Respinte le pretese di una donna, lamentatasi per l’operato dell’odontotecnico. Azzerata completamente la somma che le era stata riconosciuta in primo grado. Decisiva la valutazione dell’opera del professionista.
Brutto incidente per una donna, che riporta seri danni alla dentatura. Unica soluzione è l’applicazione di una protesi, che, però, si rivela difettosa. Troppo lenta, però, la reazione della donna L’opera dell’odontotecnico si è concretizzata nel 1984, e la citazione in giudizio nei confronti del professionista è arrivata solo ben dieci anni dopo, a maggio del 1994. Ciò rende assolutamente improponibile la richiesta di risarcimento avanzata dalla donna Cassazione, sentenza numero 4912/15, seconda sezione civile, depositata l’11 marzo . Difetti. Vittoria effimera, quella ottenuta dalla donna in Tribunale, dove viene condannato l’odontotecnico «a pagare la somma di 21milioni» di vecchie lire. Vittoria effimera perché la decisione emessa in primo grado viene completamente ribaltata in Corte d’Appello per i giudici di secondo grado, difatti, la «richiesta di risarcimento» presentata dalla donna non è più plausibile. Corretta l’applicazione dell’articolo 2226 c.c., secondo cui «L’accettazione espressa dell’opera libera il prestatore d’opera dalla responsabilità per difformità o vizi della medesima, se, all’atto dell’accettazione, questi erano noti al committente o facilmente riconoscibili, purché, in questo caso, non siano stati dolosamente occultati. Il committente deve, a pena di decadenza, denunziare le difformità e i vizi occulti al prestatore d’opera entro otto giorni dalla scoperta. L’azione si prescrive entro un anno dalla consegna». E su questo punto concordano anche i giudici della Cassazione, sancendo la sconfitta della donna, che dice addio definitivamente alla possibilità di un risarcimento. Per i giudici, difatti, bisogna tenere presente che la donna «ebbe a lamentare solo dei difetti della protesi dentaria», e, allo stesso tempo, si può ritenere che l’operato dell’odontotecnico è valutabile come «opera materiale ed autonoma», certo non frutto di «complessa prestazione di opera professionale intellettuale». E, infine, è necessario ricordare che «l’applicazione della protesi» – nel lontano 1984 – «è stata oggetto di denuncia dei prospettati vizi solo nel 1994». Assolutamente improponibile, quindi, la richiesta di risarcimento avanzata dalla donna.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 17 dicembre 2014 – 11 marzo 2015, numero 4912 Presidente Oddo – Relatore Oricchio Considerato in diritto N.L.M. D.P. in G. riteneva di aver patito dei danni a seguito all'applicazione di una protesi dentaria da parte di M.A Conveniva, quindi, il M. stesso in giudizio con citazione del 5 maggio 1994 innanzi al Tribunale di Isernia, chiedendo la condanna del convenuto al pagamento -a titolo di risarcimento del danno di una somma quantificata in £. 20milioni. Costituitosi in giudizio il convenuto eccepiva la decadenza dall'azione per mancata tempestiva denuncia dei lamentati vizi e, nel merito, stante la loro inesistenza, instava per il rigetto dell'avversa domanda attrice. Con sentenza del 20 marzo 2003 il Tribunale di Isernia Sezione Stralcio accoglieva la domanda e condannava il M. a pagare all'attrice la somma di £. 2lmilioni, oltre interessi. Avverso la suddetta decisione interponeva appello il M. chiedendo la riforma dell'impugnata sentenza. Resisteva al proposto gravame l'appellata chiedendo il rigetto dell'esperito gravame. L'adita Corte di Appello di Campobasso, con sentenza numero 107/2008, in totale riforma dell'impugnata sentenza rigettava la domanda proposta in primo grado e compensava integralmente fra le parti le spese del doppio grado del giudizio. Per la cassazione della succitata decisione della Corte territoriale ricorre la N. con atto fondato su due ordini di motivi assistiti dalla formulazione di quesiti. Resistono con controricorso S.B e M. A. ed E., tutte quali eredi dei defunto M.A Ritenuto in diritto 1. Con il primo motivo del ricorso