Il mancato consenso alla vendita dei comproprietari dell’immobile non comporta rinuncia all’incarico

In tema di mediazione a vendere, la penale espressamente pattuita per le ipotesi di rinuncia o di revoca dell’incarico non può essere collegata a fattispecie diverse, quale l’inadempimento del mandante all’obbligo di ottenere il consenso degli altri comproprietari dell’immobile da vendere.

È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione nella pronuncia n. 3 del 2 gennaio 2014. Il caso. Una donna conferisce l’incarico ad un’Agenzia immobiliare di vendere un immobile, impegnandosi, a tal fine, ad ottenere il consenso del proprio coniuge o degli eventuali comproprietari. Ricevuta una proposta d’acquisto dal mediatore, dopo averla accettata, la donna non si presenta alla data fissata per la stipula del preliminare, inviando una comunicazione con la quale declina l’invito per non aver ottenuto il consenso degli altri comproprietari. L’Agenzia immobiliare si rivolge, quindi, all’autorità giudiziaria per vedersi riconosciuto il diritto al pagamento della penale contrattualmente prevista per il caso di rinuncia a vendere alle condizioni pattuite. La domanda è accolta sia in primo che in secondo grado. Segnatamente, la Corte d’appello ritiene dovuta la penale perché la convenuta non aveva proceduto alla stipula del contratto dal quale era receduta per fatti concludenti. Il giudizio viene quindi portato in Cassazione su ricorso della soccombente, la quale ritiene non dovuta la penale dal momento che il contratto prevedeva ipotesi tassative di applicazione della stessa, quali quelle della revoca dell’incarico o della rinuncia a vendere, mentre l’impegno ad ottenere il consenso dei comproprietari era previsto separatamente e non soggetto ad alcuna penale. Contratto di mediazione atipica. Preliminare all’esame del ricorso è l’inquadramento giuridico del contratto intercorso tra le parti. Detto contratto, all’art. 3, prevedeva che il compenso dovesse essere corrisposto alla stipula del compromesso, mentre, all’art. 9, conteneva l’impegno dell’attrice ad ottenere il consenso del proprio coniuge o dei cointestatari per il perfezionamento della vendita. Nell’affidamento dell’incarico erano dunque tenuti distinti il momento della stipula del compromesso, quale momento rilevante per il sorgere del diritto alla provvigione, e il momento del perfezionamento della vendita, entro il quale doveva essere adempiuto l’obbligo assunto dall’attrice di ottenere il consenso dei comproprietari. Pertanto, l’accordo doveva intendersi come un contratto di mediazione atipica, nel quale il mediatore, evitando l’alea intrinseca alla mediazione, si garantiva la provvigione con l’acquisizione di una proposta di acquisto conforme alle condizioni previste nell’incarico di vendita. Ai fini del sorgere del diritto alla provvigione, l’affare doveva ritenersi concluso quando tra le parti poste in relazione dal mediatore si fosse realizzato un vincolo giuridico che abilitasse ciascuna di esse ad agire per l’esecuzione specifica del contratto o per il risarcimento del danno. La penale per la revoca o la rinuncia. Nel contratto era poi prevista una clausola penale per il caso di revoca dell’incarico nonché di rinuncia a vendere alle condizioni pattuite. La prima ipotesi era equivalente al recesso, così che la stessa aveva la funzione di stabilire un corrispettivo per l’esercizio del diritto di recesso che prescindeva da un qualsiasi inadempimento. Il caso di rinuncia a vendere alle condizioni pattuite, invece, presupponeva che il mediatore avesse procurato una proposta di acquisto conforme al mandato ricevuto, ma che il mandante non consentisse la conclusione dell’affare avanzando pretese diverse da quelle indicate nel mandato. In entrambi i casi, la penale doveva garantire il diritto del mediatore, indipendentemente da qualsiasi inadempimento del mandante, ad ottenere la stessa somma infatti la penale era prevista di importo pari a quello della provvigione di quanto avrebbe ottenuto in caso di conclusione dell’affare. Il mancato consenso dei comproprietari non è soggetto a penale. Nel caso di specie, la Suprema Corte non ravvisa i presupposti né della revoca né della rinuncia. Ed invero, la revoca dell’incarico è stata esclusa dalla stessa Corte d’appello, che ha ritenuto che l’attrice avesse receduto non dall’incarico, ma dalla stipulazione del preliminare, tanto che ha ravvisato nel telegramma col quale