La costituzione in mora del conduttore – necessaria articolo 1219 c.c. per gli obblighi risarcitori previsti dall'articolo 1591 c.c. – si determina, sia nel caso di risoluzione giudiziale del contratto articolo 1458, comma 1, c.c. , sia nel caso di risoluzione di diritto articolo 1456 e 1457 c.c. dalla proposizione della domanda e non dall'accoglimento, per il principio secondo il quale la durata del processo non può danneggiare l'attore.
Tale orientamento, già enunciato nelle sentenze numero 10115/97 e numero 116110/09, viene ribadito dalla Terza Sezione della Corte di Cassazione nella sentenza numero 7215 del 27 marzo 2014. Il caso. Ottenuta la sentenza di risoluzione per inadempimento del contratto ad uso commerciale, i proprietari dell'immobile avevano agito con separato giudizio nei confronti sia degli originari conduttori che della società che nelle more aveva occupato sine titulo i locali per il risarcimento del danno, quantificando lo stesso nella differenza delle somme che avrebbero potuto percepire dal momento in cui avevano proposto la domanda di risoluzione sino al momento dell'effettivo rilascio e la somme effettivamente percepite come canone. Mentre il Tribunale aveva rigettato la domanda, la Corte di Appello aveva accolto la richiesta risarcitoria ricordando l'effetto retroattivo della risoluzione per inadempimento, come stabilito dall'articolo 1458 c.c. e ritenendo che la costituzione in mora dei conduttori sia avvenuta con la domanda giudiziale. Inoltre, i Giudici di secondo grado avevano liquidato a favore dei locatori il danno costituito dalla differenza fra il canone percepito e quello, di molto superiore, che gli stessi avrebbero potuto ricavare se avessero stipulato un nuovo contratto a far data dalla domanda di risoluzione. La vicenda giunge quindi all'attenzione della Terza Sezione Civile. La natura della sentenza di risoluzione non incide sulla costituzione in mora del conduttore. Lamentano i conduttori il fatto che la Corte d'Appello non abbia tenuto conto della natura costitutiva della sentenza di risoluzione. In realtà, dice la Corte di Cassazione, ai fini della costituzione in mora del conduttore non rileva la natura costitutiva ovvero dichiarativa della sentenza, giacché il principio orientatore da seguire è quello per cui la durata del processo non può danneggiare l'attore. Da ciò, ne consegue la conferma dell'orientamento secondo cui «la costituzione in mora del conduttore si determina, sia nel caso di risoluzione giudiziale del contratto articolo 1458, comma 1, c.c. , sia nel caso di risoluzione di diritto articolo 1456 e 1457 c.c. dalla proposizione della domanda e non dall'accoglimento». Non applicabile la “compensatio lucri cum damno” tra il corrispettivo d adempimento contrattuale e il risarcimento del danno. Altro censura avanzata dai conduttori è quella relativa al fatto che la sentenza impugnata aveva riconosciuto un vantaggio maggiore di quello che avrebbero avuto dall'esatto adempimento del contratto fino alla scadenza naturale del contratto. Sul punto gli Ermellini, premessa l'affermazione che sia gli effetti della pronuncia di risoluzione per inadempimento che l'obbligo risarcitorio a carico del terzo che occupi l'immobile in forza di contratto tra lo stesso e i conduttori retroagiscono alla data della domanda giudiziale, affermano la non congruenza della comparazione tra due elementi «indipendenti ed eterogenei, quali il corrispettivo da adempimento contrattuale e il risarcimento del danno». Una volta risolto il contratto, si parla solo dell'obbligo risarcitorio, che deve essere rapportato all'effettiva entità del danno, senza ulteriori comparazioni con un contratto che oramai non esiste più. Non può essere addebitato al conduttore il fallimento di trattative anteriori alla costituzione in mora. Viene accolto e, pertanto, cassata in parte la sentenza con rimessione alla Corte d'Appello in diversa composizione, il motivo di appello relativo all'aver posto a carico dei conduttori il fallimento di trattative che, per quanto risulta dalle deposizioni testimoniali citate, si sarebbero svolte e concluse in un momento in cui il contratto di locazione era ancora nel pieno del suo valore. Evidentemente, ricorda la Terza Sezione, «finchè il conduttore non è costituito in mora non può essergli addebitato il fallimento di eventuali trattative», dal momento che in tal caso il danno derivante dal mancato incasso del canone maggiorato non può essere ricondotto al comportamento del debitore.
