociali. Con riguardo a tali profili, infatti, si tratta dell’adeguamento a previsioni imperative di legge v., ad es., Cass. 16 marzo 1990, numero 2198 dello statuto, invalido in quanto prevedeva un quorum costitutivo, per la assemblee ordinarie di seconda convocazione maggiore di quello previsto dall’ad. 2369, terzo comma, cod. civ., con riferimento agli argomenti di cui ai punti 1 e 2 dello stesso comma primo dell’ad. 17 dello statuto e, infatti, a conferma di tale interpretazione, si veda il testo attuale dell’articolo 2369, quarto comma, cod. civ. . 10. Le considerazioni che precedono conducono a ritenere assorbiti i restanti motivi, con i quali, rispettivamente, si denuncia a l’omesso esame di un motivo di appello concernente l’inconferenza del richiamo ai diritti indisponibili come limite al principio maggioritario nono motivo b sotto plurimi profili, l’erroneità delle conclusioni della Corte territoriale in ordine alle modalità di computo delle azioni proprie, ai fini del quorum deliberativo, in relazione agli articolo 2357-ter e 2369 cod. civ. decimo e undicesimo motivo c sotto vari profili, l’illegittimità della decisione, quanto al lamentato abuso di potere della maggioranza motivi dal dodicesimo al sedicesimo . 11. La novità delle questioni esaminate giustifica la compensazione tra le parti delle spese dell’intero processo. P.Q.M. Accoglie i primi otto motivi di ricorso e dichiara assorbiti i restanti motivi in relazione al disposto accoglimento, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, annulla la delibera assembleare impugnata, con la sola esclusione della parte in cui ha modificato l’articolo 17 dello statuto della S. Costruttori s.p.a. con riferimento alla maggioranza necessaria per l’approvazione da parte dell’assemblea ordinaria di seconda convocazione del bilancio di esercizio e per la nomina e revoca dalle cariche sociali. Compensa tra le parti le spese dell’intero processo.