È ineleggibile il presidente del consiglio di amministrazione di una casa di riposo dipendente dal Comune

La ratio della previsione normativa della causa di ineleggibilità di cui all’art. 60, comma 1 n. 11, d.lgs. n. 267/2000, sta nell’evitare l’esistenza di posizioni che possano ledere la par condicio dei candidati, in ragione dell’attività di amministratori o organi dagli stessi svolta all’interno di istituti, consorzi o aziende dipendenti dal Comune. Detta attività può determinare una posizione di privilegio per l’esercizio di funzioni potenzialmente incidenti sulla volontà degli elettori, con l’uso strumentale degli enti di cui essi sono organi o amministratori, così creando un intrinseco potenziale conflitto di interessi nell’eletto.

È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione nella pronuncia n. 26123 del 21 novembre 2013. Il caso. Un gruppo di elettori di un Comune toscano propone azione popolare ex art. 70, d.lgs. 267/2000 nei confronti del neo eletto sindaco del paese, per ottenere l’accertamento dell’ineleggibilità, con conseguente dichiarazione di decadenza dall’incarico dello stesso. La causa di ineleggibilità contestata era quella prevista dall’art. 60, comma 1, n. 11, d.lgs. n. 267/2000, che vieta l’elezione a sindaco degli amministratori e dei dipendenti con funzioni di rappresentanza o con poteri di organizzazione e coordinamento del personale di istituti, consorzi o aziende dipendenti dal Comune. Nella specie, il convenuto, alla data della presentazione delle candidature per le elezioni amministrative, era Presidente del Consiglio di Amministrazione di una Casa di Riposo in rapporto di dipendenza dal Comune. Ottenuto il rigetto della domanda in primo grado, al termine del giudizio d’appello instaurato dagli attori, i Giudici di secondo grado riformano la pronuncia ravvisando la contestata ineleggibilità e conseguentemente dichiarando il convenuto decaduto dalla carica di sindaco. Quest’ultimo si rivolge quindi alla Corte di Cassazione. Rapporto di dipendenza di un ente dal Comune. La questione principale posta dal ricorrente investe la sussistenza o meno del rapporto di dipendenza tra il Comune e la Casa di riposo dallo stesso amministrata. Al riguardo, la Suprema Corte richiama un consolidato orientamento giurisprudenziale, in virtù del quale è riscontrabile il rapporto di dipendenza di un ente rispetto ad altro sovraordinato ove sussista un penetrante potere di ingerenza che ponga l’ente territoriale in condizioni di dirigere l’attività dell’ente dipendente, al punto tale che quest’ultimo si configuri come mero strumento della volontà direttiva dell’ente territoriale. Di contro, sussiste un rapporto di mera vigilanza nel caso in cui vi sia un’ingerenza indiretta dell’ente sovraordinato sugli atti e sui comportamenti dell’ente sorvegliato, ovvero un controllo idoneo ad influenzare ma non a determinare il processo formativo dell’ente sottoposto. Applicando i principi espressi al caso di specie, la Suprema Corte osserva che la Casa di riposo amministrata dal ricorrente era stata istituita a seguito della trasformazione dell’IPAB in azienda pubblica di servizi alla persona, mediante decreto del Presidente della Giunta regionale, secondo il disposto di cui all’art. 5 l. reg. n. 43/2004. Dall’esame della disciplina di cui alla legge citata, deduce che il Comune, rispetto a tali enti, non svolge solo attività di mero controllo, ma determina le scelte gestionali, attraverso la nomina degli amministratori, sino ad arrivare al commissariamento dell’Azienda, sicché non vi è ragione per escludere il rapporto di dipendenza dell’ente in parola dal Comune. La ratio della causa di ineleggibilità. Ciò posto, a giudizio della Suprema Corte, deve ritenersi sussistente, nel caso di specie, la