Corte di Cassazione, sezione III Civile, sentenza 7 febbraio – 28 marzo 2014, numero 7215 Presidente Segreto – Relatore Sestini Svolgimento del processo Con sentenza numero 1530/1997, il Pretore di Palermo dichiarava la risoluzione - per inadempimento dei conduttori Toluian e Pars s.r.l. - del contratto di locazione ad uso commerciale concernente locali siti in omissis dichiarava che la SONBOL s.r.l. occupava senza titolo i predetti locali e condannava i conduttori e la predetta SONBOL al rilascio dell'immobile e al risarcimento degli eventuali danni - da liquidarsi in separato giudizio - in favore dei locatori A.G. , Al.Ga. e C.B. . Passata in giudicato tale sentenza, i predetti A. e C. promuovevano il giudizio per il risarcimento dei danni conseguiti al ritardato rilascio avvenuto in data 1.6.98 , deducendo che il canone ricavabile dall'immobile alla fine dell'anno 1995 ossia all'epoca in cui era stato proposto il giudizio di risoluzione ammontava a non meno di venti milioni di lire mensili e risultava – quindi - nettamente superiore al canone versato dai conduttori di circa quattro milioni di lire chiedevano, pertanto, un risarcimento pari alla differenza fra il canone riscosso e quello che avrebbero potuto percepire se i locali fossero stati rilaciati tempestivamente. Il Tribunale di Palermo rigettava la domanda, rilevando che l'obbligo di rilasciare l'immobile era sorto solo per effetto della sentenza di risoluzione e che la retroattività di tale sentenza non comportava l'obbligo di risarcire i danni col pagamento di somme ulteriori rispetto ai canoni versati . Pronunciando in sede di gravame, la Corte di Appello di Palermo riformava la sentenza, condannando tutti gli appellati, in solido, al pagamento della somma di Euro 164.782,64 a titolo di risarcimento danni , oltre alla rivalutazione dal gennaio 1996 e agli interessi legali sulle somme annualmente rivalutate ed oltre alle spese dei due gradi di giudizio. Avverso questa sentenza ricorrono per cassazione la Pars s.p.a. già Pars s.r.l. e poi Toluian s.p.a. e T.H. personalmente, affidandosi a quattro motivi propone ricorso incidentale la SONBOL s.r.l., basato su cinque motivi due dei quali indicati col numero 3 , illustrati da memoria resistono - a mezzo di controricorso - A.G. , Al.Ga. e C.B. . Motivi della decisione 1. Premesso che - a norma dell'articolo 1458 cela risoluzione del contratto per inadempimento ha effetto retroattivo, la Corte territoriale ha ritenuto che la costituzione in mora dei conduttori - rilevante ai fini della decorrenza dell'obbligo risarcitorio - sia avvenuta con la domanda giudiziale, senza che possa rilevare, in senso contrario, la circostanza che il medesimo articolo 1458 c.c. precisi che, per i contratti ad esecuzione continuata, l'effetto retroattivo della risoluzione non si estende alle prestazioni già eseguite ha ritenuto provata l'esistenza del maggior danno costituito dalla differenza fra il canone versato dai conduttori e il canone notevolmente superiore - che i locatori avrebbero potuto ricavare dalla stipula di un nuovo contratto , liquidandolo in via presuntiva ha escluso, infine, la possibilità di operare la compensatio lucri cum damno invocata dai conduttori che avevano evidenziato come, in concreto, i locatori si fossero avvantaggiati dall'inadempimento, in mancanza del quale avrebbero potuto percepire solo il canone contrattuale fino alla naturale scadenza del 31.8.2000 e avrebbero potuto ottenere la riconsegna solo pagando l'indennità per avviamento commerciale , rilevando che non sussisteva la necessaria unicità del fatto genetico. 2. Col primo motivo, i ricorrenti principali deducono vizio di violazione di legge in relazione agli articolo 2908 c.c. e 1453 e segg. c.c. , censurando la sentenza impugnata per non avere tenuto conto della natura costitutiva della pronuncia di risoluzione, ancorando al momento della domanda, anziché al passaggio in giudicato della relativa statuizione, ogni conseguenza di ritardo nella consegna dei locali . 2.1. Il motivo risulta infondato atteso che - secondo il consolidato orientamento di questa Corte, da cui non sussistono ragioni per discostarsi - la costituzione in mora del conduttore - necessaria articolo 1219 cod. civ. per gli obblighi risarcitori previsti dall'articolo 1591 cod. civ. - si determina, sia nel caso di risoluzione giudiziale del contratto articolo 1458, primo comma cod. civ. , sia nel caso di risoluzione di diritto articolo 1456 e 1457 cod. civ. dalla proposizione della domanda, e non dall'accoglimento - per il principio secondo il quale la durata del processo non può danneggiare l'attore - per cui, ai predetti fini, non rileva la natura costitutiva o dichiarativa della pronuncia Cass. numero 10115/97 in senso conforme, Cass. numero 16110/2009 ne consegue che correttamente la Corte territoriale ha ritenuto dovuto il risarcimento del danno dalla data della domanda giudiziale di risoluzione proposta nei confronti dei conduttori e di rilascio proposta nei confronti dei medesimi conduttori e della terza occupante sine titulo . 3. Il secondo motivo del ricorso principale censura - per falsa applicazione delle norme di diritto in relazione all'articolo 1223 c.c. - il mancato riconoscimento della compensatio lucri cum damno l'illustrazione del motivo non consente, tuttavia, di individuare il vizio di impostazione giuridica ascritto alla sentenza impugnata, giacché i ricorrenti - richiamati quegli stessi principi elaborati dalla giurisprudenza di questa Corte che sono stati correttamente applicati dal giudice del gravame - si limitano ad indicare – erroneamente - l'unico fatto genetico nella risoluzione del contratto per inadempimento , senza considerare che il risarcimento riconosciuto ai locatori trova, invece, fondamento nel diverso fatto costituito dal ritardato rilascio dell'immobile. Il motivo risulta pertanto inammissibile, prima ancora che infondato. 4. Il terzo motivo deduce violazione dell'articolo 360 nnumero 3 e 5 in relazione agli articolo 115, 116 e segg. C.P.C., e 2721 c.c. per falsa applicazione delle norme di diritto e per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia benché prospettata anche come violazione di legge, la censura concerne esclusivamente - per quanto emerge dall'illustrazione del motivo - il percorso motivazionale seguito dalla Corte territoriale per quantificare presuntivamente il maggior canone ricavabile dalla nuova locazione dell'immobile. 4.1. Il motivo è infondato, atteso che la Corte palermitana ha esaminato compiutamente le risultanze istruttorie, motivando in modo adeguato la conclusione che il canone ricavabile da una nuova locazione dell'immobile potesse attestarsi intorno a 15 milioni di lire mensili, e ciò principalmente sulla base del pregio commerciale dei locali e del fatto – pacifico - che, quattro anni più tardi, gli stessi immobili vennero locati per un canone mensile di ventidue milioni di lire. Non rileva, in senso contrario, la circostanza che la Corte non abbia ritenuto di disporre C.T.U. per valutare il canone di mercato e che non abbia neppure tenuto conto delle risultanze della relazione tecnica di parte depositata dagli odierni ricorrenti, giacché disponeva di elementi sufficienti per pervenire alla conclusione che il canone per una nuova locazione fosse determinabile in L. 15.000.000 al mese . Neppure risulta contraddittorio l'aver ritenuto attendibile la dichiarazione del teste R. in merito al fatto che fosse stata effettuata un'offerta di locazione, salvo poi prescindere da tale testimonianza secondo cui la trattativa procedeva su un canone di 18-20 milioni di lire circa ai fini della quantificazione del canone ricavabile dalla nuova locazione, giacché l'incertezza del ricordo del teste in ordine all'esatto importo ha correttamente indotto la Corte ad una stima prudenziale. 5. Il quarto motivo risulta palesemente infondato atteso che non evidenzia una violazione di legge effettiva quale ricorrerebbe in caso di condanna della parte risultata totalmente vittoriosa al pagamento delle spese di lite , ma la deduce sul presupposto non verificatosi che la parte soccombente in secondo grado e, come tale, condannata al pagamento delle spese processuali avrebbe dovuto risultare – invece - vittoriosa. 6. Col primo motivo del ricorso incidentale, la SONBOL s.r.l. deduce - sotto i profili dell'articolo 360, nnumero 3, 4 e 5 C.P.C. - l'erroneità della sentenza impugnata laddove riconosce ai locatori un vantaggio maggiore di quello che avrebbero avuto dall'esatto adempimento del contratto, cioè l'incasso del canone pattuito con la Toluian e la Pars e fino alla naturale scadenza del contratto fissata nel 2000 ribadisce, inoltre, la tesi difensiva secondo cui l'articolo 1458 c.c. esclude l'effetto retroattivo della pronuncia di risoluzione per i contratti ad esecuzione continuata e periodica. 6.1. La censura, pur riguardando il profilo dell'illecito contrattuale che non è ascrivibile alla SONBOL, presenta tuttavia indubbie ragioni di interesse per la ricorrente incidentale, dato che l'accertamento, la quantificazione e la decorrenza dei danni conseguenti alla sua responsabilità extracontrattuale sono strettamente collegati al momento in cui si sono determinati gli effetti della risoluzione per i conduttori danti causa della SONBOL . 7. Ciò premesso, deve richiamarsi integralmente quanto osservato sub 2.1. in merito al fatto che gli effetti della pronuncia di risoluzione per inadempimento retroagiscono alla data della domanda giudiziale, con la precisazione che a tale momento retroagisce anche l'obbligo risarcitorio a carico del terzo che occupi l'immobile per titolo proveniente dal conduttore quanto, poi, alla censura circa l'impossibilità che i danni superino l'utilità che il creditore avrebbe tratto dall'esatto adempimento, deve rilevarsi come la SONBOL compari indebitamente due elementi indipendenti ed eterogenei, quali il corrispettivo da adempimento contrattuale e il risarcimento del danno, senza considerare che, una volta risolto il contratto, residua solo l'obbligo risarcitorio, da rapportare all'effettiva entità del danno il motivo risulta pertanto infondato. 8. Col secondo motivo, la SONBOL rileva che l'azione per ritardata restituzione della cosa locata di cui all'articolo 1591 c.c. ha natura contrattuale, traendo origine dall'inadempimento dell'obbligo di restituire la cosa, venuto meno il rapporto locatizio e ribadisce che non vi è “mai stato alcun rapporto contrattuale tra gli A. — C. e la Sonbol deduce pertanto oltre a vizi di motivazione non meglio precisati violazione di legge in relazione agli articolo 1591 e 2043 c.c. ed error in procedendo sotto i distinti profili dell'ultrapetizione per avere la Corte di Appello dichiarato una responsabilità extracontrattuale a fronte di una domanda proposta ex contractu e della violazione del giudicato giacché la sentenza pretorile, che aveva dichiarato la risoluzione e condannato i convenuti al risarcimento degli eventuali danni, aveva chiaramente circoscritto la responsabilità contrattuale alle posizioni del T. e della Pars . 8.1. Il motivo è infondato, atteso che gli odierni intimati hanno chiaramente richiesto la condanna della SONBOL al risarcimento dei danni cagionati con l'occupazione dei locali deducendo pertanto una causa petendi di natura aquiliana e che il giudice d'appello ha correttamente qualificato la responsabilità della predetta SONBOL s.r.l. di tipo extracontrattuale , in linea con la sentenza pretorile - richiamata dalla ricorrente incidentale - secondo cui la violazione contrattuale e la occupazione senza titolo costituiscono fatti astrattamente idonei a produrre danni ai locatori limitatamente al sig. T. e alla PARS s.r.l. anche sotto il profilo di cui all'articolo 1591 c.c. . 9. Il terzo motivo che deduce violazione e falsa applicazione degli articolo 2043 e 2697 c.c., nonché ogni possibile vizio di motivazione censura la sentenza per aver condannato la SONBOL senza che la controparte abbia fornito prova di un eventuale concorso SONBOL nella causazione del danno . 