L’interposizione fittizia di manodopera giustifica l’avviso di rettifica ai fini IVA

Ai fini delle imposte dirette, sono indeducibili i costi che, sotto l’apparenza di fatture emesse da presunte ditte appaltatrici, per il corrispettivo di prestazioni di servizi eseguiti, celano in realtà il pagamento di prestazioni lavorative rese in violazione del divieto d’intermediazione di manodopera.

Su questa tipologia di operazioni non è peraltro possibile detrarre l’IVA, giacché la prestazione di manodopera non integra un’operazione imponibile ai fini di tale imposta. L’impiego di capitale, macchine e attrezzature fornite dall’appaltante sono elementi sintomatici della ricorrenza di un vietato appalto di manodopera. Tali principi sono stati statuiti dalla sentenza 16 maggio 2014 numero 10745 della Corte di Cassazione – Sezione Tributaria. Il caso. Il Fisco ha notificati ad una srl due avvisi di accertamento, emessi ai fini IRPEG ed ILOR per l'anno 1996, ed un avviso di rettifica, emesso ai fini IVA per l'anno 1997. Con tali atti l'Amministrazione finanziaria ha recuperato anzitutto a tassazione costi ritenuti indeducibili, ai fini delle imposte dirette, in quanto, sotto l'apparenza di pagamenti di fatture emesse da presunte ditte appaltatrici, per il corrispettivo di prestazioni di servizi eseguite, in realtà celavano il pagamento di prestazioni lavorative rese in violazione dei divieto di intermediazione di manodopera di cui all'articolo 1 l. numero 1369/60. L'Ufficio ha ritenuto poi indebitamente detratta l'IVA in relazione a tali operazioni, atteso che la prestazione di manodopera non integrava un'operazione imponibile, ai fini di tale imposta. Infine, poiché in forza della disposizione succitata i prestatori di lavoro dovevano considerarsi alle dipendenze della società committente, l'Amministrazione ha contestato, altresì, alla medesima il mancato pagamento delle ritenute in qualità di sostituto di imposta. I giudici di merito tributari hanno annullato i predetti atti impositivi ritenendo dimostrata l'autonomia economica e giuridica dell'attività resa dai lavoratori - consistente nella saldatura di tubi metallici - rispetto al ciclo produttivo generale della s.r.l., e perciò insussistente la contestata intermediazione di manodopera. Intermediazione di manodopera tra la contribuente e altre 4 ditte. Gli Ermellini hanno accolto il ricorso in Cassazione proposto dall’Agenzia delle Entrate. Contrariamente a quanto sostenuto dal giudice del gravame la Suprema Corte ha riconosciuto, in relazione a un appalto per la saldatura di tubi metallici, l’esistenza di un’intermediazione di manodopera tra la contribuente e altre quattro ditte. Gli Ermellini hanno precisato quanto segue. La nozione di appalto di manodopera o di mere prestazioni di lavoro, vietato dall'articolo 1 Legge numero 1369/1960, in mancanza di una definizione normativa, va ricavata tenendo anche conto della previsione dell'articolo 3 della stessa legge, concernente l'appalto lecito di opere e servizi all'interno dell'azienda con organizzazione e gestione propria dell'appaltatore. Ne discende che l'ipotesi di appalto di manodopera è configurabile sia in presenza degli elementi presuntivi considerati dal comma 3 del citato articolo 1 impiego di capitale, macchine e attrezzature fornite dall'appaltante sia quando il soggetto interposto, sebbene si inserisca in una fase del ciclo produttivo del preteso committente, manchi di una gestione di impresa a proprio rischio e di un'autonoma organizzazione, da verificarsi con riguardo alle prestazioni in concreto affidategli. Tale ultima situazione si realizza, in particolare, nelle ipotesi di attività esplicate all’interno dell’azienda appaltante. Il giudice del gravame ha erroneamente ritenuto che nella vicenda si era alla presenza «di un appalto reale di fornitura di servizi», mentre ricorrevano tutti i presupposti dell’intermediazione di manodopera, In particolare, è risultato che era proprio la contribuente committente a mettere a disposizione dei saldatori, forniti dalle quattro ditte appaltatrici, tutti i mezzi necessari per il lavoro da compiere lavoro eseguito dai medesimi operari presso gli stabilimenti della stessa contribuente/committente. Gli Ermellini, inoltre, ritenendo fondata nel merito la pretesa erariale hanno condannato il contribuente a pagare le spese del giudizio.

