Somme riscosse da una società rappresentante del creditore, ma erano riferibili al pagamento della fornitura?

È necessario valutare se le somme riscosse erano riferibili a pagamenti di forniture della rappresentata e se quest’ultima avesse autorizzato la società ad agire.

La fattispecie. Il pagamento di una fornitura di articoli di abbigliamento, questo è l’oggetto della controversia affrontata dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 2155/2014, depositata il 31 gennaio scorso. In particolare, i giudici di appello, al contrario del Giudice di Pace che aveva accolto l’opposizione a decreto ingiuntivo, ritenevano provato il pagamento della fornitura anche per l’assenza di una quietanza del creditore. Il creditore deve provare il mancato incasso. La S.C., in merito alla prova di pagamento quale fatto estintivo dell’obbligazione, ha ribadito che è sufficiente che il debitore dimostri l’avvenuta emissione e la consegna del titolo, incombendo invece al creditore la prova del mancato incasso, prova che il creditore può agevolmente fornire dimostrando il possesso del titolo Cass., n. 17749/2009 . Tuttavia, nel caso di specie, la Corte di appello – correttamente secondo la Cassazione – ha ritenuto non pervenuto nella disponibilità del creditore l’assegno emesso in asserito pagamento del debitore. La rappresentante riscuoteva le somme Altro profilo su cui si concentra la Corte di legittimità è l’affermazione secondo il quale la società rappresentante del creditore aveva sempre provveduto a riscuotere le somme dovute dal debitore. Proprio tale osservazione comportava la necessità di esplorare la possibilità che il creditore avesse autorizzato la rappresentante ad incassare. ma erano riferibili al pagamento delle forniture? A parere degli Ermellini, i giudici di appello avevano omesso di valutare, come invece avrebbero dovuto, le dichiarazioni di riscossione di somme prodotte in atti al fine di stabilire, in via gradata, se effettivamente queste dichiarazioni fossero riferibili a pagamenti di forniture della rappresentata e se tale modalità di pagamento fosse usuale per inferirne, eventualmente, il pagamento a soggetto autorizzato a riceverlo . La valutazione, visto l’annullamento con rinvio sul punto, spetta al Tribunale.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 11 dicembre 2013 – 31 gennaio 2014, n. 2155 Presidente Oddo – Relatore Proto Svolgimento del processo Il 20/3/2002 la Assicom S.p.A., quale procuratore speciale di Trucco Tessile S.p.A., chiedeva e otteneva dal Giudice di Pace di Gragnano e nei confronti di I.M. , decreto ingiuntivo per l'importo di Euro 2.247,57 a titolo di saldo, detratti gli acconti ricevuti, di una fattura per l'importo Euro 3.745,87 emessa per la fornitura di articoli di abbigliamento. I. proponeva opposizione nel giudizio era chiamata in causa la società Franco Vano rappresentanze s.a.s. quale rappresentante della ditta fornitrice, nonché V.A. in proprio al quale, secondo l'opponente, era stato corrisposto, l'importo necessario per il saldo della fattura in contestazione. Il Giudice di Pace accoglieva l'opposizione ritenendo provato il pagamento alla società rappresentante della ditta fornitrice e l'invio alla ditta fornitrice, da parte della rappresentante, dell'assegno dato in pagamento. Assicom proponeva appello al quale resisteva I. che proponeva appello incidentale. Il Tribunale di Torre Annunziata, sezione distaccata di Gragnano, con sentenza del 18/9/2007, in riforma della sentenza appellata, rigettava l'opposizione a decreto ingiuntivo, dichiarava assorbito l'appello incidentale e compensava le spese. Il Tribunale rilevava - che la legittimazione attiva di Assicom, contestata dall'appellante incidentale, era provata dalla procura speciale che non era provato che alla rappresentante la società Franco Vano Rappresentanze s.a.s. della società fornitrice fosse stato conferito dalla mandante anche il potere di ricevere pagamenti - che, in ogni caso, non poteva ritenersi provato il pagamento perché nella quietanza rilasciata dalla rappresentante si faceva riferimento ad un titolo di credito di cui si ignorava la sorte e il cui incasso non era provato da una quietanza del creditore. I.M. propone ricorso affidato a 5 motivi. Sono rimasti intimati la Assicom e i chiamati in causa, rimasti contumaci in appello, Franco Vano Rappresentanze e V.A. . Motivi della decisione 1. Con il primo motivo il ricorrente deduce la nullità della sentenza in relazione agli artt. 2719 c.c., 77, 214, 215 e 216 c.p.c Il ricorrente sostiene di avere eccepito il difetto di legittimazione attiva di Assicom S.p.A. e di avere tempestivamente disconosciuto il documento prodotto in fotocopia con il quale Assicom avrebbe provato, secondo il giudice di appello, la sua legittimazione a stare in giudizio, mentre al documento prodotto in fotocopia e disconosciuto ai sensi dell'art. 2719 e.e. e 214 c.p.c. non poteva essere riconosciuto alcun valore probatorio. Il ricorrente, formulando il quesito di diritto ex art. 366 bis c.p.c. ora abrogato, ma applicabile ratione temporis , chiede se il giudice di merito nel fondare la sua decisione su una fotocopia di un documento, impugnata e disconosciuta, ha violato il principio secondo cui le copie fotostatiche di una scrittura non hanno alcun valore probatorio se impugnate o disconosciute. 