l’attrice comunicava all’Agenzia di non avere ottenuto il consenso alla vendita dagli altri proprietari, una rinuncia a negoziare. Del pari, la rinuncia a vendere, in tanto poteva assumere rilevanza ai fini della penale, in quanto non fosse già sorto il diritto del mediatore alla provvigione a seguito della conclusione dell’affare per l’accettazione, da parte della mandante, dell’offerta di acquisto procurata dal mediatore. La stessa Corte d’Appello dà invece atto che l’offerta di acquisto era stata accettata dalla mandante. Pertanto risulta fondata la censura della ricorrente in ordine alla mancanza del titolo per ottenere la condanna al pagamento della penale, dal momento che l’Agenzia avrebbe potuto richiedere il pagamento della provvigione, ma non poteva dirsi verificata alcuna delle ipotesi in presenza delle quali era applicabile la penale. La sentenza viene quindi cassata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello affinché riconsideri il fondamento della domanda attorea, tenendo conto che l’impegno della convenuta ad ottenere il consenso dei comproprietari faceva riferimento alla vendita, ma il diritto al compenso era già maturato con l’accettazione della proposta e che quindi non v’era ragione di applicare la penale.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 6 novembre - 2 gennaio 2014, n. 3 Presidente Oddo – Relatore Proto Svolgimento del processo Nel 2003 la s.r.l. Legati & amp Carminati, Agenzia Immobiliare, conveniva in giudizio F.M.A. per sentirla condannare al pagamento della penale contrattualmente prevista da una clausola della lettera di incarico per il caso di rinuncia a vendere alle condizioni pattuite. La società attrice esponeva - che la convenuta l'aveva incaricata di vendere un immobile al prezzo di Euro 310.000, impegnandosi a ottenere il consenso del proprio coniuge o degli eventuali comproprietari - di avere procurato alla convenuta una proposta di acquisto per il prezzo di Euro 289.000 che da lei era stata accettata - che tuttavia la convenuta non si era presentata alla data fissata per la stipula del preliminare avendo inviato una comunicazione con la quale declinava l'invito e dichiarava di non avere ottenuto il consenso degli altri comproprietari. La convenuta si costituiva contestando la sussistenza delle condizioni per l'applicazione della penale. Il Tribunale di Brescia, ritenuta non necessaria l'attività istruttoria, con sentenza del 14/3/2005, pronunciata ai sensi dell'art. 281 sexies c.p.comma a seguito di trattazione orale, accoglieva la domanda attorea e condannava la convenuta al pagamento delle penale di Euro 8.670,00. La F. proponeva appello che era rigettato dalla Corte di appello di Brescia con sentenza del 10/10/2007. La Corte di Appello riteneva - che la penale contrattualmente prevista fosse dovuta perché la convenuta non aveva proceduto alla stipula del contratto dal quale era receduta per fatti concludenti, non avendo adempiuto l'obbligo di ottenere il consenso degli altri comproprietari - che, infatti, la comunicazione di non avere ottenuto il consenso alla vendita costituiva una rinuncia, aggravata da mala fede desumibile dal fatto che la stessa si era offerta di vendere la propria quota al prezzo inizialmente previsto per l'intero immobile - che la circostanza che l'accordo si fosse concluso su un prezzo inferiore a quello inizialmente dovuto non comportava la caducazione dell'intera proposta di vendita - che la F. non poteva opporre eccezioni derivanti da pretesi inadempimenti dell'agenzia immobiliare nei confronti del proponente l'acquisto nella specie, per non averlo informato dell'esistenza di altri comproprietari . F.M.A. ha proposto ricorso affidato a quattro motivi. L'Agenzia Immobiliare Legati & amp Carminati s.r.l. ha resistito con controricorso. Motivi della decisione 1. Con il primo motivo la ricorrente deduce l'omessa motivazione sul motivo di appello con il quale era stata censurata la sentenza di primo grado perché il giudice non aveva rilevato di ufficio la mancata prova dell'iscrizione dell'attrice al ruolo degli agenti di affari di mediazione, iscrizione che costituisce condizione dell'azione proposta da mediatore. La ricorrente sostiene che la s.r.l. Legati & amp Carminati aveva replicato al suo motivo di appello con la comparsa di costituzione in appello osservando che sull'incarico di vendita era stampato il ruolo A.A.M. 1182/1/0 Ruolo mediatori 1162/1/0. R.E.A. 434557, ma che tali indicazioni, sulla carta intestata del mediatore, non sarebbero sufficienti a provarne l'iscrizione. 