Sequestro preventivo confermato anche se il contribuente ha parzialmente versato il dovuto

Il sequestro preventivo può scattare sui beni dell’imprenditore anche se lo stesso ha dichiarato l’Iva ed ha versato parzialmente quanto dovuto.

La Corte di Cassazione, con la sentenza numero 10109 depositata il 4 marzo 2013, ha affermato che il parziale adempimento del debito non comporta garanzia assoluta per l’erario per cui il contribuente è tenuto ad effettuare il saldo entro il termine previsto dalla legge. La pena va da 6 mesi a 2 anni di reclusione. In tema di reati in ambito tributario, il d.lgs. numero 74/2000 ha posto in essere una radicale riforma del sistema, in esecuzione delle norme contenute nell’articolo 9 della Legge delega numero 205/1999. In particolare, il legislatore ha introdotto il principio generale di offensività in relazione alle ipotesi di reato legate in modo aggressivo all’interesse erariale. Il sistema in esame si connota, quindi, per l’abbandono della contravvenzione, a favore del modello delittuoso e una marcata riduzione delle penalizzazione dei comportamenti c.d. prodromici. L’articolo 10-ter del decreto in esame prevede la sanzione punitiva in caso di omesso versamento dell’Iva. Il reato è commesso da chiunque non versi l’imposta sul valore aggiunto, dovuta sulla base della dichiarazione annuale, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo. Per la commissione di tale reato è prevista la reclusione da 6 mesi a 2 anni. Il caso. Il contribuente ha impugnato l’ordinanza del Tribunale che aveva parzialmente revocato il sequestro preventivo emesso dal Gip per il reato di omissione dell’imposta sul valore aggiunto di cui all’articolo 10-ter del d.lgs. numero 74/2000 ed aveva disposto la restituzione di somme di denaro presenti su alcuni depositi di risparmio e c/c bancari confermando il vincolo su rimanenti beni sequestrati. In particolare, il contribuente ha eccepito di aver regolarmente presentato la dichiarazione Iva per l’anno in esame e di aver provveduto ad effettuare un primo versamento parziale, nonché a richiedere la rateizzazione del debito e a provvedere ai versamenti periodici. La S.C. ha ritenuto infondata la censura in ordine alla sussistenza del “fumus” di reato di cui al citato articolo 10-ter che si basa sulla regolarità della dichiarazione annuale di imposta. Atteso che tale disposizione sanziona il mancato versamento dell’imposta dovuta in base alla dichiarazione annuale, la corretta indicazione in dichiarazione degli importi dovuti non influisce sulla condotta tipica del reato che consiste nella successiva intenzionale omissione del versamento all’erario di quanto effettivamente dovuto secondo il corretto dichiarato. I giudici di legittimità, non accogliendo la tesi difensiva del contribuente, hanno ritenuto che il sequestro preventivo era divenuto definitivo. Infatti, avallando la tesi del Tribunale, il provvedimento cautelare era riferito all’importo effettivamente sottratto all’erario, oggetto della violazione e del procedimento penale e che il parziale adempimento del debito d’imposta non può assumere rilevanza ai fini della riduzione dell’importo e comportare una nuova determinazione dei beni soggetti a sequestro. Inutile lo spontaneo adempimento parziale alla richiesta di rateizzazione del contribuente. Alla luce di quanto precede, pertanto, è risultato senza alcun effetto lo spontaneo adempimento parziale alla richiesta di rateizzazione del contribuente, a cui hanno fatto seguito i versamenti mensili dell’Iva, non essendo stato versato l’acconto relativo al successivo periodo di imposta entro il previsto termine di legge.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 16 gennaio – 4 marzo 2013, numero 10109 Presidente Teresi – Relatore Marini Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 24/2/2012 il Tribunale di Perugia ha parzialmente revocato il sequestro preventivo emesso dal Giudice delle indagini preliminari in sede in data 19/1/2012 per il reato ex articolo 10 ter del d.lgs. 10 marzo 2000, numero 74 relativo all'anno d'imposta 2007, disponendo restituirsi le somme di denaro presenti su alcuni depositi di risparmio e conti correnti bancari e confermarsi il vincolo sui restanti bene sequestrati. 