si censura il vizio di violazione e falsa applicazione dell'articolo 360 numero 3 c.p.c. in relazione all'articolo 2226 c.c. . Il motivo é corredato dalla formulazione degli analoghi seguenti quesiti formulati ai sensi dell'articolo 366 bis c.p.c. dica il Collegio adito se, allorquando l'opera di un odontotecnico si concretizzi nella realizzazione e nella applicazione, alla paziente, di una protesi dentaria, si applichi o meno l'articolo 2226 c.c. dica il Collegio adito se, allorquando il rapporto negoziale avente ad oggetto la realizzazione di una protesi dentaria per sostituire la dentatura rovinatasi in seguito ad un incidente venga posto in essere direttamente tra la paziente ed un odontoiatra, si applichi o meno nella fattispecie l' articolo 2226 c.c. . I quesiti, ancorché duplici, sono in sostanza, analoghi e riconducibili ad unitarietà e, pertanto, possono ritenersi ammissibili. Ciò detto deve immediatamente evidenziarsi che, nella concreta fattispecie per cui si ricorre, la paziente ebbe a lamentare non l'inesistenza della fornitura della protesi e, quindi, l'inadempimento, prospettando solo dei difetti della medesima protesi. Peraltro l'applicazione della medesima protesi applicata, nel 1984, come provvisoria -secondo la prospettazione a suo tempo non contestata dell'odierna parte resistente, e stata oggetto di denuncia dei prospettati vizi solo nel 1994. Deve poi, con riguardo ai suddetti quesiti, osservarsi che, nella specifica ipotesi in giudizio, andava trovava applicazione l'articolo 2226 c.c. con la relativa prevista ipotesi di decadenza. Infatti , come già chiarito da questa Corte con nota pronuncia Cass. civ., Sez. III, Sent. 23 luglio 2002, numero 10741 , la detta norma, che regola i diritti del committente per il caso di difformità e vizi del'opera non è applicabile nell'ipotesi di contratto di prestazione di opera professionale intellettuale . La medesima esclusione di applicabilità non ricorre viceversa per il caso di applicazione di protesi dentaria allorchè la stessa assuma il carattere di opera materiale ed autonoma. Tale carattere, proprio come nella fattispecie in esame, ricorre quando l'autonomia ed il carattere materiale della applicazione della protesi, specie se provvisoria, non sia il risultato di un contratto di complessa prestazione di opera professionale intellettuale per il quale é esclusa la decadenza ex articolo 2226 c.c. , bensì l'oggetto della semplice prestazione, come nell'ipotesi per cui è causa, di un odontotecnico, al quale ebbe a rivolgersi la parte a suo tempo attrice. Pertanto il motivo del ricorso va rigettato. 2. Con il secondo motivo del ricorso si deduce il vizio di violazione e falsa applicazione dell'articolo 360, numero 5 per omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia . II motivo manca della dovuta specifica indicazione del fatto decisivo per il giudizio ed è, quindi, carente del prescritto momento sintesi. In proposito deve richiamarsi la nota giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale il motivo di ricorso con cui -ai sensi dell'articolo 360, numero 5 c.p.c. così come modificato dall'articolo 2 del d.[gs. 2 febbraio 2006, numero 40 si denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, deve specificamente indicare il fatto controverso o decisivo in relazione al quale la motivazione si assume carente, dovendosi intendere per fatto non una questione o un punto della sentenza, ma un fatto vero e proprio e, quindi, un fatto principale, ex articolo 2697 c.c., cioè un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo od anche un fatto secondario cioè un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale , purchè controverso e decisivo Cass. civ., sez. V, 5 febbraio 2011, numero 2805 . Il motivo in esame è, quindi, inammissibile. 3. Alla stregua di quanto innanzi affermato il ricorso deve essere rigettato. 4. Sussistono giusti ed equi motivi per compensare integralmente fra le parti le spese del giudizio. P.Q.M. La Corte a rigetta il ricorso b compensa le spese del giudizio.