Acclarato il richiamo fatto dall’uomo alla propria qualità di primo cittadino, seppur in carica ancora solo per pochi giorni. Però tale richiamo è secondario, anche considerando la minaccia rivolta al conoscente e relativa alla possibilità di rivelare alla suocera la sua relazione extraconiugale.
Piena campagna elettorale in un piccolo Comune campano. Battaglia all’ultimo voto per la vittoria finale, per conquistare la ‘poltrona’ di primo cittadino e la maggioranza in Consiglio. E se “in amore e in guerra ogni mezzo è lecito”, allora questa ‘filosofia’ vale anche per la politica Così si può meglio comprendere la telefonata fatta dal sindaco – quasi ex – per convincere un conoscente a sostenere la propria lista elettorale, abbandonando quella avversaria. Telefonata centrata, è bene sottolinearlo, soprattutto su una minaccia di rivelare alla suocera dell’uomo la relazione extraconiugale di quest’ultimo. Volendo riassumere, meglio cambiare schieramento, piuttosto che perdere la serenità familiare Nonostante tutto, però, il comportamento del sindaco – ‘in sella’ ancora per pochi giorni, peraltro – non è valutabile come concussione. Più corretto, invece, contestare il reato di violenza privata Cassazione, sentenza numero 25958, sez. VI Penale, depositata oggi . Telefonata. Vittoria clamorosa per l’oramai vecchio primo cittadino del Comune campano il Giudice dell’udienza preliminare, difatti, dichiara di «non doversi procedere» per l’ipotesi di «tentata concussione». Per il Gup, in sostanza, la condotta tenuta dall’ex sindaco, cioè la telefonata fatta a un conoscente «per costringerlo a non sostenere la lista avversaria», minacciandolo di un «male ingiusto» – cioè la comunicazione alla «suocera» dell’uomo della sua «relazione extraconiugale» – non è valutabile come «abuso della qualità di pubblico ufficiale». Minaccia. Ebbene, ora, nel contesto della Cassazione, la visione tracciata dal Gup viene solo parzialmente condivisa. Da un lato, i giudici del ‘Palazzaccio’ ritengono che, in effetti, l’episodio, così come ricostruito – grazie anche alla «denuncia» fatta dalla persona destinataria della telefonata –, non è inquadrabile come «tentata concussione». Rilevante, a questo proposito, il «male» minacciato dal primo cittadino nei confronti dell’uomo, e significativo il fatto che il «riferimento fatto alla carica di sindaco non rappresenta univoca espressione di abuso della qualità». Dall’altro lato, però, i giudici sostengono che la «minaccia, esplicitamente formulata al fine di modificare le scelte e l’azione politica della vittima» appare «idonea a configurare il reato di violenza privata». E in questa ottica è da valutare come irrilevante, aggiungono i giudici, la «successiva telefonata di scuse» arrivata dal sindaco appena un’ora dopo il colloquio finalizzato a spingere l’uomo a cambiare schieramento politico. E, infine, va tenuto presente che l’ipotesi di reato – su cui dovranno pronunciarsi i giudici del Tribunale – rimane plausibile nonostante la «refrattarietà del soggetto passivo a intimorirsi», testimoniata dalla «sua mancanza di soggezione» e dalla «sua decisione di denunciare immediatamente il fatto all’autorità giudiziaria».
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 4 – 19 giugno 2015, numero 25958 Presidente Conti – Relatore Mogini Premesso che con la decisione indicata in epigrafe il G.U.P. del Tribunale di Avellino ha disposto non doversi procedere nei confronti di A.G. in ordine al reato di tentata concussione perché il fatto non sussiste che l'imputazione veniva contestata al G. con riferimento agli articolo 56 e 317 c.p. perché questi, nel corso della campagna elettorale per il rinnovo dei Consiglio Comunale di Solofra, abusando della sua qualità di Sindaco ancora in carica, telefonava a B.S. e, per costringerlo a non sostenere una lista avversaria, lo minacciava di un male ingiusto dicendogli Sono T. G., ancora per cinque giorni Sindaco di Solofra, volevo parlarti del tuo orientamento politico su N.D.S. per il quale il B. stava facendo campagna elettorale , devi assolutamente modificarlo per il tuo bene presente e futuro , nel prosieguo della medesima telefonata, e per la stessa finalità, minacciava ancora il B. dicendogli più volte che in caso negativo egli avrebbe riferito alla di lui suocera di una relazione extraconiugale da questi intrattenuta, con tale condotta ponendo in essere atti idonei diretti in modo non equivoco a costringere il B. a promettere indebitamente un'utilità per sé o per altri, consistente nel non sostenere la campagna elettorale della principale lista avversaria di quella da lui appoggiata, evento non verificatosi per la reazione del B., che denunciava il fatto alla polizia giudiziaria Rilevato che il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Avellino ha presentato ricorso per cassazione deducendo 1 travisamento della prova e illogicità della motivazione per avere la sentenza impugnata preso in considerazione unicamente la minaccia di rivelare alla suocera del B. una presunta relazione extraconiugale, così ritenendo che il G. abbia agito unicamente quale privato e senza nessun riferimento alla sua qualità di Sindaco, alla quale pure l'imputato aveva fatto espresso e preciso riferimento nella prospettazione, seppur implicita, di un male futuro a quella funzione collegato 2 Violazione di legge e contraddittorietà della motivazione per avere il giudice di merito ritenuto che per integrare la concussione per abuso di qualità sia necessario che la minaccia del pubblico ufficiale si concreti con l'adozione di un atto o di un comportamento del proprio ufficio, allorché il reato può in tal caso essere integrato anche da condotta che prescinda dalle competenze proprie del soggetto attivo, purché l'abuso si manifesti attraverso la strumentalizzazione della posizione di preminenza ricoperta dal pubblico ufficiale rispetto al privato 3 violazione della legge penale poiché la sentenza impugnata esclude la configurabilità, in alternativa alla tentata concussione, del reato di tentata violenza privata aggravata ai sensi dell'articolo 61 numero 9 c.p., erroneamente argomentando che la telefonata di scuse intercorsa dopo un'ora dalla prima impedisse di rinvenire nella duplice minaccia contestata la volontà di costringere il B. a far venir meno il suo sostegno elettorale per la lista avversaria, dovendosi invece considerare quella condotta, con giudizio di prognosi postuma, del tutto idonea a cagionare la costrizione descritta nell'imputazione e univocamente a ciò finalizzata, ovvero della fattispecie di reato di cui all'articolo 88 D.P.R. 570/1960, almeno nella forma del reato elettorale dei privato cittadino RITENUTO che, ai fini della configurabilità del delitto di concussione, la nozione di abuso della qualità postula una condotta che, indipendentemente dalle competenze proprie del soggetto attivo, si manifesti quale strumentalizzazione della posizione di preminenza dallo stesso ricoperta nei confronti del privato, e che tale forma di strumentalizzazione debba d'altro canto comunque attenere ad un possibile e pure prospettato esercizio abusivo da parte dell'agente dei suoi poteri di pubblico ufficiale Sez. 6, 12.2.2014, Ramello che nel caso di specie il fatto contestato non è frazionabile e individua un'unica condotta minacciosa consistente nella prospettazione della rivelazione alla suocera della persona offesa di una presunta relazione extraconiugale da questi intrattenuta che, in assenza della prospettazione di un male futuro diverso da quello sopra descritto, all'evidenza esorbitante dalla carica pubblica ancora per pochi giorni ricoperta dall'imputato, il riferimento fatto alla carica di sindaco non rappresenta univoca espressione di abuso della qualità, sicché non sono nel caso di specie configurabili né il delitto di tentata concussione, né l'aggravante di cui all'articolo 61, numero 9 c.p. che peraltro, come indicato nel terzo motivo di ricorso, la sopra descritta minaccia, esplicitamente formulata al fine di modificare le scelte e l'azione politica della vittima, appare astrattamente idonea a configurare il reato di cui agli articolo 56 e 610 c.p. che l'idoneità ed univocità degli atti rilevante ai fini della configurabilità del tentativo va intesa nel senso della loro potenziale adeguatezza a causare l'intimidazione funzionale al conseguimento dell'utilità perseguita e va accertata secondo il criterio della cosiddetta prognosi postuma , ossia un giudizio svolto in concreto ed ex ante, riportandosi cioè al momento in cui l'imputato ha posto in essere la sua condotta, e valutando se, sulla base delle circostanze concrete al momento esistenti, essa appariva idonea a cagionare l'evento o, comunque, la sua adeguatezza allo scopo criminoso ex multis, Sez. 1, numero 32851 del 10.6.2013, rv. 256991 che la successiva telefonata di scuse, concretandosi in un post factum, non può quindi incidere sul giudizio di idoneità e univocità della condotta, mentre la refrattarietà del soggetto passivo a intimorirsi, la sua mancanza di soggezione e perfino la sua decisione di denunciare immediatamente il fatto all'autorità giudiziaria non escludono la sussistenza dei reato, essendo sufficiente che la condotta abbia determinato una situazione idonea in astratto a ingenerare quel timore che alla luce di quanto fin qui esposto si rende necessario, in conclusione, l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio degli atti al Tribunale di Avellino perché, in coerente applicazione dei sopra enunciati principi di diritto, proceda a nuovo esame sui punti e profili critici segnalati colmando - nella piena autonomia dei relativi apprezzamenti di merito - le indicate lacune e discrasie della motivazione. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Avellino.