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 24 febbraio 16 maggio 2014, numero 10745 Presidente Bielli – Relatore Valitutti Ritenuto in fatto 1. A seguito di tre processi verbali di constatazione redatti dalla Guardia di Finanza di Pontedera, in data 28.12.00, e della Guardia di Finanza di Sala Consilina, in data 20.9.00 e 21.7.01, venivano notificati alla società I.s.r.l. due avvisi di accertamento, emessi ai fini IRPEG ed ILOR per l'anno 1996, ed un avviso di rettifica, emesso ai fini IVA per l'anno 1997. 1.1. Con tali atti l'Amministrazione finanziaria recuperava anzitutto a tassazione costi ritenuti indeducibili, ai fini delle imposte dirette, in quanto, sotto l'apparenza di pagamenti di fatture emesse da presunte ditte appaltatrici, per il corrispettivo di prestazioni di servizi eseguite, in realtà celavano il pagamento di prestazioni lavorative rese in violazione dei divieto di intermediazione di manodopera di cui all'articolo 1 l. 1369/60. L'Ufficio riteneva, poi, indebitamente detratta l'IVA in relazione a tali operazioni, atteso che la prestazione di manodopera non integra un'operazione imponibile, ai fini di tale imposta. Infine, poiché in forza della disposizione succitata i prestatori di lavoro dovevano considerarsi alle dipendenze della società committente, l'Amministrazione contestava, altresì, alla medesima il mancato pagamento delle ritenute in qualità di sostituto di imposta. 2. Gli atti impositivi venivano impugnati dalla II s.r.l. dinanzi alla CTP di Pisa, che accoglieva il ricorso. 3. L'appello avverso tale pronuncia proposto dall'Agenzia delle Entrate veniva, del pari, disatteso dalla CTR della Toscana, con sentenza numero 64/5/07, depositata il 23.1.07, con la quale il giudice di seconde cure riteneva dimostrata l'autonomia economica e giuridica dell'attività resa dai lavoratori consistente nella saldatura di tubi metallici rispetto al ciclo produttivo generale della I. s.r.l., e perciò insussistente la contestata in termediazione di manodopera. 4. Per la cassazione della sentenza numero 64/5/07 ha proposto, quindi, ricorso l'Agenzia delle Entrate affidato a tre motivi. La resistente ha replicato con controricorso. Considerato in diritto 1. Con il primo motivo di ricorso, l'Agenzia delle Entrate denuncia l'omessa o insufficiente motivazione su punti decisivi della controversia, in relazione all'articolo 360, co. 1, numero 5 c.p.comma 1.1. La CTR, invero, sarebbe pervenuta alla conclusione che gli operai saldatori inviati presso la I. s.r.l. da quattro società di Sala Consilina la L. s.r.l., la I. s.r.l., la C. s.r.l. e la Q.S. s.r.l. avrebbero svolto, presso la committente, un'attività in appalto con piena autonomia funzionale ed organizzativa per il che la vietata intermediazione di manodopera, contestata dall'Ufficio finanziario, ad avviso della CTR, non potrebbe ritenersi sussistente. A tale conclusione, peraltro, il giudice di appello sarebbe pervenuto a parere della ricorrente valorizzando elementi del tutto avulsi dal contesto fattuale emergente dagli atti di causa, non tenendo, per contro, in considerazione alcuna le copiose e rilevanti argomentazioni difensive svolte, sul punto, dall'Agenzia delle Entrate. 1.2. Il motivo è inammissibile. 1.2.1. La ricorrente ha, invero, del tutto omesso di formulare un'indicazione riassuntiva e sintetica, contenente la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume contraddittoria o insufficiente, nonché le ragioni per le quali la motivazione debba considerarsi inidonea, per la sua insufficienza, a giustificare la decisione di appello. E ciò ai sensi dell'articolo 366 bis, co. 2, c.p.c. applicabile alla fattispecie ratione temporis , a tenore del quale la formulazione della censura, a norma dell'articolo 360 numero 5 c.p.c. deve contenere un momento di sintesi omologo del quesito di diritto che costituisca un quid pluris rispetto all'illustrazione del motivo operata dalla parte ricorrente cfr., ex plurimis, Cass. 8897/08 2652/08 Cass.S.U. 11652/08 16528/08 . 