Se immediata e spontanea, la collaborazione con l'autorità è un'attenuante

Il reo ha parlato solo quando l'autorità iniziava con le operazioni di smontaggio dell'auto per trovare la droga. La collaborazione, a questo punto, non è più considerata un'attenuante.

La Corte di Cassazione, con sentenza numero 22772/11 depositata l'8 giugno, ha stabilito che la collaborazione dell'imputato deve essere spontanea ed avere connotazioni di particolare efficacia e rilevanza ai fini della neutralizzazione dell'attività criminosa. Il reo non ha diritto alle attenuanti se questa risulta essere tardiva o parziale.La fattispecie. La Corte di appello di Cagliari confermava la decisione del gup di condannare, alla pena di anni 6 e mesi 4 di reclusione e di 18mila euro di multa, un sardo responsabile del reato di produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope articolo 73 e 80 d.p.r. numero 309/90 .Presentato il ricorso per cassazione la Sesta sezione Penale sentenza numero 16835/10 annullava la sentenza impugnata con rinvio e, successivamente, il giudice adito confermava la sentenza di primo grado.A questo punto, il difensore dell'imputato, ricorre nuovamente per cassazione. Viene contestato, sia il diniego della circostanza attenuante prevista per chi si adopera ai fini di evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, anche aiutando concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella sottrazione di risorse rilevanti per la commissione dei delitti articolo 73, comma 7, d.p.r. numero 309/90 , sia la mancata prevalenza delle attenuanti generiche sull'aggravante.L'atteggiamento collaborativo non è stato posto in essere immediatamente. Il giudice del rinvio aveva osservato che, al momento del controllo da parte della polizia giudiziaria, l'imputato non assumeva nell'immediatezza un atteggiamento collaborativo, ma anzi cercava, in tutti i modi, di occultare la chiave del vano della vettura contenente la droga.La presunta collaborazione, in realtà, era avvenuta solo nel momento in cui gli agenti stavano iniziando le operazioni di smontaggio della sua automobile. Vi è di più, in sede di udienza di convalida, l'interessato si era avvalso della facoltà di non rispondere, fatto questo che escludeva la volontà di collaborare.La collaborazione deve essere spontanea ed efficace La Corte Suprema, avallando la decisione presa dal giudice del rinvio, sottolinea che la collaborazione dell'imputato deve essere spontanea ed avere connotazioni di particolare efficacia e rilevanza ai fini della neutralizzazione dell'attività criminosa . Nel caso in esame tali caratteristiche non sussistono. e non parziale. Non si può parlare quindi di collaborazione, essendo questa solo parziale, visto che il ricorrente ha semplicemente fatto una ammissione di colpevolezza, rifiutandosi di indicare i nomi dei fornitori di cocaina.In merito alla mancata prevalenza delle attenuanti sull'aggravante, la S.C. ritiene anche tale motivo di ricorso inammissibile visto che le attenuanti generiche erano state concesse solo per l'assenza di precedenti penali e non certo per la collaborazione che risulta insufficiente.Il ricorrente si vede, dunque, condannare al pagamento delle spese processuali e di 1000 euro in favore della Cassa delle ammende in quanto il ricorso è inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 24 maggio - 8 giugno 2011, numero 22772Presidente Sirena - Relatore D'AvigoRitenuto in fattoCon sentenza in data 27.5.2007, il G.U.P. del Tribunale di Sassari dichiarò C. Pasquale responsabile del reato di cui agli articolo 73 e 80 D. P. R. 309/1 990 e concesse le attenuanti generiche equivalenti all'aggravante, con la diminuente per il rito - lo condannò alla pena di anni 6 mesi 4 di reclusione ed € 18.000,00 di multa.Avverso tale pronunzia I'imputato ed il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte territoriale che peraltro successivamente rinunziò all'impugnazione proposero gravame ma la Corte d'appello di Cagliari, Sezione distaccata di Sassari, con sentenza in data 6.1 1,2008, confermò la decisione di primo grado.A seguito di ricorso la Corte Suprema di cassazione, Sezione 6^ penale, con sentenza numero 16835 in data 18.2.2010, annullò la sentenza impugnata con rinvio.La Corte d'appello di Cagliari, con sentenza in data 1 3.10.2010, confermò la sentenza di primo grado.Ricorre per cassazione il difensore dell'imputato deducendo 1. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al diniego della circostanza attenuante di cui all'articolo 73 comma 7 D.P.R 309/1990 sull'assunto che I'aver spontaneamente indicato, al momento del fermo, il nascondiglio dello stupefacente, fosse finalizzato solo ad evitare che venisse smontata l'autovettura e che si fosse in presenza di un'evidenza dei fatti peraltro agli atti non emergerebbe che egli fosse stato messo innanzi all'evidenza di alcun fatto e si trascura la successiva collaborazione di C. 2, violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al mancato giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche sull'aggravante, trascurando la condotta contemporanea e susseguente al reato.Considerato in dirittoIl primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.Si deve premettere che la Corte di cassazione, Sezione 6^ penale, aveva annullato con rinvio la sentenza della Corte d'appello di Cagliari, Sezione distaccata di Sassari in data 6.1 1 .2008 sul'assunto che la disposizione cui la Corte di merito aveva fatto riferimento per escludere la sussistenza della diminuente era quella prevista dal D.P.R. numero 309 del 1990, articolo 74, comma 7 anziché quella di cui al D.P.R. numero 309 del 1990, articolo 73, comma 7 che richiede diversi elementi, quali quello di essersi adoperato per evitare che I'attività delittuosa sia porta a conseguenze ulteriori, anche aiutando concretamente I'autorità di polizia o I'autorità giudiziaria nella sottrazione delle risorse rilevanti per la commissioni dei delitti che, pertanto, non era stato accertato se le risultanze processuali dimostrassero o meno che C. si fosse adoprato nell'immediatezza del fatto, oggetto del presente procedimento, a facilitare il rinvenimento dello stupefacente occultato, condotta questa che potrebbe integrare i presupposti richiesti dall'invocato D.P.R. numero 309 del 1990, articolo 73, comma 7.Il Giudice di rinvio ha osservato che, al momento del controllo da parte della polizia giudiziaria, C. Pasquale non aveva assunto nell'immediatezza un atteggiamento collaborativo, ma anzi aveva in tutti i modi tentato di giustificare le ragioni del viaggio ed aveva cercato di occultare una chiave all'interno di un pacchetto di caramelle. Solo quando I'auto fu portata all'autoparco della Polizia di Sassari e stavano per iniziare le operazioni di smontaggio, C. aveva ammesso di trasportare droga, indicato I'ubicazione del nascondiglio e fornito la chiave per l'apertura del vano. In questo senso è stato ritenuto che l'imputato si trovasse ormai innanzi all'evidenza dei fatti. Peraltro in sede di udienza di convalida C. si era anche avvalso della facoltà di non rispondere il che escludeva la volontà di collaborazione e mai nel corso del giudizio aveva indicato che gli aveva affidato il trasporto dello stupefacente.Tale motivazione non solo non presenta alcuna manifesta illogicità, ma è in linea con la giurisprudenza di questa Corte, la quale ha affermato che, in tema di reati concernenti sostanze stupefacenti, ai fini dell'applicazione dell'attenuante speciale di cui all'articolo 73, comma settimo, d.P.R. numero 309 del 1990, la collaborazione dell'imputato deve essere spontanea ed avere connotazioni di particolare efficacia riferita all'intero arco della condotta illecita, e non soltanto ad alcuni segmenti di essa e rilevanza ai fini della neutralizzazione dell'attività criminosa, Cass. Sez. 4, Sentenza numero 46435 del 18.11.2008 dep. 17.12.2008 rv 242311. Nella specie, la Corte ha negato la sussistenza di tali caratteri nella collaborazione consistita nella sola ammissione - peraltro parziale - di colpevolezza e nel riconoscimento fotografico di due soli fornitori d'eroina, con rifiuto di indicare le generalità dei fornitori di cocaina .Del resto questa Corte ha anche precisato che, in tema di reati concernenti le sostanze stupefacenti, non costituisce una forma di collaborazione che integra la speciale circostanza attenuante la condotta del fornire agli inquirenti la combinazione numerica della cassaforte in cui è custodito il denaro proveniente dall'attività di spaccio, ben potendo costoro, in mancanza della combinazione numerica, aprire mediante effrazione la cassaforte. Cass. Sez. 3, Sentenza numero 15060 del 25.2.2009 dep. 8.4.2009 rv 243469 .Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.In sede di annullamento con rinvio era stato precisato che I'ulteriore profilo del diniego della prevalenza delle attenuanti generiche avrebbe richiesto una verifica specifica in base agli altri parametri stabiliti dall'articolo 133 c.p., quale quello della condotta contemporanea o susseguente al reato.Il Giudice di rinvio a ciò si è attenuto, valutando la gravità del fatto, la concessione delle attenuanti generiche solo per I'assenza di precedenti penali, I'assenza di collaborazione nel giudizio ed il fatto che avesse portato con se i familiari.In tale motivazione non si ravvisa alcuna mancata valutazione di elementi o manifesta illogicità.Infatti, secondo I'orientamento di questa Corte, condiviso dal Collegio, per il corretto adempimento dell'obbligo della motivazione in tema di bilanciamento di circostanze eterogenee è sufficiente che il giudice dimostri di avere considerato e sottoposto a disamina gli elementi enunciati nella norma dell'articolo 133 c.p. E gli altri dati significativi, apprezzati come assorbenti o prevalenti su quelli di segno opposto, essendo sottratto al sindacato di legittimità, in quanto espressione del potere discrezionale nella valutazione dei fatti e nella concreta determinazione della pena demandato al detto giudice, il supporto motivazionale sul punto quando sia aderente ad elementi tratti obiettivamente dalle risultanze processuali e sia, altresì, logicamente corretto . Cass. Sez. I sent. numero 3163 del 28.11.1988 dep. 25.2.1989 rv 180654 .Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.Ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, I'imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità - al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.P.Q.M.Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.