Deve essere pagato entro sei mesi dal suo riconoscimento: lo Sato non può addurre scuse

Lo Stato è obbligato a pagare l’equo indennizzo entro sei mesi da quando la sentenza della Corte d’Appello, che l’ha riconosciuto, è diventata esecutiva, senza addurre scuse come la carenza di fondi. Il beneficiario, per ottenere il danno esistenziale dalla CEDU, deve sempre dimostrare il nesso tra il ritardato saldo e le conseguenze negative sulla sua vita privata e familiare.

La Corte EDU, con la sentenza del 10 dicembre 2013, caso Limata ed altri c. Italia ric. n. 16412/03 16413/03, 16414/03, 03/16415, 16416/03, 16417/03, 22294/03, 22351/03, 03/22353, 22354/03 e 22355/03 affronta nuovamente, nell’arco di un mese, le problematiche connesse alla Legge Pinto Bencivenga ed altri, Ascierto e Buffolino c. Italia del 5/11/13, Quattrone, Maffeis e De Nigris c. Italia del 26/11/13 . Nella fattispecie è stata comminata, de facto , una doppia condanna per l’irragionevole durata dei processi e per il ritardo con cui non è stato ancora saldato tale danno. Il caso. I ricorrenti avevano ottenuto un equo indennizzo per l’eccessiva durata dei loro processi illecito licenziamento e/o demansionamento, locazioni, RCA, inquinamento dei propri pozzi etc. come riportato nelle due tabelle allegate alla sentenza gli importi variavano da un minimo di € 1.500 per ogni anno di ritardo ad un massimo di € 12.950 per ogni ricorrente. Le cause erano durate dai 7 anni e 2 mesi ai 20 anni e 10 mesi per ciascun grado di giurisdizione v. § B , essendo così incontrovertibili la violazione dell’art. 6 § 1 e il diritto al risarcimento ex l n. 89/01. Dopo il riconoscimento di tale danno si erano accumulati gravi ritardi anche nella sua liquidazione, nel frattempo sospesa, quantificabili in media tra i 14 e i 30 mesi la legge impone che la sentenza della Corte d’Appello, che lo riconosce e quantifica, deve essere eseguita entro sei mesi da quando è diventata esecutiva. Ha perciò comminato un ulteriore risarcimento in via equitativa, ma non ha attribuito altri danni morali perchè non sono stati comprovati dai richiedenti. La qualità di vittima persiste anche se è stato concesso l’equo indennizzo. Tale status permane anche quando è stata riconosciuta questa compensazione. Infatti, dall’analisi di un centinaio di sentenze della nostra Cassazione e della sua giurisprudenza costante Scordino c. Italia del 27/03/03, Bourdov c. Russia del 2002 , la CEDU ha sancito che esso pemane sin quando l’indennizzo non può essere considerato sufficiente e a riparare il danno e la presunta violazione dei diritti CEDU, come quando è richiesta un’integrazione a Strasburgo, nella fattispecie riconosciuta in percentuali variabili da un minimo del 4% al 34% della somma che sarebbe stata loro attribuita in assenza di tali rimedi interni v. relativa tabella . La Cassazione si adegua alla CEDU. Le Cass. Civ. SS.UU. 1338 Balzini , n. 1339 Lepore , n. 1340 Corbo , n. 1341 Lepore +1 del 2004 con nota di De Stefano, Pace fatta tra Roma e Strasburgo sulla Legge Pinto la Cassazione italiana si adegua alla Corte europea dei diritti umani hanno chiarito diverse lacune su questa delicata materia, estendendola ad una pluralità di giudizi civile, tributario, amministrativo e penale . Sanciscono che i criteri di determinazione del quantum della riparazione applicati dalla Corte europea non possono essere ignorati dal giudice nazionale, anche se questi può discostarsi in misura ragionevole dalle liquidazioni effettuate a Strasburgo in casi simili La liquidazione del danno non patrimoniale effettuata dalla Corte d’appello a norma dell’art. 2 l. n. 89/2001, pur conservando la sua natura equitativa, è tenuta a muoversi entro un ambito che è definito dal diritto, perché deve riferirsi alle liquidazioni effettuate in casi simili dalla Corte di Strasburgo, da cui è consentito discostarsi purché in misura ragionevole. L’ambito giuridico della riparazione equitativa del danno non patrimoniale è, in altri termini, segnato dal rispetto della Convenzione Europea dei Diritti Umani, per come essa vive nelle decisioni, da parte di detta Corte, di casi simili a quello portato all’esame del giudice nazionale . In breve, il giudice interno è obbligato a rispettare i principi di diritto dettati dalla Corte EDU e dalle altre corti Ue, così come imposto da recenti riforme processuali. La Corte EDU, poi, è tenuta a verificare la loro applicazione. Infine affermano che l’istanza può essere avanzata anche se il gravame della declaratoria non è stato deciso dalla Cassazione Di Salute c. Italia del 24/6/04, Cocchiarella c. Italia del 2006 e Della Grotta e Corrado c. Italia del 5/6/07 e relativa voce nel massimario della CEDU – factsheet - . La crisi può giustificare i mancati o ritardati saldi? No, infatti la CEDU chiarisce che lo Stato deve indennizzarli nei suddetti termini di legge. La sentenza della Corte d’Appello è una decisione giudiziaria che ha l’onere di ottemperare senza scusanti come la carenza di fondi. Il vincolo di bilancio, poi, impone allo Stato di destinare adeguate risorse per i risarcimenti, compresa la fattispecie. Infine, la condanna agli interessi moratori non rifonde questo danno, perché è un rimedio interno al ritardo con cui la P.A. debitrice può recuperare l’importo da versare. La Corte ha, perciò, condannato l’Italia a pagare € 200 ad ogni ricorrente da sommare agli altri importi. Le line guida sull’esegesi e sugli indennizzi ex art. 6 CEDU. Vista la rilevanza delle sue violazioni, la Corte EDU, nella sezione Case Law Guides , ha pubblicato un apposito dossier esegetico, con un’ampia casistica giurisprudenziale Guida sull’art. 6. Diritto ad un equo processo componete civile . Onere della prova sul danno morale da ritardato indennizzo. La richiesta del danno esistenziale, per le ripercussioni di tale inottemperanza sulla loro vita privata e familiare è stata respinta perché non è stato provato il nesso di causalità tra i due eventi.

PP_INT_13CEDU16412_milizia