1.2.2. Nel caso di specie, invece, l'Agenzia delle Entrate si è limitata ad esporre le ragioni per le quali la motivazione dell'impugnata sentenza sarebbe, a suo parere, affetta dal vizio motivazionale dedotto, senza operare la sintesi richiesta dalla norma succitata. 1.3. Di conseguenza, la censura per le ragioni suesposte non può trovare accoglimento. 2. Con il secondo e terzo motivo di ricorso che, per la loro evidente connessione, vanno esaminati congiuntamente l'Agenzia delle Entrate denuncia la violazione e falsa applicazione degli articolo 1, co. 1 e 4 l. 1369/60 temporalmente applicabile alla fattispecie concreta , 75, co. 5 d.P.R. 917/86 nel testo applicabile ratione temporis , e 19 d.P.R. 633/72, 23 d.P.R. 600/73, in relazione all'articolo 360, co. 1, numero 3 c.p.comma 2.1. Avrebbe, invero, errato la CTR a parere della ricorrente nel ritenere che le prestazioni di lavoro rese dai saldatori inviati presso la s.r.l. dalle quattro società di Sala Consilina fossero inquadrabili in un rapporto scaturente da un contratto di appalto, stipulato tra la contribuente e le quattro società. Per contro, ad avviso dell'Amministrazione finanziaria, dalla stessa decisione di prime cure ancorché favorevole alla || s.r.l. sarebbe emerso che la prestazione di servizio fornita dalle presunte appaltatrici sarebbe consistita non già nel risultato della prestazione d'opera, caratterizzante l'appalto bensì nel mero reperimento ed assunzione del personale da inviare presso la committente. II che integrerebbe, appunto, al contrario di quanto ritenuto dal giudice di appello, una interposizione di manodopera, vietata dalla l. numero 1369/60. 2.2. In ogni caso, anche a voler ravvisare nella fattispecie concreta, non una forma di appalto di manodopera vietata, ma un vero e proprio appalto del servizio di saldatura dei tubi, sarebbe del tutto evidente a parere della ricorrente che si tratterebbe pur sempre di un cd. appalto endoaziendale, avente, cioè, ad oggetto un servizio costituente parte integrante del ciclo produttivo proprio dell'azienda appaltante. E tale forma di appalto, a norma dell'articolo 3 della l. 1369/60, si sottrarrebbe al divieto di intermediazione di manodopera solo se fosse ravvisabile, in concreto, una piena autonomia organizzativa e gestionale dell'appaltatore, tale da consentire di scorporare il servizio in questione dal ciclo produttivo, enucleandone un risultato autonomo ascrivibile all'attività dell'impresa che ne assume il rischio. 2.3. Nel caso di specie, per contro, le quattro ditte, presunte appaltatrici avrebbero avuto solo la gestione amministrativa del rapporto di lavoro dei saldatori, laddove la gestione tecnica delle prestazioni lavorative di questi ultimi, che si svolgevano all'interno degli stabilimenti della I. s.r.l., faceva capo esclusivamente a quest'ultima. Sicché il risultato finale ed il connesso rischio di impresa per l'attività in parola sarebbero riconducibili esclusivamente alla stessa I. s.r.l., con la conseguente non configurabilità, ad avviso dell' Agenzia delle Entrate, di un appalto di servizio con le predette quattro società, mere appaltatrici delle prestazioni di lavoro degli addetti all'attività di saldatura dei tubi prodotti dalla I. s.r.l. 3. Le censure in esame sono fondate. 3.1. Va osservato, infatti, al riguardo, che la nozione di appalto di manodopera o di mere prestazioni di lavoro, vietato dall’articolo 1 della l. numero 1369/60 applicabile al caso di specie ratione temporis, essendo stata la norma abrogata solo con decorrenza dall'entrata in vigore del d.lgs. numero 276/03 , in mancanza di una definizione normativa, va ricavata tenendo anche conto della previsione dell'articolo 3 della stessa legge concernente l'appalto lecito di opere e servizi all'interno dell'azienda con organizzazione e gestione propria dell’appaltatore. Ne discende, pertanto, che l'ipotesi di appalto di manodopera è configurabile sia in presenza degli elementi presuntivi considerati dal co. 3 del citato articolo 1 impiego di capitale, macchine ed attrezzature fornite dall'appaltante , sia quando il soggetto interposto, sebbene si inserisca in una fase del ciclo produttivo del preteso committente, manchi di una gestione di impresa a proprio rischio e di un'autonoma organizzazione, da verificarsi con riguardo alle prestazioni in concreto affidategli. 3.2. Tale ultima situazione viene a verificarsi, in particolare, nelle ipotesi di attività esplicate all'interno dell'azienda appaltante, con riferimento ad una o più fasi della lavorazione ivi svolta, nelle quali è pertanto necessario stabilire, con puntuale analisi dei dati fattuali emergenti dagli atti processuali, se il presunto appaltatore abbia dato vita, in tale ambito, ad un'organizzazione lavorativa autonoma e, pertanto, assuma, con la gestione dell'esecuzione e la responsabilità del risultato, il rischio di impresa relativo al servizio fornito. Solo in siffatta evenienza, infatti, la prestazione d'opera, in quanto inserita in un rapporto scaturente da un vero e proprio contratto di appalto di servizio, si sottrarrebbe in forza del co. 3 della l. 1369/60 al divieto di intermediazione di manodopera, sancito dall'articolo 1 della stessa legge. 3.3. Con riferimento agli appalti cosiddetti endoaziendali , che sono caratterizzati dall'affidamento ad un appaltatore esterno di attività strettamente attinenti al complessivo ciclo produttivo del committente, va precisato, infatti, che il richiamato divieto di cui all'articolo 1 della l. numero 1369/60 opera esclusivamente nelle ipotesi nelle quali sia accertato che l'appaltatore si sia limitato a mettere a disposizione del committente una prestazione lavorativa, rimanendo in capo all'appaltatore stesso i soli compiti di gestione amministrativa del rapporto quali retribuzione, pianificazione delle ferie, assicurazione della continuità della prestazione , ma senza che da parte sua ci sia una reale organizzazione della prestazione stessa, finalizzata ad un risultato produttivo autonomo. Soltanto ove ricorresse tale ultima evenienza l'attività dell'appaltatore avente ad oggetto non manodopera, bensì un servizio si sottrarrebbe, invero, al divieto di cui alla disposizione succitata cfr., ex plu rimis, Cass. 16788/06 16016/07 6343/13 . 3.4. Tutto ciò posto in via di principio, va rilevato che, nel caso di specie, al contrario di quanto ritenuto dalla CTR, che ha ravvisato nella fattispecie concreta un appalto reale di fornitura di servizi ricorrono tutti i presupposti dell'intermediazione di manodopera, vietata dal menzionato disposto dell'articolo 1 l. 1369/60. 3.4.1. La CTR dà, invero, atto che le quattro aziende apparenti appaltatrici dei lavori di saldatura, nell'ambito del complesso ciclo produttivo della contribuente, finalizzato alla produzione di tubi metallici, non avevano una struttura organizzativa se non una linea telefonica e qualche autovettura che consentisse loro di svolgere tale importante parte della produzione in piena autonomia presso la committente. Era quest'ultima, pertanto, a mettere a disposizione dei saldatori, forniti dalle quattro ditte suindicate, tutti i mezzi necessari per detto lavoro, eseguito dai medesimi operai presso gli stabilimenti della stessa committente. E', pertanto, del tutto evidente che ben al contrario di quanto ritenuto dalla CTR sussistono, nella specie, tutti gli elementi presuntivi previsti dal co. 3 dell'articolo 1 l. 1369/60 impiego di capitale, macchine ed attrezzature fornite dall'appaltante , sintomatici della ricorrenza di un vietato appalto di manodopera, e non già di un vero e proprio appalto di servizi. 3.4.2. Ad ogni buon conto, anche a voler considerare la fattispecie sotto il profilo dell'appalto cd. endoaziendale, valorizzando il dato emergente dalle risultanze del giudizio di appello del compimento, da parte dei lavoratori forniti dalle quattro società presunte appaltatrici, di una fase essenziale del ciclo produttivo della I. s.r.l., rileva la Corte che non ricorrono comunque, nel caso concreto, i presupposti per il riscontro di un lecito appalto di servizi, ai sensi dell'articolo 3 l. 1369/60. 3.4.2.1. Ed infatti, gli elementi valorizzati dalla CTR costituti dalla mancanza di direttive e di potere disciplinare da parte della I., dall'assenza di un orario di lavoro, dal fatto che assenze e malattie fossero giustificate presso le quattro apparenti datrici di lavoro attestano che queste ultime avevano la sola gestione amministrativa del rapporto, difettando, per contro, una reale organizzazione della prestazione endoaziendale, a rischio delle aziende apparenti datrici di lavoro, finalizzata ad un risultato produttivo autonomo. 3.4.2.2. Se ne deve necessariamente inferire alla luce dei principi suesposti che, men che trattarsi di un lecito appalto di servizi interni al complessivo ciclo produttivo della committente I. s.r.l., connotato dalla gestione del servizio sul piano tecnico e dalla responsabilità del risultato, ci si trova, piuttosto, in presenza di un appalto di manodopera, ovverosia di mere prestazioni di lavoro, rientrante come tale nel divieto sancito dall'articolo 1 l. 1369/60. 3.5. Ebbene, da tutto quanto suesposto deriva che la derivazione dei costi in parola da un'attività integrante un illecito sanzionato con l'ammenda dall'articolo 2 della legge succitata , espressione di distrazione verso finalità ulteriori e diverse da quelle proprie dell’attività dell'impresa, comporta il venir meno dell'indefettibile requisito dell'inerenza tra i costi medesimi e l'attività imprenditoriale, richiesto dall'articolo 75, co. 5 del d.P.R. 917/86, inerenza che, peraltro, è onere dello stesso contribuente dimostrare Cass. 23626/11 . 3.6. Inoltre, essendosi in presenza di una prestazione di lavoro dipendente qual'è certamente da considerarsi quella resa al committente dai lavoratori inviatigli dall'appaltatore di manodopera, una volta esclusa la sussistenza di un vero e proprio appalto non è configurabile una prestazione di servizi soggetta ad IVA, ai sensi degli articolo 1 e 3 del d.P.R. 633/72 . Con la conseguenza che l'imposta indebitamente applicata in siffatta ipotesi, dall'appaltatore, non può essere considerata detrai bile, in forza del combinato disposto degli articolo 3, co. 1 e 19 del d.P.R. 633/72 3.7. Infine, poiché ai sensi dell'articolo 1, u.c. l. 1369/60 i prestatori di lavoro occupati in violazione di detta norma sono considerati a tutti gli effetti alle dipendenze dell'imprenditore appaltante o interponente che ne abbia utilizzato effettivamente le prestazioni, su quest'ultimo incombono, oltre che gli obblighi di trattamento economico e normativo scaturenti dal rapporto di lavoro, nonché gli obblighi in materia di assicurazioni sociali, anche gli obblighi fiscali del datore di lavoro. Ne discende, pertanto, che a carico del medesimo soggetto, in ragione di detto rapporto, sussistono altresì gli obblighi del sostituto d'imposta, previsti dall'articolo 23 del d.P.R. numero 600/73, per le ritenute d'acconto sulle retribuzioni corrisposte ai suddetti prestatori di lavoro Cass. 13748/13, 3795/13 . 3.8. Per tali ragioni, dunque, i motivi di ricorso in esame non possono che essere accolti. 4. L'accoglimento del secondo e terzo motivo di ricorso comporta la cassazione dell'impugnata sentenza. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la Corte, nell'esercizio del potere di decisione nel merito di cui all'articolo 384, co. 1 c.p.c., rigetta il ricorso introduttivo della società contribuente. 5. Le spese del presente giudizio di legittimità vanno poste a carico della resistente, nella misura di cui in dispositivo. Concorrono giusti motivi per dichiarare interamente compensate fra le parti le spese dei giudizi di merito. P.Q.M. Dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso ed accoglie il secondo e terzo cassa l'impugnata sentenza in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente condanna la resistente alle spese del presente giudizio, che liquida in € 4.500,00, oltre alle spese prenotate a debito dichiara compensate tra le parti le spese dei giudizi di merito.