causa di ineleggibilità di cui all’art. 60, comma 1, n. 11, d.lgs. n. 267/2000, la cui ratio è quella di evitare l’esistenza di posizioni che possano ledere la par condicio dei candidati, in ragione dell’attività dagli stessi svolta come amministratori o organi di enti dipendenti dal Comune, tale da determinare una posizione di privilegio per l’esercizio di funzioni socialmente utili e potenzialmente incidenti sulla volontà degli elettori. Ed invero, mediante l’uso strumentale degli enti di cui è organo o amministratore, il candidato si trova in una posizione di intrinseco potenziale conflitto di interessi, atteso che può operare a favore dell’ente da cui proviene, quanto meno per i finanziamenti cui aspira, con evidente limitazione della piena libertà nell’espletare l’alta funzione pubblica della carica cui l’elezione lo porterebbe. Prevalenza della disciplina statale su quella regionale. A giudizio del ricorrente, la carica rivestita all’interno della Casa di Riposo avrebbe dovuto al più costituire una causa di incompatibilità dello stesso rispetto al ruolo di sindaco, ma non già di ineleggibilità. Ciò in quanto l’art. 20, comma 3, lett. c , l. r. n. 43/2004 prevede una mera incompatibilità fra la carica di Sindaco e quella di consigliere di amministrazione dell’azienda pubblica di servizi alla persona. Nel rigettare la censura, la Suprema Corte osserva che l’art. 20 della citata legge regionale, che non potrebbe in ogni caso derogare alla legge nazionale secondo il principio di specialità, atteso che la materia elettorale è attribuita alla legislazione esclusiva dello Stato, ai sensi dell’art. 117, comma 2, lett. p , Cost., non regolamenta il profilo elettorale, ma si pone nell’ottica dell’incarico aziendale, nel prevedere che chi sia già sindaco non possa amministrare un’azienda comunale se non rinuncia prima alla carica ricoperta. Non è automatica la decadenza al termine del periodo di prorogatio. Da ultimo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per non aver considerato che il medesimo, alla data di presentazione delle candidature, non rivestiva più la carica di presidente della Casa di Riposo, essendo automaticamente decaduto al termine del periodo di prorogatio . Nella specie, il d.l. n. 293/94, conv. nella l. n. 444/94, prevede che, alla scadenza di un mandato, gli organi amministrativi non ricostituiti siano prorogati per non più di 45 giorni, dopodiché decadono e sono nulli gli atti compiuti. A tal proposito la Suprema Corte osserva che la decadenza non può operare in modo automatico, senza che intervenga un provvedimento accertativo della cessazione dell’incarico, le cui funzioni il ricorrente ha continuato ad esercitare, come accertato dalla Corte del merito, svolgendo atti di gestione, cessando dai poteri gestionali ed amministrativi solo in base alla formalizzazione avvenuta al momento della nomina del nuovo Consiglio di amministrazione.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 18 settembre – 21 novembre 2013, numero 26123 Presidente Salmé – Relatore Di Virgilio Svolgimento del processo Con separati ricorsi, successivamente riuniti, Z.A. , C.L. , M.R. , da un lato, ed A.C. , A.B. , N.D. , P.M.S. e V.G. dall'altra, proponevano azione popolare ex articolo 70 d.lgs. 267/2000 nei confronti di B.L. , per ottenere l'accertamento dell'ineleggibilità, con la conseguente dichiarazione di decadenza dalla carica di Sindaco del Comune di Castiglione Fiorentino, ai sensi dell'articolo 60, 1^ comma numero 10 del d.lgs. 267/2000. Deducevano i ricorrenti che il B. , alla data per la presentazione delle candidature per le elezioni amministrative del 3 aprile 2012, era Presidente del Consiglio di Amministrazione della Casa di Riposo Serristori, in rapporto di dipendenza dal Comune. Si costituiva il B. , sollevando eccezioni di rito e di merito, affermando, in particolare, di essere cessato dalla carica di Presidente della Casa di Riposo dal 29 giugno 2011, poiché, a norma dell'articolo 7 dello Statuto, tutti i consiglieri, compreso il presidente, restano in carica per un periodo uguale a quello del Sindaco che li ha nominati, e in assenza di ricostituzione dell'organo, restano in carica 45 giorni, dopo di che decadono, e sono nulli gli atti compiuti. Il Tribunale, con ordinanza del 13 luglio 2012, rigettava nel merito il ricorso e condannava i ricorrenti al pagamento delle spese, escludendo il rapporto di dipendenza tra la Casa di Riposo Serristori ed il Comune, ritenendo in essere un rapporto di mera vigilanza , tale da non determinare l'ineleggibilità ex articolo 60, 1 comma numero 11 TUEL. La Corte d'appello di Firenze, con sentenza 634/2013, in data 2-24 aprile 2013, in accoglimento dell'appello proposto da Z. ed altri, in parziale riforma dell'ordinanza impugnata, fatte salve le statuizioni concernenti terzi, ha accertato l'ineleggibilità del B. e lo ha dichiarato decaduto dalla carica di sindaco del Comune di Castiglion Fiorentino. La Corte del merito ha ritenuto che il B. era rimasto in carica sino al 29/6/2012 come presidente della Casa di Riposo, che è un'azienda pubblica di servizi alla persona APSP creata secondo la tipologia del d.l. 207/2001, che ha sostituito gli istituti di assistenza e beneficienza IPAB , disposta con decreto del Presidente della Giunta regionale numero 234 del 2005 ha disatteso la tesi dell'automatica decadenza dalla carica a far data dal 29 giugno 2011, ex articolo 7 dello statuto, e nei fatti il B. aveva esercitato i poteri propri della carica sino all'aprile 2012, conferendo mandati personali, disponendo la vendita all'asta pubblica di cespiti immobiliari, sollecitando il Comune al rimborso della quota di gas metano, percependo gli emolumenti semestrali sino al 22 dicembre 2011, né rileva che detti atti siano stati posti in essere quale funzionario di fatto, nell'equivalenza alla posizione di diritto, nella limitata prospettiva della candidatura elettorale. Secondo la Corte fiorentina sussiste rapporto di dipendenza tra il Comune e la Casa di Riposo, atteso che, indipendentemente dal fatto che l'APSP viene creata e sciolta con decreto del Presidente della Giunta regionale, a norma dell'articolo 14, 2 comma l.r. Toscana 43/2004, il Comune esercita vigilanza e controllo sull'Azienda, adotta atti di indirizzo nel rispetto dell'autonomia gestionale, per il perseguimento degli scopi ed obiettivi fissati dalla programmazione zonale nelle specifiche aree di intervento approva il regolamento di organizzazione e contabilità aziendale approva le modifiche statutarie non concernenti il mutamento delle finalità secondo l'articolo 19 l.r. cit. e secondo le disposizioni statutarie, il Comune nomina il Presidente e tutti i membri del consiglio di amministrazione, e può sciogliere, previa diffida, gli organi dell'azienda e nominare un commissario straordinario qualora gli amministratori compiano gravi violazioni di legge, di statuto o regolamento, o qualora si riscontrino gravi irregolarità nella gestione amministrativa e patrimoniale articolo 14, 5 comma l.r. . Secondo la Corte fiorentina, infine, è artificiosa la demarcazione stabilita dalla difesa del B. tra l’ASP di cui all'articolo 114 TUEL e le APSP istituite dalla legge regionale, atteso che le prime costituiscono la forma legislativa nazionale a cui sono riconducibili anche le APSP, come riconosciuto dal Ministero dell'Interno e dal Ministero dell'Economia e delle Finanze, e la gerarchia delle fonti impedisce di leggere nel senso voluto dal B. l'articolo 20, 3 comma della l.r. 43/2004, che va invece inteso nel senso che quando la legge regionale afferma che la carica di presidente del consiglio di amministrazione è incompatibile con la carica di Sindaco non affronta la questione sul piano elettorale, ma dal punto di vista della legittimità dell'incarico aziendale, disponendo che il Sindaco non può amministrare un'azienda comunale se non rinuncia alla carica. Avverso detta pronuncia ricorre B.L. , con ricorso affidato a tre motivi. Si difendono con controricorso Z. ed altri. Il B. ha depositato memoria da ritenersi tardiva, atteso che la disposizione di cui all'ultimo comma dell'articolo 22 del d.lgs. 150/2011, La controversia è trattata in ogni grado in via di urgenza , non vale a far ritenere di per sé l'esclusione dalla sospensione feriale dei termini, ma ribadisce la natura urgente della controversia, idonea ad essere valutata giudizialmente, ai sensi dell'articolo 92 r.d. 12/41, come richiamato dall'articolo 3 della L. 742/1969, dichiarazione che non si riscontra nella specie sul principio, si richiama la pronuncia 25005/2007 . Motivi della decisione 1.1.- Con il primo motivo, B.L. si duole della violazione e falsa applicazione dell'articolo 51 Cost., dell'articolo 60, 1 comma numero 11 e dell'articolo 63 del d.lgs. 267/2000,in relazione alla parte della sentenza d'appello ove si sostiene che la Casa di Riposo Serristori è un ente dipendente dal Comune. Secondo il ricorrente, la Corte d'appello si è basata sulla ratio della legge e sull'interpretazione per analogia, inammissibile in materia, mentre nel caso si tratta di un ente soggetto a vigilanza la Casa di Riposo Serristori non è né un'azienda speciale né un'istituzione ex articolo 114 d.lgs. 267/2000, ma un'azienda pubblica di servizi alla persona disciplinata dal d.lgs. 207/2001 e dalla l. reg. 43/2004. Ai sensi della l.r. 43/2004, la Serristori è stata creata mediante la trasformazione della vecchia IPAB, con decreto del Presidente della Giunta regionale numero 234 del 14/12/2005, è un ente dipendente dalla Regione e non dal Comune, che si limita ad esercitare poteri di vigilanza e controllo. L'articolo 13 della l.r. 43/2004 garantisce alle aziende pubbliche di servizi alla persona autonomia statutaria, patrimoniale, finanziaria, contabile, tecnica e gestionale, mentre le Aziende speciali sono definite dall'articolo 114 d.lgs. 267/2000 come enti strumentali dell'ente locale per l'esercizio di servizi sociali, non hanno proprio patrimonio, ma solo dotazione patrimoniale conferita dal Comune, e i bilanci sono approvati dal Consiglio comunale. Infine, la classificazione del Ministero economia e finanze, che è peraltro ai soli fini del conti pubblici territoriali, dimostra proprio l'esatto contrario di quanto rilevato in sentenza, e cioè che le aziende speciali e municipalizzate , corrispondenti all'articolo 114 del d.lgs. 267/2000, sono, anche per il Ministero, una tipologia diversa dalle aziende pubbliche di servizio alla persona. 1.2.- Col secondo mezzo, il ricorrente censura la pronuncia deducendo vizio di violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 20 della l.r. 43/2004, sostenendo trattarsi, in denegata ipotesi, di causa di incompatibilità. Secondo il ricorrente, la legislazione regionale è in piena sintonia con la legge nazionale, ed all'articolo 20, 3 comma lett. c , prevede l'incompatibilità fra la carica di Sindaco e quella di consigliere di amministrazione dell'azienda pubblica di servizi alla persona, e la medesima incompatibilità è prevista dall'articolo 63, 1 comma numero 1 d.lgs. 267/2000 tra ente soggetto a vigilanza del Comune, come la Casa di Cura Serristori, e la carica di Sindaco inoltre, deve prevalere la legge regionale su quella statale, quale legge speciale, e l'eventuale incompatibilità è comunque cessata in data 21/6/2012 con la nomina del nuovo Consiglio di amministrazione. Né infine, sostiene il ricorrente, potrebbe convertirsi il ricorso per ineleggibilità in ricorso per incompatibilità. 1.3.- Col terzo motivo, il ricorrente denuncia vizio di violazione e/o falsa applicazione del d.l. 293/1994, conv. nella L. 444/1994 e dell'articolo 60 del d.lgs. 267/2000, sostenendo di non rivestire la carica di presidente della Casa di Riposo Serristori alla data di presentazione delle candidature del 3/4/2012. Osserva il ricorrente che la Corte territoriale non ha considerato che il funzionario di fatto sussiste finché esercita le funzioni, non v'è durata nella carica, ed il B. non ha più compiuto alcun atto quale presidente della casa di Riposo dal 2/4/2012, giorno prima del termine per la presentazione delle candidature, non ricoprendo la carica dal 29 giugno 2011, ex articolo 7 dello Statuto, che prevede che i consiglieri restano in carica per un periodo identico a quello del sindaco che li ha nominati. Il d.l. 293/94, conv. nella l. 444/94, prevede il termine della prorogatio di 45 giorni,scaduto il quale gli organi decadono, sono nulli gli atti compiuti e le conseguenze del mancato rinnovo sono ascrivibili all'organo che ha omesso di effettuare nel termine di legge le nomine nella specie, essendo il sindaco Br. , che ha nominato il B. , cessato dalla carica il 15 maggio 2011, questi è decaduto il 29 giugno 2011, né occorrevano le dimissioni gli atti successivamente compiuti sono stati posti in essere come funzionario di fatto, ma ai fini dell'eleggibilità rileva solo la posizione di diritto, e comunque il B. ha cessato dalle funzioni di fatto prima del 3/4/2012, giorno fissato per la presentazione delle candidature ex articolo 60 3 comma d.lgs. 267/2000. 2.1.- Il primo motivo è infondato. La questione posta dal ricorrente investe la sussistenza o meno del rapporto di dipendenza tra il Comune e la Casa di Riposo Serristori, atteso che, ai sensi dell'articolo 60, 1 comma numero 11 del d.lgs. 267/2000, nella parte che qui interessa, non sono eleggibili a sindaco gli amministratori ed i dipendenti con funzioni di rappresentanza o con poteri di organizzazione o coordinamento del personale di istituto, consorzio o azienda dipendente rispettivamente dal comune . Secondo l'orientamento di questa Corte,come tra le ultime affermato nelle pronunce 438/2012, 20055/2008, 25944/2007, 22346/2006 in relazione all'ineleggibilità ai sensi dell'articolo 2 numero 11, l. 154/1981, prevedente formulazione identica a quella di cui all'articolo 60 numero 11 d.lgs. 267/2000 , è riscontrabile il rapporto di dipendenza di un ente rispetto ad altro sovraordinato, indipendentemente dalla definizione data dalle legge, ove sia riscontrabile un penetrante potere di ingerenza che ponga l'ente territoriale in condizioni di dirigere l'attività dell'ente dipendente, assicurandosi che esso agisca in conformità alle specifiche prescrizioni impartite in via generale o per ogni singolo atto, in guisa tale che l'ente dipendente si configuri come mero strumento della volontà direttiva dell'ente, con un vero e proprio obbligo di adempiere i compiti fissati di contro, il concetto di vigilanza si esaurisce in un rapporto tale da consentire un'ingerenza indiretta dell'ente sovraordinato sugli atti e sui comportamenti dell'ente sorvegliato, ovvero un controllo idoneo ad influenzare ma non a determinare il processo formativo dell'ente sottoposto, senza che rilevino la natura pubblicistica o privatistica dallo strumento prescelto dall'ente locale per la realizzazione delle proprie finalità istituzionali, ovvero la qualità pubblica o privata dei soggetti amministrati così le pronunce 223546/2006, 4168/95, 4557/1993 . La ratio della previsione normativa della causa di ineleggibilità è nell'evitare l'esistenza di posizioni che possano ledere la par condicio dei candidati, in ragione dell'attività svolta, tale da determinare una posizione di privilegio per l'esercizio di funzioni socialmente utili e potenzialmente incidenti sulla volontà degli elettori, con l'uso strumentale degli enti di cui essi sono organi o amministratori, così creando un intrinseco potenziale conflitto di interessi nell'eletto, che può operare a favore dell'ente da cui proviene, quanto meno per i finanziamenti cui aspira, con una evidente limitazione della piena libertà nell'espletare l'alta funzione pubblica della carica cui l'elezione lo porterebbe quanto più pregnante è il potere di ingerenza sulla vita dell'ente o associazione privata, di cui è organo o gestore il candidato, tanto maggiore è il rischio del conflitto di interessi, che emerge sicuramente nel caso di direzione dal Comune dell'attività svolta dall'ente, quando essa possa sostituirsi nell'esprimere la volontà del soggetto controllato, che si qualifica strumentale per la realizzazione di servizi di interesse pubblico per conto della amministrazione, cui gli stessi competono in termini, la pronuncia 16877/2010, che richiama la precedente sentenza 22346/2006 . E la stessa pronuncia citata dal ricorrente la sentenza 4646/93 non si è espressa in termini sostanzialmente differenti, in quanto non indica che il rapporto di dipendenza, ai fini che qui interessano, va riscontrato solo alla stregua del potere dell'ente territoriale di decidere sull'esistenza o meno dell'ente dipendente, ma si è espressa nel senso della individuazione di tale rapporto quando l'ingerenza dell'ente territoriale sull'istituto consorzio od azienda vada oltre il semplice controllo del primo, in via preventiva o successiva, sui singoli atti del secondo, estendendosi all'intera vita di quest'ultimo, fino a condizionarne l'esistenza e persistenza. Alla stregua di detti principi, va esaminata la fattispecie. La Casa di Riposo Serristori è stata istituita, a seguito della trasformazione dell'IPAB in azienda pubblica di servizi alla persona, mediante decreto del Presidente della Giunta regionale, secondo il disposto di cui all'articolo 5 della l.r. 43/2004 e potrà estinguersi solo con deliberazione del Presidente della Giunta regionale artt. 9 e 30 l.r. 43 cit. . Ai sensi dell'articolo 14 l.r. 43/04, il Comune esercita poteri di vigilanza e controllo, adotta atti di indirizzo, nel rispetto dell'autonomia gestionale, per il perseguimento degli scopi e degli obiettivi fissati nella programmazione zonale, approva il regolamento di organizzazione e di contabilità approva le modifiche statutarie può sciogliere gli organi dell'azienda e nominare un commissario qualora gli amministratori compiano gravi violazioni di legge, di statuto o di regolamento, o qualora si riscontrino gravi irregolarità nella gestione amministrativa e patrimoniale ai sensi dell'articolo 19 e dell'articolo 7 dello Statuto, nomina il presidente e tutti i membri del Consiglio di amministrazione. Da ciò consegue che il Comune nel caso non svolge solo attività di mero controllo sulla Casa di riposo, ma determina le scelte gestionali, attraverso la nomina degli amministratori, sino ad arrivare al commissariamento dell'Azienda a fronte di detta specifica ingerenza nella vita della Serristori, il dato della istituzione e dello scioglimento a mezzo decreto del Presidente della Giunta regionale non incide su quello che è il vero elemento discretivo al fine di individuare il rapporto di dipendenza dall'ente territoriale, che, come sopra si è già detto, è dato dal penetrante potere di ingerenza, tale per cui l'ente dipendente si configura come ente strumentale del primo,con obbligo di adempiere i compiti fissati. La Corte d'appello ha correttamente applicato detti principi, senza ricorrere in alcun modo ad un'interpretazione analogica, pacificamente inapplicabile in materia. 2.2.- Il secondo motivo è infondato. Deve ritenersi corretta l'interpretazione resa dalla Corte del merito in relazione dell'articolo 20 l.r. 43/2004, che recita La carica di presidente o di componente del consiglio di amministrazione è incompatibile con la carica di e sindaco, assessore comunale, consigliere comunale. Ed infatti, l'articolo 20 della citata legge regionale, che non potrebbe in ogni caso derogare alla legge nazionale secondo il principio di specialità,come prospetta il ricorrente, atteso che la materia elettorale è attribuita alla legislazione esclusiva dello Stato, ai sensi dell'articolo 117, 2 comma, lett. p Cost., nella formulazione di cui alla l. 3/2001, regolamenta non il profilo elettorale, ma si pone nell'ottica dell'incarico aziendale, nel prevedere che chi sia già sindaco non possa amministrare un'azienda comunale, se non rinuncia prima alla carica ricoperta. 2.3.- Anche il terzo motivo va rigettato. Il ricorrente prospetta la propria automatica decadenza dalla carica, ai sensi dell'articolo 7 dello Statuto e del d.l. 293/1994, artt. 3 e 6, dopo 45 giorni dalla cessazione dalla carica del sindaco precedente e deduce di non avere più svolto alcun atto quale presidente della Casa di Riposo Serristori, quale funzionario di fatto, dal 2/4/2012, e quindi dal giorno precedente quello fissato per la presentazione delle candidature, da cui il venir meno dell'eventuale causa di ineleggibilità nel ricorso, la parte deduce anche la cessazione delle funzioni di fatto in data antecedente, in relazione al percepimento dell'indennità di carica, sino al 31/12/2011 . La prospettazione di fondo fatta valere dal B. deve ritenersi infondata, atteso che la decadenza non può operare in modo automatico, senza che intervenga un provvedimento accertativo della cessazione dell'incarico, le cui funzioni il B. ha continuato ad esercitare, come accertato dalla Corte del merito, svolgendo atti di gestione, né l'ente è rimasto acefalo, né l'incarico è rimasto vacante, cessando il B. dai poteri gestionali ed amministrativi solo in base alla formalizzazione del 21 giugno 2012, con la nomina del nuovo Consiglio di amministrazione. Infine, anche ad accedere alla tesi del ricorrente, di avere agito come funzionario di fatto e di avere cessato da ogni atto prima del 3/4/2012, va rilevato che ai sensi dell'articolo 60, 3^, 5^ e 6^ comma, d.lgs. 267/2000, la causa di ineleggibilità di cui al numero 11 tra le altre indicate non ha effetto se l'interessato cessa dalle funzioni per dimissioni, trasferimento, revoca dell'incarico o del comando, collocamento in aspettativa non retribuita non oltre il giorno fissato per la presentazione delle candidature che l'amministrazione è obbligata a provvedere entro cinque giorni dalla richiesta e che, in mancanza, la domanda di dimissioni o aspettativa accompagnata dalla effettiva cessazione delle funzioni, ha effetto del quinto giorno successivo alla presentazione che la cessazione delle funzioni importa la effettiva astensione da ogni atto inerente all'ufficio rivestito . Ciò posto, è agevole rilevare che nella specie mancano sia l'atto di dimissioni del B. , o l'attivazione dello stesso per far accertare l'asserita decadenza, sia la concreta astensione dagli atti d'ufficio. 3.1.- Conclusivamente, va respinto il ricorso. Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate per compenso in Euro 5.000,00 a favore dei controricorrenti in solido, oltre Euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge. Manda alla Cancelleria per l'immediata comunicazione di cui all'articolo 22, 13^ comma d.lgs. 150/2011.