1.1 La mancanza di prova dell'iscrizione nel ruolo dei mediatori non aveva formato oggetto di contestazione o anche di semplice deduzione difensiva in primo grado la deduzione difensiva formulata per la prima volta con l'atto di appello è da intendersi come eccezione in senso lato, diretta a sollecitare il giudice a rilevare la nullità del contratto e quindi non preclusa dal divieto di novum in appello. Il motivo è, peraltro, inammissibile perché il vizio di motivazione non ha riguardato un fatto che al momento della decisione potesse considerarsi controverso e decisivo per il giudizio in quanto la stessa ricorrente afferma che l'appellata, replicando all'eccezione, aveva ricordato che la prova esisteva ed era rappresentata dall'incarico di vendita sul quale era indicato il numero del ruolo degli agenti di affari in mediazione e il numero del ruolo mediatori, il che, per costante giurisprudenza, costituisce prova presuntiva dell'iscrizione questa Corte ha infatti ripetutamente affermato che in tema di mediazione, ai fini del riconoscimento del diritto al compenso per l'attività prestata, l'onere della prova dell'iscrizione nell'albo dei mediatori, così come previsto nella legge 3 febbraio 1989, n. 39, può essere assolto mediante la prova per testimoni o anche per presunzioni e a tal fine, può valere il modulo di proposta di acquisto predisposto dal mediatore, dal quale risulti la suddetta iscrizione Cass. 14/5/2013 n. 11539 Cass. 14/12/2007 n. 26292 . Non risulta che sulla valenza probatoria del documento vi sia stata contestazione in appello e pertanto la Corte distrettuale non aveva alcun obbligo di motivare sul punto, tenuto conto - che in primo grado non era stata contestata la mancanza di iscrizione - che anche in materia di mediazione la non contestazione del convenuto costituisce un comportamento univocamente rilevante ai fini della determinazione dell'oggetto del giudizio, con effetti vincolanti per il giudice, che dovrà astenersi da qualsivoglia controllo probatorio del fatto non contestato acquisito al materiale processuale e dovrà, perciò, ritenerlo sussistente che, come detto, a seguito della tardiva contestazione è stata richiamata la relativa e sufficiente prova, già acquisita in primo grado, sulla quale non risultano formulate contestazioni nel giudizio di appello per tali ragioni il fatto la prova dell'iscrizione all'albo sul quale si deduce l'omessa motivazione è da considerarsi un fatto non contestato in ordine al quale non è consentito il ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 360 n. 5 c.p.c., come modificato dalla legge n. 40 del 2006. 2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce il vizio di motivazione e la violazione e falsa applicazione degli artt. 1321, 1322, 1362, 1363, 1372, 1381, 1382, 1453, 1476, 1722 e 1755 c.comma sostenendo - che il fatto di non avere potuto ottenere il consenso degli altri comproprietari alla vendita non era riconducibile alle ipotesi, legittimanti l'applicazione della penale, di rinuncia a vendere o di revoca dell'incarico di cui alla clausola numero 4 lett. C dell'incarico di vendita - che l'inadempimento dell'obbligo di ottenere il consenso degli altri comproprietari non era equiparabile alla rinuncia a vendere - che il mancato ottenimento del consenso non poteva integrare un recesso volontario e sul punto la motivazione era contraddittoria - che la rinuncia a vendere non era sua, ma degli altri comproprietari - che si era offerta di provare il rifiuto degli altri comproprietari, ma le prove ingiustamente non erano state ammesse - che era stato modificato arbitrariamente il contenuto contrattuale che prevedeva ipotesi tassative di applicazione della penale, quali quelle della revoca dell'incarico o della rinuncia a vendere, inserendovi la non contemplata ipotesi di mancato ottenimento del consenso dei comproprietari, ipotesi contemplata altrove e separatamente nell'incarico di vendita -che erano state male applicate le norme di ermeneutica contrattuale e le clausole non erano state interpretate complessivamente tenendo conto che erano state previste separatamente l'ipotesi di rinuncia o revoca e quella con la quale la ricorrente si impegnava ad ottenere il consenso dei comproprietari, per il cui inadempimento non era prevista penale - che erano violati gli artt. 1722 comma 1 n. 2 e 1381 c.comma anche in relazione all'art. 1476 perché la revoca dell'incarico o la rinuncia a vendere, quali forme di recesso unilaterale, sono ipotesi del tutto diverse dal mancato adempimento di ottenere il consenso del terzo - che la penale, che consiste in una preventiva liquidazione del danno per inadempimento, può essere ricollegata solo ad ipotesi tassative previste in contratto, ossia quelle della rinuncia o della revoca dell'incarico e non può essere collegata a inadempimenti diversi quale l'inadempimento dell'obbligo di ottenere il consenso degli altri comproprietari, in presenza del quale il codice prevede le diverse tutele della risoluzione e del risarcimento del danno o comunque la spettanza della provvigione se il mediatore sia riuscito a creare un vincolo giuridico tra le parti. 2.1 Il motivo è fondato per le ragioni che seguono. La Corte di Appello in motivazione ha rilevato che la penale, prevista per le ipotesi di rinuncia a vendere o di revoca dell'incarico era applicabile anche alla fattispecie sottoposta al suo esame, nella quale la F. , per inadempimento all'obbligo di ottenere il consenso dagli altri comproprietari del bene, non aveva proceduto alla stipula del preliminare recedendo per fatti concludenti e che la comunicazione di non avere ottenuto il consenso dei comproprietari alla vendita costituiva una rinuncia a negoziare. Va tuttavia osservato che il contratto stipulato con l'Agenzia Legati & amp Carminati, trascritto nel ricorso, all'articolo 3, prevedeva che il compenso dovesse essere corrisposto alla stipula del compromesso e che secondo la previsione dell'art. 9, la F. si impegnava a ottenere il consenso del proprio coniuge o dei cointestatari per il perfezionamento della vendita. Nell'affidamento dell'incarico erano dunque tenuti distinti il momento della stipula del compromesso, quale momento rilevante per il sorgere del diritto alla provvigione, e il momento del perfezionamento della vendita, entro il quale doveva essere adempiuto l'obbligo assunto dalla F. di ottenere il consenso del coniuge o dei comproprietari. Pertanto l'accordo doveva essere inteso come un contratto di mediazione atipica nel quale il mediatore, evitando l'alea intrinseca alla mediazione, si garantiva la provvigione con l'acquisizione di una proposta di acquisto conforme alle condizioni previste e predefinite nell'incarico di vendita ai fini del sorgere del diritto alla provvigione, l'affare doveva ritenersi concluso quando tra le parti poste in relazione dal mediatore, si fosse realizzato un vincolo giuridico che abilitasse ciascuna di esse ad agire per la esecuzione specifica del contratto o per il risarcimento del danno. Ed infatti in tale ipotesi sorge tra le parti un vincolo giuridico che abilita ciascuna di esse ad agire per la esecuzione del contratto o per il risarcimento del danno, con la conseguenza che sarebbe maturato il diritto del mediatore alla provvigione cfr. Cass. 21/7/2004 n. 13590 e Cass. 21/11/2011 n. 24445 . La penale in caso di revoca dell'incarico prima della scadenza, come contemplato al punto C dell'incarico, era prevista per una ipotesi equivalente al recesso così che la stessa aveva la funzione di stabilire un corrispettivo per l'esercizio del diritto di recesso che prescindeva da un qualsiasi inadempimento il caso di rinuncia a vendere alle condizioni pattuite pure contemplato al punto C dell'incarico diversamente dalla revoca dell'incarico, presupponeva che il mediatore avesse procurato una proposta di acquisto conforme al mandato ricevuto, ma che il mandante non consentisse la conclusione dell'affare avanzando pretese diverse da quelle indicate nel mandato anche in questo caso, comunque, la penale doveva garantire il diritto del mediatore, indipendentemente da qualsiasi inadempimento del mandante, ad ottenere la stessa somma infatti la penale era prevista di importo pari all'importo della provvigione di quanto avrebbe ottenuto in caso di conclusione dell'affare. Ciò premesso, si deve rilevare che la prima ipotesi la revoca dell'incarico è stata esclusa dalla stessa Corte di Appello che ha ritenuto che la F. avesse receduto non dall'incarico, ma dalla stipulazione del preliminare, tanto che, subito dopo avere addebitato alla mandante l'inadempimento dell'obbligo ad ottenere il consenso degli altri proprietari, ravvisa nel telegramma con il quale la F. comunica all'Agenzia di non avere ottenuto il consenso alla vendita dagli altri proprietari, una rinuncia a negoziare. Tuttavia la rinuncia a vendere in tanto poteva assumere rilevanza ai fini della penale in quanto non fosse già sorto il diritto del mediatore alla provvigione a seguito della conclusione dell'affare per l'accettazione da parte della mandante, dell'offerta di acquisto procurata dal mediatore. La stessa Corte di Appello da invece atto che l'offerta di acquisto era stata accettata dalla mandante v. pag. 4 della sentenza nell'illustrare lo svolgimento del processo e l'accettazione della proposta non è messa in discussione in causa. Sotto questo profilo, deve ritenersi fondata la censura sviluppata dalla ricorrente con il secondo motivo a pagina 26 del ricorso già proposta con l'appello v. la trascrizione del terzo motivo di appello a pagina 18 del ricorso e con il relativo quesito di diritto v. pag. 27 del ricorso nel senso che l'Agenzia avrebbe potuto richiedere il pagamento della provvigione, ma non poteva dirsi verificata alcuna delle ipotesi in presenza delle quali era applicabile la penale. La sentenza deve quindi essere cassata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Brescia perché riconsideri il fondamento della domanda dell'Agenzia di pagamento della penale in importo corrispondente alla provvigione tenendo conto che l'impegno ad ottenere il consenso del coniuge o degli altri intestatari faceva riferimento alla vendita, ma il diritto al compenso era già maturato con l'accettazione della proposta e che quindi non v'era ragione di applicare la penale. Le ulteriori censure del motivo, che attengono all'affermata non riconducibilità del mancato ottenimento del consenso degli altri comproprietari alla rinuncia a vendere, restano pertanto assorbite. 3. Con il terzo motivo la ricorrente deduce l'omessa motivazione su un motivo di appello secondo il quale - la penale non poteva essere riconosciuta perché prevista solo per l'incarico di vendere al prezzo di Euro 310.000 e non per il caso di acquisizione di una proposta di acquisto ad un prezzo ridotto Euro 289.000 - poteva essere legittimamente sollevata l'eccezione inadimplenti non est adimplendum perché l'agenzia si era resa inadempiente rispetto all'obbligo di procurare una proposta di acquisto al prezzo di Euro 310.000 - sarebbe illogica e da riformare la motivazione del primo giudice, secondo il quale le clausole dell'incarico di vendita originario al prezzo di Euro 310.000 sarebbero state corrette e integrate da quelle contenute nell'accordo per la vendita al prezzo di Euro 289.000. 4. Con il quarto motivo la ricorrente deduce l'omessa motivazione su un motivo di appello secondo il quale - il proponente l'acquisto aveva intentato una causa di responsabilità contrattuale nei suoi confronti per la mancata vendita, deducendo che nessuno gli aveva mai riferito la circostanza della parziale altruità dell'immobile - l'Agenzia Immobiliare era responsabile per non avere portato a conoscenza del proponente la parziale altruità - pertanto l'agenzia immobiliare era inadempiente nei suoi confronti per non avere provveduto all'informativa e legittimamente poteva essere sollevata l'eccezione inadimplenti non est adimplendum . La ricorrente ritiene che la Corte di appello abbia fornito una motivazione insufficiente e contraddittoria limitandosi ad osservare che l'Agenzia ha concluso separati accordi con il promittente l'acquisto e la F. che aveva accettato la promessa, così che la F. non poteva opporre eccezioni derivanti da contratti diversi dal proprio. La ricorrente aggiunge che sarebbero stati violati e falsamente applicati gli artt. 1460 e 1759 c.comma relativo agli obblighi informativi del mediatore non essendosi ravvisato l'inadempimento dell'obbligo informativo dal quale doveva scaturire l'accoglimento dell'eccezione di cui all'art. 1460 c.c 5. L'accoglimento del secondo motivo per le ragioni sopra enunciate comporta l'assorbimento del terzo e del quarto motivo. 5. In conclusione deve essere accolto il secondo motivo di ricorso per quanto in motivazione devono invece essere rigettato il primo motivo, restando assorbiti il terzo e il quarto motivo la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio, anche per le spese, ad altra sezione della Corte di Appello di Brescia. P.Q.M. La Corte rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo motivo nei limiti di cui in motivazione, dichiara assorbiti il terzo e il quarto motivo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Corte di Appello di Brescia.