2. Avverso tale decisione il sig. M. propone ricorso, in sintesi lamentando a. Vizio di motivazione ai sensi dell'articolo 606, lett. e cod. proc. penumero ed errata applicazione di legge ex articolo 606, lett. b cod. proc. penumero articolo 321 cod. proc. penumero per difetto del fumus di reato sia con riferimento all'elemento oggettivo sia con riferimento all'elemento soggettivo del reato, posto che il ricorrente ha regolarmente presentato dichiarazione I.v.a. per l'anno 2007 e ha quindi provveduto ad effettuare un primo versamento parziale, a sollecitare la rateizzazione del debito e a provvedere ai relativi versamenti periodici b. Vizio di motivazione ai sensi dell'articolo 606, lett. e cod. proc. penumero ed errata applicazione di legge ex articolo 606, lett. b cod. proc. penumero articolo 321 cod. proc. penumero per difetto del periculum in mora , attesa la capienza dei beni sociali c. Errata applicazione di legge ex articolo 606, lett. b cod. proc. penumero dell'articolo 322 ter cod. penumero per avere il Tribunale omesso di considerare che il valore dei beni sequestrati è stato erroneamente valutato in sede di esecuzione del sequestro e avere il Tribunale omesso di motivare in ordine al contenuto della perizia giurata depositata d. Errata applicazione di legge ex articolo 606, lett. b cod. proc. penumero per difetto di pertinenza fra i beni sequestrati e il reato ipotizzato, soprattutto ove si consideri l'avvenuto pagamento dell'imposta dovuta. Considerato in diritto 1. Ritiene la Corte che non occorra spendere motivazione, attesa la differenza esistente tra i due istituti, per affermare che in presenza di sequestro per equivalente ai sensi degli artt.322-ter cod. pen, e 1, comma 143, della legge numero 244/2007, il ricorrente ha posto in maniera errata e inconferente le questioni sui presupposti di applicazione del diverso istituto del sequestro preventivo previsto dall'articolo 321 cod. proc. penumero e sulla pertinenza delle cose sequestrate rispetto all'illecito ipotizzato dal Pubblico ministero e posto a fondamento del provvedimento cautelare. 2. Parimenti deve considerarsi manifestamente infondata la questione concernente il presunto ed eccedente valore degli immobili rispetto al loro valore nominale, posto che si è in presenza di questione che il Tribunale non può essere chiamato a risolvere sulla base di una consulenza di parte, certamente non decisiva rispetto al tema della valutazione del valore dei beni. Se è vero che il tribunale non può escludere in via di principio il tema del valore dei beni dal novero delle proprie competenze, nei casi in cui vi siano contestazioni che comportano nuove e non chiare valutazioni il tema deve essere proposto al Pubblico ministero che ha dato esecuzione all'ordine di sequestro, con i relativi strumenti di controllo posti a tutela della parte e dei suoi interessi mediante procedura d'esecuzione si veda la motivazione di Sez.3, numero 17465 del 22/3/2012, Crsci . 3. La Corte ritiene, poi, manifestamente infondata la censura in ordine alla sussistenza del fumus di reato che si fonda sulla regolarità della dichiarazione annuale. Dal momento che l'articolo 10-ter in esame sanziona il mancato versamento dell'imposta dovuta in base alla dichiarazione annuale , la corretta indicazione in dichiarazione costituisce una circostanza indifferente rispetto alla condotta tipica che consiste nella successiva intenzionale omissione del versamento all'Erario di quanto dovuto secondo il corretto dichiarato. 4. Va, infine, respinta la censura relativa al difetto di motivazione che è stata proposta per avere il Tribunale non dato risposta alcuna alle osservazioni difensive in ordine alla condotta successiva al fatto, e cioè allo spontaneo adempimento parziale e alla richiesta di rateizzazione seguita dal pagamento delle scadenze mensili. Tale condotta è stata prospettata come dimostrazione dell'assenza di volontà di commettere l'illecito e come elemento che riduce drasticamente il debito verso l'Erario e, dunque, l'importo cui si può fare eventualmente riferimento ai fini di tutela dell'interesse pubblico offeso e della determinazione dell'entità del sequestro. Ritiene il Tribunale che correttamente il provvedimento cautelare abbia fatto riferimento all'importo che si assume sottratto all'Erario, oggetto della violazione e dei procedimento penale, e che il parziale adempimento del debito successivo non possa assumere rilevanza ai fini della riduzione dell'importo in termini diversi da quelli che il Tribunale ha ritenuto accertati e meritevoli di comportare una rideterminazione dei beni soggetti a vincolo. 5. Alla luce delle considerazioni fin qui esposte il ricorso deve essere respinto e il ricorrente condannato, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., ai pagamento delle spese del presente grado di giudizio. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.