1.1 Il motivo, in relazione alle norme che il ricorrente denuncia violate, è infondato in quanto il disconoscimento ex art. 2719 c.c. della conformità di una copia fotostatica all'originale di una scrittura - secondo il consolidato insegnamento di questa Corte - non ha gli stessi effetti del disconoscimento previsto dall'art. 215 comma 1 n. 2 c.p.c., perché mentre quest'ultimo, in mancanza di richiesta di verificazione e di esito positivo di questa, preclude l'utilizzazione della scrittura, il primo non impedisce che il giudice possa accertare la conformità all'originale anche attraverso altri mezzi di prova, comprese le presunzioni pertanto l'avvenuta produzione in giudizio della copia fotostatica del documento, impegnava la parte contro la quale il documento era prodotto a prendere posizione sulla conformità della copia all'originale, ma non vincolava il giudice all'avvenuto disconoscimento della riproduzione, potendo egli apprezzarne l'efficacia rappresentativa Cass. 21/11/2011 n. 24456 Cass. 21/4/2010 n. 9439 Cass. 3/2/2006 n. 2419, 15/6/ 2004 n. 11269, 26/1/2000 n. 866 . Pertanto al quesito occorre rispondere negativamente e nel senso che, differentemente da quanto previsto per la scrittura privata disconosciuta, l'art. 2719 c.c. non preclude al giudice di apprezzarne l'efficacia rappresentativa. 2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce il vizio di motivazione nel quale sarebbe incorso il giudice di appello nel non riconoscere natura di quietanza liberatoria, ma semplice dichiarazione di scienza, alla dichiarazione della rappresentante di avere ricevuto un assegno di lire 4.000.000 e in contanti la somma di lire 925.000 a saldo della fattura n. 6856/98, nonché di una differenza di lire 240.000 e di non avere pertanto ritenuto estinto il credito, malgrado la dichiarazione della rappresentante della ditta fornitrice di avere inviato un assegno a saldo della fattura in contestazione e al netto di una nota di credito e nonostante l'ammissione di Assicom di avere ricevuto il pagamento. La motivazione, infine sarebbe contraddittoria per avere riconosciuto che la quietanza in atti era liberatoria e per avere affermato che la stessa era una dichiarazione di scienza. 2.1 Il motivo è infondato sotto ogni profilo perché il giudice di appello ha ritenuto che non era provato che la società rappresentante o il suo socio accomandatario avesse il potere di riscuotere i pagamenti per conto del creditore e che non era provato il pagamento anche a soggetto non legittimato perché non risultava alcuna quietanza della creditrice rappresentata e non risultava alcun esborso da parte del debitore, facendosi riferimento solo a versamenti in contanti alla rappresentante e ad un titolo di credito di cui si ignorava la sorte, essendo invece documentato l'invio, dalla, rappresentante di assegno diverso da quello ricevuto dal debitore. Il giudice di appello ha giustamente ritenuto non liberatoria la quietanza tenuto conto che la dichiarazione di avere ricevuto un pagamento a saldo non proveniva dal creditore, ma da un soggetto che, secondo il giudice di appello, non era legittimato a ricevere il pagamento. Le difese svolte di Assicom che durante il processo aveva sostenuto che la quietanza era inidonea a provare il tempestivo pagamento non valgono a sostenere la tesi del pagamento ancorché tardivo , in quanto sono dichiarazioni difensive semplicemente dirette a contrastare la linea difensiva della controparte e che pertanto non possono assumere il valore probatorio preteso dal ricorrente. Non sussiste alcuna contraddizione nel riconoscere che la quietanza è astrattamente liberatoria e che è una dichiarazione di scienza, posto che la quietanza è sempre una dichiarazione di scienza ed è, nel contempo, liberatoria, ma solo se proviene dal creditore tuttavia, nel caso concreto, secondo il giudice del merito, non proveniva dal creditore. Le dichiarazioni del terzo chiamato che ammette di avere ricevuto le somme e che comunque non prova di averle trasmesse al creditore non possono costituire prova contro il creditore l'assegno che si assume trasmesso al creditore dal rappresentante di commercio, tratto sulla Banca di Roma v. pag. 9 e 13 del ricorso non è lo stesso assegno indicato nella ricevuta rilasciata allo I. tratto sul Banco di Napoli . pag. 8 del ricorso e neppure coincidono gli importi. Ai fini della prova del pagamento, quale fatto estintivo dell'obbligazione, è sufficiente che il debitore dimostri l'avvenuta emissione e la consegna del titolo, incombendo invece al creditore la prova del mancato incasso, prova che il creditore può agevolmente fornire dimostrando il possesso del titolo cfr. Cass. 30/7/2009 n. 17749 nella fattispecie, tuttavia, come detto, la Corte di Appello ha ritenuto non pervenuto nella disponibilità del creditore l'assegno emesso in asserito pagamento dal debitore. 3. Con il terzo motivo la ricorrente deduce la violazione degli artt. 115 e 116 c.c. perché il giudice di appello non avrebbe preso in considerazione le prove e gli elementi di prova costituiti dalle quietanze liberatorie, dalle affermazioni del terzo che confermavano il pagamento e dalle affermazioni della convenuta nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo che ammetteva di avere ricevuto il pagamento. 3.1 Il motivo è inammissibile in quanto ripropone sotto il profilo del vizio di motivazione di norme processuali le censure formulate nel motivo precedente e infondate per le ragioni già esposte, senza peraltro indicare in quale modo siano stati violati i principi della disponibilità delle prove e della loro valutazione secondo il prudente apprezzamento del giudice e della possibilità di desumere argomenti di prova dal contegno delle parti. 4. Con il quarto motivo il ricorrente deduce il vizio di motivazione perché il giudice di appello non avrebbe motivato sui seguenti fatti rilevanti - le affermazioni di Assicom di avvenuto pagamento le affermazioni e le prove di avvenuto pagamento fornite dal terzo chiamato - le quietanze di pagamento prodotte da lui e dal terzo chiamatele somme da lui dovute erano sempre riscosse dal rappresentante con il consenso delle società mandanti. 4.1 Nel motivo sono riprodotti argomenti già sviluppati nel secondo motivo e inidonei, per la ragioni già illustrate, ad integrare un vizio di motivazione. Tuttavia viene aggiunto l'ulteriore argomento secondo il quale la rappresentante aveva sempre provveduto a riscuotere le somme dovute dallo I. con il consenso della mandante questa osservazione comportava la necessità di esplorare la possibilità che il creditore avesse autorizzato la rappresentante ad incassare, possibilità che la sentenza di appello ha escluso malgrado la deduzione dello I. di reiterati pagamenti alla rappresentante. Il giudice di appello ha omesso di valutare, come invece avrebbe dovuto, le dichiarazioni di riscossione di somme prodotte in atti al fine di stabilire, in via gradata, se effettivamente queste dichiarazioni fossero riferibili a pagamenti di forniture della rappresentata e se tale modalità di pagamento fosse usuale per inferirne, eventualmente, il pagamento a soggetto autorizzato a riceverlo. Entro questi limiti deve essere accolto il quarto motivo con rinvio ad altro giudice perché motivi tenendo conto dei sovra esposti rilievi. 5. Con il quinto motivo il ricorrente deduce la violazione dell'art. 1188 c.c. sostenendo che, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di appello, dagli atti emergeva la prova che la rappresentante aveva il potere di riscuotere il pagamento perché egli aveva sempre provveduto al pagamento attraverso la rappresentante, come si ricavava anche dal fatto che le società attrici, prima di agire contro di lui, avevano chiesto il pagamento alla rappresentante la quale dichiarava di avere pagato con un assegno tratto sulla Banca di Roma 5.1 Il giudice di appello ha rilevato che le pretese quietanze di pagamento prodotte in causa costituivano mere dichiarazioni di scienza del rappresentante di commercio che dichiarava di avere ricevuto del denaro in contanti e un titolo di credito e che non provenivano dal creditore il quale non aveva rilasciato alcuna quietanza. Il motivo resta assorbito dall'accoglimento del quarto motivo per effetto del quale si richiede una meno carente motivazione sulle dichiarazioni di riscossione di somme prodotte in atti proprio al fine di stabilire se possa evincersi una autorizzazione a ricevere i pagamenti tenuto conto che, allo stato, non risulta in atti che fosse richiesta la forma scritta. 6. Con il sesto motivo il ricorrente deduce la violazione dell'art. 1188 comma 2 c.c. sostenendo che il creditore aveva incassato l'importo da lui versato per mezzo del rappresentante e che pertanto anche se l' accipiens non fosse stato legittimato si sarebbe comunque prodotto l'effetto liberatorio perché il creditore aveva profittato del pagamento. 6.1 Il motivo è infondato perché il giudice di appello ha affermato che non era provato che il creditore avesse ricevuto il pagamento in contestazione in quanto le quietanze non provavano che la somma fosse pervenuta alla società creditrice per la mancanza di quietanza di quest'ultima. 7. In conclusione deve essere accolto nei limiti di cui in motivazione il quarto motivo di ricorso, restando assorbito il quinto devono essere rigettati gli altri motivi. La sentenza impugnata deve pertanto essere cassata in relazione al motivo accolto con rinvio, anche per le spese di questo giudizio di cassazione ad altro giudice del Tribunale di Torre Annunziata. P.Q.M. La Corte accoglie per quanto di ragione il quarto motivo di ricorso, dichiara assorbito il quinto e rigetta gli altri. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto con rinvio, anche per le spese di questo giudizio di cassazione, ad altro giudice del Tribunale di Torre Annunziata.