Questione chiusa dalla prescrizione, ma è comunque rilevante la sottolineatura, fatta dai giudici, che la presenza nell’azienda, che fornisce le cibarie, di un responsabile della qualità non può essere considerato elemento secondario
Alimenti assolutamente improponibili – a maggior ragione se destinati a bambini ricoverati in ospedale – perché conservati in condizioni igieniche precarie, volendo usare un eufemismo. A essere chiamato in causa è il legale rappresentante della ditta a cui è stato affidata la fornitura di cibarie per il servizio di ristorazione, ma per ‘pesare’ le responsabilità vanno valutate anche le competenze delle persone a cui sono stati affidati precisi compiti di controllo Cassazione, sentenza numero 19684, Terza sezione Penale, depositata oggi . Morsi sospetti. A richiamare l’attenzione è lo spettacolo nauseabondo presentatosi agli occhi dei bambini ricoverati nel reparto di Pediatria di un ospedale «sostanze alimentari insudiciate» e, soprattutto, «confezioni di pane che presentavano, nell’involucro, morsi di topo». Scontate le lamentele dei genitori. E consequenziale è l’accusa nei confronti del legale rappresentante della ditta che ha in appalto la fornitura di cibarie per il «servizio ristorazione dell’azienda ospedaliera». Nessun dubbio, in sostanza, per i giudici, per addebitare all’uomo la responsabilità della violazione della normativa in materia di igiene «della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande». Ruoli. Ma tale prospettiva è messa in discussione dai giudici della Cassazione, i quali, pur constatando la prescrizione del reato, ritengono legittime le contestazioni mosse dall’uomo. Quest’ultimo, in particolare, evidenzia che «all’interno della società operava un responsabile della cucina e un responsabile della qualità, ai quali era demandato il compito di verificare l’idoneità dei cibi che uscivano dalla cucina per essere distribuiti nei reparti», e tale elemento, ammettono i giudici della Cassazione, è stato erroneamente trascurato. Piuttosto, sarebbe stato necessario, alla luce della presenza di «un responsabile della qualità e dell’autocontrollo aziendale», verificare «l’esistenza di una ripartizione di compiti o la delega di funzioni nell’ambito della compagine sociale», per verificare l’ipotesi di un «eventuale esonero del legale rappresentante» dalla «responsabilità» originariamente addebitatagli.
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 2 aprile – 8 maggio 2013, numero 19684 Presidente Squassoni – Relatore Lombardi Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza impugnata il Tribunale di Catania ha affermato la colpevolezza di B.G. in ordine al reato di cui all’articolo 5 lett. d della L. numero 283/1962, a lui ascritto perché, quale legale rappresentante della “Siciliana Alimentari S.r.l.”, in concorso con altro, distribuiva per il consumo presso il servizio ristorazione dell’azienda ospedaliera reparto pediatria P.O.V. Emanuele sostanze alimentari insudiciate, ed in particolare confezioni di pane che presentavano nell’involucro morsi di topo. 2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso l’imputato, tramite il difensore, che la denuncia per mancanza e manifesta illogicità della motivazione. Con l’unico mezzo di annullamento la difesa del ricorrente denuncia carenza di motivazione della sentenza con riferimento alle risultanze probatorie dalle quali era emerso che all’interno della società operava un responsabile della cucina, nella persona di tale M., ed un responsabile della qualità, nella persona di tale S., ai quali era demandato il compito di verificare l’idoneità dei cibi che uscivano dalla cucina per essere distribuiti nei reparti. La valutazione della ripartizione dei ruoli e delle responsabilità all’interno della società, ignorata dalla sentenza, avrebbe indotto ad escludere ogni responsabilità dell’imputato in ordine al fatto accertato. Peraltro, il pane veniva fornito alla cucina del nosocomio tre volte al giorno direttamente da un panificio esterno. La sentenza è totalmente carente di motivazione su tali punti evidenziati dalla difesa dell’imputato. S1 deduce, infine, la prescrizione del reato. Considerato in diritto 1. La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio per essere il reato estinto per prescrizione. Dalla data di commissione del fatto 02/10/2005 è interamente decorso in data 02/04/2010 il termine di prescrizione di cui agli articolo 157 e 160 c.p. nella formulazione previgente all’entrata in vigore della L. numero 251/2005, più favorevole per l’imputato. 2. Per completezza di esame si osserva che non sussistono cause di inammissibilità del ricorso con riferimento alla manifesta infondatezza dei motivi di gravame. Nella stessa imputazione, infatti, risulta indicata la presenza di un responsabile della qualità e dell’autocontrollo aziendale nella persona di tale S., sicché il giudice di merito avrebbe dovuto verificare l’esistenza di una ripartizione di compiti o la delega di funzioni nell’ambito della compagine sociale con eventuale esonero da responsabilità del legale rappresentante, punto totalmente ignorato dalla motivazione della sentenza. Un ulteriore accertamento sul punto è, però, precluso dalla intervenuta estinzione del reato. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione