Registratore posizionato in casa propria per ascoltare le conversazioni della compagna convivente o no, trovandosi in un luogo nel quale si svolgevano episodi significativi di “vita privata”, la donna era fiduciosa della tutela della sua privacy.
Questo è quanto affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza numero 8762/2013, depositata il 22 febbraio scorso. La fattispecie. Un uomo veniva condannato, nei due gradi del giudizio di merito, per essersi procurato indebitamente, mediante l’utilizzo di un registratore, notizie relative al contenuto di un colloquio intercorso tra la sua compagna e la sorella di quest’ultima articolo 615 bis c.p. . L’imputato ha posizionato il registratore nella propria abitazione. Il ricorso per cassazione viene presentato dall’imputato, il quale sottolinea che il posizionamento del registratore è avvenuto nella propria abitazione, luogo che non può considerarsi certo privata dimora della donna e, di conseguenza, tale condotta non può considerarsi penalmente rilevante. Nell’abitazione si svolgevano fasi significative della “vita privata”. Nulla da fare però, il ricorso presentato viene rigettato in toto dagli Ermellini. Infatti, il concetto di “vita privata” – si precisa in sentenza - si riferisce a qualsiasi atto o vicenda della persona in luogo riservato. Nello specifico, nell’abitazione dell’imputato si svolgevano fasi significative della “vita privata” della donna, «e tale certamente deve ritenersi la condotta esplicativa di momenti di intima affettività», anche se non si tratteneva abitualmente in tale luogo. La donna era fiduciosa della tutela della sua privacy. La vittima, proprio perché si trovava in un luogo nel quale si svolgevano episodi significativi della propria “vita privata”, era fiduciosa della tutela della sua privacy e quindi «particolarmente esposta e vulnerabile nei confronti di un comportamento subdolo e sleale da parte della persona cui è affettivamente legata». Pertanto, il ricorso dell’imputato non può essere accolto.
Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 16 ottobre 2012 – 22 febbraio 2013, numero 8762 Presidente Zecca – Relatore Fumo Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza di cui in epigrafe, la corte di appello di Firenze, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, ha assolto S.S. dal delitto di cui al capo A originariamente contestato come ipotesi di cui all'articolo 572 cp, riqualificata in primo grado ai sensi dell'articolo 610 cp con la formula della insussistenza del fatto ha confermato nel resto, confermando in particolare la condanna per il delitto di cui all'articolo 615 bis cp, così formulato nel capo d'imputazione per essersi, mediante utilizzo di un registratore, procurato indebitamente notizie relative al contenuto di un colloquio intercorso tra P.C. e la sorella P.S. , svoltosi all'interno dell'abitazione ove la predetta P.C. conviveva con lui S. . 2. Ricorre per cassazione il difensore dell'imputato e deduce, in relazione a tale delitto, inosservanza ed erronea applicazione di legge, rilevando che la condotta descritta dalla norma è quella di chi indebitamente si procura notizie e immagini attinenti alla vita privata di un soggetto, con riferimento ai luoghi di cui all'articolo 614 dello stesso codice. Orbene, i luoghi di cui all'articolo 614 sono costituiti dall'abitazione o da altro luogo di privata dimora. La registrazione in oggetto è avvenuta nella casa dell'imputato, nella quale la P. solo saltuariamente si portava a visitare il S. , a volte trascorrendo con lui la notte. Ne consegue che l'aver posizionato il registratore nella sua dell'imputato abitazione è condotta del tutto lecita e che il fatto che sia stata captata - appunto nell'abitazione del S. , che non può considerarsi luogo di privata dimora della P. - una conversazione intercorsa tra costei e la sorella costituisce, alla luce della vigente normativa, condotta penalmente irrilevante. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato e merita rigetto il ricorrente va condannato alle spese del grado. 2. Il concetto di vita privata si riferisce a qualsiasi atto o vicenda della persona in luogo riservato. Deve trattarsi ovviamente non di un luogo riservato in astratto , ma di un luogo riservato a quel soggetto o, quantomeno, anche a quel soggetto nei confronti del quale la captazione di immagini, parole ecc. è avvenuta. 3. La giurisprudenza di questa Sezione ha chiarito ASN 200639827- RV 234960 che il reato di interferenze illecite nella vita privata è configurabile anche nel caso di indebita registrazione, da parte di un coniuge, di conversazioni che, in ambito domestico, l'altro coniuge intrattenga con un terzo. 3.1. Non vi è naturalmente ragione di non estendere la tutela a chi de facto possa essere legato all'imputato da un rapporto assimilabile a quello coniugale. 3.2. Ebbene P.C. viene indicata nel capo di imputazione come convivente . 3.3. Con il ricorso, si nega tale circostanza, sostenendo che la persona offesa, che con l'imputato, all'epoca, intratteneva una relazione, non si tratteneva abitualmente nella casa di abitazione del S. , limitandosi a frequentarla e a trascorre, a volte, la notte con il predetto. 3.4. Orbene, a parte il fatto che la mancanza di convivenza viene semplicemente affermata nel ricorso, sta di fatto che, se nell'abitazione dell'imputato, si svolgevano fasi significative della vita privata della P. e tale certamente deve ritenersi la condotta esplicativa di momenti di intima affettività , la ratio della norma ex articolo 615 bis cp comporta la sua applicazione anche quando la condotta captativa sia stata tenuta nei suddetti luoghi. La vittima della obliqua condotta del partner, proprio perché si trova in un luogo nel quale si svolgono episodi significativi della sua vita privata, è - di regola - fiduciosa della tutela della sua privacy e quindi particolarmente esposta e vulnerabile nei confronti di un comportamento subdolo e sleale da parte della persona cui è affettivamente legata. In sintesi ai fini della applicabilità dell'articolo 615 bis cp, deve ritenersi luogo di privata dimora anche quello in cui si svolge parte significativa della vita affettiva di chi si trattiene, anche non abitualmente, in detto luogo. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.