9.1. Premesso che non risulta specificamente individuato alcun errore di impostazione giuridica in relazione al riparto degli oneri probatori in ambito di responsabilità extracontrattuale, la censura si risolve nella doglianza circa il fatto che la Corte abbia ritenuto integralmente assolto l'onere probatorio gravante sul danneggiato in ambito aquiliano. Al riguardo, deve osservarsi che l'accertamento in punto di responsabilità quanto alla sussistenza e al titolo costituiva oggetto della sentenza di condanna generica - passata in giudicato - e che nel giudizio successivo si doveva semplicemente procedere all'accertamento dell'eventuale danno e alla sua quantificazione che, pertanto, l'onere probatorio gravante sugli A. e sulla C. concerneva esclusivamente la sussistenza e l'entità del danno che, a prescindere dalla diversità dei titoli di imputazione della responsabilità, il danno subito dai danneggiati per il ritardato recupero della disponibilità dei locali, era evidentemente ascrivibile alla mancata restituzione degli stessi, per fatto imputabile anche alla SONBOL che il danno - oggettivamente unico, sebbene imputabile solidalmente a tutti i corresponsabili - è stato correttamente accertato in modo unitario, tenendo conto delle stesse prove e degli stessi criteri liquidatori cfr. Cass. numero 27713/2005 le censure risultano pertanto infondate. 10. Col quarto e col quinto motivo erroneamente indicati con ripetizione del numero 3 e col numero 4 , che si esaminano congiuntamente per evidente connessione, la SONBOL censura la sentenza - anche in questo caso, in relazione ai numeri 3 e 5 dell'articolo 360 C.P.C. - nella parte in cui ha ritenuto provato ed ha quantificato il danno, riproponendo argomenti in parte sovrapponibili a quelli svolti dai ricorrenti principali. 11. Mentre le censure relative alla quantificazione del maggior canone ricavabile da una nuova locazione dei locali risultano infondate per quanto osservato ai punti numero 4.1 e numero 9.1 , risulta fondata la censura illustrata a pag. 17 del ricorso incidentale, sotto la rubrica sull'an del maggior danno”. Evidenzia - sul punto - la SONBOL che la Corte territoriale non ha valutato “che le trattative a cui si riferisce il teste, ammesso che si siano svolte, si sono arenate negli ultimi mesi del 1995, ossia anteriormente alla costituzione in mora dei conduttori, del gennaio 1996 , aggiungendo che il fallimento delle trattative durante un periodo in cui i locali erano legittimamente detenuti dai conduttori non ha il crisma di prova specifica e rigorosa di una lesione del patrimonio del locatore, dal momento che finché il conduttore non è costituito in mora non può essergli addebitato il fallimento di eventuali trattative . Al riguardo, deve convenirsi sul fatto che, poiché il risarcimento del maggior danno per ritardato rilascio di un immobile locato presuppone la costituzione in mora del detentore e poiché - secondo il consolidato orientamento di questa Corte - il maggior danno ex articolo 1591 c.c. anche quando sia posto a carico solidale del terzo occupante dev'essere provato con la dimostrazione che la perdurante occupazione ha comportato la perdita di concrete ed effettive occasioni di conseguire un maggior vantaggio, non può assumere decisiva rilevanza la prova di trattative svolte e fallite in epoca anteriore a quella in cui il bene doveva essere restituito, giacché in tal caso il fallimento non appare riconducibile al ritardo nella restituzione. Ciò premesso, deve rilevarsi che - sul puntola sentenza risulta contraddittoriamente o, comunque, non sufficientemente motivata giacché mentre riporta a pag. 7 un dato ricorso del 18.12.1995 astrattamente compatibile con una costituzione in mora coeva al fallimento delle trattative riferite dal teste R. agli ultimi mesi del 1995 , in altre parti a pag. 14 e nel dispositivo contiene un riferimento al gennaio 1996 come data in cui avrebbero dovuto essere rilasciati i locali e come mese di decorrenza della rivalutazione monetaria sulla somma liquidata a titolo di risarcimento che non appare compatibile con l'affermazione di una mora in restituendo già in atto al momento del fallimento delle trattative. 12. In relazione all'anzidetto profilo, va dunque accolto il quarto motivo del ricorso incidentale, con conseguente cassazione della sentenza e con rinvio alla Corte di Palermo, in diversa composizione, che dovrà provvedere anche sulle spese del presente giudizio. P.Q.M. la Corte, pronunciando sui ricorsi riuniti, rigetta il ricorso principale, accoglie il ricorso incidentale per quanto di ragione, cassa e rinvia alla Corte di Appello di Palermo, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese.